Autunno

Autunno
E' un tramonto italiano ma a me ricorda Ddorf.

27 giugno 2013

Straniamento. Ancora.

" ...sennò lo straniamento non ti passa più."
E' notte, sto ridiscendendo da un monte qua vicino. Ripenso al post dell'amica inviato ieri. Mi sa che c'ha ragione. C'ha preso, come spesso. Straniamento. Sto vivendo ancora in quel tunnel che è lo straniamento da expat.
Quando ci sei dentro, per proseguire con le metafore mondane, mica te ne dai conto. Però in troppe situazioni normali mi sento ancora lontana, sfasata. Non può essere sempre colpa del pre-mestruo, il caldo, il freddo, il trasloco, lo stress...

Oggi, per esempio. A una riunione di lavoro. Come tante altre prima. Sempre le stesse dinamiche da PMI italiana (ci si incontra agenzia e cliente con due obiettivi diversi; gli interlocutori, da una parte e dall'altra, non si sono nemmeno coordinati tra loro; si parlucchia del più e del meno; poi si va a pranzo e qui via libera alla conversazione frivola; si rientra per finire l'incontro e definire gli avanzamenti e ci si rende conto che il problema vero è un altro, ed è stato completamente inesploso, e allora è già tardi, ma ci vorrebbe il responsabile Veneto, la signorina Carla o almeno la Luigia - le donne si chiamano tutte per nome che valgono di meno, a livello gerarchico, ma sono indispensabili a livello operativo - ci vorrebbe qualcuno che però non è mai lì; si tergiversa una mezzora e poi si tutti a casa, "ci siamo intesi comunque!?" seguono sguardi d'intesa, cenni rassicuranti... No, non ci siamo intesi affatto, ma in qualche modo si farà, come sempre...)

Beh. Le dinamiche erano note, voglio dire, un contesto normale e, potenzialmente almeno, "normalizzante". Invece alla riunione ero altrove. Come assistessi una recita. Anche se lo scenario, una volta rientrata dal bagno dove mi sono sciacquata il viso, fosse cambiato, e avessi ritrovato dei taglialegna intorno a un tronco d'albero invece che aziendali intorno a un tavolo levigato, credo non c'avrei visto nulla di strano. 
Sarebbe andato bene comunque...

"Attenta, qui ci sono i sassi, vuoi una mano?". Già, qua c'è il punto delicato della discesa dal monte. Quello che mi avvisa e mi precede con la torcia, è il compagno d'avventure di questa strana estate. L'insegnante di yoga. 
Non so bene come sia iniziata, forse con qualche meditazione random in pausa pranzo. 
Da qualche tempo, e adesso che è scoppiata l'estate piuttosto spesso, si va in notturna. A vedere la luna, a passeggiare sul monte o a fare il bagno nelle pozze. Mi arriva un sms, con le indicazioni operative: orari, luogo d'incontro, meta, durata dell'escursione, eventuale attrezzatura. "Ok" e via.

E in questi momenti così "altri", anomali gli orari, le condizioni di luce, la durata, anomala la compagnia - in fondo mica lo conosco l'insegnante, con quello sguardo folle e ascetico da santo di El greco poi...- in questi momenti così strani, ecco: qui, anche solo per pochi minuti, mi sento perfettamente centrata. 


25 giugno 2013

Poi ci sono le belle coppie.

