Autunno

Autunno
E' un tramonto italiano ma a me ricorda Ddorf.

29 agosto 2013

Sic stantibus rebus.

Allora, vediamola così. 
(Questa riflessione parte da uno sfogo di un'amica sulla falsità degli amici. E dalla  risposta di un'altra amica, enunciante la regola aurea del comportamento leale tra esseri umani: "Non fare agli altri quello che non vorresti gli altri facessero a te". Bene. Punto. Osservo che la proposizione è facile. L'applicazione flessibile. In genere, ci si riferisce scrupolosamente alla stessa per quanto riguarda i comportamenti degli altri verso di noi. La prima parte invece...)
Vediamola così. Vediamola alla voce tradimento. Quello che tutti non vorremmo mai, ma che non sempre riusciamo ad evitare. Conosco poche persone che non hanno mai tradito un compagno/una compagna nella loro vita. E io NON sono tra queste, tanto per essere schietti. 
Poi: c'è chi l'ha fatto per fatal combinazione. Chi "tanto la relazione era comunque finita." Chi per provocazione, chi per insoddisfazione. Chi per "è solo un'avventura l'amore è un'altra cosa. Chi perché si deve provare tutto, chi perché non sa dire di no, chi per sentirsi uomo/per sentirsi donna. Chi perché gli è scoppiata la cinquantenite, chi vive la seconda adolescenza astrale. Chi perché lei/lui non mi desidera, chi perché "noi ci scegliamo ogni giorno", chi è una coppia aperta...
Non è detto che chi tradisce sia per questo un cattivo compagno, una cattiva compagna. O peggiore di chi non l'ha mai fatto. Anzi, qui sta il bello. Tra coloro che rinfacciano la loro vita proba c'è n'è di certi che ti fan immediatamente pensare: peccato, gli avrebbe fatto pure bene. Che come diceva Tomaso d'Aquino: "c'è chi praticando virtù scende e chi peccando sale".

16 agosto 2013

La cucina di Petronilla - Composta di cipolle rosse e senape renana.

Per questa ricetta, sempre di rimasuglio, s'intende, mi sono "appoggiata" a Giallo Zafferano. Una potenza della buona cucina peninsulare, con tutorial anche per gratuggiare il parmigiano...
A mio sindacabilissimo parere la ricetta della composta di cipolle di Tropea di Giallo Zafferano è una chiavica.
Secondo loro, o chi per loro, basta aggiungere aceto balsamico, quello dolciastro che conosciamo tutti, miele e zucchero. Et voilà.
Allora...Già le cipolle sono belle dolcette così. Se poi le caramelliamo con tutto 'sto dolciastro. 
La mia ricetta prevede: un buon quarto di Fresia del Piemonte. Una sana cucchiata di senape di Ddorf extra sharf  (bene che me ne sia rimasta una tinozzina, e bello che ancora oggi a chi ci si reca al mercato centrale basta allungare la tinozzina vuota all'apposito stand e zac! Rieccotela piena, e a un prezzo calmierato!)
Via, dall'inizio: tagliate a fettine sottili 300gr di cipolle di Tropea. Mettetele in una capiente casseruola dove avrete aggiunto un cucchiaio di olio al peperoncino (correttivo mio) e un bicchiere di acqua con aggiunta di ca. 20cc. di aceto balsamico. Lasciate ben rosolare le cipolle, indi aggiungete il vino (se non Fresia altro "tosto") e dopo una mezz'oretta, la cucchiaiata di senape forte.
Lasciate sul fuoco a sobbollire finchè la pazienza vi accompagna, indi, se non sono collassate, date un colpo di minipimer alla composta. Se gradite una texture più omogenea aggiungete qualche fettina sottile di mela (anche selvatica, fa da addensante naturale e il sapore ben si armonizza).
Se no, lasciatela grumolosa e aggiungete una grattatina di noce moscata, due foglie di alloro, sale qb. Ultima sobbollita e via. Potete travasare nei vasetti, sterilizzati e a chiusura ermetica (i classici 4 stagioni nazionali)
Vedremo come si accompagnerà ai formaggi questo autunno...ma, così a naso, farà la sua bella figura!

