Autunno

Autunno
E' un tramonto italiano ma a me ricorda Ddorf.

24 febbraio 2011

Si doveva andare in Libia

Si doveva andare in Libia, io e mio padre. Partenza prevista: 26 di febbraio. Poi è successo quello che è successo. Che,a tutt'oggi nessuno sa ancora definire. Però: "Bisogna dare un segno forte." "Intervenire." "Gestire le relazioni diplomatiche con le autorità che si configureranno nel Paese". Questo è quello che si sente. Alla TV. Alla radio.
E penso a Murad. Alla sua famiglia. A tutte le risate che ci siamo fatti. Lui e e noi, il gruppo di amici raccolti per il viaggio 4per4 in Libia. Quando era, 10 anni fa? Murad era il nostro "uomo all'Avana", mutatis mutandis, il nostro accompagnatore nel deserto libico. Non lo volevamo no. Non se ne sentiva il bisogno, spiegavamo all'agenzia a Tripoli. In Piazza Verde, tra l'altro.
Va bene la sostituzione delle targhe; va bene la traduzione del passaporto in arabo; va bene il cambio obbligatorio a un tasso assurdo; va bene l'assistenza in dogana. Però adesso lasciateci, che ce la caviamo da soli!
Niente da fare. E Murad sedette con noi, silenzioso e dignitoso, nel posto più scomodo delle auto. Una bocca in più cui dare da mangiare, ma, soprattutto, da bere. Murad fu subito utile. La sera stessa ci alloggiò a casa di ricchi locali, a Nalut?, che l'albergo era chiuso.Arrivammo tardi. Eravamo stanchi dal lungo viaggio di avvicinamento. Nemmeno ci accorgemmo della situazione straordinaria. Che occupavamo una casa di qualcuno. E quel/i qualcuno se n'erano andati altrove, lasciandoci padroni di tutto. Nemmeno ringraziammo, la mattina successiva. Pensavamo al viaggio, pensavamo a noi.

Ho imparato più cose della Libia parlando con Murad che attraversandola. Da nord a sud. 680 kilometri di pista da Ghadames a Ghat. Da sud a est. da est a ovest. kilometri e kilometri. Ricordo il vento, la polvere,la noia. I cartelli in arabo. Noi che tentavamo di decifrarli con il vocabolario tascabile. E, al rientro senza Murad, sbagliammo di 600 kilometri.  A volte i cartelli che incontravamo erano in coreano. E voleva dire che stavamo in un punto off limits, vicino ai cantieri della Grande Opera.
Murad mi confessò poi, candidamente, che non era mai stato fuori Tripoli, nell'empty Libia, come loro definiscono tutto ciò che non è fascia costiera.

A Tripoli era maestro di Kung fu, giocava a biliardo, studiava le lingue per diletto. Era giovane. E rideva spesso. Dopo. Quando lo accettammo come uno del gruppo. Coi soldi della mancia ci fece una sorpresa. Ci accolse tutti in casa sua, dove ci aspettava una torta immensa insieme a tanto,tanto,tanto cibo... E una bottiglia di spumante. Dolce. Ma il ricordo è avvolto nel torpore. Quando fu l'ultima volta che vidi Murad? Ricordo un saluto frettoloso,una mattina nebbiosa, davanti a un bungalow di compensato,una spiaggia grigia...il suo odore di profumo greve e fumo di sigaretta:"Ti chiamo dalla Svizzera", suo fratello era medico là. Credo che mi chiamò, l'anno dopo, l'8 gennaio, il giorno del suo compleanno.

20 febbraio 2011

Privacy, bitte.


Mercoledì scorso, passeggiata. "Mamma mi scappa la pipì." Partono le rimostranze materne, prevedibili, "Vedi perché la mamma ti dice sempre di fare la pipì all'asilo o a casa? Così poi non ci ritroviamo per strada, senza un bagno." A volte ci si sente proprio ridicole, dico a mia figlia quello che mi diceva mia mamma. Uguale uguale. E che mi dava così fastidio. Chiaro che se non ti scappa la pipì non hai voglia di farla; chiaro che mezz'ora dopo i flussi corporei sono cambiati; chiaro che la pipì open air è un inno alla gioia...

Rimbrotti a parte, il problema è sempre lo stesso. Trovare un posto appartato scevro di cacche canine.
Inciso, a Ddorf convivono insieme a 600.000 abitanti bipedi, 24.000 cani. Per quanto i bipedi investano molto nei corsi di addestramento dei loro amici quadrupedi, la pressione canina si sente. Non c'è centimetro quadrato di verde "selvatico" che non sia costellato di deiezioni.

