Autunno

Autunno
E' un tramonto italiano ma a me ricorda Ddorf.

24 settembre 2012

Logica ribelle...

Domenica porto la Ari a vedere Ribelle, The Brave.
Bello vero?
Bellissimo.
Hai visto che è tutto sul dialogo tra la bambina e la sua mamma?
Sì, e ho capito tutto.
..tutto cosa?
Cosa bisogna fare!
???
Se io presempio oggi voglio mangiare 14 merendine e lo voglio, lo voglio, lo voglio...ecco me le mangio anche se tu dici di no...costo quel che costo.

Domenica prossima NON la porto al cinema.

20 settembre 2012

Come sparare sulla croce rossa....

...parlare male degli ospedali italiani.
Con una postilla, però, doverosa per amor di verità.

Sabato Ari si è rotta malamente un braccino. Tra il gomito e la mano sembrava Lombard Street a San Francisco. Fortuna che l'ho visto, il braccino, in tutta la sua deformità solo in ospedale, quando le hanno tolto la felpa, che se no non so se sarei stata in grado di condurla fin là...Già lì per lì in pronto soccorso, mi sono dovuta appoggiare alla sedia e una sbrigativa infermiera: "Eh no cara signora, non cada mica giù che non è proprio il momento!"

Andiamo per gradi. La Ari cade dagli anelli al parco. Gli unici 5 minuti in tutta la mattina in cui le avevo ingiunto di lasciarmi in pace il tempo di inviare due sms. Già non stava bene... e quindi è caduta male. "Signora le si è fatta male la bambina!" Arriva un babbo, faccia di riprovazione che io ero girata di spalle rispetto al luogo del fattaccio e non avevo sentito le urla agghiaccianti della mia progenie...LE si è fatta male la bambina...fa il pari con espressioni come: “Dottore, non MI mangia niente”...Io resto un po' indecisa, Ari è abituata a cadere, ma lui mi sollecita a portarla in ospedale per le radiografie...Chiedo a Ari di muovere la manina. No, non la muove.


Via, all'ospedale. Chiedo agli astanti dove è: "Non lo sa? Ma è di Bergamo?" Sì, sapevo dove era l'ospedale, ma supponevo anche lo avessero trasferito come dicono da anni, almeno da quattro, quando siamo partiti per ddorf... Rinuncio alle spiegazioni, sono ancora fremente di irritazione con Ari che si è cacciata in questo guaio -ancora non so che il guaio è serio- così da vanificare ogni residua speranza di una bella passeggiata in collina.

La strattono malamente verso la macchina, da una tovaglia strappata ricavo una bandana per l'arto offeso. Lei piange, mi sembra più di rabbia che di dolore...

Arrivate nei pressi dell'ospedale chiedo a un posteggiatore se si può entrare in macchina al pronto soccorso: "No, solo per le urgenze, le conviene parcheggiare qui." Qui è a 400 metri minimo. Ari mi segue, poi rallenta, è pallida, mi scivola accanto. Che faccio? Sembro la Magnani nella Ciociara (o era la Loren?) Boh, comunque mi faccio pena da sola.

E come in un film degli anni '50 arrivano due prestanti carabinieri: "Signora, ha bisogno d'aiuto!", che frase da carabinieri...afferrano la settenne esangue e la portano al pronto soccorso.

In uno scantinato mal illuminato una cinquantina di disgraziati si volgono verso di noi, uno dei due carabinieri va a cercare un medico, aprendo tendoni verdognoli che separano la sala d'attesa con gli studi medici...evidentemente. "Ma che è 'sta favela?” Faccio in tempo a pensare...

Ecco, mi fa cenno di entrare in un pertugio scuro, sono nell'ufficio accettazione; meglio alle spalle dell'omino dell'ufficio accettazione e mi vergogno un po' quando questo molla il paziente regolarmente in coda “davanti” al vetro spesso dello sportello per svolgere le mie pratiche. Tra un fornello elettrico, uguale a quello che aveva la mia maestra!- e un ritratto di famiglia in cornice Ikea, appoggio la borsa e cerco come richiestomi, il codice fiscale e la TESSERA SANITARIA di Ari. Il primo celo, il due no e lo so benissimo che è restato in Germania, ma ravano nella borsa per un tempo bastevole a far sbottare l'omino: “Va bene così signora facciamo senza..."

