Autunno

Autunno
E' un tramonto italiano ma a me ricorda Ddorf.

29 marzo 2013

Esistono, sono tra noi e...sono sempre sposati ad altre.

Checcheionedica di uomini supportivi nello sfangamento della routine quotidiana ne esistono. In percentuale rilevante, anche se minoritaria.

Non credo siano tanto il frutto di decenni di femminismo e di educazione scolastica; da qualche tempo è semplicemente conditio sine qua non per mettere su famiglia.

Una costrizione dei tempi che lascia poco spazio ad interpretazioni differenti.

Sabato mattina ci si incontra a volte con il vicino, fuori nel giardino condominiale. E' lui infatti che il sabato provvede alle due bimbe, di 2 e 5 anni. Le lava, le sveste, prepara la colazione, rigoverna, le copre adeguatamente per uscire. Sabato scorso era una giornata freddolina, ma soleggiata. Anche la ari voleva giocare in giardino. Porto il caffè, una coperta e mentre le pupe giocano, noi ciacoliamo. Propongo un pic nic, io vado al mercato a prendere pollo e patatine per tutti. Lui rilancia con una pastasciutta e la macedonia.

Mentre cucina, deve dare un occhio alle bimbe, cambiare le scarpe a una che si è bagnata, cercare il cane, ha anche un cane anzi una cagna, completamente pazza, assistere l'altra bimba che vuole arrampicarsi come la Ari.

Mi dispiace lasciarlo lì con 3 bimbe e la cagnetta, ma devo scendere a fare la spesa e poi penso a quante volte l'ho fatto io, e che se fosse una lei non mi sentirei altrettanto in colpa. Retaggi culturali.

..Lo lascio.

Al rientro, mi aiuta ad apparecchiare, nel frattempo si sono aggiunte all'allegra comitiva un paio di persone, e siamo in 8. Quando arriva la moglie le serve da bere e da mangiare: “E' stanca, dice, povera! ha una supplenza terribile”. La moglie effettivamente è reduce da una supplenza terribile, la lasciamo sfogare un poco, e io riconsidero l'idea di far frequentare un professionale a mia figlia.

Pare, per esempio, che in quell'istituto il problema non sia più sospendere dalla scuola i ragazzi che si drogano, magari!, ma di non farli rientrare per spacciare.

Mentre noi sciure alluciniamo, parlando e confrontando, lui sparecchia, sistema tutto, conforta la moglie che i piatti messicani per la cena con gli amici li ha cucinati la sera prima. Carica la mountain bike in macchina e ci saluta, non prima di avvisare la moglie di non preoccuparsi che al rientro dalla sgambata, all'Esselunga per la spesa settimanale ci passa lui.
 
Sigh.

28 marzo 2013

All'americano non far sapere quanto è BELLO il formaggio con le pere...

Accostamenti pantone assolutamente inediti. Bellissima idea. Però, quanto sarebbero stati "meglio" in versione Italian food:
http://www.dschwen.com/#Pantone-Pairings

Pere e gorgonzola
Fragole e aceto balsamico
Basilico e pecorino
Zafferano e riso
Riso venere(nero) e seppioline (rosa)
...
solo per esempio, neh!

Italians keep it better

Il lavoro di catalogazione tra i popoli, spulciando tra le abitudini domestiche, quotidiane delle persone è complesso, ma intrigante.

Per esempio, confrontando, si scopre che gli italiani sono dei grandi spigolatori. Noi, italiani, ci sorprendiamo delle micragnerie tedesche.

Sono capaci di mantenere le scatole di tutti i loro acquisti, anche i più irrisori, per poterli piazzare meglio in caso di rivendita su ebay. 

Possono mangiare da Aldi per tutto l'anno solo per non compromettere le vacanze a Maiorca. 

Ognuno al momento del conto paga per sé. E questa è la regola. 

Però gli stessi tedeschi su certe cose non ci capiscono. E sorridono di noi.

La raccolta dei sacchetti, per esempio.

Mia mamma li serbava in contenitori differenti e per i differenti usi. Quelli di carta, tipo per la verdura o per il pane, venivano tenuti per il pane secco, ma anche per scolare l'olio delle patatine fritte, avvolgere i panini alle gite...

