Autunno

Autunno
E' un tramonto italiano ma a me ricorda Ddorf.

16 settembre 2011

Il primo giorno di scuola. Parte seconda.

Dopo lo scambio di sguardi e le valutazioni antropologiche conseguenti, siamo tutti entrati a scuola. Entrati...esplosi! Urli, schiamazzi, non so chi urlasse di più, bimbi o genitori.
Per un attimo ho visualizzato la stessa situazione in una scuola elementare tedesca: stanti all'ingresso, nel massimo silenzio possibile, tutti egualmente consapevoli, bimbi, genitori e professori, di poter arrecare disturbo alle altre classi.
(Noi invece) Deposti i poderosi zaini in classe, ci siamo diretti alla palestra (diretti...capitombolati!)
Grande girotondo dei bimbi, 33 per 2 sezioni. I genitori a ventaglio, intorno ai bimbi. Una maestra biondocrinuta tenta il plug in di un obsoleto registratore a cassette. Che, naturalmente, non funziona.
E quindi si fa come i bantù, gole spiegate e incavi delle mani a coppa, cantiamo e mimiamo tutti insieme "la canzoncina della felicità".
I genitori attaccano prima dei bimbi. E, ancora, per un attimo ho visualizzato la stessa situazione in una scuola elementare tedesca: nell'imbarazzo tangibile, le voci flebili degli insegnanti e, ancor più flebili e insicure, dopo qualche secondo di lotta interiore, dei genitori; qualche bimbo che ci casca e sussurra anche lui; la maggior parte, però, muta come pesci (e questa è una cosa che mi faceva imbizzarrire, nessuno che cantava a fronte di un florilegio di canzoncine per tutti i gusti e ricorrenze...)

La tensione si scioglie, potere del canto- e della cronica incapacità tecnologica del corpo docente italiano che ha impedito la riproduzione meccanica della canzoncina.

Quando chiedono i nomi ai bimbi, Ari dichiara il suo con voce forte e chiara. Bene, mi dico,è tranquilla e padrona della situazione, va tutto bene. Non poteva andare meglio, continuo a dirmi risalendo la scala di accesso alla palestra, per essere il primo giorno, e senza conoscere nessuno! Volgo lo sguardo e vedo Ari che accetta la manina di una bimba. Perfetto, penso, adesso è davvero...perfetto. Deglutisco e la saliva non va giù. Mi trema il mento, e gli occhi si annebbiano.Un secondo e goccioloni grossi come la pioggia di marzo cominciano a cadere, inarrestabili. Plic,plic. Sulla fibbia della borsa. E più cerco di trattenerli più s'ingrossano. Mi avvicino al Neanderthaliano che non ha ancora esaurito le sue cartucce,e scatta e videoopera che è un piacere, appoggio il viso rorido alla sua spalla in cerca di conforto: "...azz fai?! ...Ma... mi bagni tutta la maglia!"
"Sì scusa, ma è che la nostra Cuci è così... così grande...così grande!"

E ci incamminiamo verso casa che sembriamo reduci dal funerale delle vittime di Bologna, io con uno strofinaccio asciugapiatti a quadri bianchi e rossi a tamponar narici e palpebre - non so che ci faceva in borsa ma era l'unico succedaneo di un fazzoletto che ho trovato- appesa al Neanderthal rigido e imbarazzato dall'increscioso comportamento.
Il "monsone" durerà, con rovesci improvvisi, fino a tarda sera.

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