Torno di là, nel sottoscala d'attesa, tuffo al cuore: non vedo mia figlia. Qualcuno mi afferra il braccio: "Di là, è stesa" Eccola, riversa su un paio di sedie mentre un ciccione enorme fasciato di giallo le fa aria con la Gazzetta dello Sport.

I carabinieri si sono dileguati, come i cavalieri dell'apocalisse. Compare invece un' infermiera che fa distendere Ari su un lettino."Grazie, le rivolgo, umile, e ora dove dobbiamo andare?", " Da nessuna parte!" E lancia il lettino contro un tendone, che si apre e si richiude davanti al mio sguardo atterrito. "Sdeng!", il letto deve aver finito la sua -breve, corsa.

Seguo lo sdeng, in un androne allestito a studio medico. Di quelli dove ti immagini che curino i mafiosi, o i mujaidin feriti, ricavati in luoghi insospettabili dall'esterno. Ari chiede da bere. Cerco un bicchiere, un contenitore...nulla di nulla. Cerco qualcuno. Siamo rimaste sole.

"Sono tutti dei cazzoni!" Un tipo segaligno, sguardo basso, interrompe la nostra dualitudine, si sbraca su una sedia e si rivolge al terminale. "Età!...cazz, lento 'sta merda di affare..." "Età! Ho chiesto!" Sbotta. "Scusi parla a me? La bimba ha sette anni". Grugnisce, compila e continua a smoccolare: "Neanche una infermiera, c'è neanche un'infermiera, fanc..."

Si alza, prende improvvisamente con le dita la spalla della Ari: "Ahi!" "Ahi qui? ...O qui?" "Più qui...no lì!" "Uhm...qui, invece?" Urlo disumano...A me si accappona la pelle. "Eh, che non la tocco più giù se no tira giù l'ospedale..." mi fa, come compiaciuto.

In quel momento afferra un involto sotto la scrivania, lo spallottola e si infila un camice che sembra uscito dal culo di una gallina.

Ecco, è l'ortopedico.

"Mamma ho sete!", "Scusi non potremmo avere dell'acqua", "No. Questa va in sala operatoria, niente acqua". E così scopro che mia figlia si deve operare... Il Dottor House degli ospedali riuniti di Bergamo si mette al telefono a reclamare un'infermiera.

La quale si palesa poco dopo: "Dove cacchio era?" "In bagno, il tempo di tirar giù l'acqua del water..."

"Venga qui..." - adesso è miss eleganza che chiama- "...le leviamo i vestiti." Sfiliamo la benda, poi la felpa e quando la felpa non c'è più vedo il braccino di Ari e... mi stringo forte alla sedia.


No, non svengo. Ma mi prendo un paio di minuti buoni...prima di seguire l'infermiera che inizia a spingere il lettino tra corridoi e rampe. Nelle corsie che attraversiamo a una velocità da freccia rossa ogni tanto qualcuno si affaccia: “Poverina, una bimba...” “Magari la devono amputare...”. Tiè!


Entriamo alla fine in una stanza con due letti, una famigliola -mamma papà bimba con braccino ingessato, nonna nonno- occupa quello accanto alla finestra.

Bimba a parte, ci guardano tutti in cagnesco. Wow!

Ari sta lanciando urla lancinanti, l'infermiera del reparto mi allunga una supposta ammiccando, come fosse uno spinello. Chiedo dell'acqua per umettarla, come faceva la mia mamma con me, che io alla Ari non l'ho mai fatta, una supposta. E l'infermiera, carina, bionda con il naso rifatto sembra la Giovanna Elmi dei tempi che furono, non ci crede. Riconfermo. “Neanche con la febbre?” “No.”

Alla fine, senza acqua che non serve, faccio il mio dovere di mamma, Ari mi porge le terga fiduciosa, povero angioletto, poi, dopo il fattaccio, mi guarda come il piccolo ebreo del ghetto di Varsavia con le braccia alzate della celebre foto. Come hai potuto? Occhi neri piantati nei miei. Dì, come hai potuto?

Vedi lei che brava bimba che ha preso la supposta?” Quella che parla, dal letto lato finestra, è la signora rivolgendosi alla figlia che, secondo me, sta appunto verificando quanto la sua ostinazione sia stata ben giustificata.

