Autunno

Autunno
E' un tramonto italiano ma a me ricorda Ddorf.

27 febbraio 2012

Ricerca frivola. Ma seria.

"Ah, le donne italiane come sono eleganti! Anche quando vanno a fare la spesa." "Io sono sempre io, ma in Germania vengo considerata elegante, quando sono in Italia mi sento sempre fuori posto". "Uè che bella che sei, si vede che sei tornata dall'Italia..."
Tra i tanti luoghi comuni c'è anche questo. Che in Italia, indipendentemente da ricchi o poveri, città o campagna, Nord o Sud, in Italia le donne siano più curate, più attente, più femminili, più trendy.
Vero? Leggenda metropolitana?
Ci ho rimuginato. E questo è il distillato di tale lavorio di meningi. Tre cose tre:

la prima - la messa in piega professionale. Molto, molto più diffusa in Italia che in Germania (anche parecchio meno cara...una delle poche cosine!) dove, anche alle cene eleganti e agli eventi mondani, se ne può fare tranquillamente a meno. Sulle donne di una certa età, dai 40 in su fa una bella differenza d'impatto. Per la tinta poi. In Germania c'è un'assenza di bravi professionisti. O servono solo l'elite. O si concentrano sui flash effetto punk. Dal punto di vista del look  i tedeschi sono rimasti folgorati dagli anni 70/80.

la seconda - gli abiti stirati. E' che in Germania si stira poco. E ci si abitua a un look un po' strapazzato. Fascinoso nei giovani, accettabile negli intellettuali alternativi chic tipo Flingern Nord. Ma anche qui... over 40 fa da amplificatore di rughe, rughette e piegotte varie.

la terza - il capo trendy. C'è sempre qualcuna in famiglia, la sorella, la mamma , la cognata, la collega che ti regala, ti passa, ti spinge a comperare il capetto della stagione. La berretta tricottata morbida che ti addolcisce i lineamenti, la catenina in strass che illumina il volto, il gingillo comprato al mercato che fa bella stagione, la camicia che con la tua gonna è la morte sua, lo stivale overknees...che ti slancia...anche non volendo insomma, la riattualizzazione è un fatto ambientale.

Poi..poi ci si mettono le Alpi. Che nessuno le cita mai, porelle, a proposito di moda, ma se non ci fossero loro, a filtrare perturbazioni e bloccare ventacci gelidi, col picio che si andrebbe in giro con gonne, vestitini, decolleté, fronzoli vari. La panoplia si ridurrebbe a stivalotti comodi con la para, pantaloni e look a cipolla. E addio stile italiano...    

Ossimoro catastrofico.

15 gennaio 2012:

25 febbraio 2012

Cosa è la vacanza.

Al rientro da ddorf. Tutto bene.Tutti bene. Tutti bene davvero! Non c'è nessuno degli amici che ho incontrato che non stesse meglio di quando sono venuta via. Chi doveva cambiare casa l'ha cambiata, chi cercava lavoro l'ha trovato, chi attendeva un figlio l'ha avuto, chi doveva riscuotersi da una situazione insostenibile si è riscosso. A volte succede.

Il soggiorno a ddorf è stato un tourbillon di impegni, cene, rincorse a vedere più amici possibile. Con gli italiani è stato più facile il compattamento. Coi tedeschi non oso mai. Chiedere, cioè, se ci si incontra anche con altri amici, con gli altri genitori di asilo....E da tiepide indagini conoscitive ho scoperto che è meglio così. Non amano gli accumuli.

A ddorf mi sono rinfrancata, abbuffata, divertita...ma anche stancata.  La mattina alzata pronta, tutto il giorno in giro. Ho scoperto che sì, i mezzi funzionano, ma senza macchina tutti gli spostamenti succhiano un sacco di tempo. E poi organizzare il carnet per la piccola principessa...un incubo. Tutto ciò mi ha fatto pensare a come è cambiata l'idea di vacanza. Per me. Niente più Guinnes di mete lontane, incontri e kermesse, esotismi e cultura, volontariato e ecologia, viaggi di approfondimento, zingarate con gli amici... oggi la vacanza è prima di tutto:

stacco dal quotidiano
dormire
scansione libera della giornata, mangiare quando voglio, poltrire nel letto con un buon libro
nessun obbligo verso nessuno, figli, mariti, parenti, amici...
organizzazione: no grazie
auto: stop
dovunque, meglio lontano da casa che è il regno dell'irrealizzato
aria aperta
camminare, comodi e leggeri
compagnia gradita...ma anche no!

