Autunno

Autunno
E' un tramonto italiano ma a me ricorda Ddorf.

28 dicembre 2011

Mi manca Dusseldorf?

A domanda, reale, di una amica:

E' tutt'oggi che il mio pensier volge alla tua domanda: "Mi manca Dusseldorf?"
...
Sì, no...Come mi è difficile risponderti. Mi mancano tutte le cose che vorrei ci fossero in Italia, a cominciare dal verde pubblico,ciclabili, giardini nelle scuole, luoghi di aggregazione belli e funzionali...ma questo forse è qualcosa che avrei pensato lo stesso di qualunque città tedesca. 
Venendo a me, alla mia vita e a quanto non sappiamo definire e che -forse- nutre la nostra voglia di fare, di creare...penso che a Dusseldorf mi mancasse qualcosa. 

Certo, in una città straniera con una bimba piccola (siamo arrivati che Ari aveva 2 anni) senza il supporto del tuo net parentale c'è poco spazio per distrarsi e per divertirsi, molto meno che in una normale situazione supportata, pure se vivi a Enna.... E le mamme d'Italia,vivaddio che ci sono neh!, ma il 95%dei discorsi che s'imbastiscono riguardano esclusivamente famiglia, prole, scuola, casa...mariti quando si va sul piccante.

No, non sto parlando di questo. Proprio della città, intendo. E della cultura relazionale della città. Probabilmente avrei avuto bisogno di conoscere perfettamente la lingua...però non ne sono sicura che le amiche che la conoscono perfettamente poi se devono fare una bella risata,o hanno davvero bisogno d'aiuto chissà perché collassano sempre "tra di noi". O se ne tornano a casa. In Italia. Già. Chissà perché.

Il Reno non mi è mai piaciuto, un'autostrada d'acqua torbida, e adesso che ci penso non ho mai trovato un luogo dove fosse -per me- davvero piacevole passeggiare a lungo, il sottofondo continuo e onnipresente del traffico veicolare mi ha sempre fatto percepire la sinteticità del verde urbano (nei laghetti intorno alla città, come in foresta. Troverai solo un punto dove non si sentono autostrade, ti sfido a scovarlo!)...

Ecco! Gli alberi, così alti, grossi, verdi e forti...Quelli mi mancano profondamente. E il silenzio della domenica mattina, quasi sacro, e le candele dei Martinszug. I bulbi in sboccio delle domeniche primaverili, alcuni giorni di primavera quasi finti tanto sono lucidi e l'erba sembra irradiare colore...Le vecchie signore impettite eleganti, altere e i loro gesti spezzati, le nuvole che corrono, gli uccelli migratori che sfrecciano nel cielo plumbeo e "fanno la magia" come diceva Ari...



Gli amici. Mi mancano i miei amici.

26 dicembre 2011

Istinto materno sotto le bombe.

...Mi ricordo poco tempo prima di partorire, la pancia a mongolfiera, sfogliavo un libro illustrato sulle foto della guerra del Vietnam. Mi colpì in particolare una, a colori, con alcune donne sorprese in spiaggia dagli aerei americani...tutte facevano scudo coi lori corpi ai figli, anche più grandi di loro. Che strano, pensai, in un momento così emergenziale e ansiogeno l'istinto di sopravvivenza è annullato da quello materno? E così...per tutte, nessuna donna esclusa?
Ricordo che dissi al Neanderthaliano che non sarei stata sicura della mia abnegazione materna, in un caso così estremo.
Ricordo che di lì a poco partorii e un secondo dopo che mi diedero mia figlia in braccio...i dubbi svanirono. Per sempre.

A Natale, della moltiplicazione dei padri e dei pesci...

