Autunno

Autunno
E' un tramonto italiano ma a me ricorda Ddorf.

28 gennaio 2013

Ma dov'erano una volta le mamme di oggi? Poveri loro.


Ecco, finito di leggere Jules e Jim di Henri Pierre Roché. Romanzo poco memorabile che ha ispirato il celebre film di Truffaut, con Jeanne Moreau una Kathe bella e credibilmente pazza. Tutti lì a eccitarsi per il triangolo amoroso lui lei l'amico di lui, in realtà molto impettito, e nessuno bada a un piccolo dettaglio. Per dedicarsi ai viaggi e alle fantasie erotico sentimentali con il nuovo partner lei molla reiteratamente le figlie, 3 e 5 anni, mica maggiorenni. Ora. Io non so con che energie e che disponibilità reale si riesca a conseguire ciò. Con due bimbi di quell'età che ti trasformano in un erogatore di servizi all'infanzia 24su24ore. Ma tant'è. Forse li stordivano con il cloroformio.

Tra Anna Karenina, quella sciroppata dell'Anita Garibaldi, le madri dei fratelli Karamazov, le protagoniste femminili dell'Educazione Sentimentale, del Grande Gatsby, della Vedova Couderc di Simenon...appena ti rivolgi al passato l'abbandono totale o parziale dei figli da parte delle mamme, a tate, parenti e in qualche caso mariti, non era infrequente o legato a morte prematura o questioni d'indigenza. E, cosa inaspettata, non creava particolare riprovazione. Alle donne si riconosceva uno stato di parziale infermità mentale. Meglio di non possesso della piena lucidità e capacità di discernimento. Dal momento che da sole non si reggevano è chiaro, si lasciavano condizionare dal maschio di turno. Da qualcuno di più forte. Faceva parte della Natura del sesso debole, insomma, l'instabilità.
Poi i bimbi storicamente venivano cresciuti da balie, tate, vecchie zie, suore, contadine povere. E morivano come mosche, almeno da piccoli.

Sia come sia, in Jules e Jim non un accenno che Kathe sia una cattiva mamma, tutt'altro, anche se si allontana da casa per settimane e poi decide di compiere l'estremo gesto lasciando due orfanelle (risparmia il padre, che fanciulla previdente).
Così solo buone parole per la signora Arnoux che internava la figlia in un collegio per il brutto carattere...(sono tutte notizie date en passant, e forse proprio per questo ancora più scioccanti per il lettore moderno). Che anzi... Frédéric, il protagonista dell'Educazione Sentimentale, trova quasi buffo che ogni fine settimana Rosanette, la sua donna, voglia recarsi in campagna dalla balia a stringere tra le braccia loro figlio neonato (solo il fine settimana badi ben...). Dell'Anita Garibaldi poi tutti a costruire icone da eroina risorgimentale, non un cip! sul fatto che abbia mollato la numerosa prole alla suocera per tallonare l'amato pene, pardon, bene (che dell'unione della penisola a lei brasiliana siamo poi sicuri che gliene inciuciasse molto?). Lei stessa, del resto, scopro leggendo, era stata sposata a forza appena quattordicenne a un calzolaio che le forgiasse il carattere ribelle.

Venendo a noi, mio zio è stato allevato dalla bisnonna, mio padre a 9 anni entrava in collegio, e ci usciva per raggiungere la famiglia pochi giorni all'anno. E nessuno ritiene mia nonna una mentecatta per essersi così alleggerita di due dei suoi tre figli. E no, non erano affatto indigenti. La mamma di mia suocera, 10 figli, appena sgravata affidava il neonato alle figlie più grandi e il giorno dopo il parto tornava a lavorare. E no, non erano affatto indigenti.
Azzardo una spiegazione. Le donne i figli una volta spesso li subivano. Si maritavano per ignoranza, obbligo, tradizione, per sfuggire dalle famiglie d'origine. Se restavano incinte e ci restavano a detta di molti con una facilità che oggi ce la sogniamo, abortire era difficile oltre che perseguibile. A volte il deterrente era il contesto. Resti incinta e fuori infuria la guerra, tuo marito è al fronte, corri il rischio di rimanere vedova, sei obbligata alle vessazioni di tua suocera, tua madre...oppure il figlio è una conseguenza di una violenza, un marito ubriaco, violenze di guerra, di strada, di rivolte, un adulterio subito.
Le protagoniste dei telefoni bianchi, di figli non ne avevano oppure via, giusto uno. Che questo era il sogno segreto della platee femminili del 20ennio fascista, mica le italiche fattrici coi fianchi spioventi da plurime gravidanze, ma una vita di mollezze e amori sospiranti, corpi androgini, dagli sguardi assassini, fasciati in lussuosi vestiti argentati.

L'istinto materno fungeva da correttivo -e ha funto spesso se no non saremmo qui, ma a volte faceva cilecca. Ecco, azzardo pure il proclama post-femminista: la consapevolezza ci ha reso molto, ma molto più sole. Disincantate ed esigenti. E anche troppo critiche. Ma almeno quando decidiamo di averli i bambini no, non li abbandoniamo tanto facilmente. Soprattutto per compiacere i desideri di un paio di braghe qualsiasi.
Evviva la modernità, per una volta tanto.