La cucina di Petronilla - il burro chiarificato


Ma chi me l'ha fatto fare...E' il 30 di luglio, giorno più giorno meno e al rientro dalle vacanze, in Liguria, sai che esotismo, mi ritrovo il frigorifero staccato. Faccende di muratori.
Butto via tutto. Quasi tutto. Se il fine olfatto non m'inganna non è molto che l'alimentazione è sospesa. Il burro, per esempio. Piemontese dell'Occelli. Ancora compatto. Emana un buon odore. Il burro non lo butto via (le cozze, invece sì).
Il burro lo chiarifico. Le ricette per chiarificare il burro, per togliere acqua e caseina, sono plurime. La mia è semplice semplice e non necessita di bagnomarie. Si prende una casseruola a fondo spesso, adeguata alla quantità di burro, si pone sul fuoco alla fiamma più parca possibile, magari con retina e distanziatore e...quivi la si lascia a sobbollire lievemente.
Quando si forma sulla superficie del burro fuso una patina bianca la si rimuove. Il processo, per 300gr di burro dura circa 20 minuti. A un certo punto il liquido si fa chiaro, traslucido (non marron che se no non va bene e occorre buttare via tutto)
Ecco, qui spegnete il gas. Poi avete due opzioni. O ci buttate dentro, così "olè!" un rametto di rosmarino e/o salvia e/o uno spicchio di aglio... Oppure lasciate raffreddare quel che basta per mettere in friser dopo il travaso negli appositi contenitori.
Il burro chiarificato non aromatizzato è notevole per tutte le ricette esotiche, e pure per le autoctone a base di pesce, per esempio. Quello aromatizzato fa la sua bella figura su tartine (ma chi le fa più le tartine!) o sul pane la mattina, nelle colazioni salate. In entrambi i casi il vantaggio è che dura mesi e mesi. 

7 agosto 2013

Elogio della Pina...

Una così, uno così, tutti la vorremmo, lo vorremmo. Si sta parlando della Pina, la mitica moglie di Fantozzi. La Pina incarna la moglie allo stato puro.

Poi, c'è la fusione.

La Pina è mite, la Pina è asessuata, la Pina è parca nelle pretese, generosa nel dare. Si accontenta sempre, instancabile nel pulire, accudire, seguire, accondiscendere, accettare. Si illumina se il marito è felice. Si spegne se il marito è triste. Si attiva se il marito urla. Piange se il marito l'accusa. La Pina...L'elogio alla Pina nasce che stasera rientro a casa e sento dei singhiozzi fin dal giardino. La mia nipotona piange, pensa cuore di zia!...No. La nipotona sta ridendo sguaitamente, spaparanzata sul divano davanti a “Fantozzi va in Pensione”.

Ovvio che salgo in casa di mia sorella e mi aggrego anche io alla visione, anzi, anche noi. Nella composizione “famiglia bislacca classica”: io, mia sorella e la nipote allungata tra le due, coi piedi sulle cosce di una e la testa sull'altra. A lei va così. Le andava a un anno, le va adesso che svetta agli 1.75 e ha il 42 di piede.
La Pina è una grande incassatrice. Sa di non essere granché e davvero ritiene premiante la sua posizione di Moglie, ai tempi dei Fantozzi il ruolo aveva una sua valenza giuridica, e di moglie del ragionier Fantozzi. Decoro e parsimonia sono regole cui si attiene con fervore buddista. Ogni tanto Fantozzi ha pietà per lei... ed è interessante... quasi lei si vergogna di sentirlo parlare “umanamente”. Preferisce le imprecazioni del marito, padrone e orgoglioso, piuttosto che il parlare lucido di un uomo consapevole della propria pochezza.

Che la speranza è l'ultima a morire e lei di speranze ci ha intessuto la sua esistenza (figlia trasparente di un uomo finito).

Tutti, tutte vorremmo avere una Pina al nostro fianco. Sempre pronta a ri-prenderci, sempre rassegnata a lasciarci andare, per rincorrere le nostre lucciole.

Purtroppo, di Pine ce ne sono restate pochissime. Come le farfalle, silenziosamente, si stanno estinguendo.


6 agosto 2013

Via, la sbagliata sono io.


La prima nota stonata è subito, all'inizio.
“Vai, vediamo dove s'incontrano d'estate le sciure di Bergamo!”. Dico io.
”Ma non so dove s'incontrano, mica qui!”.
Ma come. All'alba dei miei 50 anni do' per acclarato che le sciure in questione siamo, sono, gente come noi.

Chi mi risponde però “ manco per 'a capa!”, pur essendo abbondantemente in età sciuracompatibile.

Via, acclariamo. Accetto l'invito di un'amica e, dopo la sessione di yoga, ieri salgo in Città Alta con lei e un'amica di lei. Agli spalti. A Torino hanno i Murazzi, noi gli spalti delle mura venete dove si sono allestiti appositi chiringitos estivi. Accetto con entusiasmo la proposta. Anche se, come reso chiaro nell'incipit, mi sento da subito fuori luogo.