Le buste di carta grandi in genere erano utilizzate per i vestiti da portare alla sarta o in lavanderia, o a stirare – a proposito: la Maria, la mitica cameriera dei miei, dice che aveva capito che mia mamma non stava bene quando le ha lasciato la plancia di comando della stiratrice...non era mai successo in 30 anni-

Quelle medie, sempre buste di carta, servivano per il trasporto di cose, oggetti, alimentari ed erano comode per raccogliere la carta della differenziata.

I sacchetti di plastica, invece: ridotti in comodi triangolini divengono passe partout da mettere in borsa per la spesa e tutti gli usi possibili immaginabili. Quelli grandi, resistenti, con le maniglie in plastica rigida, sono ottimi per il trasporto di cappotti, coperte, lenzuoli; quelli di plastica fina, trasparente per confezionare i maglioni a fine stagione; quelli lunghi delle lavanderie sono giusti per riporre i cappotti e i soprabiti in guardaroba, allegati al cono antitarme.

Io ricordo un contenitore anche per i sacchetti più piccoli, da farmacia o da drogheria Rossmann in Germania. Perfetti per le scarpe nelle valige o le cinture...

I sacchetti mica è l'unica cosa che si conservava – e in parte si conserva- religiosamente, a casa mia. Abbiamo sacchi e sacchi di carte regalo, riciclate, stirate, riposte per dimensioni e colore. E nastri e fiocchi, anch'essi divisi per colore. Poi stracci, cestini e tappi, anche qui: di plastica a fungo per gli spumanti; sughero per le bottiglie.

Lacci e laccetti, da quelli in plastica con l'anima di metallo a quelli in stoffa. E gli elastici verdi dei mazzi di asparagi? C'era un posto anche per quelli, finivano avvolti al rubinetto del lavandino...i bicchieri della Nutella e degli yoghurt in vetro, i bicchieri di coccio dei dessert...Ma qui si entra nel mondo parallelo del collezionismo domestico.

La cosa strana è che sono moltissime le case dove vedo le stesse raccolte. Forse i miei, potendo disporre di spazi grandi, esageravano in quantità... ma è un vezzo proprio diffuso, la spigolatura. E non dipende, almeno da mia esperienza, dal livello economico raggiunto. I miei suoceri, che sarebbero considerati benestanti secondo lo standard tedesco, raccolgono i vasetti di vetro per le marmellate e anche le buste degli insaccati, le vaschette in plastica delle verdure dell'orto, le etichette dei vestiti usati, che poi mia suocera usa per coperture artistiche di buchetti e tagli dei vestiti nuovi...

Ma il massimo l'ho ascoltato alla radio.

Un ascoltatore illustrava cosa faceva degli spazzolini usati: li spiumava delle setole, e poi ci mangiava il SUSHI al ristorante giapponese!

26 marzo 2013

Il dispetto delle regole...

Parlavamo oggi con un'amica che vive a Parigi, ma è di Taranto- a me da quando sono in Orobieland manca il sud...che a Dusseldorf gli italiani sotto Arno erano numerosi, per mia fortuna che ho passioni balenghe.

Si parlava e dicevamo che è poi difficile definire se certe abitudini sono legate ad una appartenenza nazionale oppure dipendono da scelte individuali. 
Non ci si riferiva alle feste collettive, dove la linea di demarcazione è più facile...se là c'è il carnevale renano con il lancio di dolci sulle platee di bimbi – a proposito, cortini i cortei quest'anno e decisamente meno i dolcetti, sostituiti dai kleenex. Segno dei tempi?- qua, invece, ci sono le feste di mezzaquaresima. 
Ma questi, appunto sono i custom di un popolo, consacrati da letteratura e storia, tradizione.

Le abitudini nei comportamenti privati, meglio: nella sfera relazionale più privata, sono invece quelle che danno il senso della differenza e, insieme, sono le più difficili da acquisire per un neo expat.

Sono anche le più soggette ad interpretazioni e accomodamenti contestuali. Tanto che risulta davvero difficile generalizzare; variano a seconda delle persone (modifica individuale) e a seconda del livello di intimità raggiunto con le stesse (modifica relazionale).