"Ne conosci di belle?". Coppie, Si parla di coppie. Sono anni che non ci si vede. Io e Ale. Ma dopo pochi minuti mi sembra che ci stiamo dicendo le stesse cose di anni e anni fa. E trattengo uno sbadiglio.
Lui, Ale è un lui, è sconfortato. Punta alla qualità della relazione che latita
- ma va?, dopo un po' di tempo insieme; le ragazze -ragazze...qua si parla di 40enni, via, donne ormai frolle! - sono noiose, diventano noiose, poco interessanti. E lui si stufa - eccerto!..
Poi "nessuno deve sacrificarsi per un altro", no che no. Non è giusto. Le scelte sono individuali e parapa, parapa, parapa. 
Tutte stupidate. Penso. Per non dire peggio. Tutte stronzate. E diciamolo!
La qualità della relazione la raggiungi se la vuoi raggiungere, dipende da te come dall'altro. E ha bisogno di tempo e fiducia nel progetto di coppia. Se no è solo un eufemismo per definire quel momento attrattivo e iperbolico dell'innamoramento. Che sta all'inizio. Poi chiuso, chiuso per tutti. 
Se ci si circonda di ragazze poco interessanti è perché si ha bisogno di attenzione, ed evidentemente piacciono persone cui si piace. Non necessariamente interessanti.
Infine il sacrificio, di uno, di due, è conditio sine qua non per il formarsi di una coppia e di una famiglia. Punto e basta. 
Quello che ho testé scritto mica glielo dico, all'Ale. Che c'arrivi da solo. Se mai c'arriverà. Ma sì, che c'arriva. Quando parla della nipotina è lì che gli si dilatano le pupille...dopo un altro paio di atrocità sentimentali su vittime più o meno consenzienti, alla prima bortola interessante come un tralcio d'edera, capitolerà e ci farà un figlio. Due.
Che non è tutto lì nella vita, ma quasi...Almen per la maggior parte di noi. 
Però di belle coppie, tornando alla domanda iniziale, ne conosco. E neppure poche, ad onor del vero. Le differenze tra una bella coppia e una coppia sono tre: complicità, sesso, socialità. 
La coppia "normodotata" condivide i progetti comuni, ma diffonde allegria come la tromba all'adunata le note del silenzio. Scopa poco, quasi niente. Poi, di fronte agli altri tende a chiudersi. Lui, lei, rigidi e sussiegosi.   
Certo, quisquilie di fronte alla "coppia nevrotica" che è sempre sul punto di rottura. Da 20 anni. Amici, parenti, figli...tutti lì a sorbirsi lo spettacolo dei loro psicodrammi. Più o meno gli stessi, lo stesso pathos. La separazione? Impossibile. Se ne dicono di ogni, i figli vivono tra scatti d'ira e parolacce, però lasciarsi questo mai.
Succede la coppia nevrotica. Spesso. Fortuna non a tutti. Penso ai figli, che sono innocenti spettatori. Innocenti almen finché son piccoli.
Non so invece quali siano gli ingredienti concreti di una bella coppia. La complementarietà? Aiuta, certo. La conoscenza profonda e di lunga data? Questa la riconosci quasi sempre: tra i due si sente una accettazione totale, come solo tra "famigli". Ma non basta, la conoscenza. Anzi. Per mantenere accesa la fiaccola dell'attrazione, per esempio, è pure controproducente. 
Forse ci vuole un poco di pazzia...oppure il contrario, l'accettazione dell'abitudine come parte "normale" della vita. 

Quello che so è che con le belle coppie si sta bene. 

18 giugno 2013

Trasloco. Rientro a Itaca.


 Now, sweeping up babies!

Eh, l'ebrezza di dormire sul parquet fresco di rilamatura...

Le immondizie si accumulano. Vuoi mettere la soddisfazione alla discarica?

 Cena cinese. Idea copiata da "Manhattan" di Woody, quando era ancora il nostro Woody 
e non il girolimoni di NY
...
 Happy girl!

 Happy girls...


 Primo tramonto del primo giorno in casa nuova.

Ah, poveri piedi...sempre in piedi!

Stanlio e Olio in salsa moldava.


..."ti ricordo che i fabbri sono operai modello".

Sms dell'architetto, 11 giugno.
Con un avviso così ...Via, il 12 giugno alle 8 sono quasi elettrizzata all'idea di ricevere degli operai modello in casa mia. I due però si palesano solo alle 8.49. Un'ora dopo la media, valutando le entrèe degli altri addetti alla ristrutturazione. Scendono dal potente mezzo, il camioncino, parcheggiato sbagliato, nel posto del vicino che poi sbraita come Bossi a Pontida (pure il cartello con il disegno del cortile, ho affisso in casa per evitare motivi di  frizioni condominiali). Scendono e dalla camminata mi ricordano qualcuno... Ma certo! Ecco chi: Olio e Stanlio. Solo che lo scuro tra i due è Stanlio, Olio invece   chiaro. Alto e grosso, biondo e moldavo...

