Autunno

Autunno
E' un tramonto italiano ma a me ricorda Ddorf.

29 luglio 2013

Giusto orgoglio e buon giudizio.

"La felicità nel matrimonio è unicamente una questione di fortuna. Per quanto due si conoscano bene e per quanto simili possano essere, questo non favorisce minimamente la loro felicità. Continueranno dopo a scoprirsi sempre più diversi, tanto da avere la loro parte di seccature ed è meglio conoscere il meno possibile i difetti della persona con la quale si deve trascorrere tutta la vita."

Da "Orgoglio e Pregiudizio" ecco in sintesi cosa si pensava nel secolo scorso nelle faccende di cuore. La ricetta per un buon matrimonio, al contrario della nostra, non prevedeva affatto un lungo corteggiamento e compromissioni graduali della coppia (il bacio, la cena, il sesso, le vacanze, gli amici, l'acquisto della casa...) prima di arrivare al grande passo. Era chiaro, tanto, che era il percorso che faceva la coppia. Mica il contrario!

Le famiglie tentavano di  mettere le toppe a quanto c'era di rattoppabile, favorendo unioni tra simili anche nella speranza che un territorio comune rendesse più comodo l'atterraggio una volta finito l'amore...dettava regole chiare di comportamento, i ruoli, definiva gli spazi  "privati" nelle case in comune, stanze nelle quali un coniuge non poteva mettere il naso; un poco di repressione sessuale ringalluzziva i corpi e coadiuvava le unioni chimicamente non combacianti. Il desiderio prematrimoniale dava la miccia e via... Poi tanto era un terno al lotto.

Come ora del resto. Ma forse la ricetta della nonna era meglio. Certe cose venivano messe a fuoco e si cercavano prima gli interventi correttivi.
Oggi invece si naviga nell'incoscienza più romantica.

23 luglio 2013

"Tu non dire che fai la scuola in Italia"

Speriamo di farcela. A non trasformare il post nell`ennesima, inutile lamentatio materna per le manchevolezze paterne.
Ieri primo giorno di Camp estivo di Ari. A Duesseldorf. Dopo concilaboli con l`insegnante  di tedesco che insisteva per la condivisione collettiva e ludica dell`apprendimento, una programmazione certosina con il Neandertaliano, corse per prenotare un posto in tempo, finalmente siamo riusciti ad iscriverla. 
Vai tu, vado io, ad accompagnarla al kiga siamo qui in due. I trepidanti genitori e la Ari. Che e`emozionata. Io di piu`. Oltre che emozionata allarmata per tutte quelle cose grandi e piccole che non sono state messe a punto. 
La prima: richiesto l`elenco delle carabattole da infilarle nello zaino - merenda, asciugamano, antiscivolo..., almeno un mese fa, il nostro che si e` occupato della prenotazione ha tergiversato -via, servono le solite cose!- fino a ieri. 
Ora, giusto 10 minuti prima dell`ingresso, mi legge da una stropicciata fotocopia quello che servirebbe 10 minuti dopo...La ragazza comincia a stressarsi: "Non mi avete nemmeno dato la crema da sole? Ce li ho i regenhose?..." 
Rispondo pronta, ma se sei gia`nera come un corvo, cosa te ne fai della crema da sole...Oggi ci saranno 30°, i regenhose te li cerco domani, dalla Anto!
Lo faccio per confortarla, in realta` mi spiace, temo non sia un`esperienza facile per lei. Non conosce nessuno, non sa scrivere propriamente in tedesco, ed e` pure un mese che non parla la lingua.
La seconda: la fotocopia delle vaccinazioni. Il libretto e` da qualche parte ma non l`ho trovato, il trasloco e` tutt`ora in corso. Comunque Ari ha fatto solo il primo richiamo di antitetanica, a due anni, mi pare. E se ce lo richiedono e sorgono problemi?
Intanto arrivano altri pargoli, maschi e femmine, Ari tira un respiro di sollievo che pensava ci fossero solo maschi. Un`altra bella idea del Neandertaliano quella di allarmarla su una presenza esclusivamente maschile.
"In caso di bisogno hai lasciato il tuo numero di cellulare?" Chiedo all`altro genitore. "Si, ma poi le ho dato un cellulare?". Un cellulare? A otto anni? Trasecolo. Ma se salta come una pulce d`acqua e fa cadere praticamente tutto. Quanto durera` il cellulare! Ravano nello zaino di Ari e afferro un involto informe, un composè di fazzoletti di carta. La protezione massima concepita dalla mente del nostro contro cadute e sfregamenti del delicato apparato elettronico...
Via, conteniamo lo sbotto, che adesso siamo invitati ad accompagnare i cuccioli all`ingresso della "porta d`acqua", Ari apparterra` alla squadra dei cavalluccci marini pazzi.
"Non ci sono stati problemi con il fatto che non vive a Duesseldorf?". Chiedo mentre seguo con gli occhi Ari che cerca il suo nome sull`elenco, e quello, fresco come acqua di sorgiva: "Io non ho detto nulla e comunque le ho raccomandato: Ari, ricordati di non dire che fai la scuola in Italia!"
!!!
Ma che cosa rispondera` a domanda diretta?
E questa era la terza cosa...