Acclariamo con un esempio concreto, che qui non ci si raccapezza. 
Le festine di compleanno, stracitate. Si può tranquillamente affermare che in Germania sono in genere molto strutturate; 
prevedono una serie di microeventi nell'evento, coi due momenti clou, l'apertura dei regali e della torta
nascono con un Einlandung originale, completo di ogni informazione; coinvolgono un numero riservato di persone – da 5 a 10 bambini; 
si annunciano con almeno tre settimane di anticipo; 
comportano da parte degli invitati dei regali come da noi, ma meno costosi che da noi (da 3 a 5 euro cada invitato)

In Italia, per le stesse celebrazioni, si opta per le feste con adulti e bimbi; 
si assiste a una certa deregulation nelle attività, i bimbi in genere si autorganizzano; 
i buffet sono open e rivolti anche agli adulti, una boccia di spumante non manca mai; 
gli inviti si dilatano, fino a considerare la normalità una ventina di bimbi e altrettanti genitori e parenti di supporto; 
gli inviti vanno recapitati una decina di giorni prima, in genere ci sia accontenta di un fogliettino prestampato delle Winx o di qualche altra creatura digitale del momento.

Ma quanto esposto sopra, in fondo, è una regola generalissima.
Se penso alle nostre esperienze in materia...

Al nostro primo compleanno all'asilo Waldorf abbiamo fatto fatica a raggiungere il quorum di 12 bimbi. La ragione poi era più legata alle procedure anomale adottate, con l'invito a cartellone collettivo, che nessuno guardava, e mica a una vera e propria reticenza.

Il secondo anno è andata a mio parere benissimo: giusto compromesso tra organizzazione teutonica (invito, anticipo di tre settimane...) e deregulation italica (20 bimbi, attività spontanea, pappa ottima e abbondante...)

Il terzo, quello dell'addio sono intervenute circa 60 persone. Conoscendoci tutti meglio, molti si sono felicemente adattati alla nuova interpretazione “italiana” della celebrazione di compleanno infantile (ecco cosa si intendeva per modifica relazionale di una consuetudine). Poi dove si mangia e si beve gratis...i crucchi sono attenti a queste cose.

Ma, il dispetto delle regole l'abbiamo conosciuto anche qui, eccome. L'anno scorso che non conoscevamo nessuno la Ari mi ha chiesto di invitare due bambinette a casa. Le bambinette pure l'hanno chiesto e richiesto fino alle lacrime. Beh, le loro mamme hanno sempre accampato scuse per rimandare l'incontro. Ci sono rimasta pure con l'amaro in bocca. Che ne sapevo io che sono le separatiste basche della comunità. Per par condicio non permettono alle loro bimbe di recarsi ai compleanni e loro stesse non invitano nessuna delle compagne...Ancora oggi mi chiedo perché (quest'anno però separatiste a parte, se mai ci si chiedesse, è tutto un fiorire di “vieni qui”, "viene da noi?" Eccetera. Tutto va come deve andare)
E' così. Quando l'esempio si fa concreto è difficile sostenere una differenza culturale. Però c'è. E qui, nel blog, non si fa altro che cercare interpretazioni e fili conduttori. Parafrasando l'aquinate: meglio una conoscenza imperfetta di una cosa grande che una conoscenza approfondita di una cosa irrilevante".

...Che l'aquinate, e questo è certo, si ribalta nella tomba, ad essere citato per una qusquilia come le festine di compleanno!

21 marzo 2013

Meglio mal accompagnati che soli...