Si avvicinano lentamente alla porta d'ingresso, e lentamente entrano in casa. Però, penso: come sono attenti e scrupolosi. Con manovre degne di un equilibrista posano i pezzi sulla passatoia che ho allestito io la sera prima per proteggere il parquet, rilamato e oliato che sembra un gioiello di ebanisteria. Pure i trapani, ci appoggiano sulla passatoia. E tutta l'utensileria. Son lì che li guardo mentre mi sorbisco il caffè, i due top model. 
Dopo l'operazione a. fanno per riandare al camion e, acc...incespicano nel trapano lasciato sulla passatoia in mezzo ai maroni. Ebbeh, capita...Sistemano di nuovo il trapano, esattamente dov'era prima e,
dopo l'operazione b. tornando al camion, ci incespicano di nuovo. All'operazione c. non ci arrivano che provvedo io a spostare le loro carabattole, trapano compreso, su una stuoia accanto alla passatoia. Mi guardano riconoscenti.

Procedono sempre con una lentezza bradipesca per un paio d'ore, intervallate da continui: "Signora non ha una scala? Un cacciavite? - no, me ne hanno fottuti due gli imbianchini- Una scopa? Un aspirapolvere con il tubo? Un bicchier d'acqua?" tanto che decido di stare a casa e non andare in agenzia. E faccio solo bene. Stanlio, il capo, che quando è di umore leggiadro si rivolge a Olio "tu brutta bestia", urtato dal ciccio sparacchia il silicone in giro. Che si spiaccicchia sul parquet. I risultati saranno evidenti un paio di giorni dopo. Bestemmiando come Barabba, tanto che chiudo le orecchiette alla creatura, la Ari, che ha finito la scuola ed è qui presente, procede con il montaggio delle porte mentre Olio si dilegua per un buon dieci minuti. Tira una brutta aria e Stanlio è molto arrabbiato.

11.33. I due si attivano, sembrano proprio i personaggi delle comiche. Corrono al camion come velociraptor alla preda. Olio, al mio sguardo interrogativo risponde battendo ripetutamente il ditone sul polso, al posto del quadrante dell'orologio, che non indossa: "mangiare, è ora del mangiare!".
Miii, penso. Gli operai modello. Braccia molli, cervello spento e stomaco forte.
Gli chiedo se possono aspettare pochi minuti per aiutare il cementista a trasportare il piatto doccia nel bagno. Mi  guardano come se gli avessi commissionato un omicidio.
38 secondi dura il supporto di Olio al cementista, cronometro per tema di future rivendicazione, ma poi è sudato come una foca del Bajkal. 
Quando lasciano il cortile mi sento, finalmente sollevata.
Ah! gli operai modello. 
Arrivano tardi, finiscono presto e neppure puliscono il parquet.

9 giugno 2013

Scuola "su", scuola "giù".

Giovedì sera vado all'aeroporto a prendere un'amica di Dusseldorf, in scalo per Roma. Capita ancora così, l'amica arriva, i saluti e si comincia a parlare come se io ancora fossi "su", a condividere delusioni e iniziative gioie e dolori. Come sempre poi, quando l'amica se ne va, avverto come un senso di abbandono, un'ingiustizia, uno strappo allo stato delle cose. E resto "gnecca" per un tratto. Gnecca, cioè pensierosa e meditabonda. Chissà quando la mia psiche si riaggiornerà con la vita che sto vivendo ora e non mi farà più sentire expat in rientro?
Scuola. Si parla di figli e di scuola. Dalla sua, lei insegna nell'unica realtà in città dove si pratica l'italiano, hanno espulso un bambino, meglio la mamma. Aveva atteggiamenti aggressivi con il corpo docente. Non mi stupisco. Anche all'asilo di Ari era capitato un caso simile.
Una mamma aveva attaccato fisicamente una Frau e di conseguenza le era stato impedito di entrare nell'istituto. Mamma tedesca. Asilo blasonato. Anche quella di cui mi riferisce l'amica è tedesca.
Ripenso all'episodio ieri mattina, quando armata di rastrello e vanga scendo alla scuola di Ari per la sistemazione di un'aiuola. Penso confortata che la Ari frequenta le elementari in Italia, qui dove tutti si conoscono, le maestre si amano e i bambini collaborano (situazione confermata anche l'ultimo giorno di scuola. O le docenti si dopano o occorre dare loro credito). Rasserenata, capita così raramente di essere contenti delle decisioni prese, mi reco all'aiuola. E mi cadono letteralmente i maroni... tra gradoni di cemento sbrecciato, lordi di immondizia varia, si apre uno spazio di terra smossa, argillosa, fradicia. Con il contributo di un papà ricopriremo lo spazio di ghiaia. Ci sono già tre papà al lavoro, belli tonici. Mi spiegano, rastrello facendo, che le bidelle non puliscono l'esterno della scuola, non è nel loro mandato. Per contrastare l'evidente degrado architettonico c'è in progetto la riqualificazione dell'edificio, fermo da tre anni. Nel frattempo occorre lottare con l'amministrazione comunale per POTER intervenire da volontari e mettere qualche pezza. Un fatto di proprietà. Noi genitori non potremmo modificare un immobile che non ci appartiene.
Ecco. Quando si dice "toccare con mano" la gravità della situazione. "Su" e "giù".