16 luglio 2013

I verdi anni delle nostre vite. Lasciamoli lì, al fresco.

Che poi anche a voler rinverdire anni dorati...ieri si rientra dalla Liguria sonnolenta alle 12. Di notte. 
Con accelerato Ventimiglia-Bergamo carrozze fatiscenti, luci a intermittenza, finestrini bloccati, che però, assicurano i fedelissimi della tratta, è più affidabile dell'intercity il doppio più costoso e non ti obbliga a prenotazioni antelucane per usufruire di una tariffa “umana” (ps: trenitalia non riconosce la mia carta di credito tedesca e così ogni volta per spostarci by train è tutto un pellegrinaggio alla stazione durante le ore morte, in anticipo e pagando pure il biglietto del parcheggio, non aggiungo altro che si vede che sono due anni che sono rientrata se no scleravo solo a pensarlo, un iter simile per prendere un biglietto...). 
Malgrado raccomandazioni scritte e orali agli operai frequentanti, il portone dal giardino è inapribile. Giro del condominio per raggiungere l'apertura retrostante, e rintracciare le chiavi atte alla bisogna, quelle di cortesia messe a disposizione.
Finalmente entro in casa mia, una puzza di solventi e cemento fresco, apro dall'interno il portone del giardino. Oppone resistenza. Spingo decisa. Sento un “ouch” soffocato. E' la Ari che collassando di sonno si è addormentata sul pianerottolo e ora è rotolata a terra. Recupero il cadaverino, lo assetto a nanna prodigando bacini consolatori. Ma quella è frolla di sonno e non favella. Indi faccio per riporre pesto e salsa di noci -originale eh?!- nel frigo...e il frigo è fresco come salamoia, a temperatura ambiente, 27° ca. Pigio i pulsanti, brigo...nulla. Mannaggia all'aggeggio. Non è nuovissimo, ma manco vetusto...poi mi viene il dubbio.
Forse è un problema di prese. Infatti è un problema di prese. Nell'appartamento “giuntato” funzionano, in questo dove sta attaccato il frigo no. Cerca una prolunga. Niente prolunghe...vado nei garage, provo quella del tagliaerba. Rien à faire. Finalmente trovo una povera cosa, di un metro scarso ma sufficiente, spostando a viva forza il frigorifero, ad avvicinarlo a una presa funzionante. Con il cavo a mezz'aria.
Ecco, frigo riattivato. Il pesto è al sicuro. Il sugo di cozze congelato, invece, va buttato. E il burro. E gli yogurt. E i Philadelphia - ma perché si scrive così con il doppio ph?- e il succo di frutta...e più o meno tutto quello che c'è dentro.
Intanto che seleziono e butto, macino rabbia. Che può essere successo? Coloro i quali si sono recati qui per finire i lavori hanno disinnescato la corrente, poi l'hanno riattivata, ma non in modo completo -troppa fatica tirare su tre levette- così, random. Alle 1.30 invio un sms iroso all'architetto, sperando non sia già spaparanzato in qualche località balneare, lontano dagli strali delle clienti.
