Autunno

Autunno
E' un tramonto italiano ma a me ricorda Ddorf.

16 luglio 2013

I verdi anni delle nostre vite. Lasciamoli lì, al fresco.

Che poi anche a voler rinverdire anni dorati...ieri si rientra dalla Liguria sonnolenta alle 12. Di notte. 
Con accelerato Ventimiglia-Bergamo carrozze fatiscenti, luci a intermittenza, finestrini bloccati, che però, assicurano i fedelissimi della tratta, è più affidabile dell'intercity il doppio più costoso e non ti obbliga a prenotazioni antelucane per usufruire di una tariffa “umana” (ps: trenitalia non riconosce la mia carta di credito tedesca e così ogni volta per spostarci by train è tutto un pellegrinaggio alla stazione durante le ore morte, in anticipo e pagando pure il biglietto del parcheggio, non aggiungo altro che si vede che sono due anni che sono rientrata se no scleravo solo a pensarlo, un iter simile per prendere un biglietto...). 
Malgrado raccomandazioni scritte e orali agli operai frequentanti, il portone dal giardino è inapribile. Giro del condominio per raggiungere l'apertura retrostante, e rintracciare le chiavi atte alla bisogna, quelle di cortesia messe a disposizione.
Finalmente entro in casa mia, una puzza di solventi e cemento fresco, apro dall'interno il portone del giardino. Oppone resistenza. Spingo decisa. Sento un “ouch” soffocato. E' la Ari che collassando di sonno si è addormentata sul pianerottolo e ora è rotolata a terra. Recupero il cadaverino, lo assetto a nanna prodigando bacini consolatori. Ma quella è frolla di sonno e non favella. Indi faccio per riporre pesto e salsa di noci -originale eh?!- nel frigo...e il frigo è fresco come salamoia, a temperatura ambiente, 27° ca. Pigio i pulsanti, brigo...nulla. Mannaggia all'aggeggio. Non è nuovissimo, ma manco vetusto...poi mi viene il dubbio.
Forse è un problema di prese. Infatti è un problema di prese. Nell'appartamento “giuntato” funzionano, in questo dove sta attaccato il frigo no. Cerca una prolunga. Niente prolunghe...vado nei garage, provo quella del tagliaerba. Rien à faire. Finalmente trovo una povera cosa, di un metro scarso ma sufficiente, spostando a viva forza il frigorifero, ad avvicinarlo a una presa funzionante. Con il cavo a mezz'aria.
Ecco, frigo riattivato. Il pesto è al sicuro. Il sugo di cozze congelato, invece, va buttato. E il burro. E gli yogurt. E i Philadelphia - ma perché si scrive così con il doppio ph?- e il succo di frutta...e più o meno tutto quello che c'è dentro.
Intanto che seleziono e butto, macino rabbia. Che può essere successo? Coloro i quali si sono recati qui per finire i lavori hanno disinnescato la corrente, poi l'hanno riattivata, ma non in modo completo -troppa fatica tirare su tre levette- così, random. Alle 1.30 invio un sms iroso all'architetto, sperando non sia già spaparanzato in qualche località balneare, lontano dagli strali delle clienti.
Poi vado a letto. E comincio a grattarmi come una rognosa. Ecco. La polvere di cemento. L'ultima delle mie cause allergiche. Ritorna all'attacco. Coi lavori in corso, quegli sbadati hanno lasciato in giro cose e oggetti e passatoie e stracci intrisi..e io mi scortico viva per il prurito. Che è peculiare, intenso, non lascia tregua, e ti sembra di stare in un letto di ortiche. Alle tre sono sveglia. Alle quattro anche. Alle cinque sento i galli, nulla confronto ai conciliaboli dei gabbiani al mare, alle sei, finalmente mi assopisco, non prima di recarmi a chiudere le ante della finestra di Ari, che è sensibile alla luce del sole. Alle 9.6 minuti suona il cellulare. L'elettricista avvisato dall'architetto! Penso, speranzosa e mi precipito a rispondere...no. Un vecchio amico, vecchio ammiratore che si fa vivo (è luglio, le mogli e i pargoli sono in vacanza) e dopo i convenevoli di rito, cosa fai tu, cosa faccio io, i ragazzi, i bei tempi andati, azzarda un invito a due: “Ci sarà un bel posticino dalle parti tue dove mangiare qualcosa insieme?” Rispondo che sembro Gambero Rosso online: alla terza salita dalla città c'è la Trattoria del moro, alla quarta la Trattoria dei sapori, a destra però, in basso alla collina, sempre a destra il Civico 21 specializzato in pesce, menù a mezzogiorno un po' più caro, ma adeguato al locale...e via discorrendo. Tutto con l'entusiasmo di un tacchino vicino a Natale. Tasso di allusività erotica, stesso identico.
Dopo poco mi blocca, va bene, taglia corto, decideremo quando definiremo il giorno. Il giorno? Per le chiusure? Faccio io mentre, andando a controllare il frigo rischio l'osso del collo inciampando nel filo penzolante che lo collega alla nuova presa...
”Il giorno che ci vediamo, intendevo. Ma forse ti ho disturbato, vero? Via, ti lascio che ti sento distratta...”
“No, no, figurati un piacere. Ciao Gian, Gian...- e mi impapino.
“Gianfredo, sono Gianfredo, ti ricordi, tanti anni fa, dalla Gaia a Milano?”
“Sì, sì, scusa...”
Sono tanto rinciuchita che solo la sera, cioè adesso mi sovvengono i passaggi della telefonata. 
Definirli surreali è eufemistico.


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