Ieri era Natale.
E pensavo ai papà. Che specie strana. Papà non si nasce, si diventa. Ma come si diventa? Per le mamme è semplice: passa tutto attraverso i sensi. Gravidanza, parto, allattamento. Insomma se anche non si è perfettamente nei binari materni...la vita ti ci incardina cammin facendo. Ma i papà?
La riflessione parte da ieri, in realtà. La vigilia di Natale con la famiglia del Neanderthaliano. Che quando ho cominciato a frequentarla- ah quei bei tempi quando la suocera non si comportava da tale!- contava dell'intera covata, 4 figli, tutti a casa. Tre maschi e una femmina, santa zia adorata. Lo scenario domenicale era un classico all'italiana. I tre maschi spalmati sul divano a macinar partite, mammetta a macinar chilometri su e giù e giù e su tra le due cucine di casa, preparando manicaretti. Con la rilevante differenza che anche il papà si prodigava (prodiga) assai, di solito spignatta lui per tutti i lumaconi convenuti.
Lo scenario è cambiato negli anni. I quattro hanno preso il volo; prima il Neanderthaliano, cosa nota, che compartisce "meco" destini più o meno avversi, il fratello due si è riprodotto, il tre convive, la santa zia adorata fa la pendolare dell'amore con la Toscana.
Da quando è papà, fratello due è cambiato da così a così. Campione delle pretese, delle risposte taglienti e altezzose, primo ad arrivare in tavola, l'ultimo ad andarsene, pure in odore di spilorceria, irraggiungibile nella prova di staticità totale davanti alla tv...Ora è quello che più si dà da fare per gli altri. Che il cambio antropologico è proprio quello. Tu che prima sei al centro del mondo, almen per te, poi divieni periferico, anche per te! Il fulcro della tua attenzione è il pargolo. Se tutto va come deve andare con questo spostamento di focale, ti viene più naturale (pre)occuparti degli altri, quelli cui vuoi bene.
L'esempio acclara. Seduti al desco, mi verso l'acqua e mi accorgo che non è gassata, come di solito bevo. "Aspetta, faccio io!", fratello due mi precede nella richiesta, si alza pronto e si dirige in dispensa a prendere la bottiglia. Il tutto mollando le lasagne a metà e con tanto di bimbo in braccio!
E' così. Fratello due ha passato la linea d'ombra. Ma come e quando e perché lui sì e il consanguineo no ;-)...mah, è cosa inspiegabile, dal sapore del miracolo.
Come la moltiplicazione dei padri e dei pesci, appunto.

16 dicembre 2011

(In)soliti quattro Gatti...



Spilla e Matisse sono venuti in seguito. Dopo l'esperienza al gattile.
Io in quel luogo non  me la sono sentita più di tornarci. Onore e merito alle signore che si fanno carico di siffatte dolenze della collettività. E lo dico davvero. Però l'odore acre, lo squallore e la decadenza del capannone...e sì, loro stesse, le gattare.
Donne dure, dallo sguardo cattivo.
Io: "Certo che siete brave, tutto il giorno immerse in questa puzza..."."Puzza? Quale puzza. Sempre meglio di quella degli umani...". Io: "..E così, dopo che aveva graffiato la bimba, che era neonata ho preso la gatta, l'ho rimproverata e buttata fuori di casa". "Oh Dio! chissà come è rimasta traumatizzata.". "Beh, vabbeh, piangeva, povera Ari, ma non era spaventata..." "Dicevo la gatta..."
Stralci dal nostro dialogo di quel dì. Chiaro che si era su pianeti differenti.
Quindi ho seguito il consiglio di una iollina, un'amica del Blog di IOL ddorf, e sono andata dal veterinario del paese. Che aveva in custodia 4 cuccioli. Di due mesi. Uno bianco con gli occhi azzurri, una grigia con un ciuffo di peli rossi sul capo. E...Matisse e Spilla. Hanno scelto le bimbe, Ari e la cugina grande.
Dopo la lettura attenta di "Il gatto: una scelta d'amore e di responsabilità" mi ero convinta a prendere due gatti. Con il supporto economico logistico della cugina grande che, prima tiepidamente, poi sempre più convinta si stava appassionando alla cosa.
Perché hanno scelto proprio loro due, di gran lunga meno belli dei fratelli? Mah. Forse perché Matisse aveva quel colore così, atipico...cappuccino. Spilla non aveva nulla di che..tranne quello sguardo diretto e intelligente. Un pò inquieto. Uno sguardo acuto che ha ispirato ad Ari il nome che porta.
Anche dal pediatra, parte l'interrogatorio. E la sottoscrizione dell'obbligo alle vaccinazioni. Per fortuna non quello delle sterilizzazioni.
Ma un pò, diciamo, me lo aspettavo. Dopo la visita al gattile...

15 dicembre 2011

Adesso siamo in quattro....