Poi vado a letto. E comincio a grattarmi come una rognosa. Ecco. La polvere di cemento. L'ultima delle mie cause allergiche. Ritorna all'attacco. Coi lavori in corso, quegli sbadati hanno lasciato in giro cose e oggetti e passatoie e stracci intrisi..e io mi scortico viva per il prurito. Che è peculiare, intenso, non lascia tregua, e ti sembra di stare in un letto di ortiche. Alle tre sono sveglia. Alle quattro anche. Alle cinque sento i galli, nulla confronto ai conciliaboli dei gabbiani al mare, alle sei, finalmente mi assopisco, non prima di recarmi a chiudere le ante della finestra di Ari, che è sensibile alla luce del sole. Alle 9.6 minuti suona il cellulare. L'elettricista avvisato dall'architetto! Penso, speranzosa e mi precipito a rispondere...no. Un vecchio amico, vecchio ammiratore che si fa vivo (è luglio, le mogli e i pargoli sono in vacanza) e dopo i convenevoli di rito, cosa fai tu, cosa faccio io, i ragazzi, i bei tempi andati, azzarda un invito a due: “Ci sarà un bel posticino dalle parti tue dove mangiare qualcosa insieme?” Rispondo che sembro Gambero Rosso online: alla terza salita dalla città c'è la Trattoria del moro, alla quarta la Trattoria dei sapori, a destra però, in basso alla collina, sempre a destra il Civico 21 specializzato in pesce, menù a mezzogiorno un po' più caro, ma adeguato al locale...e via discorrendo. Tutto con l'entusiasmo di un tacchino vicino a Natale. Tasso di allusività erotica, stesso identico.
Dopo poco mi blocca, va bene, taglia corto, decideremo quando definiremo il giorno. Il giorno? Per le chiusure? Faccio io mentre, andando a controllare il frigo rischio l'osso del collo inciampando nel filo penzolante che lo collega alla nuova presa...
”Il giorno che ci vediamo, intendevo. Ma forse ti ho disturbato, vero? Via, ti lascio che ti sento distratta...”
“No, no, figurati un piacere. Ciao Gian, Gian...- e mi impapino.
“Gianfredo, sono Gianfredo, ti ricordi, tanti anni fa, dalla Gaia a Milano?”
“Sì, sì, scusa...”
Sono tanto rinciuchita che solo la sera, cioè adesso mi sovvengono i passaggi della telefonata. 
Definirli surreali è eufemistico.


11 luglio 2013

Lasciare libero il wendeplatz


Basta voltare la macchina verso i monti, anziché il mare, all'uscita dell'autostrada, e arrampicarsi per pochi chilometri sulle stradicciole strette, tra gli ulivi e i muri a secco e qualche -brutto- condominio moderno. Ad un certo punto, non si incontrano più scooter, apecar, utilitarie, ma macchine grandi e pulite. Van. Una “D”bianca nel quadratino azzurro della targa. E via i piccoli neri liguri, a torso nudo, dallo sguardo truce e la camminata sciolta. Solo alti e dinoccolati dalle membra pallide, cappelli a tese larghe, camice a quadri. Non bastasse l'evidenza: i cartelli, gli avvisi, i messaggi sono bilingue, italiano/tedesco. A volte solo in tedesco. Anche quando riportano lo stemma del Comune o della Provincia.
I tedeschi dell'entroterra di Ponente non sono proprio turisti, auspicata presenza estiva. Nel Ponente i tedeschi ci abitano. E spesso sono gli unici abitanti di frazioni abbandonate, gli unici che trovano attraente vivere su coste impervie e gestire un territorio complicato. Collaborano con i sindaci, e investono soldini...La cosa positiva, personale parere, è che si impegnano a mantenere il paesaggio così com'è. Come gli è piaciuto (mica come noi che comprando i nuovi appartamenti al mare abbiamo contribuito allo smantellamento di quel paesaggio di cui volevamo godere!)

