Autunno

Autunno
E' un tramonto italiano ma a me ricorda Ddorf.

28 maggio 2012

I sette anni più lunghi della mia vita.

C'è stato un tempo in cui non mi accorgevo del tempo che passava. Tipo quando arrivai a Milano, per un colloquio (ai tempi in cui dopo ti assumevano, senza stage non retribuiti...). Messo il piede in metropolitana ho pensato con chiarezza: "In questa città non ci sto due mesi". Ne passarono 14 e non me ne accorsi quasi. Anche l'iscrizione all'Università; dopo il 3° esame avevo deciso di rimandare un annetto, poi rimandavo rimandavo, e a un certo punto arrivò un documento in cui mi si avvertiva che gli esami sostenuti non sarebbero più stati conteggiati ai fini dell'ottenimento della laurea...Ricordo che rimasi scioccata, ma come, l'ultimo l'ho dato poco tempo fa...
Vabbeh, due esempi come tanti. Adesso mi è capitata la foto di Ari, da un file semi dimenticato di cinque anni fa. Mi sembra tutto cambiato così tanto da allora! Stento a riconoscerla. E a riconoscermi. 

27 maggio 2012

Tragicommedia.


La vita ha, sempre, dei lati comici anche nelle situazioni più tragiche. Come ieri. Parcheggio la macchina, imbocco l'ingresso principale dell'ospedale. Ci si accede da una passerella stile lungomare della Barceloneta e c'è un grande “1” davanti. Poi si gira a sinistra, si salgono le scale, ci si imbuca in una saletta, si varca un ingresso rigorosamente vietato ai visitatori, e si è arrivati. Dei vari accessi all'unità coronarica, UCC per gli intimi, non ce ne è uno che non preveda almeno un ingresso severamente vietato con cartelli minatori. Che sia per blandire il senso di trasgressione italico? Mah. Queste cose qualche mese fa, fresca di Germania, mi mettevano di malumore. Oggi mi adatto e lascio perdere.


Dal corridoio d'attesa, con sedie scomode e tavolini inutili e una pianta a crescita stentata, una cultivar ad hoc per edifici di pubblici, si entra nello spogliatoio. Qui ci si dota di copriscarpe in plastica azzurrina. Non c'è una panca, una sedia. La ginnica operazione deve essere compiuta in posizione “stante”, in piedi. Che ancora per me, per ora non è un soverchio problema. Non era. Ieri oplà! compio l'acrobazia e argh! Il ginocchio destro batte contro lo stipite della porta. Che è smussato dappertutto tranne lì, nei 10 cm dove ha battuto.


Soffoco un guaito e procedo claudicante verso lo stand dove è ricoverata mia mamma....spero nella presenza del lettino ospiti, ma figurati...neanche le 7 e un nugolo di infermiere superefficienti ha già provveduto a sgombrare la stanzetta e a sostituirlo con una sedia in formica azzurrina. La versione Large delle sedie scolastiche. Dei tempi scolastici miei, d'accordo. Mi accascio sulla sedia, mia madre, meglio l'occhio di mia madre -il resto è coperto da mascherine e tubi e fasciature- mi scruta con curiosità: ”...utto ene?”, sembra che dica la sua voce nel tubo. Io rispondo e sono Fantozzi, voce strozzata e sorriso tirato: “Tutto (ansimo) benissimo...”.

Invece va malissimo, il ginocchio duole, ho un senso di mancamento, quanto è scomoda 'sta seggiola, se non fosse che non mi sembra luogo acconcio urlerei per richiamare una operosa infermiera, ma sono tutte in ben altre faccende intorno a ben altri pazienti affacendate...L'occhio di mia madre si è richiuso e io mi ricavo uno spazietto accanto al suo cuscino. Appoggio la testa. Solo un secondino, mi dico. Le chiappe sulla sedia, la testa sul cuscino, il corpo ad arco, nel vuoto tra i due. Così mi trova l'infermiera, un tempo imprecisato dopo. Addormentata accanto a mia madre, meglio l'occhio di mia madre che mi scruta...

Da 32 anni


"Ah bene, siete già aperti, che fortuna!” “Una fortuna che si ripete da 32 anni. Il bar apre sempre alle 5.20”. Mi rispone la barista. E non fa un plissè.