Inevitabili le presentazioni. La famiglia bivacca qui dalle 6 del mattino. Ora sono le 13. Devono rioperare la bimba di 5 anni, non si sono calcificate le ossa del braccio. Avevano l'appuntamento fissato, però ogni volta che tocca a loro ecco un paziente più urgente dal pronto soccorso. E loro sempre in attesa. La bimba non mangia da ieri sera e quel che è peggio, non beve da ieri sera.

Sete, acqua, voglio acqua!” Questa è la Ari, “Acqua anche io” pigola la cinquenne.

Anche noi passiamo prima della sua bimba, mi dice. Ah, ecco perché quando siamo entrati ci ha guardato come un cane le sue pulci.

Si sa chi c'è in sala operatoria adesso? Temporeggio... “Un uomo, un ragazzo. Incidente in motorino. Dei marocchini gli hanno tagliato la strada..” Sguardo di disappunto“...Là in sala di attesa ci sono i suoi parenti.”Allungo il collo per vederli...

Alle quattro arriva mia cognata. Grande! Chiedo all'infermiera -che si presenta dopo 10 minuti dalla chiamata, ma quando vado a cercarla in corsia la becco al computer che ride con un paio di colleghe- se mi conviene andare a casa e prendere il necessario per la notte...l'infermiera tentenna poi mi conferma di sì, l'intervento in corso è lungo e delicato. “Cosa serve?” Chiedo. Mi risponde con espressione infastidita. I ricambi con zip centrale per la bimba, copertina per me, che non è prevista nella fornitura, asciugamani per il bagno, la colazione...e via così. Alcune cose sono sì banali, altre meno. Perché semplicemente non scrivono tutto su un bel foglietto, poi via di fotocopie da distribuire, anziché stizzirsi? Vado, lascio la cognata straziarsi agli ululati di dolore di Ari. Prima però chiediamo un'ulteriore dose di antidolorifico. Per calmare la sete concedono poche gocce  di acqua dalla spremitura di un fazzoletto di carta...

Esco dall'ospedale che mi sembra di uscire dal lager. Anche se solo la presenza di qualcuno che condivide il mio stesso sconcerto, ha alleggerito l'umore. Al parcheggio approfitto di questa ventata di allegria per rampognare il parcheggiatore. Al pronto soccorso si entra sì in macchina. “Sì però poi non c'è il parcheggio...” Uf, non ho voglia di litigare...

Ritorno che la situazione in stanza è quasi immutata, a parte che i vicini si sono replicati e ora raggiungiamo un numero da colonia estiva. Un ipad troneggia sulla sedia, con la Pimpa a tutto volume, la cinquenne manco la guarda, la Ari invece se la sugge che è un piacere. A lei la Pimpa è sempre piaciuta. Forse le piacerebbe ancora, ma a sette anni è poco trendy.

Neanche la stanza con il televisore vi hanno dato!” la nonna, che poi è la suocera, aizza la nuora che gira per stanza sibilando come una tigre in gabbia.

Ari, doppata di paracetamolo e rinciuchita dalla Pimpa, finalmente si è assopita. Mostro l'arto mostro alla parente e quasi sviene pure lei.

Dalla sala operatoria nessuna nuova.

I parenti in attesa sono solo più numerosi. E più silenziosi di stamane.

Alle sette di sera la colonia se ne va, la stanza si svuota, la piccola oggi non verrà operata.

Ari invece sì, infatti non le servono da mangiare. Penso che sono 3 giorni che è a dieta di magro per via di una indigestione. Non stupisce che appena si sveglia chieda cibo.

Sono le 8, quando irrompe un'allampanata figura verdevestita con cuffia e mascherina. Ha gli occhi gonfi e cerchiati da opossum, macchie di rimmel nero la identificano come appartenente al genere femminile. Si accascia letteralmente sulla sedia invasa da peluches (foche, per l'operazione la Ari ha chiesto le sue due foche) e abbassa di sguincio la mascherina per chiedere informazioni sulla bimba. Voce flebile. Inquietanti macchie scure sul camice.

E questa ubriaca di sonno deve operare mia figlia? Qualcosa nel mio sguardo e in quello della mia solidale deve essere stato raccolto se ci tranquillizza: “Qui prendo solo le informazioni per l'anestesia poi le passo al nuovo team”.