Dolcedo
Bellissimi
La cosa negativa sono loro, cioè la loro apparenza fisica...non che siano brutti, anzi! Esteticamente, nel cambio ci si guadagna. Ma sono riconoscibilmente tedeschi! E da tedeschi, non si amalgamano con il paesaggio, quel paesaggio che gli piace tanto nella sua unicità mediterranea... Come dire, in un terroir dove tutto coopera all'identità peculiare e irripetibile -natura, arte, enogastronomia...il dettaglio sbagliato è la loro stessa presenza. Cercando degli esempi a vanvera, tanto per evitare sospetti di razzismo che non è questo il punto...e' come se in un perfetto scenario invernale gli alberi fossero pieni di succosi frutti estivi o, in uno splendido mare incontaminato al posto dei pesci nuotassero lucenti e colorate scatolette di tonno e acciughe conservate.
Al santuario dell'Assunta
Oggi alle pozze, laghetti di un azzurro intenso, su per i bricchi, c'erano loro. I piedoni pallidi, le spallette ossute e qualche bella panzetta da bevitori di birra. Silenti e fermi, in attenta circospetta visione del mondo circostante - mondo che li vede spesso osservatori e quasi mai soggetti partecipi dello spazio tridimensionale. Oggi c'erano loro. Solo loro. E per fortuna! Se no, il sentiero per il Rio dei Boschi sarebbe già stato ingoiato dalla macchia mediterranea e l'oblio. 
 
L'azzurro delle pozze del Rio dei Boschi

9 luglio 2013

Pirata versus principessa.

Mamma, ma perché tutte vogliono fare le principesse da grandi? Io non voglio. Mai! 
E che cosa ti piacerebbe fare da grande?
Uhmm. La pirata.
La pirata...ma in che senso, tipo quando Pippi Langstrumpf quando va a salvare il papà con gli amici?
No, Proprio la pirata di mestiere.
Eh..perché la pirata? Cosa ti piace dei pirati.
Tante cose! Per esempio cantare insieme, a braccetto, come sanno fare loro...E poi i pirati vestono proprio con il mio look! 

Certo che le ottenni di oggi sono proprio sconcertanti...

6 luglio 2013

Amarcord tra NordReno e fiume Po.