27 gennaio 2013

I tedeschi la fanno profumata...



Un altro titolo che rimanda al mondo escrementizio, ma giuro, è un caso.

Allora, si stanno affrontando i lavori di casa. Alcune regole imposte dai regolamenti comunali, quasi tutte, le trovo discutibili. Altre meno. Tipo, la dimostrazione di accessibilità per i portatori di handicap. Praticamente se devi mettere mano al secondo bagno, meglio pensare a una porta larga almeno 80cm e una distribuzione dei sanitari che con pochi aggiustamenti non strutturali possa permettere la movimentazione di una carrozzella.

Ora, dopo tutti i tiè e gli sfregamenti scaramantici, e l'iniziale stupore...non è che qui la prospettiva sia quella di diventare sempre più giovani...e anche la Ari, metti si spacca una gamba, il braccio ha già provveduto. in fondo se ben interpretata la legge è un suggerimento di buon senso.
Ma ce ne sono altre due che perplettono. La prima è quella sui rapporti aero illuminanti. Misuri lo spazio finestrato e lo relazioni coi metri cubi del locale. Se esce da un certo parametro la stanza va ripensata. Di solito ridimensionata. Il parametro varia a seconda della destinazione d'uso del locale. E' una delle ragioni per cui gli architetti ti propinano stanze da letto grandi come loculi (e enormi soggiorni buoni per happening hippies). Ora. La cosa che balza agli occhi neofiti è: non vale nulla il fatto che una finestra sia rivolta a sud o a nord? No che la quantità di luce cambia assai. Comunque no. Questo fattore non conta.

Ma la regola più arbitraria di tutte, a sindacabile parere, è l'antibagno. Un locale separato con la sua brava porta, che nasconde agli occhi l'accesso al cesso.
L'antibagno, in qualunque situazione lo giri è progettualmente goffo. Relativamente a metrature da mass market, mica da residenza di Arcore... Chiedo per curiosità spiegazioni. Magari sfugge un dettaglio tutt'altro che risibile... rischi di esondazioni notturne dai water, con conseguenti scollamenti di parquet e marezzature sospette sui top i granito...che so io. Nulla di tutto questo. Fatto estetico, mi si risponde. non sta bene vedere la porta del bagno, e... olfattivo.
Sì, sì. Lontano dagli occhi e dal naso.

Ora. In Germania. Ho vissuto in tre appartamenti e nessuno con l'antibagno. E mica solo dove ho abitato io, ma anche in villette, case grandi, adeguate...Nella maggior parte di quelle visitate in 4 anni, i bagni si aprivano direttamente nel disimpegno o all'ingresso o in corridoio.
Di più. La gran parte dei bagni a Ddorf sono ciechi.
Ancora, qualcuno adotta un ricambio dell'aria “naturale” tramite una griglia posta su una conduttura interna proveniente dai garage. Si fa l'ovo e pian pianella, l'effluvio se ne va sponte sua...
Tutti dico tutti non prevedono bidet.
Rincariamo? Rincariamo. I tedeschi si inzippano di carne e insaccati e sugne animali. Cose che producono putrescine, cadaverine e compagnia bella.
Invece noi. Mangiamo verdure e carboidrati. Provvediamo a lavarci dopo la grossa nei nostri comodi bidet -sono lì per quello-. Non contenti, per non creare disagio apriamo la finestra che i bagni hanno le finestre (è un obbligo mica una scelta).
Ecco. In quale dei due paesi si rende necessario l'antibagno?

E qui urge una spiegazione...

22 gennaio 2013

Ti sorridono i monti...

Eh si che me l'ero anche ben preparato. Il nostro bianco week end sulla neve. La Ari, dopo tre mesi di inutilizzo del braccio ha perso molto della sua baldanza fisica. Si muove con circospezione, è goffa, a volte cade. E si fa male. Senza nessun tipo di consulto sono addivenuta alla seguente conclusione: in questi mesi si è creata una cesura tra lei e il mondo circostante. E' pure cresciuta, ma non ha potuto riarrangiare quei processi naturali che ti portano a muoverti nello spazio senza urtare cose e persone. Se al tutto aggiungiamo che nell'ultima uscita sciistica con il Neanderthaliano "iddu" l'ha mollata sola a prendere lo Skilift, prima volta, e questa stramazza a terra e viene raccolta e portata al rifugio da perfetti sconosciuti...

Via, urge correre ai ripari. Due giorni in montagna, tranquille, con l'assistenza fidata di un maestro per riprendere disinvoltura e cancellare il brutto episodio. La mamma sa quello che ci vuole. Spulcio tra le offerte last minute disponibili on line...Romantici wellness resort, splendidi skipass notturni...ecco, fantastico: mamme single e bimbi gratis...uhm, è in Carinzia, dov'è la Carinzia, vicino alla Lapponia? No, in Austria, comunque a una distanza inadeguata per un solo we che tra benzina e autostrada (gasp! difficile riabituarsi alla soperchieria del pedaggio autostradale italiano)
Lunedì e martedì lo passo a scandagliare offerte e a confrontare pacchetti week end sulla neve che sembro una tedesca; il mercoledì ne ho i cabasisi colmi da italiana incostante...e qui soccorre il consiglio del vicino. Stazione sciistica assai prossima, compresenza di piste da fondo e da sci alpino, scuola bimbi qualificata. Bene. Per dormire niente di meglio del "Rifugio Trifoglio". Nemmeno “quadrifoglio”. Proprio “Trifoglio”. Un proclama di understatement.