3 giugno 2013

Battesimo all'italiana. Stile classico.

La mitica 500, e i bimbi non ne uscivano più.

Tutti coi vestiti belli. 
Che per le donne vuole dire soprattutto attuali. E se l'attualità reclama scollature abissali, trasparenze da lingerie e spacchi altissimi, fa uguale. Che ormai in Chiesa ci entra anche lady Gaga. Per gli uomini giacca e cravatta o maglioncino e camicia inamidata. Capelli irrigiditi dalla piega, bambini in tenute paralizzanti. Le bambine si muovono nelle scarpette rigide come le cinesine sugli zoccoli. Quelle con i piedi fasciati.
Tanto non si cammina. In Chiesa si arriva in macchina. E in Chiesa si sta. 1 ora e 48 minuti. Contato bene. 
Il prete ce l'ha con la massa dei credenti eventuali, legati cioè ad un evento meramente celebrativo. Quindi ce l'ha con noi, o una buona parte di noi, deduco. Deduco correttamente. La sua vendetta si palesa messa facendo: farci soffrire per meritarci una qualche forma di grazia. Gli strumenti a sua disposizione: il buio, il freddo, gli inni cantati come ragli, la bruttezza vistosa delle assistenti, dei chierichetti e, soprattutto, prolungare la liturgia oltre ogni limite, ogni fase della liturgia. Il singolo rito viene evidenziato e raccontato, come in un post su Facebook. "Ecco adesso è il momento dell'ektenia, che vuole dire apertura, delle orecchie e della bocca...". "Slacciate bene le vestine che l'olio va dato sul torso e non sul gozzo, come fanno certi per non sporcare i preziosi corredini...". 
Poi, come alabarda spaziale si abbatte su di noi la tortura delle torture: la predica. Infinita e truce. Predica sul Corpus Domini, quindi morte e sacrificio e dolore ed espiazione (se ne batte il belino dei due neonati, della vita in rigoglio e di cose leggiadre e piene di speranza...) 
Il corpo è sofferenza. Che a fermarsi alle sete e ai lustrini del gregge accorso non sembra, ma a scrutare bene i visi...i tacchi stritolano i piedi, le cravatte serrano i colli, le cinture asfissiano, la navata è gelida, i bambini piangono e reclamano un pascolo per scorrazzare, le mamme negano poi cedono.
I padri cedono se sono le mamme ad accompagnarli, se no negano.

Ogni volta che c'è una accelerata di ritmo, o una parvenza di, il carnefice officiante se ne incorre e rampogna. " Scambiatevi TUTTI un segno di pace, mica solo i soliti noti. Sporgetevi, sporgetevi pure ai banchi retrostanti, che è dal gesto che si vede il buon cristiano..."
La messa finisce, nessuno osa lasciare il proprio banco. Siamo più che rassegnati, asserviti. E' lui, infatti, che autorizza a riaprire il portone della navata centrale. Bontà sua. E' un aguzzino, ma ha carisma. 
Finalmente fuori, finalmente aria, finalmente sole. 
Prossima meta, l'aperitivo a casa dei genitori. L'abitazione è a 300 metri dal piazzale della Chiesa, ma non si compromettono le toilettes delle signore prima dell'entrée al ristorante...
Quindi tutti in macchina, nel caos di richiami e sgommate rischiano la vita un vecchio zio e un paio di pargoli. A casa degli invitanti si stappa il primo prosecchino e si beve il terzo caffè della giornata. Per tonicizzare i bimbetti niente di meglio della Coca Cola original; poi scalciano come i cavalli del Palio.
Fine della sgranchita, si rimonta in macchina, le signore hanno provveduto a rinnovare trucco, cambiare calze smagliate, aggiustarsi le chiome. Gli uomini a sganciare il primo buco della cintura.