La premessa.Tra le cose che ci mancano di più, anche se meno ce ne rendiamo conto è la vita di comunità. L'uomo è animale sociale, si sa. Ma grazie al telelavoro, ai trasferimenti, all'impiego femminile, alle famiglie monogenitoriali, ai pochi figli, alla delocalizzazione in interni, uffici, scuole, supermercati, e salamadonnacosa, viviamo da tempo come cani sciolti. Un tripudio di individualismo ci porta facilmente a staccarci da mariti-mogli-madri-padri-fratelli-sorelle-colleghi-compagni e malvolentieri invece a giuntarci per condividere sorti comuni.
Ecco penso a volte che siamo un poco come perle di una collana. Uniti otteniamo impatto, senso e valore; disgiunti siamo "vaghi", si chiamano proprio così in archeologia i pezzi sparsi, vaghi di collana.
Parte delle aspettative frustrate le riversiamo, o almeno cerchiamo di riversarle, nel partner che mai potrà compensare la deprivazione derivante dalla carenza di una comunità di riferimento.
Uhm devo averlo pure letto... magari in un saggio di Umberto Galimberti?
Da dove m'è giunta 'sta idea? Da tre storie, tre.
¿Qué he hecho yo para merecer esto!!
E' un film di Pedro Almodovar, del 1984. Vivido e sensoriale come i suoi film migliori. In una Madrid respingente, squallida senza riscatto, una donna con due figli e la suocera a carico ammazza accidentalmente il marito in uno screzio. Un povero diavolo frustrato che riesce a fare il gradasso giusto solo con lei.
La trama non rende merito alla storia e ai personaggi ricchi di sfumature, mai scontati...
La suocera, che rimpiange sempre il paesello natale, convince finalmente il nipote a seguirla. Alla fermata della corriera incontra un'amica compaesana e insieme ripercorrono tutte le nascite e le morti dei comuni conoscenti...La partecipazione e la la compassione della vecchia sono molto maggiori di quelle dimostrate per la morte, appena avvenuta, del suo stesso figliolo.
Perchè? Gli voleva pure bene... Ma il figlio è morto da espatriato, lontano, sciolto da quel senso portante di una Comunità.
A me la scena ha fatto pensare a mio suocero, oriundo di un paesino delle Madonie...Tutto o quasi gli scivola addosso, ma quando si parla del paese, anzi del Paese, e magari si accenna alla Festa del Santo o alla faida tra famiglie (scatenata per il possesso di due stanzette misere in uno stabile di nessunissimo valore commerciale, ma tant'è...), allora e solo allora riprende vita, parla concitato, si anima...
L'altra storia nasce da un film francese, Lady Jane, di Robert Guédiguian, visto domenica scorsa, in coda al Bergamo Film Meeting. Un torrido noir. I tre complici di una banda di rapinatori, due uomini e una donna, si ritrovano 20 anni dopo; qualcuno ha rapito il figlio di lei che chiede agli amici un aiuto per il riscatto. Dopo il reincontro, uno dei due porta la ex complice a fare un giro nel vecchio quartiere italiano dal quale entrambi provengono.
E lui si illumina ad ascoltare -ancora- le canzoni d'amore gracchianti al bar, a salutare con i gesti quasi cifrati gli avventori, parlare con il vecchio mafiosetto che chiede delle le loro vite, come se nel frattempo aggiornasse un registro mentale con tutti i movimenti della comunità...
E qui mi è venuta in mente l'Anita, l'amica storica di mia mamma, più vecchia di qualche anno. L'anno scorso, al funerale è venuta con 4 accompagnatori, pure un badante muscoloso e ben vestito. Ha preteso che la salma della mamma andasse al paese, anzi alla frazione loro, che ci pensava lei a tenerla per bene. Che piglio, l'Anita.
Mi raccontava mamma che i partigiani l'avevano puntata, i gossip la davano in civettuolo contatto con un soldato tedesco. Che fosse vero o meno le toccò affrontare il ludibrio pubblico, la testa rasata, gli sputi in faccia...