Arrangio il pernotto per me e la minore: “Siete fortunate signora, si annuncia un we soleggiato e la neve è splendida”. Bene. Venerdì mattina stipo tutto lo stipabile nella macchina, agguanto la Ari all'uscita da scuola e via. Verso i monti sorridenti. La giornata è sfolgorante, la strada miracolosamente sgombra dal traffico. Ci fermiamo al paesello sottostante il rifugio, dal nome a dir il vero poco incoraggiante: Valtorta.
Alle 15.15 del Venerdì a Valtorta non c'è anima viva. Sentiamo risuonare tra le stradette i nostri passi sulla neve scricchiolosa. Un breve tour ci riporta alla chiesa dove abbiamo parcheggiato. C'è una lapide sul muro. Un elenco nutrito di nomi. Tutti morti a causa di una valanga che travolse il paesello. Nel 1888...

La Ari spulcia se tra i defunti c'è qualche bimbo. Le piace l'espressione di raccapriccio che riservo agli infanticidi. "No, purtroppo nessun bambino", dice, la satanassa. Poi, mentre rientriamo alla macchina: “Mamma, ci sono! E' venuta una valanga nuova e per questo non c'è nessuno nel paese!"
Lasciamo l'arcano alle spalle, si sale ancora di quota. La strada termina in uno slargo ingombro di neve. Lampioni al neon, qualche costruzione distratta, camuffata con parziali perlinature da architettura di montagna. Una di queste è il Rifugio Trifoglio. Entriamo, ci accoglie uno stanzone sporco di poltiglia nevosa, residui degli scarponi degli sciatori. Dietro al bancone, un grande oste con una papalina viola in testa. Sta servendo sambuca con la mosca a due avventori. Aspettiamo il nostro turno.

"Volete vedere prima le stanze?" Ma anche no. Dove altro andremmo, al paesello fantasma? Prendiamo le carabattole dal cofano e via. Fuori lo spiazzo si sta svuotando delle, poche, auto parcheggiate, odore di olio di freni e particolato, il sole è scivolato giù da qualche cengia, spira un vento gelido, sventola pannelli sbrindellati benauguranti un meraviglioso soggiorno. Tutto sa di precario. E di abbandono.
La nostra stanza però è calda, una buona notizia. C'è pure un balcone, rivolto verso un' area di rimessaggio. Sedie sbilenche e ricariche di birra vuote. Richiudo le tende. Non ci sono scuri.
Rubiamo una panca dal corridoio, ci serve un piano d'appoggio. Così la Ari può fare i compiti. Poi una doccia calda e il silenzio creano il miracolo. Parte una bella ronfatina.

Interrotta troppo presto da un urlo sciammannato: "Fuori di qui, fuori di qui tuttiiiii!". Proviene dalla stanza accanto, qualcuno sta redarguendo qualcun'altro. "Ma possiamo parlare qui profe!", "Fuori ho detto che devo fare la caccaaaaaa!" la risposta della profe. Seguono una fila imprecisata di improperi da una parte, la milady, e dall'altra, gli studenti.
Un poco annichilita tento una spiegazione alla bimba, sai deve essere successo qualcosa di grave, forse sono dei ragazzi disagiati, gli insegnanti si esasperano, ma chissà cosa è capitato, stasera lo scopriremo...

Stasera a cena, i nostri garruli dirimpettai siedono tutti tranquilli. Coi prof pappa e ciccia.
Intuisco che si tratta di una gita scolastica. Oggi, reduci da una ciaspolata, qualcuno dei partecipanti non ha atteso il gruppo...Ecco, forse, la ragione della sclerata pomeridiana. Per tutta cena, comunque le voci di professori e studenti si rincorrono indistinguibili. Le une e le altre martellanti un turpiloquio costante, greve. 
Sembrano tutti incuranti della presenza di Arianna.
E della mia, ça va sans dire.

La cena è ottima, ad onor del vero, e abbondante.
Dopo una breve puntata in soggiorno, un divano dai cuscini di consistenza metallica in mezzo alla sala d'ingresso, camino a pellet, tv con soli tre canali funzionanti e audio gracchiante, decidiamo di ritirarci in camera.
Si pisola qualche ora. Poi, una serrabanda più finita. Porte che sbattono, gente che strepita, bottiglie spaccate, tonfi...Ogni tanto l'urlo della profe: "basta, bastaaaaaa", sembra più per arricchire la coreografia che per altro.
Mi paleso alla porta dei vicini:"Vogliamo dormire" laconica. “Ah sì, lei è la signora, mi scusi, mi scusi". Per qualche tempo la mia epifania sembra aver sortito effetto. Ma poi entra altra gente in stanza e ricomincia la baraonda.

