Autunno

Autunno
E' un tramonto italiano ma a me ricorda Ddorf.

28 giugno 2012

Le cose dei tedeschi che non capisco...

Continua una fortunata serie di post dedicati alle idiosincrasie, schizofrenie, assurdità varie del mondo tedesco. "Assurdità, schizofrenie, idiosincrasie" dal "nostro" punto di vista. Personale e parziale come tutti i punti di vista. Sia ben chiaro...
Ciò premesso, lo spunto è offerto da una mail di un'amica, italiana che abita in Germania, ad un'altra amica e riguarda il regalo di fine anno:

Ciao,

ci son delle volte che non capisco proprio certi genitori.
Si voleva fare il regalo di fine anno per le tre insegnanti, che hanno organizzato GRATIS anche il pernottamento della scorsa settimana.
Una mamma ha proposto 20 Euro per famiglia.
E´ successo di tutto di piu`: tutti naturalmente sconvolti per la cifra elevata.
L´asilo non chiude mai ed e´ eccellente. Paghiamo 72 Euro al mese per il cibo e basta.
E´ venuto fuori di tutto: chi vuole dare tre euro a bambino ed un fiore per uno.
Chi un buono gelato nella gelateria di zona.
Chi un balletto …da fare noi genitori????!!! La piu´ eclettica del gruppo. Che in italiano si dice SCHLERATA!

MA CHE FILM E´ QUESTO???

Ecco queste sono le cose dei tedeschi che io non capisco…

E c´e´ pure chi scrive…non dobbiamo MONETIZZARE il loro lavoro, occorre ringraziarle a voce…fantastico!
Mi chiedo se al posto di essere pagati, loro alternativi di Flingern, si accontessero di un balletto di fine anno da parte del datore di lavoro!

SURREALE o no???

A.

Surreale, davvero.

23 giugno 2012

Piccole cose che amo di lei.

In questi giorni mi prendo delle ore mie, passeggio, vado in montagna. Il tempo è bello, tempo di piena estate. E poi sono mogia, mogia assai e muovermi mi aiuta a caricarmi un po'. Girellando incontro cose inaspettate, non ci si crede che ancora oggi, ancora qui...

Tipo, alla "grotta di Lourdes" locale...


fa bella mostra di sè questo cartello:



E giusto ieri, in un paesello microscopico della val Brembana, dove mi sono fermata a bere al lavatoio:



Rende chiaro che qualcuno ancora lo usa, il lavatoio, nella sua precipua funzione... nel 2012!

Eppure sono piccoli dettagli che mi riempiono di tenera sorpresa e che me la fanno amare ancora questa nostra Italia.

La strada che non presi.

Me l'ha mandata un'amica, per ilcompleanno. Folgorante:

LA STRADA CHE NON PRESI
di Robert Frost

Due strade divergevano in un bosco giallo
e mi dispiaceva non poterle percorrere entrambe
ed essendo un solo viaggiatore, rimasi a lungo
a guardarne una fino a che potei.

Poi presi l’altra, perché era altrettanto bella,
e aveva forse l’ aspetto migliore,
perché era erbosa e meno consumata,
sebbene il passaggio le avesse rese quasi simili.
Ed entrambe quella mattina erano lì uguali,
con foglie che nessun passo aveva annerito.

Oh, misi da parte la prima per un altro giorno!
Pur sapendo come una strada porti ad un’altra,
dubitavo se mai sarei tornato indietro.

Lo racconterò con un sospiro
da qualche parte tra anni e anni:
due strade divergevano in un bosco, e io -
io presi la meno percorsa,
e quello ha fatto tutta la differenza.

20 giugno 2012

Fra poco è il mio compleanno.