Da sinistra: Matisse e Spilla

Eccoli qui. Ormai da un mesetto sono a casa nostra. Come i cuccioli i tutto il mondo prima non c'erano e poi...ci sono solo loro.
Nel senso che la giornata si articola -anche-sulle loro esigenze. Mattina si fanno entrare in casa nuova, gli si fa da mangiare (latte e acqua per la signora, lui preferisce croste di pane e acqua).Poi un paio d'ore di giardino, rigorosamente con qualcuno che da soli non si arrischiano, sono ancora piuttosto pavidi. Poi pappa grande, con avanzi nostri che i croccantini, almeno i tre tipi che gli ho procurato non incontrano il loro gusto. Indi nanne pomeridiane, poi pappa again e op! gran finale con salti e acrobazie. L'acquisizione dei gatti è stata lunga e tribolata. Mica quella cosa spontanea e casuale cui ero abituata: "Lo vuoi un gattino?" "...Uhm...ma sì dai, è maschio o femmina?" "Mah!Prova a vedere se li riconosci"
No, no. Prima sono stata al gattile, dopo uno scambio di telefonate durato circa una settimana, durante le quali,pensavo o ignara, di aver esaudito tutte le richieste in proposito. Invece...
Ecco, a caldo, l'esperienza. Dal blog di IOL Dusseldorf.


A proposito di gatti (mici),sapete che non sono stata ritenuta idonea per adottare un gattino? 
 

Sono andata al Gattile della mia città con la bimba,pure con permesso scolastico per incocciare gli orari delle gattare che si prendono cura delle bestiole. C'erano 4 gattini disponibili di cui uno malato,"basta che gli somministri pappa speciale...",uno più morto che vivo, porello, e due vispi che però li devi prendere due se no "la padrona non consente..." 

In un ambiente surreale ricavato negli spazi dei mercati generali,solo la puzza riportava a una dimensione molto terrena, mi hanno sottoposto una raffica di auto dichiarazioni tra cui: dichiarazione di possesso del giardino; sottoscrizione obbligo alla sterilizzazione; controllo da parte dei veterinari che operano con il gattile; donazione; obbligo di trasporto con il trasportino (se no non te li fanno portare fuori)... 

Le domande: "Avete provveduto all'arricchimento architettonico?" (chiedo chiarimenti, vuole dire avere un grattatoio e giochetti vari). Avete già avuto gatti- eh,una serie. Quando l'ultimo - 6 anni fa. Come mai non c'è più? - scappato di casa che l'avevo rimproverato. Perché? -graffiava la neonata... 

E qui,secondo me, mi hanno segata. 

Siamo uscite dall'antro infernale senza gattino.Una mano reggeva Ari che piangeva disperata dalla delusione,l'altra il pingue pieghevole "Adottare un gatto, una scelta d'amore e di resposabilità" 

Raramente mi sono sentita tanto frustrata.


To be continued...

13 dicembre 2011

E' arrivata Santa Lucia.

E' arrivata Santa Lucia. I bimbi si svegliano prima del tempo, cercano affannosamente i regali per la casa, seguendo gli indizi. E' tradizione lasciare a Santa Lucia e il suo macilento quadrupede, qualche bene di ristoro, bicchiere di latte, biscotti, fieno e o mele per l'animale. I più astuti, e quelli che hanno in casa una cameriera servizievole, lasciano anche un mucchietto di farina. Poi seguono le impronte biancastre lasciate dalla cieca e dal mulo sbadato e...trovano i pacchetti!



Santa Lucia è molto divertente. Dal punto di vista dei bambini, naturalmente: devi cercare i regali, una specie di caccia al tesoro, c'è tutta l'aspettativa della notte prima, condividi coi compagni di scuola la stessa esperienza (non è un giorno festivo, c'è una eccitazione collettiva nelle scuole...e questo lo rende davvero un momento speciale), poi tutti i riti della preparazione della merenda, addormentarsi con l'udito allertato sulla campanella della santa...
Tanto è divertente per i bimbi tanto è stressante dall'altra parte, dei genitori.
Si comincia con la letterina di santa Lucia. Occorre sfrondare i regali assurdi, quelli esosi, quelli che tanto ce li hanno le cugine ed è inutile comprarli che tra un anno passeranno a noi...Inviare la letterina, o portarla nella chiesa dedicata, in città. Cercare i regali, nasconderli bene, fare i pacchetti,  aiutare i bimbi nella preparazione della merenda, poi quando i bimbi dormono - e con l'acqua in gola che se si svegliano... ti beccano con le mani nel sacco- cercare un luogo acconcio, né troppo scontato né impossibile da raggiungere...che non è bello per loro andare a scuola e confessare la propria inettitudine...Poi la sveglia, almeno 40 minuti prima del tempo, ma tanto si svegliano loro, accelerare tutte le operazioni standard (prepara la colazione, i vestiti, controlla la cartella, merenda, buono mensa, giacca, cappello scarpe, pettinare, pulire muso sporco di cioccolato, controllare pulizia mani manine, prepararsi, truccarsi, la mamma né, prendere chiavi dell'auto...) dare suggerimenti senza insospettire...Mica finito. Apertura dei regali, carte e cartine in giro, "gli indizi", la farina, il fieno, il latte ovunque. Quest'anno si sono aggiunti i gatti che sovraeccitati hanno urinato sul mio piumone.