Insomma, pronta per il prepensionamento...

24 febbraio 2012

Quasi come la Santanchè.

Succede, ogni tanto di trovarsi dall'altra parte. Meglio, di capire di pensare come l'altra parte. Quella antipatica, di parte. Oh. Io stasera ho avuto pensieri come la Santanchè. Se si fosse trovata nella mia situazione, certo. La Santanchè la detesto ça va sans dire: coi suoi Cartier, il silicone, e gli occhi da bottegaia di mercato...

Ero alla presentazione di un libro. Di tale Belpoliti. Correlatore tale Barbetta. Professori universitari. Di sinistra. Appaiono e il sopraddetto è evidenza antropologica.
I professori hanno una sessantina d'anni, ma sono così, statue comportamentali, almeno dai loro late trenta. Corpi dimenticati, tic da studenti mai rilevati, tanto meno interpretati. Si presentano ringalluzziti, in divisa d'ordinanza. Quale divisa? Quella da professori di sinistra schierati, con magone da rinuncia a chissacchè...
Cioè: pantaloni a velluto a coste, con le pinces, maglione lasso in lana rasa, colori scuri, camicia frustra, sciarpotta, giacca ciancicata in fustagno o lana tweed.

Pedissequi fino ai piedi. Che calzano sempre e solo, clarks o sneakers comode effetto scarpa ortopedica.

Sette minuti di intervento e il Belpoliti stava già, come la povera Laika, divagando nello spazio intergalattico...e similmente a lei condannato al non ritorno su questa terra. Due degli astanti crollati dal sonno. Uno più fortunato, riverso sul pianoforte, ma stabile. L'altro, senza solido appoggio, con la testa ciondolante riprovava l'isocronismo delle piccole oscillazioni.

I due parlano, anzi si parlano, citano si eccitano... io sono inchiodata dallo spettacolo dei loro corpi torsolo; avvitati, asciugati, curvi...fermi. Le gambe perennemente accavallate con i poveri stinchi che penzolano mosci su rotule problematiche. Uno di qua, uno di là. Gli stinchi...e i professori. Ridono risate di fanciulle con la chiostra ingiallita dei loro denti; alitosi certa. Alitosi da prete, risate in falsetto da sagrestia.

Infatti, discorrendo, entrambi accennano alla loro educazione religiosa.

Due così tipici da sembrare falsi. Il mestiere, il look, l'atteggiamento, il comportamento, e adesso pure il côté religioso...
Li guardavo come li avrebbe guardati la Santanchè. Distacco e fredda incredulità.

Però un pensiero mio l'ho avuto, da concreta lombarda: chissà quanto ci costano, 'sti due, a noi contribuenti tutti.

16 febbraio 2012

Cerco lavoro.

 Cerco lavoro. Chiamo gli interlocutori coi quali ho già lavorato bene (leggi: preventivi accettabili e pagamenti più o meno regolari) e dico che passo per un caffè, così per aggiornarsi. 

 L'imbarazzo è percepibile già al telefono (caffè? ma chi ha tempo per un caffè, abbiamo poi la macchinetta? vorrà mica le tazzine...) 
Ma sono una delle poche donne del settore, per di più di una certa età. Poi mica se lo ricordano se sono legata a qualche cliente o a qualche fornitore, per tema di scontentarlo e per tutte le cose sopra...capitolano. Dopo un paio di procrastinamenti si concedono per la mezzoretta del caffè. Rassegnati. 

 Arrivo, bella giuliva. Entro, come va e stretta di mano. Si sta dove si sta, in genere all'ingresso, col cappotto, fissi e impalati come i supporti delle gondole. 
Parliamo del più e del meno. Meglio: parlo del più e del meno. Lui, è sempre un lui, non ricorda mai esattamente quando abbiamo lavorato insieme: sì certo, abbiamo collaborato ma...ah eri in Germania, ma pensa, per vacanza? abbiamo lavorato anche da lì? davvero?...