Sono le 5.40, sto per rientrare a casa, ho voglia di un cappuccio, ma intorno a me, da un lato e dall'altro della strada, solo serrande chiuse e qualche passante infreddolito in questo maggio pazzo. Pazzo...Pazzo come quasi tutti i maggio della mia vita. L'unica differenza con quasi tutti i novembre della mia vita, a maggio è la vegetazione verdeggiante e la durata delle giornate. Ma poi...freddo e pioggia, pioggia e freddo e mia madre che si lamenta che deve “tirar fuori” i piumoni dell'inverno messi via con il cambio di stagione. Mia madre. Già. E' per lei che sono qui. A quest'ora, per strada. Torno dall'ospedale dove è ricoverata da ieri. E scopro, in questo modo, che la caffetteria dell'angolo è già aperta, a quest'ora. Da 32 anni.

I due coniugi che la conducono sembrano capitani di un transatlantico. Si muovono sincronici, sicuri, pigiano tasti, azionano manopole. Lui piega meticolosamente i giornali prendendoli da una pila infinita. Uno per uno come fossero camice da stirare. Terminata una serie di cinque, la appoggia in bella mostra su uno scaffale che, s'intuisce, pensato appositamente per lo scopo. Non so quanti compratori, sospettino la cura cui è stato sottoposto il loro plico. Lei è ai comandi in plancia, dietro il bancone, aziona la macchina del caffè, sbuffo di vapore, inserimento del bricco, colmatura a livello, versa il latte nella tazza fino a un dato punto e ad una certa angolazione, poi un gesto rapido del polso solleva il coperchio del bricco tac! e candida schiuma riempie la tazza fino a sbordare...guardo incantata ogni fase della procedura.


E' un giorno strano, mi sembra che il tempo non passi mai. Accanto a me altri avventori, silenziosi afferrano il giornale, che “lui” allunga; si dispiegano al bancone, “lei” dispone le ordinazioni, sempre le stesse, immagino. Non sento richieste verbali. Forse chissà, per qualcuno è esattamente così ogni mattina, da 32 anni. Guardo l'orologio. Sono le 5.43. Rientro dall'ospedale dove mia mamma è ricoverata. Infarto. E il tempo pare bloccato.

15 maggio 2012

Si vede che sei tedesca...

La situazione descritta in una manciata di post precedenti si reitera. Sabato mattina, gita nei boschi rivolta ai bimbi delle elementari e ai genitori. Mi presento con calzoncini al ginocchio, maglietta e felpa bianche. Scarpe da trek leggere. Bastoncini, berretto in cotone "caki" -come diamine si scrive!?-
C'è un'amica di mia sorella: " ciao...ma come sei vestita, si vede proprio che quattro anni di Germania..." Io abbozzo, sorrido però ancora oggi penso a che indossassi di non acconcio alla bisogna, o di così esotico (niente sandali o calzotti bianchi, niente strati di creme total blok sul naso, niente camicia a quadrettoni svolazzante, cintura girovita...)

Il giorno prima. Una compagnetta di ari vuole venire a casa nostra, volentieri la invitiamo con la mamma e sorella treenne appresso. Appena messo il piede in casa, la mamma: "Ah questo odore, proprio come quello del pensionato a Bremen, le spezie tedesche!..." Anche in questo caso sorrido, abbozzo...poi faccio un sopralluogo in casa che la notizia mi incuriosisce. Scovo un piattino sulla madia con i rimasugli accartocciati dei pot-pourri natalizi; quattro fette di limone e arance rinsecchite, due chiodi di garofano impolverati...annunso. Niente. Mah.
Colpo di genio! Dietro la porta d'ingresso c'è un deodorante per ambienti in flacone, di quelli con i rametti morbidi, mi avvicino e leggo: "Fior di Toscana" Villoresi, Firenze. Mah!

11 maggio 2012

Così fa(cea)n tutte.

L'altro giorno al maneggio - Ari, complice il nonno, ha coronato il suo antico sogno di andare a cavallo. Gruppetto di mamme in attesa dei puzzolenti bambini, tra polvere della sabbia e le mosche. Parla la nonna: "eh...sa perché noi nonne siamo così presenti coi nipoti? Per compensare quello che non abbiamo fatto coi figli..." Eccola qui, E' da quel mo' che ne avevo il sospetto. Mai a memoria d'uomo le mamme, e i papà, si sono dedicati, prodigati, prosciugati per i loro bambini come in questa era moderna dissennata e senza valori.