L'ultimo elemento sollecitatore della tematica tanto austera e retrò del titolo è un articolo di Citati un cappellino di velluto nero, molto intenso, su Jane Austen. Ho visto recentemente Orgoglio e Pregiudizio e come sempre la Austen "mi tira dentro" per dirla in termini mondani. Ecco cosa dice l'articolo a proposito di un mondo, quello della piccola nobiltà inglese ottocentesco, che io immagino algido e impostato sul rispetto della privacy, ma che non lo doveva essere poi molto vista il numero dei componenti della comunità, la loro contiguità e la permeabilità degli spazi comuni: 

"...Quando scriveva, Jane Austen non era mai sola. Qui parla un mondo compatto, foltissimo, solidale, come ormai non ne conosciamo più.
C’è una intera famiglia: il padre e la madre, e gli otto fratelli, e le mogli e le zie e le prozie e i figli e le figlie di questi fratelli, e i parenti vicini e lontani, che abitano in castelli o in piccole case di campagna, o sono nelle Indie occidentali o orientali o percorrono l’ Inghilterra in carrozza, e gli amici e i cugini di questi parenti, che alla fine si sposano tutti fra loro, così che abbiamo bisogno di una carta geografica per addentrarci nell’ inarrestabile groviglio delle parentele. Sullo sfondo, c’è un paese, che vive, dorme, chiacchiera, mangia, va in chiesa, si sposa, muore, cucina, va a spasso, – e noi ne sentiamo tutte le voci, come quelle di un’arnia colorata e ronzante..."
 
...Un'arnia colorata e ronzante. A volte vorrei essere un'ape mellifera.

E la luna bussò...

In Italia, quando il saggio indica la luna, l'italiano si domanda:

Cosa ci guadagna il saggio?
Perché gli indica proprio la luna?
Chi c'è dietro?
Ma il saggio da che famiglia viene?
Per chi vota?
Va a messa?
... Se guardo la luna, a me cosa me ne viene?
È la stessa luna che ho già visto l'altra sera?
Chi mi garantisce che è proprio la luna?
Perché me la indica proprio a me?
Non sarebbe meglio se si facesse gli affari suoi?

E nel frattempo, la luna è tramontata.
(dal sito dell'amico Gianni Lombardi)

17 marzo 2013

Ultime dalla Ari.


In macchina, ascoltando la pubblicità alla radio:
E' l'auto per te, perché disegnata sui tuoi desideri!
“ A me nessuno ha chiesto i miei desideri...quindi non può essere l'auto per me”

La sera a cena
Mamma ci ho pensato non voglio più essere un umano. Troppe emozioni.

Poi...
“ E anche morire. Vedi, un gabbiano quando muore, smette di volare e pum. Cade e muore. Se moriamo noi, c'è il funerale e tutti piangono e si sparge dolore e dolore per anni e anni.


La meditazione.

