Ciolghilo,
ciolghilo...
Lo ciolgo, siora, lo
ciolgo. Le rispondo in veneto reinventato. Ora come allora. Ora come
allora sono nella cucina, mentre mi verso il caffè dalla caffettiera
piccola; il tavolo rotondo, le pentole in rame appese, l'orologio,
alla finestra la vista sulle viti, ormai quasi spoglie di foglie.
Non vi hanno costruito
case qui fuori, fortunati.
Sì semo fortunadi. I
dise...
La collezione di
caffettiere, pulitissime, compongono una piccola San Giminiano, nel
pensile a giorno, davanti al piano del gas dove mi sto versando il
caffè -ha cambiato le tazzine, preferivo le vecchie, avevano le
pareti più sottili.
Lo sguardo dalla tazzina
bollente va ora all'angolo sinistro del piano. Lì c'era sempre un
piatto, coperto da un tovagliolo spesso. Palacinche, fette di strudel
dalla pasta grossa. Ecco cosa mi aspettava. Sotto quel tovagliolo.
Adesso non c'è nessun piatto. Solo scatole bianche di medicine con
la striscia del logo colorata. Compongono un domino infantile,
sembra, se uno le guarda da lontano, incuriosito dalla forma regolare
degli involucri.
Sono in questa cucina
silenziosa. Ancora qui.
Aspettiamo la Manu. Poi
vado.
Sì, spera qui che le
farà piaser.
Aspetto.
Aspetta.
E intanto parliamo delle
persone che ci hanno accompagnato. Una lista di morti. C'è un
momento della vita che ti tocca parlare di chi non c'è più,
condividere le morti di persone care con persone care. Questo momento
è arrivato. Meglio viverlo che evitarlo. Come tanti altri momenti
ineluttabili della vita. Che è così. Se certi passaggi li eviti, a
parte averci il fisico per farlo, poi è come se ci ritornassi
sempre. Chi non ha avuto figli sembra non pensare ad altro. Chi è
restato all'adolescenza sembra non tentare altro che lasciarla.
Così noi si parla dei
morti. Di quello che ci ricordiamo di loro. Si rievoca la Dari, lo
Stanco. Il Vladi invece c'è. Il Vladi mi era sempre sembrato più
acuto. O forse solo più duttile.
Poi la nonna. La mitica
nonna. “Voglio la ricetta del Gulash.”
Ecco me che chiedo
perentoriamente, come fosse diritto acquisito, una ricetta della
nonna. E' che proprio in quel momento le mie papille gustative hanno
avuto un'impennata memoriale. Si ricordano esattamente il sapore
degli gnocchi al Gulash che assaporavano qui, in questa casa, in
questa cucina, negli stessi piatti ci scommetto, 20 anni fa. 25 anni
fa.
E' arrivata la Manu, baci
e bacetti, ma io non demordo. E pretendo carta e penna per gli
appunti mentre la siora sciorina gli ingredienti del Gulash. Tra
questi l'ingrediente segreto. Non si ricorda subito il nome, ma ha
ancora il barattolo dove lo conserva seccato. Maggiorana. Sì, è
lei. Tanta. Se ne deve mettere tanta. E a metà cottura, che il sugo
prenda bene. Per una frazione d'oro, il tempo sembra essersi fermato.
Io rido, lei ride, ridiamo. Maggiorana! Ecco che sera!
Se podria far insieme,
'na volta.
Certo!
Poi si rabbuia.
Non ha più appetito. E
questo la costerna più di ogni altra cosa del bruto mal che
le hanno scoperto, nella pancia.
Ma mi non chiedo
saver.
E io neppure vorrei
sapere.
La mancanza d'appetito.
Più dei capelli, radi sulla bella testa, più del colorito pallido
del viso e dei cali di memoria. E' questo che le dà il senso del
distacco da quella che era prima. Per il resto...per il resto
è lei, la figura alta, dritta, dalle ossa forti, le mani grandi, lei
che vaga per la cucina accavallando le cose da fare.
Gli occhi chiari da
bionda che rimbalzano rapidi da una parte all'altra e che peccato che
nessuno dei tre figli abbia preso i suoi oci ciari da bionda
naturale.
Via è tempo. E' tempo di
lasciare il tempo che si è fermato. Anche se sono già a tavola le
due si alzano per seguirmi all'uscita. Mi assistono mentre lascio il
parcheggio sotto casa. E mi salutano dalla porta d'ingresso e dalla
finestra, con la mano.
Hanno lo stesso gesto,
quando salutano, la madre e la figlia.
Non lo avevo mai notato.