Ahh! Puro sollievo. Chiediamo dell'intervento precedente, durato più di sei ore. Sì, era un uomo. 54 anni, tre figli. E' stato amputato ad una gamba. No, non era in motorino. E neppure in autostrada. Sì, alla fine l'hanno salvato, l'abbiamo salvato. Ci complimentiamo. Quella è così stanca che sta scoppiando a piangere. Azz, sembra davvero una puntata del Dottor House, che poi nemmeno mi piace.

Frigna tu che frigna io, quasi ci dimentichiamo di preparare la degente. Le sistemiamo il cappellino operatorio, che terremo come cottillon, e l'accompagniamo fino alla porta scorrevole, la salutiamo, lacrimuccia. Mentre ce ne andiamo in sala d'attesa, ecco il team che arriva. In mezzo il chirurgo, tutto di fretta...sguardo basso...oh no. Oh sì! Lui, ancora lui: l'ortopedico pazzo di stamani.

Salve è sua la bambina, vero?” Che intuito, il rude: “Senta la botta è brutta, cerchiamo di assemblare la frattura senza aprirla...se invece si deve aprire...eh, non le dico niente che vedremo poi.”

Lo stile asciutto è lo stesso, ma nessuna parolaccia. Confronto ad oggi sembra sia stato a un corso di savoir faire a Eton. Mi ha perfino degnato di uno sguardo. E ha gli occhi azzurri! Proprio come quelli del Dottor House.


Postilla, doverosa postilla. L'Ospedale Riuniti di Bergamo sta traslocando da una vetusta, fatiscente sede ottocentesca a una megasupergiga sede moderna e funzionale. Non sappiamo se i luoghi acconci acconceranno anche il personale medico e paramedico. Ne ha tanto bisogno!

La mia ultima recente esperienza di ospedali in Italia, per la mia mamma, è stata altrettanto incredibile. Però à revers. Reparti nuovissimi, pulitissimi. Infermieri, caposala e medici gentili preparati e incredibilmente umani. Non li dimenticherò mai.

14 settembre 2012

Le lingue non le conosco bene, ma le capisco...

Post fresco fresco, di stasera a cena. Come la frutta appena colta dall'albero, ha ancora tutte le vitamine.
Allora, parliamo con Ari di alcune intense espressioni tedesche, come "Quatsch", stupidate, "Doch", al contrario...e Ari esordisce con l'affermazione all'oggetto:
"Ehi, mi pare pretenziosa, dico..."

E lei: "Non pretendo niente -che sembra Scout, la protagonista di "Il buio oltre la siepe"...
"E' che, vedi mamma, io le lingue non le so tutte bene, come il tedesco o l'italiano.." -eh, la candida arroganza della gioventù- "...ma le capisco!"
"?" -che sta per sguardo interrogativo, il mio.
"Ti spiego. Per esempio l'inglese è involante, tutto I am, you love...il tedesco inveceee.. ruvido. Sì, ruvido!"
"Ti spiace se lo scrivo?"
"No, è il tuo mestiere..."
Dice, con nonchalance ("Ma pensa, penso, mia figlia sa che scrivo per guadag...cioè per lavor...coiè per raggranellare quattro palanche...")

"E l'italiano?" Chiedo.
"L'Italiano morbido... No. piatto. No, meglio piano. Scrivi: piano."
"...lo Spagnolo?".
 "Lo Spagnolo è Staffico.
"Come?..."
"Staffico, c'è sempre la "s", come il serpente. E' la stessa cosa."

Eh sì. Conoscere le lingue è capirle. Capire le lingue, non sempre è conoscerle.

12 settembre 2012

Questa sono io...

...E ora come allora non so bene dove andare. Sotto la tenda, per nascondermi dalla pittrice e dai miei no, che nessuno, stavolta, mi verrebbe a cercare. Ne sono sicura (qualche sicurezza in più, dai tempi di questo ritratto l'ho acquisita).