Secondo inciso. Se vedete un bambino appartato in un cespuglio nel parco sappiate che è italiano, spagnolo, turco. I piccoli tedeschi NON fanno i loro bisogni in giro (del resto sbucciarli dai loro scafandri di gomma con cui si proteggono dalle intemperie è tutt'altro che agevole...)

(Sto divagando. E' domenica e sono a casa da sola, e reduce da una bella serata conviviale. Un bel caffè fumante. Fuori, tanto, è grigio e piove)

Troviamo un luogo acconcio. Retrostante una baracchetta per gli attrezzi, nel parcheggio biciclette del club sportivo. Ari va, si accuccia, io aspetto un pò distante. Arriva, velocissimo, un ragazzino con racchetta da tennis a tracolla. Parcheggia la bici. Arianna si rialza e attende. Quando il ragazzino se ne va, riprende l'operazione.
Tutto qua.
Eh...tutto qua. Una cosa così, 6 mesi fa non l'avrebbe fatta. Non si sarebbe sentita a disagio nel portare a termine obblighi di natura. Sarebbe rimasta bella tranquilla, magari ci sarebbe pure scappata una risata crassa. Tempus fugit. Inesorabile. I bimbi crescono, le mamme imbiancano...
Via, ci sta un altro caffè.

18 febbraio 2011

Andiamo? Andiamo pure - Due

Di fronte al ristorante jap, che si chiama Rika, scritto piccolo sulla lavagna del menù, si apre una delle strade che amo di più, del quartiere.


La Altenberger str. è fiancheggiata da maestosi alberi che dalla tarda primavera intrecciano le loro chiome al vertice, creando un effetto di cattedrale gotica vegetale. E così la definiamo colloquialmente in famiglia. Vado a fare un giro in cattedrale, significa, in questa casa di agnostici, andare a fare una corsetta. L'anno scorso purtroppo diversi alberi sono stati abbattuti (malattia?). Non so se quest'anno, potremo godere del piacere del tetto di fronde...Qui, dicevo si fa jogging, si viene per una merenda...


Qui Arianna ha imparato ad andare in bicicletta, qui si trova parcheggio a qualunque ora del giorno e della notte (ottimo in quelle fasce orarie in cui il parcheggio sotto casa è off limits)...
Alla fine del viale s'incrocia la massicciata della ferrovia ( e questa non l'ho mai capita, i tedeschi amano vivere in zone tranquille, qui hanno la ferrovia sotto il naso, ma la zona è comunque molto quotata a livello immobiliare...) e ci sono due presenze rilevanti:
"L'elefante" e le sue due grandi zanne.
La prima è l'albero dove facciamo sosta con Arianna -Il tragitto, classico diciamo, prosegue lungo il Dussel, che è un canale, allietato da papere e nutrie, fino al Kiga di Arianna- Con la sua aria pachidermica e i due grossi rami laterali che si protendono al cielo si è meritato il nome di Elefante.

La seconda è l'ingresso al club di atletica dove è iscritta Arianna.
Bello il logo,vero?
Il club di atletica ha una bella pista per la corsa, tutto per il salto, l'hockey su erba, le palestre, i capi da tennis, un ristorante, il bar e..una bella aquiletta nera e grifagna nel logo...Ho fatto un pò di ricerche che quella presenza riportava a tempi cupi... Ed infatti.




14 febbraio 2011

Mamma ho l'Einladung!

Einladung è l'"invito". Di solito, trattando di bambini, l'invito a un compleanno.
L'Einladung è "conditio sine qua non" per invitare qualcuno, anche di età prescolare.
Deve essere scritto e personale, riportante le indicazioni di dove, quando, durata (da ora a ora). Numero di telefono e email per il contatto. Meglio allegare una piantina del luogo.
Meglio se si specifica entro quando dare la risposta e se i genitori sono invitati a restare.

Il tutto almeno un mese prima.

Ad ogni buon conto i genitori in genere non sono invitati; non hanno diritto al Buffet, che non prevede nulla di adulto-compatibile, es. un bicchiere di vino. Il compleanno coinvolge pochi bambini (una regola è il numero degli anni compiuti dal bambino più uno...lo giuro!); sono previste attività coordinate dal/i genitore/i del festeggiato, con fasi ben precise: la torta, le candeline, l'apertura pubblica dei regali con i ringraziamenti ai bimbi. Regalino del buon ricordo, in genere dolcetti o piccoli cotillons.

Ho impiegato 3 anni a capire queste semplici regole. Testarda vero?

