Autunno

Autunno
E' un tramonto italiano ma a me ricorda Ddorf.

12 settembre 2011

Cera una volta il West. Point.

Vacanze da post trasloco. In Liguria. Pure di Ponente, il versante decadente. In un paese dal nome che insospettisce anche i meno scaramantici: Ospedaletti. Un’occhiata alla passeggiata: tanti vecchietti che parlano fitti fitti dei loro acciacchi, consultano con occhio rapace le Inci delle scatole medicinali, da un cortile ai balconi rimbalzano urla come: “L’hai digerito allora il Piruxan oggi?” “Sì, meglio di ieri ma ho ancora delle scariche!” (…Tutto in buon italiano che questa è una enclave di medio ricchi torinesi e milanesi). Un ambiente frizzante come un bicchiere di citrosodina. O Magnesia 2000, se siamo in vena di “movida” spasmica.
Ospedaletti deriva il nome da ‘Spitale, roba da cavalieri templari che quivi trovarono rifugio dopo un naufragio…In nomina sunt numina! Calamita per nugoli di vegliardi ammaccatelli, anche oggi a Ospedaletti tutto naufraga. I marciapiedi si stringono e spariscono, i cordoli sembrano messi giù da un muratore cieco, le scalette per il mare sono sbilenche e, la sera, pure male iluminate. Le migliaia di case e di condomini sono sparacchiati sulla collina in disordine sparso, l’unica ordinanza in materia paesistica da rispettare, evidentemente, il numero minimo di tendoni parasole per condominio:150
Si contendono la preziosa striscia litoranea di ciottoli neri e sodi, una decina di stabilimenti dai nomi incoraggianti come “Sirena, La scogliera, Mirage, la Playa, Regina, I versiliani… A parte nella creatività del naming i nostri si contendonio i favori dell’esigente clientela a colpi di design: serramenti in alluminio, passerelle in pvc, tappeti d’erba finta, piscine tinozze dall’acqua verdastra, barche trasfomate in aiuole (colpo di genio dei bagni Sirena, il rubinetto lavapiedi sbuca da un muro di ceramica nera, che quando appoggi la mano per sorreggerti ti ustioni).


Luogo simbolo di questo paese dai destini sopiti fin dalle origini, l’ultimo angolo di promontorio prima di Bordighera, chiamato West Point. Doveva diventare una ombrosa passeggiata a mare con parchi giochi e aeree pic-nic. Per anni solo un paio di tamerici smunte hanno concretizzato la promessa. Tre anni fa tutto un fermento per la ciclabile che ripercorre il vecchio tracciato ferroviaria. Risultato? Treno e bici si fermano, ancora, a Sanremo. L’anno scorso l’idea faraonica: a West Point nascerà il nuovo porto turistico. Sbancamenti, le tamerici polverizzate, una lunga cicatrice di cemento bianco nel mare…E poi…Poi boh!
Ora tutto tace, cantiere chiuso, solo cancelli e catene e chiavistelli e cartelli minatori di vietato l’ingresso. Nel mare, intorno alla cicatrice, le scie biancastre delle polveri di cememto si allungano nell’acqua salsa.


Oggi West point è un’esperienza di balneazione pop trash. Lasci la macchina in pericoloso –per la tua macchina e per le auto in transito- parcheggio sull’Aurelia, attaversi la carreggiata schivando rombanti camion sperando che non ti scivoli una pinna o si rompa una infradito: accidenti, questi, quasi certamente fatali. Ti infili in una scaletta a metrica 1-0-1 cioè un gradino sì e l’altro no. Il sentiero da dissesto orografico prosegue fino alla massicciata della ferrovia, dove ti aspetta un buco urfido trasudante urina, lo passi e spunti in un canneto impoverato, reso mosso da colorati inclusi industriali come fustini, sacchi di cemento rappresi, e consolanti rimasugli di picnic domenicali…su tutto, umide farfalle bianche: candidi kleenex dall’indubitabile flavour. Oltre, la spiaggia. Una sessantina di metri quadri di sabbia che basta a scatenare l’entusismo dei bambini, dai piedini provati dal ciottolo ligure. La doccia è fornita direttamente da un rigagnolo naturale. Qualche volenteroso ne ha incanalato gli umidi umori in un tubo di plastica nero, arditi architetti hanno trasformato flessibili canne in piloni per sostenere il tubo. Una mano gentile ha provvisto la SPA di un paio di flaconi vuoti, Vernel rosa per le signore, Dixan blu per i signori, al fine di favorire le abluzioni. Dai rimasugli carbonizzati degli alberi e da un paio di tavole smontate dalle recinzioni del cantiere del molo, si è ricavato un tavolino, pure angolare per ospitare le famiglie numerose. Insomma, un piccolo paradiso di creatività povera e spontanea.
Peccato che non siamo in Guatemala. Ma in Italia, pure in un comune del nord e, grazie all’Ici sulle seconde case, pure ricco. 

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