Il cicaleccio intanto può infastidire i lavoranti, silenti, piegati sui loro computer con aria grave, che non hanno mosso un muscolo facciale da quando sono entrata. 
Quindi ci si sposta in sala riunioni. E ci si siede. Finalmente.

 Loro, i miei interlocutori, allo scadere del quarto d'ora soffrono visivamente. E' l'ora della fase due. Chiedo dell'agenzia, di quel progetto per le esigenze di comunicazione interna, e verso i clienti acquisiti di cui si parlava anni fa...fatto qualcosa? 

 Naturalmente no, non si ha tempo per pensarci, sì lo diciamo sempre, ma...poi siamo qui. Però l'interesse si è stimolato, adesso il boss chiama un paio di scagnozzi fedeli, gli impone di mollare la tastiera. Ecco, ti presento...e mi introduce con le stesse parole che ho usato prima per ricordare a lui chi cacchio fossi.


 Fase tre. Il caffè della macchinetta, schifoso, che ho bevuto solo io, è terminato (gli altri se lo portano da casa, nel thermos). Riprendo il cappello, mi sistemo la sciarpa -il cappotto l'ho tenuto addosso, mica dare l'impressione di essere invadente. E poi la sala riunioni è gelida, serve quasi esclusivamente per depositarci il materiale di presentazione. 


 La fase tre esige la sintesi: sono qui, disposta a collaborazioni a tempo o a progetto. Fine. Sono pronta a sollevarmi dalla sedia e chiudere la visita. A quel punto il boss si scuote, fa un gesto tipo "sta bona lì stai", esce dalla sala e rientra accompagnato con la "piupina" di turno. La piupina, e non il piupino che  in genere è una donna, ha l'aria sciapa, ma l'occhio vigile. La piupina appoggia sul tavolo un oggetto, il prodotto e comincia a sciorinare i pochi dati a disposizione affinché io quantifichi il preventivo. Urgentissimo. Ovvio. 


 Datemi un paio d'ore, faccio orante, va bene ma lascia il numero di telefono, sono ragionevolmente certa che l'avete...ah sì! l'abbiamo, hai ragione (e finalmente il capo ha la conferma che è vero, c'eravamo già visti) 


Bene, ci sentiamo, guarda che è urgentissimo! E via, si corre "a fare truciolo". 

14 febbraio 2012

...Ah, lei è la signora tedesca!

Ma chi dice, io? 
...E' lei no, quella che ha portato quel dolce scuro, tutto rotondo al mercatino di Natale?
Sì, il Baumkuchen, sono io, ma...
Quella della macchina, parcheggiata su, verdolina? Quella con la targa tedesca!
Eh, siamo un po' in ritardo con le pratiche, ma...
Glielo dicevo al mio marito, che si ricorda  lei quel panettone basso e duro che ha portato la prima volta al pattinaggio dei bambini, con la maestra Sonia...
Lo Stollen?
Si, mi pare...che il tedesco sa, non lo capisco. Ma che buono!..
Siamo stati a Dusseldorf per qualche anno, e abbiamo imparato ad apprezzare...
Ah ecco...è lei di Dussendorf ! Certo, lo diceva la Iris, l'altra mamma di voi tedeschi, con la bambina in quarta.
L'ho conosciuta! L'ho cercata proprio per...
Eh, certo...anche tra voi vi troverete, con le vostre ricette e le vostre abitudini, come noi abbiamo le nostre...

E' così sto diventando la tedesca, senza mai aver imparato il tedesco.
:-)

10 febbraio 2012

Per me è l'amaca...

O forse le mele...fatto sta che a gennaio ho inviato a qualcuno dei miei conoscenti tedeschi qualche foto della nuova location, anche solo per non ammorbarli sempre con i resoconti di bimbi, scuole e esempi di sagacia infantile ...Oh. Tutti mi hanno scritto se passando in Italia, magari, vedi un pò, capitasse, si fermerebbero volentieri qualche giorno. Che per carità, open doors, ma...prima? In 4 anni mai successo.
Mai successo che i miei, sparuti, contatti tedeschi manifestassero intenzioni di condivisione vacanza... macché vacanza, anche solo di condivisione di un pomeriggio...Sempre io a sollecitare incontri, cene, occasioni.