...E siamo solo ai primi.
Al ristorante, lotta per il parcheggio più prossimo all'ingresso, foto all'ingresso, insieme a una decina di gruppi ugualmente allestiti quivi convenuti per festeggiare matrimoni, battesimi, cresime et similia. 
Camminare come i trampolieri, anche se per pochi metri, affatica quel che serve a stimolare un certo languorino. Un bicchiere di bianco, dalla bottiglia immersa nel ghiaccio, e via con gli antipasti. I primi tre si ricordano bene, che sono quelli che spengono la fame. Gli altri ti fioccano nel piatto come le granate in trincea. Basta che ti distrai un attimo e fiong!, ecco l'orzotto coi gamberetti, vai in bagno, torni e sul tuo piatto si è creato un ecomondo, i commensali - gli altri- ti guardano beffardi. Tra loro c'è chi sapeva, chi qui c'era già stato, chi ha cronometrato il round del cameriere per calcolare esattamente la gittata e rifiutare al momento opportuno, allontanando il target, il piatto cioè...
Al nono antipasto concedo un quarto d'ora d'aria alla Ari, è spenta come la Carfagna dopo l'insediamento del governo Monti. Nei portici, comode poltrone in vimini ospitano i caracollanti convenuti, solo qualche ragazzotta ben in carne si ostina a fotografare e farsi fotografare negli angoli idilliaci dell'agriturismo. Che è idilliaco. Ulivi, viti e bianco, bianco dappertutto. Bianchi i fiori, le tovaglie, i cuscini, le candele e le lanterne, appese agli ulivi e ai vasi di agrumi con nastri di raso. Bianchi.
Non so perché tutto 'sto candore mi irrita. L'erba rasa, coi filetti che sembrano piantati uno ad uno, sui quali spuntano le famigliole con gli abiti lustri, le macchine lustre, i bambini, immobili per non sporcarsi, incastonati sulle poltrone a guardare gli ipad...
Penso, per un attimo a un corrispettivo tedesco. Uhm..il decor sarebbe più ricco, con un taglio kitsch, quasi certamente. Il bianco puro, no, non l'avrebbero retto. Minimo una spruzzata di grigio argento e verde salvia. Ad essere sobri. Una statuetta di qualche animale agreste, qua e là, per bene che vada almeno una mucca, in scala 1/1 e uno stormo di papere. Due oche. Gli immancabili vecchietti, in coppia, sulle panchine. 
Però nel giardino senz'altro sarebbero sorte le sandkasten. E magari un paio di tappeti elastici. Altalene e corde per arrampicare, presenze certe da loro come gli aumenti delle tasse a settembre da noi. Probabile una teleferica. Nel porticato poi, gabbie di conigli in visione, e pure le scuderie coi mansueti equini dentro. I bambini si sarebbero svagati,di più e meglio. Gli adulti però avrebbero mangiato e bevuto peggio. 


Stanca solo a leggerlo, il menù.
Sì, che nella fattoria del Bianconiglio si mangia meravigliosamente bene. Troppo. Ma bene.
Il cameriere ci richiama al tavolo, con lo stesso tono perentorio del prete di stamane e una cofana fumante in mano. Lasciamo malvolentieri i cuscinotti sui quali giacevamo come dugonghi spiaggiati. Risotto al prosecco - peccato la panna, tagliolini ai funghi, notevoli, ravioli alla bresciana, che sarà mai il distinguo con quelli d'altrove. Dopo i primi, riposino lungo. Il pomeriggio si accorcia, le luci s'indorano, osiamo un vai e torna alla macchina. Ma il cameriere richiama, l'alzata dai cuscini stavolta è da veri duri, come da un campo di battaglia dopo la sconfitta, i sopravvissuti si guardano e si contano tra i lamenti e le urla soffocate dei caduti addormentati.
Polenta, patate al forno e arrosto agli agrumi e rosmarino. Salto il turno, mi sto impratichendo, per dedicarmi alla tagliata. Perfetta come raramente. Segue il riposone, è quasi l'imbrunire e al nostro rientro in sala, parmigiano e noci. Finalmente, librandosi come l'angelo liberatore, arriva il carrello del dessert. Caffè. Sambuca. Ammazzacaffè. E' finita, questa sporca guerra è proprio finita. Lasciamo il tavolo, con la stessa repulsione affettuosa del soldato che saluta la branda della caserma dove ha passato la naia. Ci stiracchiamo. Il giorno è stato risucchiato. Ci accoglie una sera fresca di poche lucciole. Resta giusto il tempo di rientrare in autostrada, beccare le ultime code dai laghi, preparare la cartella alla bimba e via, a nanna. 
Ah, benvenuto tra noi,Tommaso.