Uno. L'età media delle persone del “nostro” Chiringuito è alta. Più alta che alticcia, che alla linea ci tengono -quasi- tutti.

Il fatto che mi colpisce non è questo. E' che tutti si comportano come se avessero almeno vent'anni di meno...(Io no. Ma forse non ce la facevo a comportarmi adeguatamente nemmeno 20 anni fa, quindi non vale.)

Tutto un “fare finta che” , che non sei allestito per l'occasione, che non t'interessa di essere visto, che sei lì ma saresti altrove, che sei fidanzato, ma è una storia strana...Tutto un nonsoché che mi sembra faticosissimo...e soprattutto inutile. I binari della vita e della morte ci hanno inchiavardato più o meno tutti allo stesso modo. Ma come fai a scimmiottare leggerezze post adolescenziali, senza nemmeno bere adeguatamente, che per mantenersi sottili e agili come giunchi un poco di attenzione è necessaria?...beh, sarà abitudine, allenamento, recita... loro riescono.

In una sera vedo sfilare personaggi e personagge che pensavo esiliate nei libri di Fiztgerald e nella Grande Bellezza di Sorrentino:


“Ci penso ogni tanto a fare figli, ma sinceramente, nella brutta società in cui viviamo...”.

La ragazzetta che esprime questo pensiero denso ha quasi 40 anni. Fare figli, lei forse non lo sa che sembra pure sincera, alla sua età o è una sfiga o è un miracolo. Mica tanto un'opzione gestibile...

Poi passa una nonna avvizzita che mi sembra completamente nuda. E' pazza, penso.


Le mie compari: “Oh, hai visto che fisico spaziale che sfoggia la Mary?” “Sai che ha quasi 60 anni?” “Io l'incontro in palestra e, Dio! Vorrei arrivare alla sua età così!”.

Io sono certissima, se la menopausa non mi gioca brutti scherzi, di non voler arrivare a 60 anni a girare per un bar di vecchiardi mezza nuda contando sullo sguardo avviluppante degli avventori.

Poi è la volta di un'emula di Romina Power da giovane, ora si è inquartata mica male, che è stata 5 anni ad Amsterdam. Quando si avvicina per parlarci mi ricorda la strega di Flingern Nord, a Duesseldorf...


Che un po' è così, ad una certa età le magre si rinsecchiscono, e sono graziose giusto tenute a una certa distanza; le grasse sono grasse e non sembrano giovani nemmeno a una certa distanza (Forse recuperano nude, che Botero ci ha fatto i soldi sulle ciccione bambine gonfiate...)

Lo Spritz ad ogni modo è impeccabile. Aperol e prosecco di Valdobbiadene. A 4 euro il bicchierozzo. Esulto... dal bancone del bar raggiungo il mio tavolo. Mi interrogano. Parlo. Che non ho bisogno di essere incalzata in questo... I miei argomenti: come sentirsi vecchi e laidi vicino a un corpo molto più giovane...il tenero sentimento della nonnitudine...come insegnare la moralità ai nostri figli.


E' colpa del buon Spritz, e del fatto che anche stasera niente cena...I pensieri testé espressi sono i miei rovelli filosofici del momento. Del tutto personali che qui nessuno rimpalla. L'apettativa di nipoti a breve poi...scatena un vero e proprio balletto scaramantico “vade retro satan!”


Boh, via.

Succede che sì, mi sono divertita ma, ad una certa, me ne vo' volentieri. Misfit caratteriale. Comportamentale.
Ho capito perché anche noi porelle, non giovani, mai state trendy, non più belle, possiamo comunque piacere.
Perché smettiamo di voler essere giovani. E entriamo nella categoria, rassicurante, dei:
“Dio, com'è umana lei...”


1 agosto 2013

Dimmi come IKEA e ti dirò chi sei.