Allora, ancora, si facevano i ritratti di posa, io ero timida, mi ricordo bene che cercavo di nascondermi anche se la signora  pittrice  sembrava una tipa a posto, gentile, composta, bionda e anziana. Me la ricordo così, un ricordo insieme confuso e preciso come i ricordi d'infanzia, come i sogni...sbucai dalla tenda del salotto e lei disse, rivolgendosi ai miei: "Sta bene con la tenda sulla testa, la dipingo come fosse un copricapo esotico..." O giù di lì... Così fece, e fece bene che io non ne potevo più. Poi non so che questo è uno di quegli oggetti che sai che c'è, ma non te ne curi mai. Però adesso, mio padre mi ha chiesto di prenderlo. E io non l'ho, ancora, preso, che mi sembra che questo ritratto e il luogo che lo ha ospitato per più di 40 anni siano una cosa sola. Adesso va così. E lui, il ritratto di quella bambina timida e chiarocrinuta, è ancora qui:, in compagnia di poche suppellettili, polvere e silenzio:





10 settembre 2012

Vista da un bicchiere di vino (mezzo vuoto e mezzo pieno...)

 Campo ligure.

Bar Alba, Ponente Ligure.

Ps: quest'anno in ogni bar, ristorante dove sono andata con Ari abbiamo speso sempre 25.00euro in due. Con fattura, senza fattura -sempre richiesta, ecchec...le tasse sono inique ma almeno le paghiamo iniquamente in due- con sconto mica sconto...però 25 e fissa lì. Che sia il nuovo prezzo politico dei tempi di crisi?

8 settembre 2012

Un'estate al mare...

Ecco la spiaggia che si chiama(va) west point. Di cui si è già scritto. Con la crisi di spiagge di sabbia che c'è in Liguria, ci si aspetterebbe una tutela accorta...invece no. Negli anni è stata adibita a discarica del materiale di risulta proveniente dai lavori della ferrovia; cantiere per la costruzione del porto turistico, attualmente bloccato; alfin verrà rasa al suolo da una megadiscoteca sul mare, così dicono quest'anno, gestita da russi facoltosi...

Intanto, tra palme bruciate e sentieri tra transenne divelte, noi siamo tornate a west point e al suo fascino da Scampia on the beach. Nota di costume: i tedeschi ne vanno pazzi.


L'accogliente cartello di benvenuto, con quel tocco di combusto in stile locale... 


Il tavolo, capiente, ricavato dal materiale a km0, della spiaggia.


 Sabbia, finalmente sabbia fine per i piedi martoriati dai ciottoli liguri...


Chiare fresche dolci acque...alla spiaggia c'è pure una fonte, che un ammirevole ingegno ha provveduto a rendere fruibile. Flaconi ecochic a disposizione dei bagnanti, sempre a provenienza km 0


Dotte conversazioni a "puccio" nel mare...




6 settembre 2012

Grazie a voi, ci siamo noi.

Questo post è dedicato a quelle donne che, grazie alle loro storture emotive diventano super-mamme. Cioè: tendono a fare figli e a farne tanti.

Perché diciamolo subito: se sei una normodotata emotiva nella vita al massimo ne reggi uno, di figlio. Due se la fortuna ti ha arriso e hai un compagno supportivo e sveglio e  buonlavoromunito e tu, al contrario, hai un lavoricchio così così che a lasciarlo per qualche anno non ti strappi le vesti.

In -quasi- tutti i casi contrari, via, francamente la vita in famiglia e per la famiglia è una vita da border line.
Invece, per fortuna nostra -se no molti di noi non sarebbero qua a parlarne, il mondo è pieno di persone alla ricerca di una compensazione, una consolazione, una missione. Qualcosa di così necessitante da non lasciare spazio ad ansie e angosce. E che c'è di più necessitante di un figlio? Due figli, tre figli. Meglio: quattro.

Sul red carpet del sacrificio muliebre una vera star è: la sciroccata.

La sciroccata è sempre volta all'interpretazione aperta e positiva. Cangiante come il colore del mare, trova comunque giustificazione per ogni tipo di comportamento in ogni tipo di situazione. Comportamento suo, dei figli, dell'uomo con cui li fa. Il quale, è un esempio, se ne va con una, ma poi torna, e la sciroccata lascia la porta aperta, poi se ne va di nuovo e trova un'altra e lei diventa amica della coppia, poi lui ha un altro figlio, da un'altra però, e lei l'accetta che occorre evitare di creare ulteriori conflittualità ai ragazzi, poi è lei che incappa in un nuovo compagno e come privarlo della gioia di essere padre ci fa subito un altro figlio e...via così. Le sciroccate se la raccontano sempre. Pure bene, un giusto mix tra approccio sorprendente e ingenuità. Sono le Marilyn Monroe del panorama "donne sull'orlo di un esaurimento di nervi".
Dio, un po' irritano per la loro assenza direzionale, poi ti chiedi se non hanno ragione quando affermano: "Ma come puoi dirigere la vita che è tanto più grande e forte di noi..."