La prima esperienza con l'Enladung risale a pochi mesi dopo l'espatrio, quando Arianna aveva 3 anni. Un giorno qualunque all'asilo, alcuni bimbi sventolano un fogliettino alla Frau, chiedendo di leggerne il contenuto. Arianna vede e corre al suo "stand" di legno, cercando il foglietto...ma per lei non c'è nulla... Scoppia a piangere inconsolabilmente tra gli altri bimbi eccitati e festanti.

Trovai la pratica alquanto crudele e chiesi alle mamme e al personale dell'asilo se non ci fosse un modo meno ostensivo di invitare i bimbi ai compleanni, soprattutto in considerazione della loro giovanissima età. Magari una mail privata o l'invio a casa...L'incomprensione del "mio" problema era evidente. Anche se in diverse mi riportarono episodi nei quali l'esclusione aveva rattristato i loro bimbi...

L'anno scorso, nuovo asilo, decidiamo di invitare tutti i bimbi alla festa in fattoria. Preparo un bel cartellone con l'invito stampato, la cartina, l'indicazione delle attività...Insomma ero proprio soddisfatta di me. Le Frau mi ringraziano per questo invito ecumenico che aiuterà a creare un clima di vera collettività...
Risultato: a una settimana dalla data del compleanno nessuna adesione. Nessuna dico...

Che problemi ci sono? Che Arianna sia la pecora nera del gruppo? Parlo con le Frau, ci si confronta, poi salta fuori che: "non c'è l'Einladung personale". I bambini stessi non si ritengono invitati  perché non vedono il cartoncino e quindi a domanda del genitore: "vuoi andare alla festa di Arianna?", la risposta è dubbiosa o negativa.

La festa alla fine si è svolta, è stato un successo. Grazie alle amiche italiane che sono rimaste tutte a ciacolare intorno al tavolo imbandito di leccornie cucinate da me e da loro. Alcuni non avevano il regalo. Per non offendere loro non si è proceduto all'apertura dei regali pubblica. La cosa ha amareggiato Arianna e sorpreso negativamente qualche genitore...Come una mancanza di riconoscimento.

Quest'anno si replica, però stavolta con gli Einladung!

10 febbraio 2011

Andiamo? Andiamo pure.

Il giro del quartiere.Volevo farlo in un post solo, ma mi sono accorta che in queste poche centinaia di metri quadri si è svolta/si svolge tanto della vita di tutti i giorni. Quindi replicheremo. Usciti dal portone o si va a destra o si va a sinistra. Vabbeh. E fin qua. Però la cosa non è così scontata...quando per recarsi al supermercato il giro è più o meno lo stesso. E' bella questa possibilità di scelta.
Se si opta per la sinistra si entra in Gerthsstrasse. Che è una deliziosa Seitenstrasse -strada secondaria- con tante case anteguerra (Altbau):

Scampate ai bombardamenti del 1943, sono lì ancora tutte spaventate,

La viuzza è tranquilla, con pochi esercizi commerciali, tutti verso lo sbocco sulla Grafenberger Allèe. Il primo di questi, è il fiorista giapponese.


Ora i riflessi fotografici tolgono un pò di leggibilità. Ma il negozietto è amato dalle "sciure" del quartiere per la sua essenzialità. Le palette dei colori, fiori inclusi, sono molto rigorose: tanto bianco, una spruzzata di azzurro e di giallo, il rosso carminio per il Natale. Tinte unite per le corolle, accompagnamento della foglia, contenitori in materiale naturale o pietra. Il mercoledì è chiuso e per accidenti strani è quasi sempre il giorno in cui ho avuto bisogno di comprare fiori. E allora si volta l'angolo della strada e si ripiega sul fiorista tedesco:


E qui tutta una panoplia di ceramiche, conchiglie, sassoletti colorati e profumati, candele, vasetti a specchi, pendagli vitrei, cartellini augurali a forma di nanetto, ranocchia, pinguino, maiale, paperetta...Dulcis in fundo, quando confezionano un mazzo lo strizzano in una crinolina sgargiante che fa sembrare falso anche il più fragrante dei fiori. Consolazione: con la stessa cifra di un amarillis dal jap qui ci compri metà vivaio...