Nei 70 euro trimestrali che costa la sessione settimanale di yoga sono comprese tre serate di meditazione presso il Centro.
Ieri, approfittando della presenza a casa del Neanderthaliano, ho deciso di partecipare ad una serata.
“Casa del materasso”. Fermo la macchina. Il Centro è qui, sopra l'esercizio.
L'ambiente è raccogliticcio, tre stanze arredate con mobili di recupero, Ikea a profusione, laminato finto legno, lenzuoli a coprire le barre di neon industriale, alle pareti riproduzioni in bassa risoluzione di simboli arcani.
Sono la prima intervenuta, mi accomodo su una panchetta in ingresso (dimentico ancora che in Italia, in certi ambienti, l'orario è solo un suggerimento, e normalmente si inizia un quarto d'ora dopo.)
Arriva un'altra donna, iniziata, sotto il soprabito infatti veste una tuta bianca.
La terza che entra è una tardona come me, sguardo inquieto, mi siede accanto, molto accanto, mi rivolge occhi famelici di attenzione...ecco, io stasera sono qui per rilassarmi, che tra visite delle maestranze in prossimità dei lavori di casa e organizzazione della caccia al tesoro per il compleanno dell'ottenne...
Con la scusa di riporre la borsa nello spogliatoio me la squaglio e le lascio la stretta panchetta dove stavamo appollaiate.
Riemergo solo quando sento altre voci e tutti insieme ci assettiamo, nella stanza più grande. Davanti si siede “il maestro” -de che?- in tuta e dolcevita bianche attillate.
Mi sto sistemando proprio di fronte a lui, ma ecco ancora la tardona con gli occhi voraci approssimarsi, pronta a irrorarmi delle sue miserie esistenziali: “erano anni che non venivo, ho perso la via..” Hiii inizia da subito, neanche disteso il materassino.
Cielo! Penso, e forse sussurro, volgo il guardo e chi ti vedo? Wow, il figo del corso yoga, mi fa un cenno, che a me basta e avanza per guadagnare la sua postazione e mollare la tardona, ancora più tardona di me.
Ah, rinfrancata.
Il maestro inizia a illustrarci cosa andremo a fare. Voce ispirata dall'alto, accento bergamasco greve dal basso: “Mi sentite voi in parte?” Sì, si, come gli asini la voce della guida alpina.
Entreremo in un Mandala. Con l'accompagnamento di una musica speciale, grazie alle capacità di tal Pino. Pino è un tipo infagottato di grigio, da un involucro estrae delle terrine in metallo, poi dei mestoli, almen così sembrano, infine una risma di fogli che dispone in ordine. I mandala.
Comincia a distribuirli, un mandala per uno. Dò una sbirciata a quelli dei miei vicini. Tanto blu, verdi e gialli acidi distribuiti intorno con effetto a sfiammata come nelle magliette degli anni '70, quelle che ci facevi un nodo, poi le tuffavi in un colorante, disfavi il nodo..e ottenevi quella cosa lì.
Piaceva. A me no. Mai piaciuta.
L'omino deve aver intuito qualcosa che quando è il mio turno, improvvisamente cambia foglio. Bene. Niente blu madonna di Fatima, ma un accrocchio arancione, violetto, verde nuovo.
Piacevole, ma dopo un paio di minuti di sguardo trapanante ho esaurito tutti i possibili richiami e associazioni. Segnatamente: tappeto balcanico, festa popolare, danze folk intorno a un albero, primavera, violini, vortice di colori, odore di erba e sudore e cumino. Guardo in giro speranzosa, forse non sono la sola ad annoiarmi, invece tutti sono lì a fissare il loro mandala, con molte cose da raccontarsi. Ci riprovo. Chiudo gli occhi, apro gli occhi, fisso il mandala e... noto solo la riproduzione scadente, il motivo non centrato, penso ad una mia ex collega grafica che per evitare di sbagliare l'allineamento dei quadri di casa ha preferito lasciare le pareti nude...
“Adesso il Mandala entra in voi...”, tuona il maestro. Guardo il mio tappetino balcanico, non mi sembra pronto per il grande sbarco.
Qualcuno vicino a me si è pure addormentato e russa sonoramente.
Sono scomoda, mi sgranchisco un poco, quando, improvviso un diapason mi trapana le orecchie. Proviene da Pino che regge in mano una delle sue terrine.
Che suono penetrante, questo sì che entra in noi, più cerco di evitarlo più si avvicina...
Quando, finalmente, si allontana, ho mal di testa.
La fine della meditazione è una vera liberazione, la tardona ci tiene a comunicare a tutti il suo entusiasmo: “mi è piaciuto tanto, ho sentito l'energia liberarsi in me”. 
In posti così si dicono e si sentono sempre le stesse cose, un po' come in Parlamento assunzione di responsabilità e rispetto delle istituzioni
Qualcuno chiede a Pino in base a cosa ha scelto il tema musicale per ognuno, e lui risponde che è sensibile. Infatti è artista anche se non sa come. Sicuramente, acclara subito dopo, è la reincarnazione di un artista “vero” e la domanda che lo perseguita da anni è chissà perché sono stato scelto.
Per me invece Pino è chiaramente la reincarnazione di un campanaro, mi sento frastornata come se il campanone di Bergamo avesse battuto i 100 colpi delle 10 di sera. Con me dentro.
Sgattaiolo via dalla sala, ringraziando farisaicamente il maestro. Che gongola soddisfatto.
Quanta frustrazione lavata via, solo per il fatto di ottenere riconoscimento da qualcuno, in un angolino della nostra esistenza.

11 marzo 2013

Piaceri di una rottamata.

Sto pensando a tutti i vantaggi della mia nuova situazione...per esempio potrei approfittare di quei siti che offrono autostop organizzato per spostarmi...oppure vestirmi davvero come mi pare, senza troppo badare a tamponar pudenda...
Da tempo sono entrata in una zona d'ombra, eroticamente parlando. A una serie di campioni maschi, dai quali avrei meritato più di uno sguardo anche solo un lustro fa, non suscito più nessuna emozione.