La mattina dopo l'oste si spertica dalle scuse. Sono ragazzi, l'ultimo giorno di gita. Uno dei LICEI PIU' BLASONATI DI MILANO...Eh, ci vuole comprensione...
No, non comprendo. Avevano a disposizione tutto il rifugio, era così difficile mantenere silenzio nelle stanze? Così penso, e taccio. Ho altro di pressante, i disagiati blasonati con espressioni facciali ancora meno pronte di ieri sera se ne stanno andando. Bene. Non avrei retto un'altra ora in loro presenza.
Affittiamo gli scarponi per Ari, chiedo anche gli occhiali: "No quelli li vendiamo, 20 euro". E allora teneteveli. Poi iscrivo Ari alla Scuola sci, 3 ore, e infine compro lo skipass. 9 euro per la bimba. Però me ne addebitano 21. Chiesta la ragione la signorina mi spiega che per accompagnare la bimba al meeting point della scuola devo prendere la seggiovia. Che costa 10 euro a/r. Due euro mi verranno restituiti alla consegna della tessera.

Sono piuttosto contrariata. Ma che senso ha che io debba portare la bimba su se la scuola è qui, davanti al mio naso? Pagando poi più del suo mattiniero? Una pista da fondo, la più tecnica che preferisco, è giusto al lato del Trifoglio...
Hiiii, afferro la manina di mia figlia, alla seggiovia fanno dei numeri prima di farci sedere e schiaffarmi gli sci, i miei lunghi da fondo e quelli corti della ari e tutte le racchette in braccio...
Ho lo zaino per cui solo la parte retrostrante dei glutei aderisce ai sedili...in compenso con le mani bloccate non riesco a tirare la sbarra dei pedali verso di noi...quando ci tenta la ari, le nostre gambe penzolanti nel vuoto, lancio un ululato...Con accorgimenti da contorsionista mi libero una mano e abbasso la sbarra. E l'istinto materno prevale sulle vertigini.

Scendiamo dalla seggiovia mentre fosche nubi si assiepano all'orizzonte, chiediamo del meeting point. Ci segnalano una lontana bandierina rossa, minuscola, da qui. I 5 minuti 5 di percorrenza proclamati alla reception della scuola sono tali solo se indossi gli sci e sei un emulo di Gustav Thoni. Senza, sono almeno 20 minuti. Affondando time to time.

Arriviamo che la selezione l'hanno già belle che fatta, la Ari deve aspettare il primo gruppo che scende e la selezione la farà sciando. Io con la mia tutina da fondista, in questa mattina gelida, sto rischiando seriamente una congestione.
Mollo la Ari al suo destino, ha una faccia che sembra pronta per il processo di Norimberga.
Due ore di sci racchettando come l'indemoniato di Gerasa, mi bastano a malapena a calmare la rabbia e a rimettere in circolo il sangue. Prova ne è che a due giorni di distanza non mi ricordo nulla dell'anello. Se era facile, difficile, lungo, ben segnato. Nulla.

Mezz'ora prima della fine della lezione di Ari, riparo verso una casetta bianca: Centro Fondo. Entro per chiedere informazioni, ma è impossibile. All'ingresso due code. A ds per il bagno, a sin per il bar. Al bar, zaffata di umidi afrori di traspirazione umana, si può stare solo se consumi. Prendo un the, mi stringo a un tavolo, due ragazzini stralunati dividono una sedia, sotto il tavolo un terzo ragazzetto, di nascosto dai baristi, mangia avidamente una banana...
Il clangore degli scarponi sul pavimento è assordante, i materiali fonoassorbenti qui non sono giunti, esco e imbocco una scalinata che prima non avevo notato, dopo un paio di corridoi, sbuco in un locale luminoso, tutto rivestito di legno, una stufa in centro al locale, panchine intorno e qualche persona seduta. 

Eccolo, il Centro Fondo! Mi rincuoro, un buon vecchio centro per fondisti è una sicurezza, sta alla montagna come il bar del paese, la tabaccheria alla fermata della corriera...mi avvicino alla stufa, chiedo informazioni sul comprensorio a un paio di signori âgée. Si approssima un altro vecchietto, sorrido affabile e lui: “Signora, 1 euro.” “Come? Ma..per cosa?” “Per stare qui.” Mi sento come re Carlo tornato dalla guerra, che sfrontato, questo è troppo...Mancano solo 10 minuti all'appuntamento, afferro il mio zaino e me ne vado. Non mi vedono più quelli, rimugino.

Eccomi alla bandierina rossa della scuola, che poi è uno stendardo alto minimo 3 metri. Indosso un pile e una tuta in cotone. Che mi svolazza sugli stinchi. Nudi: ho i calzini da trekking corti. Srotolo un vecchio Kway. Ancora 8 minuti. Da qualche tempo nevica. A raffiche. 5 minuti e ho le mani completamente intirizzite, la faccia invece non la sento proprio. 
La Ari è l'ultima ad arrivare. E piange.
Curve sotto il vento, ci incamminiamo verso il dado grigio della seggiovia. “Casa, voglio tornare a casa...” pigola. E' stato tutto orrendo, pare. Le si sono gelate le mani, lei era la più lenta, gli altri bambini la prendevano in giro, poi senza occhiali non vedeva niente, la maestra non le lasciava nemmeno soffiare il naso...”La mamma ha una sorpresa per te”, interrompo la litania, “chiudi gli occhi!”. Ma già, non vede un accidente povera, pieni di lacrimoni come sono. Apro la bustina di zucchero che ho preso al bar, gliela verso in bocca, ma un po' le dita rattrappite dal freddo un po' il vento se ne disperde la maggior parte... qualche cristallo si cementa con il muco del nasetto...lei allunga la lingua, risucchia e... mi guarda disgustata.