Come sempre in Germania quando lo stomaco reclama un ristorante risponde (ahimè!).  Se si è imboccata la Rive Gauche o si finisce in un giapponese o in un italiano.
Trattoria "Il Carretto"
Ristorante giapponese (no logo)

Ammetto. Nel primo non ci sono mai andata. Non tanto perché è italiano. E' che non mi adatto al monolocale senza finestre con vetrina sulla strada, tanto simile a un garage, che rappresenta il 50% del lay-out architettonico della ristorazione locale. Poi si fuma. Malgrado il divieto europeo, come del resto quasi dappertutto a ddorf. Per ragioni ignote i tedeschi hanno trasgredito la legge, raggirandola attraverso la clausola dei Rauchen Club. In sintesi un bar dichiara di essere un club fumatori e via...Si fuma. Tra l'altro anche prima dell'introduzione della legge, gli impianti d'aspirazione sono, come dire, rudimentali. Strano, per noi italiani scoprire che eccelliamo in qualche cosa rispetto ai più evoluti - ai nostri occhi- tedeschi.
Concludendo la trattoria italiana risulta piccola, fumosa e poco avvolgente. Dicono che si mangi bene.

Il secondo è invece la nostra "trattoria di famiglia". Pulitissimo, pochi tavoli, musica jazz, bellissimi magazine di grafica ricercata, solo in giapponese (ma che belli i caratteri e la scelta iconografica). Il menù non presenta sorprese, per noi sempre: ravioli e tori karage, pollo saltato in una pastella rosata, con riso e insalata che Arianna adora e divora...Sa già usare i bastoncini. Meglio della forchetta, tra l'altro.
Uno dei luoghi che più mi mancheranno, una volta in Italia. Sigh!
Faccio una sosta qui, che sono stanca...

Torniamo indietro?
– Torniamo pure.

4 febbraio 2011

Non regalarle il pesce, insegnale come si usa la canna da pesca...

Che bello, che bello.
Stasera vento bizzoso di Primavera...con il cielo grigio d'ardesia certo, però ci si accontenta. E l'amico B. mi ha insegnato un pò di trucchetti per gestire il Blog.
Chiunque, probabilmente, li avrebbe appresi semplicemente leggendo le istruzioni a video, cliccando sui bottoni...Io no.

Ho bisogno del momento rituale della trasmissione orale. La parola arricchita dalla voce e dall'esempio. Che sono cose che ci accompagnano dai tempi primordiali però ormai decisamente in disuso.

A me, a differenza del mio amico B. il disuso attira. Il vintage piace. Mi piacciono tutti i momenti, le situazioni, gli eventi, le età della vita in cui la performance, la competizione, il confronto, la vanità, la modernità, la velocità, l'attualità, le aspettative vengono meno.

Mi piacciono le bocciofile, i vecchi caffè con le vecchie signore che bevono il thè e si dimenticano di avere già messo tre zollette nella tazza, le sale d'attesa alle stazioni di periferia, gli uffici postali, i bar delle stazioni di periferia, le panchine ai giardinetti, i mobili usati, i cappelli, i giocattoli rotti, le piante d'appartamento spelacchiate, i gatti grassi, le grotte di Lourdes formato giardino, la madonna con la veste in plastica fluorescente e la lacrima in rilievo rappresa sul volto, le coppie sul Po' d'estate, lui che pesca e lei sulla sdraio di plastica bianca che legge "Chi", intorno l'aria afosa ferma come l'acqua del fiume,  i baracchetti dell'anguria e i loro avventori, la polpa zuccherina dell'anguria e le mosche scure che si confondono con i noccioli scuri...

Mi piacciono le balere, le estetiste "da Betty", gli oratori, i musei dove si sente solo il rumore dei tuoi passi che rimbombano nelle sale e le didascalie sono di carta ingiallita e vergata con calligrafie eleganti, un pò tremule sugli apici...trattoria "il pescatore", trattoria "il cacciatore", Albergo Miralago, Miramonti, Miramare, le soffitte, i cantonali, i cassettoni, i cassetti dove ci trovi chiavi arrugginite e portacarte da gioco con il coperchio damascato e dentro i due mazzi con le carte stondate, incurvate come se avessero la scoliosi, e un vago sentore di sigaro.

La tecnologia, invece, più è alta, più mi è distante.

2 febbraio 2011

Italia-Germania 1-0

Arianna ha disegnato il mondo.
L'India, la Polonia (un suo compagno d'asilo è sik indiano, un'altra è di padre polacco) e, naturalmente, l'Italia e la Germania.

Ecco la prima:


L'Itaglia, come la chiama lei è rappresentata dalla casa del nonno Giorgio, c'è la stradina d'accesso e in primo piano i vistosi cespugli di Ribes che sono la sua passione.  

Ecco la seconda:


La Germania ha le macchine, la strada, la croce azzurra nel cielo che pare sia un uccello e a destra svetta imponente la bandiera. Il nero è stato sostituito da una striscia gialla più chiara. "Che è più bello del nero, vero mamma?"

:-)