Nei 70 euro trimestrali che costa la
sessione settimanale di yoga sono comprese tre serate di meditazione
presso il Centro.
Ieri, approfittando della presenza a
casa del Neanderthaliano, ho deciso di partecipare ad una serata.
“Casa del materasso”. Fermo la
macchina. Il Centro è qui, sopra l'esercizio.
L'ambiente è raccogliticcio, tre
stanze arredate con mobili di recupero, Ikea a profusione, laminato
finto legno, lenzuoli a coprire le barre di neon industriale, alle
pareti riproduzioni in bassa risoluzione di simboli arcani.
Sono la prima intervenuta, mi accomodo
su una panchetta in ingresso (dimentico ancora che in Italia, in certi
ambienti, l'orario è solo un suggerimento, e normalmente si inizia un
quarto d'ora dopo.)
Arriva un'altra donna, iniziata, sotto
il soprabito infatti veste una tuta bianca.
La terza che entra è una tardona come
me, sguardo inquieto, mi siede accanto, molto accanto, mi rivolge
occhi famelici di attenzione...ecco, io stasera sono qui per
rilassarmi, che tra visite delle maestranze in prossimità dei lavori
di casa e organizzazione della caccia al tesoro per il compleanno
dell'ottenne...
Con la scusa di riporre la borsa nello
spogliatoio me la squaglio e le lascio la stretta panchetta dove stavamo
appollaiate.
Riemergo solo quando sento altre voci e
tutti insieme ci assettiamo, nella stanza più grande. Davanti si
siede “il maestro” -de che?- in tuta e dolcevita bianche
attillate.
Mi sto sistemando proprio di fronte a
lui, ma ecco ancora la tardona con gli occhi voraci approssimarsi,
pronta a irrorarmi delle sue miserie esistenziali: “erano anni che
non venivo, ho perso la via..” Hiii inizia da subito, neanche
disteso il materassino.
Cielo! Penso, e forse sussurro, volgo
il guardo e chi ti vedo? Wow, il figo del corso yoga, mi fa un
cenno, che a me basta e avanza per guadagnare la sua postazione e
mollare la tardona, ancora più tardona di me.
Ah, rinfrancata.
Il maestro inizia a illustrarci cosa
andremo a fare. Voce ispirata dall'alto, accento bergamasco greve dal
basso: “Mi sentite voi in parte?” Sì, si, come gli asini la voce
della guida alpina.
Entreremo in un Mandala. Con
l'accompagnamento di una musica speciale, grazie alle capacità di
tal Pino. Pino è un tipo infagottato di grigio, da un involucro estrae
delle terrine in metallo, poi dei mestoli, almen così sembrano,
infine una risma di fogli che dispone in ordine. I mandala.
Comincia a distribuirli, un mandala per
uno. Dò una sbirciata a quelli dei miei vicini. Tanto blu, verdi e
gialli acidi distribuiti intorno con effetto a sfiammata come nelle
magliette degli anni '70, quelle che ci facevi un nodo, poi le
tuffavi in un colorante, disfavi il nodo..e ottenevi quella cosa lì.
Piaceva. A me no. Mai piaciuta.
L'omino deve aver intuito qualcosa che
quando è il mio turno, improvvisamente cambia foglio. Bene. Niente
blu madonna di Fatima, ma un accrocchio arancione, violetto, verde
nuovo.
Piacevole, ma dopo un paio di minuti di
sguardo trapanante ho esaurito tutti i possibili richiami e
associazioni. Segnatamente: tappeto balcanico, festa popolare, danze
folk intorno a un albero, primavera, violini, vortice di colori,
odore di erba e sudore e cumino. Guardo in giro speranzosa, forse non
sono la sola ad annoiarmi, invece tutti sono lì a fissare il loro
mandala, con molte cose da raccontarsi. Ci riprovo. Chiudo gli occhi,
apro gli occhi, fisso il mandala e... noto solo la riproduzione
scadente, il motivo non centrato, penso ad una mia ex collega grafica
che per evitare di sbagliare l'allineamento dei quadri di casa ha
preferito lasciare le pareti nude...
“Adesso il Mandala entra in voi...”,
tuona il maestro. Guardo il mio tappetino balcanico, non mi sembra
pronto per il grande sbarco.
Qualcuno vicino a me si è pure
addormentato e russa sonoramente.
Sono scomoda, mi sgranchisco un poco,
quando, improvviso un diapason mi trapana le orecchie. Proviene da
Pino che regge in mano una delle sue terrine.
Che suono penetrante, questo sì che
entra in noi, più cerco di evitarlo più si avvicina...
Quando, finalmente, si allontana, ho
mal di testa.
La fine della meditazione è una vera
liberazione, la tardona ci tiene a comunicare a tutti il suo
entusiasmo: “mi è piaciuto tanto, ho sentito l'energia liberarsi
in me”.
In posti così si dicono e si sentono sempre le stesse cose, un po' come in Parlamento assunzione di responsabilità e rispetto
delle istituzioni.
Qualcuno chiede a Pino in base a cosa ha scelto
il tema musicale per ognuno, e lui risponde che è sensibile. Infatti
è artista anche se non sa come. Sicuramente, acclara subito
dopo, è la reincarnazione di un artista “vero” e la domanda che
lo perseguita da anni è chissà perché sono stato scelto.
Per me invece Pino è chiaramente la
reincarnazione di un campanaro, mi sento frastornata come se il
campanone di Bergamo avesse battuto i 100 colpi delle 10 di sera. Con
me dentro.
Sgattaiolo via dalla sala, ringraziando
farisaicamente il maestro. Che gongola soddisfatto.
Quanta frustrazione lavata via, solo per il fatto di ottenere riconoscimento da qualcuno, in un
angolino della nostra esistenza.