Aspetto fisico: da insignificanti a carine, tendenzialmente magre, cultura medio alta, grande compliance, ottime ascoltatrici, divoratrici di libri d'argomento psicologico.

Le oblate. Il nome l'ha suggerito un'amica a proposito di una nostra comune amica. Per oblazione si intende la rinuncia a sé per dedicare ogni energia a uno scopo altro.

 Le oblate si dedicano anima e corpo alla loro famiglia. Si riconoscono fisicamente per il loro aspetto vistosamente rinunciato. O sono eccessivamente magre o eccessivamente grasse. Niente smalto, poco trucco, tacchi niet!, vestito sciatto...e difficilmente cambiano look. A vederle ti aspetti come minimo una certa sciatteria anche nel resto delle loro vite e che so, compagni psicotici, brutti, case raccogliticce. Invece no, affatto. E il contrasto è proprio qui. Le loro case sono curate, sprizzano gusto e creatività. Le oblate dedicano tempo e attenzione maniacali alla scelta di tutto ciò che riguarda i figli, la famiglia.

Se avevano un' attività professionale, l'hanno interrotta, ma sono colte...preparate. Le oblate sono cattoliche, naturalmente, ma anche no. Che la categoria è trasversale. Interessanti i loro mariti...Più gradevoli, anche esteticamente, delle mogli a conoscerli viene spontaneo chiederti: "Ma come ha fatto a finire con questa qua..."
La risposta è lì che ci guarda: tutta la dedizione femminile al loro servizio, e senza nessun rischio di sciopero!
Va detto che le oblate passano dall'essere cortesissime ad attacchi di aggressività verbale. Sclerano, magari per un nonnulla, poi si chetano, muovendosi con fare intimidito come i pappagalli sul trespolo. Che tutta 'sta dedizione un po' costa...

La terza categoria è rappresentata dalle stercorare.

Queste mangiano merda dalla mattina alla sera. E il bello è che non se ne accorgono. Ad essere giusti, tutti, o almeno tutte, in una situazione di coppia con figli qualche palata di cacca ce la ingoiamo. Non c'è verso. Ma il mondo si divide in due: chi capisce la differenza con il cioccolato e chi no. Le stercorare no. Non la capiscono. Vengono strattonate dai loro mariti e dai figli e loro niente. Lì. Ferme. Incuranti. A continuare a stirar camicie e spignattar brasati, prendere a scuola i bambini...
Le stercorare non hanno entusiasmi, passioni, vivacità. Stanno, incolori. In genere non è facile costruirci dei rapporti amicali che...non gliene frega nulla, a meno che non stiano cercando un uomo. Con la loro capacità di farsi martoriare, a fronte di una buona dose di dedizione e la totale assenza di atteggiamento critico, spesso hanno fortuna. Sono compagne buone a tutto.

Le donne delle tre categorie hanno una caratteristica in comune: si accontentano. La sciroccata se la racconta, l'oblata sublima, la stercorara ingolla...

A dimostrazione che la vita non sempre è nelle mani di ambiziosi incontentabili.



5 settembre 2012

Mi vogliono tutta ciccia e brufoli...


Che fare quando al ristorante ti propongono una focaccia ligure alla Nutella come dolce della casa? Si assaggia. Si guaisce dal piacere e...s'ingrassa.



2 settembre 2012

Una prorompente, nuova femminilità.

Quello è l'incoraggiante sottotitolo di un libro. Il titolo è: "Menopausa Naturalmente". Autrice Ulrike Raiser. Chissà perché 'ste cose le scrivono, quasi sempre, le tedesche. Allora, la premessa dell'opuscolo è: donne mature, con la menopausa vivete un cambiamento, non una perdita. Dovete solo trovare un modo nuovo di "veicolare l'energia incontenibile che sussurra dentro noi".
E noi pronte!