Archiviata, bollata come fero vecio. Ci sta, l'ho fatto e lo faccio anch'io costantemente cancellando da ogni possibile lettura erotica schiere di arzilli vecchietti o figuri impresentabili...

E' che oggi ne ho avuto la certezza:

Sono rappresentante di condominio, ambita carica che viene passata di condomino in condomino come la rogna e non regala soddisfazione alcuna a parte la consapevolezza di rendere gli altri più coesi. Coesi contro di te, ovviamente, che devi decidere, spesso da sola e sempre sbagliando (condivido il triste fardello con una mamma lavoratrice di due bimbe piccole. Che tempo ne ha col contagocce).

Sarà per puro caso, ma quest'anno poi l'incarico presenta una serie di racole notevoli. Da 10 gg, in sintesi, sono io la referente fedele dell'elettricista chiamato per riattualizzare l'impianto delle luci esterne. E più o meno da 10 giorni ci si vede tutti i giorni.

Oggi anche. E' salito per illustrarmi i nuovi interruttori. Mi ha detto al telefono. Mah.

Pioveva, pomeriggio tardo, io e lui stretti nello stanzino scuro, “ scusa, chiudo la porta se no ti bagni..”. Eccoci qui, quasi guancia guancia alla luce della sua torcia. “Qui TI ho messo l'interruttore esterno, qui il teleruttore, qui HAI il crepuscolare...” Come se mi avesse fatto un piacere personale, a inzippare tutta quella bella roba sul pannello del condominio, un regalo da lui a me.

Nemmeno un minuto e abbiamo finito, mi chiedo se c'era bisogno di scomodarsi e scomodarmi...si rigira tra le mani il bulbo di una lampadina nuova...”Poi ci sarebbe da cambiare questa al lampione del terrazzo... ieri TE l'ho messa -pausa, abbassa la voce- ma era a luce fredda...te ne sei accorta?”

Oh, certo, non ci ho dormito la notte!

“Ma via, dammela che ci pensiamo noi.” Faccio io. Mi guarda quasi deluso. “No, sono qui sabato, mi ha cercato la signora sotto, mi ha detto che le hai dato tu il mio numero...”

Ah ah!
Non subito, ci ho messo un pochetto, ma adesso è tutto chiaro. Certo!

Sono la caposcala, come mi definisce lui. Nel mio piccolo ho potere. L'ho segnalato già a una condomina...l'occhio esperto deve aver capito che sto configurando i lavori di ristrutturazione dell'appartamento, o forse gliene ho accennato direttamente io.

Lui allude, e illude, la tardona e la tardona allusa e illusa gli procura lavoro! Ecco spiegato l'arcano.

Ma pensa un po' che cose buffe ti riserva la terza età!

7 marzo 2013

I colori del corpo.

La Ari è un periodo che è sconcertante. Quando apre la boccuccia non so mai che sta per succedere.
Ieri: "Mamma, io e te non abbiamo proprio gli stessi gusti..." Così, apodittica.
"Uhm...ma a cosa ti riferisci."
"A tante cose, per esempio..." anzi, lei dice presempio "...a te non interessano i colori del corpo."
- Beh, effettivamente non è che ci perdo le notti a pensarci-
"Come i colori del corpo...intendi dire chi ha la pelle bianca e chi scura come l'Andrea?"
"No, i colori del corpo dentro."
"?"
Riprende spazientita: "Il cuore è rosso, va bene, ma il cervello?"
Annaspo: "Mah! Si dice materia grigia...sarà grigio"
" Ma è tutto tutto grigio? Sicura? E la milza, lo stomaco?

"Già, lo stomaco..."
Ha ragione lei. No, non abbiamo proprio gli stessi gusti.

6 marzo 2013

W il coworking.

Tra poco iniziano i lavori di casa..un tra poco che dura da qualche mese, ma questa è un'altra storia. Una lunga storia. Tra tutte le faccende da pensare, decidere le finiture, controllare le offerte, spostare i mobili nei garage, riattivare le utenze, smontare la cucina, riattivare la cucina quasi un dettaglio: impossibile lavorare da casa per il periodo...due mesi, scommetto, tra una cosa e l'altra.