Affermazione peregrina? Prove, ci sono le prove! La signora prosegue raccontando che la "sua"prima era nata che "c'era la stagione dei mercati" per cui doveva lavorare, il secondo "peggio che ci eravamo trasferiti e quindi è stato sempre con mia mamma e lo vedevo la sera prima di andare a letto"...Il terzo voleva sempre stare con mia sorella che avevamo i bambini della stessa età. La quarta è l'unica che mi sono goduta un po'...Onore al merito che quattro gravidanze e parti son quattro...La situazione non è affatto nuova. Una volta, almeno fino agli anni '70, a mio sindacabile parere valeva una e una sola regola: chiunque poteva lavorare, lavorava. Chi si occupava dei bambini? E come? Anziane, ragazze appena adolescenti, tate, istitutrici (per chi se lo poteva permettere, ma erano relativamente a buon mercato rispetto ad oggi). I collegi, i seminari, le colonie erano altre soluzioni, più praticate di adesso. Mio padre ci entrò, in un seminario, a 8 anni e tornava a casa giusto a Natale. Nessuno per questo ha mai  ritenuto i miei nonni, tutt'altro che indigenti, casi da servizi sociali.

Di bimbi lasciati in fasce a sorelle, cognate, nonne son piene le storie di famiglia. Occorre chiedere però, che non erano considerati "casi rilevanti"; nulla di eccezionale insomma. Ancora, nella mia infanzia ricordo 4 bimbi morti prematuramente. Uno, Gianbattista, cadde in una roggia. Annegato. Anche Marisa e la sorellina, due volti sorridenti e sfuocati nell'immaginetta in bianco e nero che ci donarono a scuola,  morirono annegate. A Jesolo. Presero il materassino e via...non sapevano nuotare e le correnti le portarono dove "non si toccava". Per chi è stato a Jesolo...ne devi fare di chilometri per trovare l'acqua che ti arrivi all'ombelico, figurati per giungere dove non si tocca ...
L'ultimo morì di leucemia. Era il figlio del macellaio del paese. Ancora oggi quando entro in una macelleria penso al bambino morto. ..

A parte il quarto le altre disgrazie erano, forse, evitabili con un pochino di supervisione in più...Però le mamme degli anni '60 e '70 non era mica facile schiodarle dall'ombrellone o dall'asse da stiro o dalla panchina del parco giochi... Noi ci si  muoveva da soli o in gruppo per andare a scuola, per giocare, per raggiungere l'oratorio.

Non c'erano cellulari e solo se non eri a casa per il pranzo o la cena, ecco. A quel punto partiva l'allarme collettivo. Leggere Giamburrasca è edificante. Il ragazzetto, neppure decenne, si muove nel territorio come un pesce nell'oceano. Va a pescare quando gli pare, gira il paese, compra da solo polvere da sparo...e ne combina di cotte e di crude. Nessun bambino oggi potrebbe permettersi tanto e se le facesse la famiglia sarebbe sotto osservazione stretta.
Gianburrasca viveva con un nugolo di sorelle disoccupate, madre, tata e cuoca a casa. Tutti in famiglia erano impegnati a tessere reti per far sposare in modo acconcio le ragazze. Vedi un po' tu che grandaffare per non curarsi degli spostamenti di un ragazzino.

Gianburrasca non vale, è un personaggio di fantasia? Provate a leggere gli episodi dell'adolescenza di Camilleri. Perse la vista in una sassaiola alle elementari; appena quindicenne si compromise con un mafioso locale perdendo i soldi a pocker. E le mamme, le nonne? Le mamme frignavano, si disperavano e facevano la loro vita. Mica come oggi, che ci facciamo un c...così!

 

6 maggio 2012

Pulizie di Primavera.

Eccheè sto mortorio? Via via, vai con nuovi post, nuova immagine. Intanto nuova foto, va là! il resto segue. Ma che dico scellerata! Le foto papabili giacciono in una bara d'acciao, un hard disk accessorio per i back up. Che il Pc ci ha lasciato. Pare. Ancora non ho consentito all'estrema unzione. Niente virus...Era vecchio, mi hanno detto, 4 anni. L'età classica del "coccolone", per i computer...Sarà. a me sembrava fosse ieri il nostro primo incontro, neppure gli avevo tolto la pellicolina intorno allo schermo. Pure le etichettine metallizzate, gli avevo lasciato (quelle con i loghi acer e gli arcobaleni glitterati...)... Facevano tanto mostrine da divisa ufficiale.
Nel frattempo mi sono dotata di un mini,micro,compact pc. con tastiera però che di touchscreen ne ho (già) oltremodo pieni i cabasisi...era a un buon prezzo e il perché mi è stato chiaro subito dopo la configurazione...Bile. E' di color bile...Mai visto un apparato tecnologico sfoggiare cotal livrea. Fortuna, qua in campagna, si mimetizza. Il suo nome è: "ramarro". Ramarro Bond.