C'ho pensato. Per me è questa la foto che ha fatto scattare la voglia di Italian voyage:

9 febbraio 2012

Corsi e ricorsi...

Ieri un amico ha citato la ritorcitura neolitica. Così, iperbolicamente, come un'assurdità alla Crozza Bersani. Presente quando comincia con i tormentoni dei: "Ma ragassi, siam mica qui a contare i puntini delle coccinelle.."
Ecco. Quando si deve identificare un'attività inutile, improbabile io faccio ricorso all'uncinetto acrobatico. Che la ritorcitura neolitica esiste. Mi ha appassionato per un annetto circa. Il porta aglio che penzola in cucina risale a quel periodo. Nasce come astuccio penico (appena scarico le foto che ho sul cellulare lo riprendo e lo mostro. In tutto il suo turgore.)

Ripensando alle fugaci passioni, balzane, della mia vita, ecco a cosa mi sono appassionata in Germania.

La lana cotta o Walkwolle. Qui cascano -quasi- tutte. Berretti, borse, babbucce... Non c'è via a Ddorf che non abbia un angolo dedicato a queste goffe cosucce d'altri tempi. Anche da noi! basta frequentare i mercatini shabby chic, ecofriendly, artigiani...
Allora, un giorno con l'amica spagnola siamo andate da una signora, considerata un portento nel circolo delle "mani di fata". Un posto in c...ai lupi. Una casa triste, affastellata di oggetti di ogni tipo. In una sala umida, un tavolone centrale. Sul tavolone tre bacinelle piene d'acqua fredda, tante quante noi malcapitate, tre grattugge di legno grezzo, semi immerse, e tre tocchi di sapone di Marsiglia. Scelti i bioccoli di lana colorata, e alè...via a strofinare. Anzi a follare, in gergo tecnico.
Cinque ore al freddo e le mani rosse e ghiacce per produrre un baghet sbilenco e un  malconcio fiore a guisa di coperchio. Pagato pure una mezza fortuna. Da allora appena intravedo penzolare uno di questi ammennicoli da zampognaro, mi volto dall'altra parte. Mi vengono i geloni.

Dopo la lana cotta, le collane fai da te. La buona bigiotteria in Germania è rara. E cara. Anche i gioielli, in realtà...le ragazze si sfogano creando i loro monili. Con un'altra amica siamo andate a un workshop. Ricordo di aver aspettato un pò. Fuori dal negozio. Sempre al freddo, ovvio. Ecco il negozio:



Poi è arrivata la mani di fata di turno. Giapponese, stavolta. L'inizio è stato intrigante. Comporre la sfera centrale, con gli strass, scegliere i nastrini ton sur ton, fare i nodini per fermarli...ma arrivati al fermaglio..che patimento. Allora, le chiusure standard proposte erano pacchiane, ci stava qualcosa di meno vistoso.

La Jap ha afferrato il mio gingillo, l'ha nobilitato con un nodo bellissimo, complessissimo, irriproducibile. Poi me lo ha restituito con l'incarico di agganciarci tre o quattro sferette in similargento per chiudere la composizione...Arghh! Pinzetta, lucetta da orafo, le pallette che schizzavano di qua e di là...L'amica, lei paziente, ha portato a compimento l'opera. Io no.
Morale, tra il tempo perso e i soldi spesi, materiale e stage, forse ci stava una bella collana nuova. In Italia ;-)

Ma tra tutte, l'attività più ridicola e, considerando i risultati, più frustrante che mi sono impegnata a fare, per ingannare il tempo e conoscere gente nuova è proprio questa:


E' così. C'aggia dovuto fa pe' socializza'...

8 febbraio 2012

Serie B.