Tra poco compio 47 anni. E questa è la mia mano:



17 giugno 2012

Lo Studio Milano

Ecco, invece, la mia prima esperienza da un parrucchiere a Ddorf. Il racconto risale a circa 4 anni fa. "Benderstr, Dusseldorf. Cerco un parrucchiere, domani ho un impegno mondano e la messa in piega s'impone. Cerco, cerco...eppure, l'avevo vista l'insegna tentatrice...eccola: "Lo Studio Milano". Una bella gnocca con capelli alla Renato Zero, sguardo assassino, meches violette, lancia un'occhiata di sfida dal poster affisso sulla vetrina del negozio. Gli anni '80 devono aver contribuito in modo determinante alla storia del costume di questo Paese visto che ancora oggi non c'è parrucchiere che non si fregi di poster di quegli anni...meglio, di poster dal look di quegli anni...
Entro e, in italiano, chiedo del titolare. Mi risponde, in tedesco, una signorina con due bicipidi da portapinte da festa bavarese, che il signor Carrucchio - Studio Milano eh?!- non c'è e fa lei.
Va bene, mi assetto per il lavaggio e provo l'ebrezza di un semiscorticamento che la signorina è dotata di forza belluina, coi suoi ditoni tormenta i miei bulbi piliferi, capelliferi, insomma quei cosi periformi che si innestano nella cute e che si vedono nelle demo delle pubblicità degli shampoo.

Passiamo alla messa in piega, l'aguzzina mi chiede se quello che voglio è volume; io, sventurata risposi "ya" e quindi via con delle spazzolone modello rotativa a ripassarmi il crine. Poi il phon bollente a contatto lobo auricolare, che devo gesticolare ogni volta per allontanarlo...Via e vai, vai e via, ciocca dopo ciocca dopo un tempo indefinito arriva lo spruzzo liberatore della lacca (lacca?), quelle classiche anni '60 con il flacone dorato e un ricciolo stilizzato serigrafato sopra.

Ho paura a guardarmi allo specchio, e quando lo faccio quello che vedo è devastante. L'unico modello rappresentativo che viene alla mente è Napo Orso Capo. O Marcella Bella che canta "aria" .
Peccato che io, nature, abbia i capelli lisci,appena ondulati e tutto questo ricciolame conferisce un'aria posticcia e pasticcia. Chiedo quanto devo, la kapo mantiene un certo riserbo, chissà se intuisce che non mi vedrà mai più entrare nello Studio Milano...40€ e un buono sconto per trattamenti nutrienti.

A casa la prima cosa che faccio è lavarmi la testa e scollarmi la pellicola di lacca. Poi scendo da Rossmann e mi compro un ferro per capelli, di quelli che arricciano e lisciano a seconda della piastra che innesti, a 19.90€".

16 giugno 2012

Questione di spazzole.

In tempi di crisi si fa anche così. La piega a 8 euro dal cinese. Il taglio invece dal professionista, che ti regge per almeno 2 mesi. Il mio si chiama Roberto ed è bravissimo. Non solo perchè è bravo nel suo. E' un professionista nell'entraitaiment. Le due foto acclarano.


La prima è la sua sala d'attesa. Candide e comode poltroncine,  piante grasse, riviste patinate - niente Novella 2000, ma Dove e Ad- caffè dal bar...vista sui tetti del centro, in esterno e, in interno sulle belle clienti, dal cicaleccio contenuto, e le signorine che volteggiano sorridenti....
Anche Roberto sorride, amabile, corretto, contenuto.



La seconda foto mostra un dettaglio. Le spazzole, rigorosamente in legno. Frassino, teck...con l'anima scanalata o liscia. Le solite spazzole dai soliti parrucchieri sono in materiale metalico o in lega plastica. Roberto mi spiega che il primo, il metallo, scalda troppo il capello e toglie corpo e volume. La seconda, la plastica, aumenta l'elettrostaticità e compromette la pettinabilità.
Si è provata la ceramica che si è rivelata troppo fragile per un'acconcia durata. Solo il legno è perfetto.

Ecco, questo lo chiamo un dettaglio di classe.

Pechino acconciature.

