La vita ha, sempre, dei lati comici
anche nelle situazioni più tragiche. Come ieri. Parcheggio la
macchina, imbocco l'ingresso principale dell'ospedale. Ci si accede
da una passerella stile lungomare della Barceloneta e c'è un grande
“1” davanti. Poi si gira a sinistra, si salgono le scale, ci si
imbuca in una saletta, si varca un ingresso rigorosamente vietato ai
visitatori, e si è arrivati. Dei vari accessi all'unità coronarica,
UCC per gli intimi, non ce ne è uno che non preveda almeno un ingresso severamente
vietato con cartelli minatori. Che sia per blandire il senso di
trasgressione italico? Mah. Queste cose qualche mese fa, fresca di
Germania, mi mettevano di malumore. Oggi mi adatto e lascio perdere.
Dal corridoio d'attesa, con sedie scomode e tavolini inutili e una pianta a crescita stentata, una cultivar ad hoc per edifici di pubblici, si entra nello spogliatoio. Qui ci si dota di copriscarpe in plastica azzurrina. Non c'è una panca, una sedia. La ginnica operazione deve essere compiuta in posizione “stante”, in piedi. Che ancora per me, per ora non è un soverchio problema. Non era. Ieri oplà! compio l'acrobazia e argh! Il ginocchio destro batte contro lo stipite della porta. Che è smussato dappertutto tranne lì, nei 10 cm dove ha battuto.
Soffoco un guaito e procedo claudicante
verso lo stand dove è ricoverata mia mamma....spero nella presenza
del lettino ospiti, ma figurati...neanche le 7 e un nugolo di
infermiere superefficienti ha già provveduto a sgombrare la
stanzetta e a sostituirlo con una sedia in formica azzurrina. La
versione Large delle sedie scolastiche. Dei tempi scolastici miei, d'accordo.
Mi accascio sulla sedia, mia madre, meglio l'occhio di mia madre -il
resto è coperto da mascherine e tubi e fasciature- mi scruta con
curiosità: ”...utto ene?”, sembra che dica la sua voce nel tubo.
Io rispondo e sono Fantozzi, voce strozzata e sorriso tirato: “Tutto
(ansimo) benissimo...”.
Invece va malissimo, il ginocchio duole, ho
un senso di mancamento, quanto è scomoda 'sta seggiola, se non fosse
che non mi sembra luogo acconcio urlerei per richiamare una operosa
infermiera, ma sono tutte in ben altre faccende intorno a ben
altri pazienti affacendate...L'occhio di mia madre si è richiuso e
io mi ricavo uno spazietto accanto al suo cuscino. Appoggio la testa.
Solo un secondino, mi dico. Le chiappe sulla sedia, la testa sul
cuscino, il corpo ad arco, nel vuoto tra i due. Così mi trova
l'infermiera, un tempo imprecisato dopo. Addormentata accanto a mia
madre, meglio l'occhio di mia madre che mi scruta...
"Le verità che contano, i grandi principi,
RispondiEliminaalla fine, restano sempre due o tre.
Sono quelli che ti ha insegnato tua madre da bambino"
Enzo Biagi