"Ah bene, siete già aperti, che
fortuna!” “Una fortuna che si ripete da 32 anni. Il bar apre
sempre alle 5.20”. Mi rispone la barista. E non fa un plissè.
Sono le 5.40, sto per rientrare a casa,
ho voglia di un cappuccio, ma intorno a me, da un lato e dall'altro
della strada, solo serrande chiuse e qualche passante infreddolito in
questo maggio pazzo. Pazzo...Pazzo come quasi tutti i maggio della
mia vita. L'unica differenza con quasi tutti i novembre della mia
vita, a maggio è la vegetazione verdeggiante e la durata delle
giornate. Ma poi...freddo e pioggia, pioggia e freddo e mia madre che
si lamenta che deve “tirar fuori” i piumoni dell'inverno messi
via con il cambio di stagione. Mia madre. Già. E' per lei che sono
qui. A quest'ora, per strada. Torno dall'ospedale dove è ricoverata
da ieri. E scopro, in questo modo, che la caffetteria dell'angolo è
già aperta, a quest'ora. Da 32 anni.
I due coniugi che la conducono sembrano capitani di un transatlantico. Si muovono sincronici, sicuri, pigiano tasti, azionano manopole. Lui piega meticolosamente i giornali prendendoli da una pila infinita. Uno per uno come fossero camice da stirare. Terminata una serie di cinque, la appoggia in bella mostra su uno scaffale che, s'intuisce, pensato appositamente per lo scopo. Non so quanti compratori, sospettino la cura cui è stato sottoposto il loro plico. Lei è ai comandi in plancia, dietro il bancone, aziona la macchina del caffè, sbuffo di vapore, inserimento del bricco, colmatura a livello, versa il latte nella tazza fino a un dato punto e ad una certa angolazione, poi un gesto rapido del polso solleva il coperchio del bricco tac! e candida schiuma riempie la tazza fino a sbordare...guardo incantata ogni fase della procedura.
E' un giorno strano, mi sembra che il tempo non passi mai. Accanto a me altri avventori, silenziosi afferrano il giornale, che “lui” allunga; si dispiegano al bancone, “lei” dispone le ordinazioni, sempre le stesse, immagino. Non sento richieste verbali. Forse chissà, per qualcuno è esattamente così ogni mattina, da 32 anni. Guardo l'orologio. Sono le 5.43. Rientro dall'ospedale dove mia mamma è ricoverata. Infarto. E il tempo pare bloccato.
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