Il cotone si è indurito e i miei calzoni forgiati dal vento hanno assunto una forma alla zuava, quando raggiungiamo la seggiovia sembriamo profughe dall'assedio di Stalingrado. Tanto che impietosiamo gli operatori, notori aguzzini, che stavolta caricano me e la ragazza su un sedile, gli sci sul seguente, e mi tirano pure giù la sbarra, prima che il trabiccolo s'involi verso l'abisso.

Caldo e cibo e coccole, le tre C del Mantegazza, ecco quello di cui abbiamo urgente bisogno, io e la Ari. Caracolliamo verso la porta del Trifoglio, faccio per varcarla e...qui scatta il momento più delirante di tutto il delirante we. Mi scontro naso a naso con un tipo abbronzato, atletico, sorridente, in immacolato maglione bianco... il mio moroso di Milano di quando avevo 20 anni! Lui:“Noo, di, ma sei davvero tu?”...”Ma...ma cosa ti è successo?”

17 gennaio 2013

La cucina di Petronilla - Torta di ciccia, con gatto.

Ue! Non torta di ciccia di gatto, che va bene la crisi, ma fino lì ci siamo mica ancora arrivati. La ragione della presenza del felino nella ricetta si scopre dopo.
Allora questa è una ricetta economica, come rubrica impone, ma anche "strategica": serve per far mangiare verdure ai bimbi riluttanti.
La Ari è una buona mangiatrice di frutta e verdura. Ma anche lei ad alcune storce il naso, che so i cavolfiori, il sedano, le foglie verdi delle coste...Invece con questa ricetta, giù tutto. E chiede pure il bis.

Occorrono 250 grammi di carne trita, di vitello o di vitello e suino. Si aggiunge almeno un uguale quantitativo -abbondare- di verdure tritate fini. Carote, sedano, coste, fagiolini, anche i pezzettini delle foglie più coriacee di radicchio, verze, quelli che di solito prendono la via del compost...comprendere sempre della cipolla. Per lo sminuzzo rapido si può usare il minipimer. Io, se ho tempo, preferisco usare coltello. Si evita alle verdure di far pantano. 

 250grammi di carne trita

 A questo punto si aggiunge del pangrattato/strisce di pan carrè/pezzi di pane raffermo...anche qui vasta chance di riciclo di rimasugli. Per me il top è il pane raffermo, magari insaporito da una passata di aglio fresco. 
Il pane non è un dettaglio. Serve per assorbire il liquido delle verdure e quello della carne a seguito della cottura. 
All'impasto si aggiunge: un uovo, prezzemolo tritato, parmigiano grattugiato q.b., una spolverata di sale e una grattatina di noce moscata.


Prendere metà impasto e disporlo in una pirofila unta d'olio (poche gocce). Sulla superficie spargere qualche dadino di mozzarella e qualche cucchiaio di passata di pomodoro. Ricoprire con il rimanente impasto. 


...Ancora dadini di mozzarella in superficie, pomodoro, una foglia di basilico, capperi se piacciono. Mettere in forno a 150° per una ventina di minuti et voilà...la pizza di ciccia è pronta. E i bimbi mangiano verdure felici e contenti.



16 gennaio 2013

Dell'amore. Sulle cose che non devono succedere, ma succedono e quelle che dovrebbero succedere ma non succedono quasi mai.

Mi chiama lei: “Ci siamo lasciati, è tornato da sua madre.” Come, quando, perché? Segue cena, la bottiglia si svuota, il sacco delle confessioni anche.


Otto anni di relazione, la prima vera per tutt'e due. Coppia affiatata, interessi comuni, le famiglie si piacciono. Anni da fidanzatini, poi lavoro di lei, laurea di lui e, quasi subito anche per lui, il lavoro. Sorpassata la boa dell'Erasmus, di lui, si provano con la convivenza, il famoso anno di palestra prematrimoniale ormai sdoganato anche nelle famiglie più cattoliche.
Tutto sembra procedere; insieme intraprendono i primi acquisti, un letto matrimoniale in pelle scura con più elettronica di una Serie 5, e in breve l'appartamento -pure corredato di tutti i comfort- messo a disposizione ai piccioncini dai genitori di lei non li soddisfa più... manca un giardino, i colori troppo scuri... Comprano casa. Accanto a quella dei genitori di lei. Firma del preliminare, 50% e 50% e...e qui si spezza l'incantesimo.

Perché, come non è...sai prima ero contenta io e lui spaventato, poi mi sono fatta prendere dall'angoscia, come se il progetto di una vita insieme...niente più spazio per i ripensamenti, lo so lo so che l'ho voluto tanto, figurati...ma poi lui si era come spento, non gli piaceva fare più nulla, e io invece volevo fare ancora un sacco di cose insieme, prima di...insomma prima della famiglia e dei bambini, e non so che mi è preso gliel'ho detto, c'è rimasto male, ma forse era anche che ho iniziato quel corso di fotografia, sì quello che ti avevo raccontato, che poi ti ricordi? è stato lui a suggerirlo, però quando ha visto che ogni volta tornavo dal corso strafelice, mi trattava quasi male, sai, insomma si è allontanato...