Come tutti vado all'Ikea. 
Molto meno di quanto dovrei (c'è sempre qualche pezzo di Ribba mancante per casa ), molto più di quanto vorrei. 
Acclaro. L'Ikea l'apprezzo. Dai, impossibile non apprezzarla. Ha cominciato con un principio da Magna Charta della democrazia moderna: "Tutti hanno diritto a un buon design a un prezzo compatibile con uno stipendio normale". E bravo Ingvar Kamprad. Ha scopiazzato i Salone del Mobile di Milano per qualche anno ma, presto, ha assoldato buoni designer proponendogli la sfida: facile fare il designer di nicchia. Prova a farlo per le case di tutti in tutto il mondo... 
Dell'Ikea ammiro l'innovazione, sempre attualissima basta guardare la palette di colori, e la tradizione nordica di grafica pulita, di comunicazione diretta - mai spocchiosa, mai banale, pop e non popolare nel senso retrivo. 
Di Ikea ammiro il sito, veramente completo, pure con i configuratori, il semaforo per la disponibilità della merce in magazzino...e l'attenzione al testo, sempre localizzato. Preferiscono lasciare worldwide le immagini, con signore biondissime ancora piuttosto improbabili alle nostre latitudini, piuttosto che le headline delle campagne. 
Poi, che sollucchero! A pagina 90 del catalogo 2013 ecco qui: "Il caos è subdolo...". Subdolo...in un catalogo per le masse un aggettivo cotanto. Solo in Topolino e nella Settimana Enigmistica trovano posto parole così desuete (di solito in bocca a Paperone, che è anziano... ci sta!).

Quindi GRANDE IKEA! 
Però. Però poi ogni volta che ci vado, sempre con qualcuno che se no mi demotivo, mi viene uno scoramento...innanzitutto alla presentazione dei settings non ci casco. Come nelle pubblicità, quello che fa belli i mobili sono le location (sempre con i soffitti altissimi, la vista splendida, i pavimenti ed i rivestimenti curati e pregiati) l'accostamento gradevole con altri pezzi e la grande attenzione per i tessili e le palette dei colori. 

Poi. Poi c'è il fatto che ad ogni visita sono 200euro. Anche se non hai trovato il pezzo così conveniente che cercavi. Già che "balini" lì, le candele, i tovaglioli, un paio di lenzuola, due vasetti, il piumino, il cuscino, la sedia da esterno, la panchetta e un bel Lack per l'angolo dell'ingresso li compri...e sono 200euro ogni volta, poco più poco meno.

Che in questo periodo di ristrutturazione non rappresentano mica paglia...
Ma poi. Poi, poi c'è la cosa più grave: l'acquisto di qualcosa di seriale e per questo non avente valore intrinseco percepito. E' terribile, ma disfarsi dei mobili Ikea è facilissimo. Non stimolano nessuna affezione particolare, sono come dei replicanti di gradevole aspetto con una data di scadenza incisa nel patrimonio genetico. "Lo cambio quando voglio, tanto è Ikea!"

Nessuno chiede soldi per un mobile Ikea usato, a meno che sia praticamente nuovo. 
Per tutto quello sopra si esce, io esco, dalle casse blu e gialle scontenti e paganti. Non si compra un mobile in effetti, ma una soluzione a un problema funzionale afferente all'abitabilità del tuo comparto domestico.

Tutto il contrario del design, se ci si pensa. Tornando a bomba ecco perché ogni volta che lascio le casse Ikea sono molto più triste di quando varco l'ingresso.

Io sono triste. Ma mica vale mica per tutti...Mia sorella, per esempio. Prima di giungere all'Ikea sembrava la Santanchè il giorno in cui le hanno condannato per diffamazione il fidanzatino. Urticante, acida, maldisposta. Ha urlato con tutti gli automobilisti che abbiamo incocciato per strada; guidasse come Thierry Sabine... macchè, giusto per far tracimare un po' di bile cattiva dal fegato, avrebbe detto nonna mia...

Però, dopo l'acquisto di un buon 500euro di carabattole, sembrava la Teresa del Bernini durante l'estasi. E lì ho capito il potere taumaturgico dello shopping, che tanto ha fatto scrivere nella letteratura femminile (e nelle barzellette della Settimana Enigmistica). E mi ha fatto capire che l'Ikea è meglio del prozac, meglio dell'ideologia nazista: promette ordine e pulizia e per chi ha necessità estrema che tutto sia a posto, una seduta di shopping all'Ikea, con tutti i contenitori di cose e cosine, fa più che bene. E' la promessa concretizzata di ordine nella vita. 
Ho capito (e tre) che la fugacità dei mobili Ikea per qualcuno non rappresenta un minus, tutt'altro. Consente di rinnovare la casa costantemente. Compro, butto, ricompro, con un effetto stira e ammira del proprio spazio domestico. E di noi stessi per logica conseguenza. Sempre nuovi, sempre belli, sempre giusti.

Ho capito tanto di chi, in fondo, non ho mai capito per nulla, in una giornata all'Ikea.