E' vero che si e' previsto uno spazio salvaguardato comprendente camera, parte della cucina e il bagno...ma immagina la situazione con gli operai dentro e fuori, il rumore, i “signora scusi...”


Allora mi è venuta l'idea di sloggiare. E ho cominciato a cercare un coworking.

Sono diversi gli spazi appositamente predisposti nella mia città. Il che mi ha colpito favorevolmente.

Tutti presentano interni vivacemente decorati, un design eco-friendly da ostello finlandese, wifi, macchinetta del caffè, bella lì sempre in primo piano nelle foto, e...tutti, tutti sono desolantemente vuoti.

Se devo scapicollarmi da casa per ritrovarmi sola come la particella dell'acqua Lete a trascorrere le mie mattinate, no, non è cosa.


Allora ho pensato di propormi a colleghe che lavorano da casa, piccole agenzie che hanno spazio in più...con un occhio alle distanze che fare a meno del traffico veicolare è uno dei pochissimi privilegi della mia categoria.


Qualcuno è tabagista, non che un paio di sigarette al giorno mi diano fastidio, anzi, ma un pacchetto è decisamente troppo anche per me; l'altro in presenza di un collega non riesce a autodisciplinarsi, capita; l'altro accetta con entusiasmo ma giàchecisono mi chiede di far da segreteria...uhm.

Alfin arriva la proposta accettabile e oggi, in anticipo sul bisogno reale ho iniziato.

Ho capito che da troppo tempo lavoro da sola. Quando, azionando la stampante ha lampeggiato la richiesta di sostituzione della cartuccia e qualcuno si è alzato dalla scrivania e ha provveduto a farlo al posto mio...mi è sembrato di volare..


Come tutte le mamme del mondo sono io l'incaricata a smaltire milionate di cose pratiche e anche meno pratiche. Sempre lì a vorticare mani che afferrano e spostano e puliscono e riparano e aggiustano e ripongono e vestono e pettinano e lavano e risciacquano …


Stamani invece. Lì bella assettata. Con due pc davanti, uno per le ricerche e l'altro per stendere i documenti. Che viva windows, ma con due pc è ancora meglio. E lo scambio d'informazioni coi colleghi? Più di un corso d'aggiornamento.


In due orette ho imparato come reclutare le blogger per un evento, come si valutano i blog che fanno tendenza, quanto costa invitare una blogger a una presentazione di prodotto (in genere poche decine di euro)

Mi sono sdebitata con la coppia di giovani praticanti che mi hanno edotta mostrando siti di illustratori eccelsi e coinvolgendo un paio di amiche blogger. Ho fatto in tempo a finire quei due incarichi di pseudolavoro di cui mi occupo in questo periodo e pure a riprendere qualche contatto utile...All'una mi sono alzata e ho pranzato con mio padre, in pizzeria. Abbiamo parlato di tutto, dal nuovo papa al supporto psicologico per le donne.


Sono tornata che il disordine in casa urlava vendetta ma per una volta tanto l'urlo mi è parso flebile voce lontana.

1 marzo 2013

Aspettando la primavera...

Orto urbano
 
Dalla finestra, - bulbi olandesi comprati a Ddorf
che costano molto meno che qui-
 
 Dalla finestra, dopo la tempesta di neve lunedì 26 febbraio.
 
Raggio di sole nuovo in cucina.

Anna Karenina, l'amore in tre ossimori

Dolly: lui mi tradisce con donne giovani e belle che io non lo sono più a causa dei figli messi al mondo per lui.

Kitty: per lui sono L'Amore personificato, puro...però è così astratto che per risolvere tutte le sue faccende terrene sto diventando peggio di una sguattera.

Anna: tre uomini mi amano da morire (il figlio, il conte Vronskij, il marito Karenin) ma se muoio io risolvo la vita a tutt'e tre.

Ps: dedicato a chi ha visto recentemente Anna Karenina al cinema, lo ha letto, se lo ricorda. Gli altri ciccia.