Eh, essere mamma&cameriera rende un pò cinici, anche a Santa Lucia ...

11 dicembre 2011

Natale multiculti.

Primo Natale in Italia dopo quattro in Germania. Lì -in Germania s'intende- il primo anno, Nikolaus se ne è impippato e la povera duenne s'è sentita cattiva e abbandonata dai santi protettori.
E' che si pensava, io e il primitivo, che Nikolaus fosse una versione smilza di Santa Claus e quindi passasse per camini, finestre e pianerottoli il 25 dicembre.
Non il 6!
Il secondo anno abbiamo per puro caso lasciato gli stivalini di Ari fuori dalla porta di casa più o meno nella sera demandata...e il giorno dopo eccoli pieni di dolcetti e affini...Dono dei vicini.
Così, pezzo per pezzo, abbiamo scoperto le usanze teutoniche in fatto di Natale.
La casa si è via via corredata di Adventsalender, Adventkranz e piattino in bellavista per i biscottini natalizi...

Mantenere la tradizione di Santa Lucia, il 13dicembre, tanto viva nelle lande orobiche e nei ricordi d'infanzia di noi genitori, nonché condivisa dai cuginetti, è stato un vero impegno.
Arianna il primo anno cercava rispondenze tra i suoi compagnetti d'asilo, l'ultimo invece nemmeno la nominava, la povera cieca che porta i regali a dorso d'asino e li nasconde nei pertugi più irraggiungibili per la gioia dei piccoli e l'affanno dei grandi. Prendeva i giochetti, i dolcetti e zut!.




                                                     
E quest'anno? Quest'anno è andata così. Adventskalender, Adventskranz, tanto decorativa, nel tronco di betulla comprato in val Taleggio, Nokolaus l'abbiamo pre-pensionato in favore della piccola cieca, aiutati dall'arco alpino, che protegge sì dai venti freddi, ma purtroppo rende il traffico di santi donatori, conigli pasquali, sante miopi e dei loro quadrupedi difficoltoso e poco prevedibile.
 :-)

1 dicembre 2011

L'ultimo lampone, il primo dicembre.

La settimana scorsa Ari mi dice, in macchia scendendo dalle nostre erte colline: "Mamma, ci sono i lamponi". "Lamponi? Siii e questa qui che guida è Napoleone!".
No, ovvio che no.Quello non l'ho detto (ma l'ho pensato). Invece ho risposto edulcoratamente: "La stagione dei lamponi è finita, tesoro, adesso c'è quella dei cachi, dei melograni, dei cavolfiori...".
"Io ho visto i lamponi e ci sono." E punto lì, che Ari sa essere Mariposa dulce y definitiva.
Sorpresa!
I lamponi c'erano. Proprio lì dove Ari li aveva visti. Un ulteriore, approfondito sopralluogo lo ha confermato.
E oggi pomeriggio li abbiamo pure gustati.
Domani è prevista pioggia, neve, tregenda.Oggi era quindi l'ultimo giorno utile per:
- fare l'albero di Natale in giardino, con lucine tricolori così becchiamo due ricorrenze con una gradazione: rosso,bianco,verde, che fa tanto Natale e tanto Patria!
- ritirare la bicicletta dalla bocciofila e portarla in garage (mica nulla, ho avuto bisogno dell'aiuto di un amico maschio. Finché ce n'è qualcuno in circolazione e coopera...)
- mangiare gli ultimi lamponi,con l'ultimo sole del primo giorno di dicembre.
Che dire. E' stato bello. Il momento mi ha ricordato la storiella zen del tipo che sta per precipitare nel dirupo, si aggrappa a una radice sporgente, striminzita, quando vede una fragolina di bosco. E' rossa, è profumata.  Lui l'afferra, la sugge e mentre scivola dal ramo pensa: "Dio, com'è dolce!".