“Lo sai vero che ti ritroverai in mezzo a una strada?”
Il commento del padre tedesco a sua figlia 22enne, che gli annuncia che sposerà quell'italiano conosciuto due anni prima. In Sicilia.
Fine anni '70, che sembra ieri, ma sono millenni fa. Lei Iris, diciannovenne renana, decide di accettare l'invito di un'amica e prendono il treno che da Duesseldorf le porta a Milano, da Milano in Sicilia. In bus e autostop visitano Catania, Palermo, Trapani, le Egadi, infine Agrigento. L'ultima tappa prima del rientro. Ad Agrigento chiedono ad una ragazza, con il loro italiano stentato, dov'è la stazione. “Chiamo mio cugino, parla inglese!” E il cugino arriva. Faccia scura, occhi dolci. Camicia bianca, pantaloni neri. A ricordarlo, Iris ancora si commuove. “Siete sole?”, “ Non è bello. Sto con voi”. E si ferma, tutta la notte in stazione ad Agrigento, ad aspettare con loro il treno per Milano. Si ferma e s'invaghisce di questa ragazza tedesca dai capelli selvaggi, fiammanti d'hennè, i sandali di cuoio sui piedi ben saldi, la lunga gonna indiana, il libro “On the road” nello zaino. Si invaghisce di lei e di quello che rappresenta: è straniera, viaggia, fa l'autostop, vive già da sola, lontano da casa. Lui, di Bergamo, casa sua non la riesce a lasciare anche se ci vive male, lei si sorprende che pur lavorando da anni, non disponga di soldi suoi. Vengono versati alla madre a fine mese. Come tradizione.
Arriva il treno. “Non ci vedremo più!” fa lei. “Chi lo dice?!” fa lui. Un mese dopo, a Duesseldorf, al pensionato dove vive, lei riceve un biglietto aereo per Ustica. E' lui. La invita, ancora, in Sicilia. Le amiche la invidiano, già tanto se i loro boyfriend tedeschi offrono un caffè, ma la preparano: gli italiani sono così, infiammabili ma poco affidabili. Esattamente quello che pensa il padre di Iris, orgoglioso ferroviere renano di origini contadine.
Dopo Ustica, è il ragazzo, orgoglioso infermiere padano di origini contadine, che viene a Duesseldorf, a sorpresa, e a lui Duesseldorf sembra New York. Le ragazze che ricevono i ragazzi al pensionato, sarebbe vietato, ma si fa... i bagni al lago -tutti nudi- le saune...
Poi lei scende da lui. Per qualche mese, giustifica alla famiglia. In attesa che la chiamino all'Università. Non tornerà più, stabilmente in Germania. 
Lui si vergogna a riceverla in casa, prende coraggio e va a convivere con un paio di amici. Dopo cercano un appartamento solo per loro. “Infermiere cerca appartamento arredato per lui e la sua Fidanzata”. Un signora anziana li contatta. Nell'appartamento, che sa d'antico, c'è tutto: anche i pitali nei comodini! Loro non hanno nulla, neppure una federa. Lo stesso giorno da Croff Casa, si comprano scolapasta, piatti, posate e bicchieri. Il sapore di quella prima spaghettata in casa loro è indimenticabile: sapore d'indipendenza, di libertà, di futuro. Due anni insieme. Iris trova lavoro, come baby sitter da una insegnante tedesca. Poi si sposano. In Germania, con rito protestante. A lui va bene, rinuncia volentieri agli ingessati rituali cattolici. La suocera, invece, non le rivolgerà la parola per anni.
Il primo figlio, un anno dopo il secondo. Il terzo. La suocera perdona.
Un'altra casa, sempre in affitto, dal giardino immenso e - purtroppo- un unico bagno!
Trent'anni insieme. Anni densi.
L'anno scorso il padre di Iris si ammala.
E' grave. Iris e suo marito fanno continuamente la spola, Orio Duesseldorf, Duesseldorf Orio. L'unica persona che lascia avvicinare, a curarlo e provvedere alle sue necessità di malato, il vecchio ferroviere tedesco, è il genero italiano, quello che avrebbe lasciato la figlia per strada.
“Per me sei come un figlio. Meglio di un figlio.”

Fa in tempo a dirgli, con gratitudine. In italiano.

1 luglio 2013

La signora.