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2 giugno 2013

La grande bellezza.

Fuori le tette!

Visto la Grande Bellezza di Sorrentino. 
A parte qualche dubbio elementare, nel senso di elementi basici ... Tipo, uno: come fa un 65enne come il Jep Gambardella impersonato da Servillo a reggere un ritmo da movida madrilena senza fare un plissè.
Due: come fa un pubblicista, ex scrittore come, appunto, il Jep Gambardella a permettersi quello stile di vita, con appartamento fronte Colosseo. Forse spaccia droga? che con articoli e post a Roma neanche un garage in periferia ti mantieni. Lo so che uno potrebbe dire, ma via è' un film. Ma se in quel film il protagonista fosse, mettiamo, un metalmeccanico della Breda, o un libraio di provincia, tanto per pescare in ambiti equireddito, il contrasto tra stipendio presunto e tenore di vita sarebbe tanto marchiano da rendere la storia completamente in-credibile. Molti ancora non lo sanno o non l'hanno capito che ormai da anni pubblicisti, giornalisti, pubblicitari, fotografi non portano a casa neanche la michetta.  Altro che feste carnascialesche e abiti costosi alle amichette sculettanti.
Tre, ed è il dubbio dei dubbi: mica è tanto chiara la decadenza morale di cui tutti parlano a sproposito della pellicola, ad esempio La Stampa:
 "Dame dell’alta società, parvenu, politici, criminali d’alto bordo, giornalisti, attori, nobili decaduti, alti prelati, artisti e intellettuali veri o presunti tessono trame di rapporti inconsistenti, fagocitati in una babilonia disperata che si agita nei palazzi antichi, le ville sterminate, le terrazze più belle della città. Ci sono dentro tutti. E non ci fanno una bella figura. Jep Gambardella, 65 anni, scrittore e giornalista, dolente e disincantato, gli occhi perennemente annacquati di gin tonic, assiste a questa sfilata di un’umanità vacua e disfatta, potente e deprimente. Tutta la fatica della vita, travestita da capzioso, distratto divertimento. 
Un’atonia morale da far venire le vertigini. E lì dietro, Roma, in estate. Bellissima e indifferente. Come una diva morta"


Bagasce e papere
A parte che Gambardella non beve gin tonic ... è vero che frequenta feste kitsch, con sequel di zoccolone e cocaina, ma ha un ottimo lavoro, per un'ottima rivista rivolta a lettori colti e raffinati, diretta da una direttrice brava e pure umana che lo stima; può contare su amici fidati di lunga data (è benvoluto persino dalla sua colf!); è sano malgrado le gozzoviglie; vive nel lusso in un città dal decor sontuoso e barocco e comunque, nel film, sempre magnifica; si interroga sul senso della vita e della bellezza - mica su come truffare il prossimo, arrangiare il mutuo a fine mese o fare le scarpe al collega; a un certo punto si accompagna con una donna giovane e affettuosa che ricompensa con generosità disinteressata, attenzioni e riconoscenza. A 65 anni suonati deve solo pensare a come liberarsi dalle donne tante gliene girano attorno, e questa francamente... 
Ma quale "atonia morale"!
Pupe e papponi.
La Roma delle feste è assimilabile, paro paro. alla Parigi della Belle Epoque, con le solite escort/cocottes disposte a tutto pur di assecondare signori maturi, spettacoli e tableau vivant di dubbio gusto, signore in vena di stordimenti da oppio o assenzio, giovani di buona famiglia dissoluti e/o disperati, artisti eccessivi probabilmente pervertiti. Via, niente di nuovo sotto il sole, niente che abbia impedito a grandi artisti di esprimersi attingendo all'humus fecondo della degradazione, ai benpensanti di scandalizzarsi e a chi, invece, s'alza presto la mattina di lavorare per il miglioramento del mondo e della società.


Anche oggi ho raggiunto il fondo.

Dopo.
Grazie al grande Toulouse Lautrec per le iconografie, grande anche quando si abbassava cotanto:http://www.archiviocaltari.it/2011/04/04/merde-dartiste/