Mi accorgo, una volta ancora, che ho troppe primavere sulle spalle, mi sembra tutto un déjà vu. E anche i miei consigli suonano, almeno a me, stantii.

La vicenda della -giovane- amica mi ha suscitato però l'idea di un elenco. Di tutto l'inaspettato, l'imprevedibile, assurdo e terribilmente frequente nella storia delle coppie.
E di quanto ragionevole, sensato, costruttivo che, invece, dovrebbe accadere. Ma non accade quasi mai e rappresenta un modello solo nei consigli degli amici e nelle terapie di coppia (il post sul secondo, postea)

Storie di s-coppiamenti.
  • Anni di fidanzamento felice e al limitare del matrimonio tutto si rompe (della stessa categoria: all'acquisto della casa, al primo acquisto importante insieme, al primo viaggio da sposati)
  • Coppia perfetta, cerca disperatamente un figlio che non arriva. Quando arriva la coppia si rompe.
    Variante a: lui vuole disperatamente un figlio. Lei si sottopone alle cose più inaudite. Rimane incinta/adottano un bimbo, lui la molla con il figlio per un'altra.
    Variante b: lui aveva messo nel frattempo incinta un'altra.
    Variante c, ad alto tasso di frequenza: lei e lui desiderano insieme un bimbo, mentre lei è incinta, lui al culmine della gioia la tradisce con la prima che incontra (poi lascia l'amante. Ma ci riprende i contatti quando lei è incinta di nuovo)
  • Lui, lei, l'amico di lui. Lei è gelosa dell'amico. Lui si divide tra i due. Finché lui li trova nudi nel letto (dirà lui anni dopo, a riconciliazione avvenuta: “in fondo l'ho sempre saputo che erano fatti l'uno per l'altra”)
  • Lui, lei, l'amico di lui mandato in missione per perorare la causa di lui dopo un litigio con lei. Lei piange, l'amico difende lui, lei piange, lui la consola e..ci prova (sempre). Lei ci sta (a volte). Motivo? Per punire Lui (spesso); perché le piace l'amico (quasi mai)
  • Lei, lui, l'amica brutta e rompicoglioni di lei. Lei manda in missione l'amica rompicoglioni per perorare la causa di lei dopo un litigio. Lui si lamenta, l'amica prima difende lei, poi giustifica lui, poi gli spiffera tutte le confidenze di lei. Lui si confida con l'amica, poi ci esce, poi si fidanza e la sposa.
  • Lui, lei. Coppia comprovata. Si lasciano dopo un alterco, si richiamano, decidono di confessarsi i reciproci torti. E perdonarsi. Dopo la dolce riconciliazione i due si lasciano, imbarazzati.
  • Coppia rodata, ma lui non se la sente di fare il passo. Lei gli rinfaccia di non essere innamorato come lei. Lui si spazientisce e se ne torna al suo appartamento da single. Le amiche di lei lo accusano di crudeltà mentale senza di lui lei non vive. Quando lui si fa vivo, due mesi dopo, lei è sposata con un altro.
  • Coppia rodata. Lei è insoddisfatta e non se la sente di fare il passo, lui vuole che lei sia convinta come lo è lui e consiglia una pausa di riflessione. Durante la pausa di riflessione lui mette incinta l'amica della sorella e si sposa in fretta e furia.
  • Lui è selvaggio, lei è sofisticata. Vivono una relazione intensa. Dopo 3 anni lei aspetta un bimbo. Lui è felice. Lei è felice. Al quinto mese lei si fa portare in Inghilterra per abortire. Lui è troppo selvaggio per lei.
  • Lui e lei imprenditori, stessa passione per la vela. Per Lui, lei è la donna perfetta, quella che ha sempre desiderato per i suoi futuri figli. Dopo 6 anni lei è pronta a rinunciare al lavoro e far famiglia. Lui perde ogni desiderio, lei spazientita se ne esce di casa, lui piange calde lacrime, lei non fa in tempo a tornare a riprendersi il cappotto che, alla prima uscita da single, lui è già con un'altra. Imperfetta.
  • Famiglia perfetta. Dopo il fidanzamento e il matrimonio, una bella casa, tre figli, lei dedicata ai bimbi, lui papà presente. Lei s'insospettisce, lui recalcitra poi confessa, frequenta da anni prostitute. Lei scolora, lui la invita a soprassedere e a lasciarlo in pace. Lei chiede la separazione. Lui, ancora oggi, non capisce 'azzo gli è preso a quella scema di sua moglie.
  • Lui e lei vivono una storia bellissima, lui viaggia per lavoro in un'altra città dove vive la madre, mantengono due case. Dopo 7 anni lei dice a lui che aspetta un bimbo. Lui è felice, lo dice a mamma, mamma è infelice, molto infelice, lui impone a lei di abortire se no la lascia. Lei non abortisce, lui la lascia.
  • Lui è un "cuore d'oro". Vittima di una donna impossibile. Papà modello di due bimbi "provati da una mamma scompensata". Lei che lo difende sperticatamente è la nuova fidanzata. Lui la segue dovunque. Come un cagnolino. I due si sposano. Hanno due figli. Dopo due anni lei chiede la separazione: “è un Barbablu. Mi voleva rovinare come ha fatto con la prima moglie.”
    Varianti club delle prime mogli. Lei, prima: “Figurati se con 500 euro al mese quella non riesce a mantenere il bambino” Poi: “Se lui pensa di passarmi solo 500euro al mese per la bimba si sbaglia di grosso”
    Variante b mild. Prima: “E' una pazza, lui mi ha detto certo cose” Poi: “Ma sai che ci siamo trovate ed è proprio simpatica?”
  • Lui, lei, l'altra, più giovane. Modello “cinquantenite”. Lei e lui sono sposati da anni, coppia solida. Lui a 50 anni circa si innamora perdutamente della giovane segretaria/ giovane cliente/ giovane badante ucraina/giovane amica della figlie/giovane studentessa conosciuta su Internet...Le varianti sono molte, ma le costanti sono: lei cioè l'altra, molto più giovane di lui e lui molto più ricco.
  • Lei, lui, l'altro, più giovane. Modello “Bovary moderna”. Lei e lui sono sposati da anni, coppia solida. Lei passata la boa dei 40 anni diventa inquieta, la vita le sembra la ripetizione di un copione logoro. Si innamora di un suo studente/il fornaio/l'operaio dell'ascensore. Le varianti sono molte. In genere, rispetto al modello precedente la nuova coppia non dura e madame inquieta resta coi figli. Sola.   