Io nella vita vorrei fare la signora. 
L'età l'ho raggiunta, la stazza anche. 
La signora, ma mica come quelle stolide vecchie ragazze di adesso. La signora come una di quelle che incontravo da bambina, al Forte, d'estate.
La signora aveva tutto un suo modo di incedere, di comportarsi, di muoversi, di parlare, di alludere. Arrivava in spiaggia con occhialoni e prendisole sgargiante. Gioielli a profusione. La fede al dito. Il brillante del fidanzamento. Ogni gioia rappresentava una tappa della vita, prima che Pomellato inventasse una linea apposta. Ogni gioia aveva un senso. Gli orecchini della madre, il cameo appartenuto alla sorella morta di leucemia, il pendente regalo dello zio Claudio prima di partire per l'Africa, il rubino il primo figlio, la spilla della vecchia zia assistita durante la lunga degenza. Erano gioielli belli, usati e sensati. La signora nel raccontare la loro storia a volte si commuoveva, giusto un po'. Ma manteneva sempre desto il senso del qui e ora. E del comportamento acconcio. Mica facile scomporre una signora. Mica reattiva come quella pescivendola della Santanché. Sangue freddo. Tempra d'acciaio. Cicatrici di gravidanze plurime e a volte, peritoniti, testimoniavano il valore acquisito sul campo. 
Cicatrici evidenti su pance non trattate, molli, abbronzate e tirate a lucido. La signora arrivata in spiaggia e assettata sul lettino, infatti, per prima cosa s'impomatava. E la cosa durava almeno una mezz'oretta. Con dita lunghe ed esperte cominciava dagli stinchi, poi le cosce lisce, s'addentrava sull'addome largo, s'infilava nel reggipetto, rinforzato, per poi indulgere sulle spalle e le braccia. Sempre toniche. Che tra figli piccoli e nipoti e tappeti da volgere e riavvolgere, le tende, sempre pesanti, di velluto, e i mobili da movimentare con la fida cameriera...I bicipidi restavano la parte soda del corpo. 
Si lustravano, le signore, con oli profumati, intensi e persistenti tratti da flaconi pesanti, dai nomi improbabili, quasi sempre francesi. Alla fine la pelle riluceva come l'impiallaccitura dei mobili delle loro case. Brunite e levigate, finalmente, si allungavano al sole. 
Gli occhialoni. Il turbante. I gioielli. Vestite anche se nude, come dee greche. Il reggipetto era rispettosamente tenuto in loco. Ma si sganciavano tutti i laccetti. Brutti i segni sulle spalle! Un tramestio infinito, per evitare i ponti pallidi sulle spallucce. 
La signora era sempre truccata. Almeno sulle labbra. E, rigorosamente, unghie smaltate. Pedicure perfette. Smalti spessi come resine epossidiche. Brillanti rossi, rosa corallo, ammalianti. 
La signora parlava, eccome. Melliflua s'informava dei fatti di famiglia, come un boss mafioso. Si ricordava tutto. Non tralasciava nulla. Del resto, essere il nume familiare era il senso primo ed ultimo della signora. 
Tradimenti, nascite, morti...Quello che non si poteva accettare era il divorzio. Il divorzio mai.
La signora sapeva come blandire il proprio uomo. Mantenendo una sua identità e dignità. Accettava a testa alta le corna, plurime, del marito. Se tradiva, o aveva tradito, lo faceva discretamente. Mai pubblicamente. Che il modo si trovava. 
Parlando dei fatti della vita, di tutto il resto se ne impippava bellamente, passava da un tono scaltro a uno allusivo, e sempre attenta alla presenza dei bambini. Mai commozioni troppo evidenti... si prediligevano gli aspetti istruttivi, i consigli per curare le varici, depilare le ascelle, nascondere una scollatura troppo evidente, i rimedi contro l'alitosi, la fuga del marito, la presenza di zanzare, i tarli nel sideboard, le crisi adolescenziali...non c'era nulla che la signora non sapesse affrontare. Niente che la potesse scalfire. Rassicurante e certa come le Apuane, sullo sfondo dietro al mare, dietro alla spiaggia. L'eterna nube bianca incastrata sulla cima.
La signora, alla fine offriva sempre una nuvoletta di gelato a noi bambini. 
E ancora ricordo l'asprigno del limone, il mio gusto prediletto, sulla lingua. 
Pretendeva in cambio un bacio, sulla guancia, ma per finta. 
Mica si rovinava la cipria, in cambio di un gelato, la signora.