Poche cose danno il riscontro, inappellabile, che l'Italia è un paese di serie b come i luoghi di aggregazione. Il centro dove Ari prende lezioni di violino, comunale, dal nome coraggioso di "Vivace" è uno sfacelo. Una grande teca di cemento sgretolato, con le scale d'accesso sbreccate, le porte delle aule che non chiudono -sedie accostate sostituiscono le maniglie.

Non c'è una plafoniera delle luci a posto, i caloriferi sono appena appoggiati ai muri. Guai appoggiarvisi sopra. Tende strappate, arredo di risulta, il trionfo dell'impiallacciato povero. Un divano sfondato qui, una fila di sedie da cinema là...tutti trovatelli!
Il guardaroba è una barra di metallo con gli omini in plastica, aggrappati come a sfuggire dal naufragio. Vetri rotti alle finestre. E polvere quinquennale, ubiqua.

Poco meglio i locali per le attività sportive. Tralasciando le palestre delle scuole (e le luci al neon trapanapalpebre, gli impianti di riscaldamento effetto woofer trapanatimpani...) trattasi di stanze umide e fredde, dal pavimento di mattonelle o graniglia algida, luci sparate, spifferi assassini.

Insomma è così. In fondo cosa pretendiamo. Coi pochi spiccioli che paghiamo di tasse....

6 febbraio 2012

Di compleanni, diplomazie, razzismi e inappuntabili logiche infantili.

Scene di ordinario tran tran.
Mi chiama una mamma e mi chiede se posso tenerle la bimba nel pomeriggio. " No problem, so che vanno al compleanno di Andrea. Poi passo a prenderle io". "Compleanno? Oddio, Gre non ha l'invito". "Ah..."
Come faccio a portare Ari al compleanno, dire a Gre che non è invitata e pure che non sta con Ari né con la mamma, ma con me? Getto la spugna. "Mmmh...Sai forse meglio se cerchi un'altra soluzione." Lascio la mamma in gramaglie, poi mi richiama e mi dice che non ha alternative, se posso ritirarla io la bimba, lei le parlerà, le spiegherà la cosa.

Vado a prendere le bimbe. Davanti alla scuola c'è, toh!,  giusto la mamma di Andrea, una cubana di coscia guizzante e sorriso accogliente. Non la conosco bene, ma mi avvicino e le spiego la situazione. Sai, sarebbe tutto così semplice se anche Gre venisse alla festa. Lei trasecola: "Ma nessun problema, figurati. Guarda che è lei che non ha voluto l'invito. L'ha strappato sotto gli occhi di Andrea, c'è rimasto malissimo".

Andiamo tutte alla festa, mangiamo, cantiamo, giochiamo,salutiamo, ringraziamo. Poi a casa, approfittando di un attimo d'intimità: Gre, è vero che non volevi andare al compleanno di Andrea? Sì, è vero. Mi dici perché? Proprio non mi piace. Ti fa dei dispetti? No, non mi piace lui, la sua pelle...è nera. Attimo di panico. Solo un attimo.

Pensa che a me piace proprio tanto la pelle mulatta, come quella che ha Andrea. A me no...e neanche alla mia mamma...- Ora. Conosco la mamma di Gre. Non mi pare proprio la persona che possa pensare una cosa del genere. - Replico: La tua mamma? Ma vah! Ti sbagli. Certo! pensa che lei Andrea lo chiama cioccolatino! Ma è un modo di dire affettuoso, dolce. Macché...lo sai un segreto? A mia mamma i cioccolatini... fanno schifo!

E adesso?

Un'ora per il giorno della memoria.

Questo è toccante. Guardatelo quando avete un'ora di tempo. E lasciatevi scorrere le parole dentro...Che stupida! L'invito all'ascolto, per una volta,  non serve. Le parole di questo intervento di Liliana Segre sono grimaldelli (dal germanico: kram...ah, le parole).

http://www.youtube.com/watch?v=hxwZrf-Xiq0&feature=related

Ma in Germania invece, anche.

Siamo sotto il sortilegio dello spread. I bund tedeschi sono il riferimento. E da qui tutto a seguire: "In Germania è meglio...in Germania invece...i tedeschi, loro sì...ah! le lavatrici tedesche..."