14 gennaio 2013

Come nuove.

Siamo state a Milano con Ari. Una decina di giorni fa e Milano era ritagliata su un cielo di maiolica blu. Il Castello sforzesco è il posto giusto dove andare coi bimbi, a Milano quando il cielo è maiolica blu, e anche d'inverno si può godere un panino al sole, en plein air.
Al Castello c'era un'esposizione dedicata alle edizioni Salani, una storia al servizio dei libri per l'infanzia italiana. Il confronto tra le tavole delle copertine, grafiche di meravigliosa contemporaneità, e i contratti con autori o altri editori, era stridente. Quelli sì, frammenti di giurassico -alcuni scritti a mano, macchie d'inchiostro, italiano aulico, su fogli giallastri- Eh...l'arte è sempre giovane.

1916
 1936
 idem
Questa invece è recente, storia di una gabbianella e il gatto.

Il regalo più bello...

Quanti anni avevo, otto, nove? So che era estate, una estate lunga e ferma, immobile il sole, la sabbia bollente, le Apuane sullo sfondo azzurro, l'odore della pineta, della resina delle pigne, il sapore dei pinoli, il frinire delle cicale, avevo il mio rifugio, una grande amaca, macchia bianca nella macchia di pini scuri, là in fondo al giardino, ci scivolavo dentro, l'odore intenso del cotone umido sulla pelle, un libro sotto un braccio, una fetta di pandolce spalmata di marmellata di prugne, aspra, nella mano. Amavo quei momenti di solitudine lunghi e immobili e amavo un libro in particolare, con tante illustrazioni a ghirigoro...leggevo e capivo poco ma l'immaginazione cuciva storie epiche, ispirate dalle immagini suggestive.
Eccolo, il libro scovato da zia in chissà quale anfratto, sopravvissuto a traslochi e padroni, bimbi e cani...Un'edizione dell'Orlando Furioso, Curcio editore,1949.
Se il regalo di Natale deve dare emozione, ecco, questo è stato il regalo più bello.



8 gennaio 2013

Perla ai porci.

Toh! Stanno chiudendo il negozio della Perla. Saldi al 70%.

La Perla è il tempio della lingerie dedicato alle amanti annoiate e anoressiche dei noveaux riches italici.

Non c'è donna che non si lasci turbare da questi frammenti di pizzi preziosi e cangianti incastrati tra lucide giunture di algidi manichini, in sontuose vetrine che presiedono le vasche di tutti i centri della penisola.

Entro, anche solo per togliermi uno sfizio. Chiedo delle mutandine, la commessa sorride comprensiva, aziona un pulsante e sccc... si apre un cassetto accanto a noi. Dentro tanti coriandoli serici multicolori...

Mi sono abituata ai samples appesi e ben visibili. Scartocciare mutandine come i Ferrero rocher, “Le lasci pure sul banco, che le ripiego io signora!” per trovare quella giusta, sotto gli occhi solleciti della commessa, mi imbarazza un poco.

La maggior parte delle candidate sono inadatte allo svolgimento del loro scopo precipuo...porre uno strato tessile tra le umide parti intime femminili e i vestiti.

Ora, per curiosità alzo gli occhi e intorno a me, a scartocciar cioccolatini, ci sono un discreto numero di attardate signorotte, mica particolarmente giovani, mica particolarmente magre. Ad occhio e croce direi che almeno la metà ha figliato. Non posso credere che le loro jolande, si lascino avvolgere e ben contenere da slip col cavallo di 2 centimetri di larghezza...

Finalmente incontro qualcosa che appaga il mio desiderio di lusso -scarso, con l'esigenza di portabilità -tanta.