A maggior sostegno della gagliarda tesi, si sciorinano citazioni storiche. Che seguono sempre lo stesso schema. Una rusatina veloce nei miti nel mondo Maya, Incas, Apache...una qualunque di quelle civiltà millenarie, gloriose e...ormai spacciate. Poi: ta tam! Parallelismo con il mito greco, che il repêchage nei miti greci è un grande classico. Ed ecco che a rappresentare la terza faccia della femminilità, dopo Demetra, la madre e Persefone, la giovinetta, c'è Ecate. Che non ricordo bene, ma secondo me era vecchia, cozza e portava sfiga. Qui, Ulrike ce la indora così: "..dopo la luminosità accecante del mattino, Persefone, e il calore divampante del meriggio, Demetra, l'imbrunire placa le passioni e l'irruenza, che lasciano il posto a un fresco sollievo e ad una serena notte illuminata dalla luna...Ecate."
Bene. Con una premessa così ben congegnata ci ringalluzzaimo un poco e ci accingiamo a leggere il resto. Dal momento che tutto è normale e sereno e saggio: "la prima cosa da fare è non angosciarci".
E chi s'angoscia, se non m'angosci tu....
"...In fondo si tratta di un passaggio che la Natura ha predisposto per il nostro corpo..."
See, bona quella, la Natura dico. Con tutte le sole che tira...
"Più temete la menopausa e più ingigantite nella vostra mente i cambiamenti che avverranno..."
Uhm e doppio uhm...
"...Ripensate ai figli, se tutte noi avessimo dato retta ai racconti mostruosi del parto, probabilmente nessuna di noi sarebbe mamma!"
Epperò poi l'abbiamo capito che i racconti mostruosi nascono perchè il parto è un dolore mostruoso! Uhm, doppio uhm e triplo uhm con triplo avvitamento carpiato.
"..In alcune tribù africane e in alcune zone indiane e arabe la menopausa permette alla donna, che viene considerata più pura perchè libera dal ciclo mestruale, di avere più prestigio sociale e di partecipare ai riti propiziatori.."

Ecco. Ci sarebbe a questo punto da scaraventare il libro nel caminetto. Anzi nei flutti, che siamo al mare. Sì perché chissene se nel Burundi occidentale, o nella Micronesia, o nella Kamchakta le donne Inuit hanno fatto pace con la menopausa!

Se non fosse che con questi riferimenti antropologici bislacchi ci tediano a noi donne occidentali fin dai tempi delle gravidanze. Per ogni fase della femminilità, la pubertà, la gravidanza, il parto, e persino per le coliche dei bambini c'è sempre un manipolo di ricercatrici, pronte a scovare qualche tribù Mursi, Samburu, Pigmea...dove, incredibilmente, le donne partoriscono in poche ore, inneggiando canti gregoriani, subito pronte dopo la recisione coi denti del cordone ombelicale, a dissodare i campi per piantare radici; i loro bimbi NON piangono e NON soffrono le coliche dei tre mesi (l'unica malattia infantile che i piccoli Mursi, Samburu, Pigmei non patiscono)... e adesso salta pure fuori che dopo una vita al top, con la menopausa si apre loro una carriera brillante come assistenti ai riti propiziatori. Fortunelle...

Loro. Noi invece qui a sgobbare e in quanto "donne affermate nel mondo del lavoro, più cariche di responsabilità e dello stress che ne consegue..." soffriamo di più i naturali cambiamenti del nostro corpo. Oltre al danno, anche le beffe.

L'opuscoletto comincia ad irritarmi assai che io veggo una velata presa per i fondelli: se patisci la menopausa, visto che è una fase naturale ed è dimostrato che ci sono donne al mondo che non la mettono giù così dura, la colpa è un po' tua...

L'amena lettura prosegue con l'elencazione dei "disturbi" e dei rimedi fitoterapici atti a contrastarli. I "disturbi"...più che disturbi patologie belle e buone. Leggi qui:
"Vampate, insonnia, obesità, cistite, vaginite atrofica e sintomi urinari, sbalzi d'umore, depressione, distrazione, osteoporosi, malattie articolari degenerative, ipertensione, malattie cardiovascolari e cancro al seno..." Tanto per chiudere in bellezza.

PS: Comunque visto che in menopausa non ci sono ancora e non mi voglio angosciare, che poi quando arriva bastona ancora più duramente, ripongo il libretto sullo scaffale più alto della casa. E lì lo mollo, in funzione apotropaica, come farebbe appunto una donna Mursi, Samburu, Inuit, Pigmea.




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