Sì. Tutto vero. Ma poi quando ci sei vissuta, in Germania, e mica ere fa, certe informazioni ti sembrano gigantomachie giornalistiche. Esempio? Da Santoro, Servizio Pubblico, si parla del nero. Il nero spicciolo, di lezioni private e colf. Tutti a battere il mea culpa, giù il copino pronto a farselo cospargere di cenere...Chissà cosa succede in Germania?

In Germania le colf -putzfrau- si pagano in nero e le lezioni private idem. Tra "là" e "qua", la differenza è che là le colf costano di più, 10/12€ all'ora, e le insegnanti meno: 18/24€ all'ora e l'ora è di 45 minuti.

E uno.

Due. La raccomandazione, meglio la forma pulita che è la segnalazione. In Italia la segnalazione è prassi, ma la si considera un mezzo poco consono ad un mondo del lavoro evoluto. Là non solo la si fa. La si sollecita e la si paga pure! Acclaro. Se i dipendenti di un'azienda, di un reparto suggeriscono la persona giusta da inserire al posto vacante, e la persona è quella giusta, si trovano in busta paga un +1000€. Mica paglia. Il principio è che l'azienda risparmia in agenzie interinali, recruiting e cacciatori di teste...nessuno meglio di chi lavora sa  briffare il neo-candidato, quindi non c'è da far perdere ore lavoro a qualcuno per questo incarico.
Tutti felici e contenti e segnalati.

C'è ben altro, che in Germania non è tutta affidabilità quella che luccica...

Spesa per la crucchetta.

"La nostalgia della tua terra comincia dallo stomaco." Che Guevara.
Niente di più comprovabile. L'altro giorno, dopo tre passati in casa causa neve, al supermercato per la spesa. Ho comprato: pane di segale integrale, a fette, quello umidiccio che quando lo scarti sa di caramello e acido della pasta madre. Burro tedesco, va bene anche il Lurpack danese, salato, Philadelfia, cetrioli e peperoni, mele renette (quanto di più prossimo alle boskoop, che non si trovano) succo di mela non pressato (costosissimo!...in Germania lo trovi a 79centesimi il litro!)

Sabato, dopo una bella slittata, ho preparato il brunch ad Arianna...era al massimo della felicità!
'sta crucchetta...

1 febbraio 2012

Sulla morte, senza esagerare.

Wislawa  Szymborska non è  più con noi , da poche ore. Domani si scriveranno fiumi di  parole, stasera  vorrei  mandare un pensiero speciale a una grande donna. Per tutti gli attimi di eternità che la sua poesia ci ha concesso di vivere.

Sulla morte, senza esagerare

Non s'intende di scherzi,

stelle, ponti, tessitura, miniere, lavoro dei campi, 
costruzione di navi e cottura di dolci. 
Quando conversiamo del domani
intromette la sua ultima parola
a sproposito. 

Non sa fare neppure ciò
che attiene al suo mestiere: 
né scavare una fossa, 
né mettere insieme una bara, 
né rassettare il disordine che lascia.

Occupata a uccidere, 
lo fa in modo maldestro, senza metodo né abilità.
Come se con ognuno di noi stesse imparando.

Vada per i trionfi, 
ma quante disfatte, 
colpi a vuoto
e tentativi ripetuti da capo!

A volte le manca la forza
di far cadere una mosca in volo.
Più di un bruco 
la batte in velocità.
Tutti quei bulbi, baccelli, 
antenne, pinne, trachee, 
piumaggi nuziali e pelame invernale
testimoniano i ritardi
del suo svogliato lavoro.

La cattiva volontà non basta
e perfino il nostro aiuto con guerre e rivoluzioni
è, almeno fin ora, insufficiente.

I cuori battono nelle uova. Crescono gli scheletri dei neonati.
Dai semi spuntano le prime due foglioline, 
e spesso anche grandi alberi all'orizzonte.
Chi ne afferma l'onnipotenza
è lui stesso la prova vivente
che essa onnipotente non è.

Non c'è vita
che almeno per un attimo
non sia immortale.

La morte
è sempre in ritardo di quell'attimo.
Invano scuote la maniglia
d'una porta invisibile.
A nessuno può sottrarre
il tempo raggiunto.


Da una mail di un'amica. Grazie.