E' color malva, tipico della tardona single di ascendenza anglosassone...ma in un paio di lavaggi, conto di farla giungere a una più intrigante sfumatura “cenere”.

Allungo alla commessa la mia braga, come una piuma preziosa viene avvolta da candida velina, poi infilata in una bustina di plastica trasparente e fatta scivolare infine in una lussuosa micro shopping bag con nastri di raso.

Ecco, quando lascio il negozio mi sento come Audrey che esce da Tiffany. Paga e soddisfatta.

La sera ripongo la nobil mutanda tra le altre umili plebee, quando mi sfugge l'occhio sul cartellino d'istruzioni per il lavaggio.

Cito: “Trattate il vostro capo con cura! Consigliamo di lavarlo separatamente in acqua tiepida, evitando prodotti chimici, olii solari, detergenti. Non lasciare in ammollo, non piegate il capo, non asciugate alla luce diretta o a contatto con fonti di calore...”

E cioè? Come diavolo si lava 'sta mutanda, considerando che, come tale, andrà spesso lavata? E asciugata? E ripiegata? E che c'entrano gli oli solari?...

...Ma poi, presente l'acidità che circola là sotto, dove deve operare? Mica è un fazzolettino da taschino.


Ehi, lavoratori della Todt!


In sella ai due anni ho visitato la linea gotica. Che per i tedeschi era la Grüne Linie; "gotica" proprio l'Adolf non lo poteva sentire.
Presente una cicatrice? Ecco, la linea gotica era/è (è ancora ma solo per una piccola porzione), una cicatrice di 320km che taglia il cuore della penisola da Rimini a Viareggio: poderose muraglie, grumi di bunker e di postazioni antiaeree. Concepita dopo lo sbarco ad Anzio, che aveva di fatto deciso le sorti della campagna in Italia, doveva ostacolare la risalita degli alleati e proteggere la ritirata dei tedeschi dalla nazione ex-amica (e già che ci siamo, una maledizione a coniglio Badoglio che se la batté con famiglia e generali, senza fornire all'esercito ordini chiari, lasciando allo sbaraglio milioni di soldati e coprendo di vergogna le italiche genti per generazioni....massì, ecco uno dei rari casi in cui auguro che maledizioni e malocchi possano ricadere, magari con meno impeto, anche sugli innocenti successori...Tanta vigliaccheria, un po' di residuo nel sangue c'è rischio che lo abbia lasciato).

In 10 mesi grazie alla potente macchina organizzativa tedesca, la Todt -OT- dal nome del suo fondatore, l'ingegnere e politico Fritz Todt, e ai materiali di prima scelta, lo sbarramento era completato. All'opera collaborarono aziende e manovalanze italiane, subito distinguendosi le seconde per indolenza e scarsa attitudine al lavoro.

“Lavoratore della Todt” ancora oggi, a Borgo a Mozzano e limitrofi indica uno scansafatiche.


Perché gli italiani furono così poco propensi a curvar le schiene ce lo spiega viva voce un frammento vivente della linea gotica, un arzillo vecchietto (vecchietto...è ancora un pezzo d'uomo, chissà che marcantonio da giovane).

Dopo lo sconcerto dell'armistizio, e le prime rappresaglie, i patri soldati furono invitati a recarsi a casa. Una volta stabiliti al calduccio però, ecco che si riorganizza la Repubblica di Salò che li richiama alla leva. Che fare?...Per esempio lavorare alla costruzione della linea con la Todt, la cosa esentava dall'obbligo di leva.

Indi un sacco di gente si presentò al cantiere, e molti erano poco avvezzi all'uso delle braccia.

Ma c'è di più della scarsa professionalità; se in zona si può parlare di pacifica convivenza italiani tedeschi, e non si verificarono episodi cruenti, come a Sant'Anna di Stazzema per esempio, nelle montagne covavano i nuclei di partigiani. E la popolazione era sostanzialmente filo-partigiana. Ecco che la scarsa solerzia diventava segno di partecipazione alla causa.

La Grune linie non venne mai sfondata. I tedeschi si arroccarono poi più a settentrione, nelle Apuane, prima di transalpare.

Di alcuni soldati esistono le lettere, chiedono di intercedere e fluidificare il rientro in Germania a chi li aveva ospitati durante la costruzione della Gotica. Sono buffissime, le lettere. In italiano da Sturmtruppen. I contenuti e i motivi, invece, no, quelli non sono buffi per nulla.

Dopo che se ne furono andate, Wehrmacht e SS, facendo brillare alcune postazioni e tutti i ponti tranne questo, il ponte del diavolo:

Dopo, si diceva, i lavoratori della Todt si contraddissero e divennero degli Stakanov di attivismo: della linea gotica tutto, dal filo spinato, ai blocchi in cemento, ai proiettili, alle granate, tutto venne prelevato, divelto, adattato e reimpiegato nelle case, nelle strade, nelle cantine e pure nei cimiteri, coi bossoli dei cannoni scapitozzati per farne vasi da fiori.

Per anni, e anni dopo la guerra, ci dicono, a capo dei filari di vite garfagnini svettavano le lunghe pertiche di ferro ritorto forgiate nelle miniere della Ruhr.