L'ho scoperto così, questo nuovo fenomeno dei parrucchieri cinesi. Mia mamma ci lascia, è mattina; usciamo dall'ospedale per andare alla "sala del commiato" più vicina, anche in questo caso una cosa che non conoscevo...vabbeh,  postea. Squilla il cellulare, comincia il carosello delle condoglianze, realizzo che tra poco la gente comincerà a venire di persona per l'estremo saluto. Io sono in camicia e jeans, gli stessi da 24 ore; so di sudore, stanchezza e umori malati.

Così vado a casa, per farmi una doccia. Durante il tragitto ospedale-parcheggio passo accanto ad un'insegna stravagante "Pechino acconciature". Pechino scritto in rosso a caratteri orientaleggianti, tipo alle favole dal mondo la storia di Alì babà. Acconciature invece è in graziato nero, con riccioli ai pendici delle "a". Entro, operazione resa facile dall'apertura a garage spalancato sulla strada. Tre ragazzi stanno lavando la testa ad altrettante signore. Chiedo se è possibile una messa in piega, certo!, quando? Non finisco la domanda che mi invitano a sedermi, un quarto operatore è magicamente comparso con vasca mobile e sgabello...Così: un cliente entra un cinese entra.

L'odore dello sciampoo alla big babble nauseante, tocco energico dello sciampista...avrei qualcosa da obiettare quando parte un massaggio divino. Cranio, spalle e ancora cranio. Quanto ne ho bisogno. Finito un ciclo l'energumeno plays it again, sento di amarlo.

Il momento magico finisce, passo all'esperto per la piega. Tatuaggio e maglietta punk, l'esperto manovra il phon come un trapano. Piega ai limiti della denuncia, ma il massaggio testè ricevuto mi fa volare oltre.

In sintesi.Dieci minuti di massaggio, dieci dipiega, otto euro (con ricevuta), tempo d'attesa 0 secondi. Poi ci si chiede perchè hanno tanto successo.

6 giugno 2012

Grazie, mamma.

Niente di aulico, di agiografico, di memorabile...ma era tutto quello che ho sentito di dire al suo funerale.

" Grazie mamma di non essere stata la "solita" mamma, che si pensava più a te guardando a un poster di Tina Turner che alla donnina del brodo Star.

Grazie mamma di aver lasciato che casa nostra si riempisse di gente, animali e cose...Forse troppe cose.

Grazie mamma che non mi hai mai fatto togliere una gonna troppo corta o una  maglia troppo scollata. E se lo hai fatto era solo perché erano le tue.

Grazie mamma per aver amato, e per avermi fatto amare, le rose, il mare, il corpo, le barzellette. Anche quelle sporche, se ben raccontate. Soprattutto quelle sporche.

Grazie mamma perché sei l'unica persona che potevo mandare a quel paese sicura che non te la saresti mai presa.

Grazie mamma per avermi dato pochi, ma solidi, consigli e tanti, tanti gesti di presenza. 

Grazie mamma per aver sempre affermato, fino agli ultimi giorni, che io e le mie sorelle eravamo i tuoi CA-PO-LA-VO-RI...E gli occhi ti brillavano. 

Grazie mamma perché mi hai dato la vita. Mi hai insegnato la morte. "

1 giugno 2012

Non c'è più

L'avevo notato proprio il primo giorno, di su e giù tra casa e l'ospedale. Un batuffolo ispido e nero sul selciato della superstrada: un piccolo riccio. Speravo fosse vivo, il primo giorno. Al secondo, non volevo quasi, ma poi  lo sguardo l'ha ritrovato, quasi casualmente. Ancora lì. Sul selciato, forse solo un po' più piccolo. Come la mia mamma, sempre più rattrappita in quel lettone d'ospedale, zeppo di cuscini. Ogni giorno, ogni viaggio su e giù per l'ospedale, il piccolo riccio si riduceva a una macchia piccina e ispida, e la mia mamma a una cosina bigia persa tra i guanciali.... E stamattina, l'ultimo viaggio su e giù per l'ospedale, non volevo quasi, poi lo sguardo l'ha ricercato, e...niente. Anche lui, come lei, non c'era più.