Autunno

Autunno
E' un tramonto italiano ma a me ricorda Ddorf.

4 ottobre 2012

Si fa presto a dire andiamo all'estero...



Poi però pochi, meglio poche che di donne si parla, si rendono conto di cosa vuole dire internazionalizzare la famiglia.

Madre di tutte le rinunce: il lavoro. Si intende, ovvio, il lavoro femminile. Che se ti identifichi con la professione, magari da quando hai 20 anni, non è rinuncia da poco (anche considerando il tamponamento economico derivante dal buon impiego del coniuge).


E la rinuncia è sine dia. Nel momento in cui ti delocalizzi infatti, per usare un eufemismo da comunicazione industriale, non puoi più contare sul cordone supportivo della tua famiglia e limitrofi. Il che, come conseguenza grave ha che le tue prospettive lavorative a breve (1 anno) e a medio termine (3/5anni) decadono.

Non solo perché, tecnicamente, le tue credenziali professionali spesso non funzionano all'estero: il trasloco, l'inserimento dei virgulti all'asilo nido o a scuola, la difficoltà della lingua e di adattamento ad un environment straniero, l'organizzazione familiare, la creazione di un net relazionale e assistenziale...sono tutte cosucce che richiedono tempo e dedizione massimi.

Molti degli sforzi della mamma delocalizzata poi, sono dedicati a mantenere i contatti con il sistema familiare patrio, con la conseguenza che la vita di una donna italiana all'estero diventa -quasi- tutta casa, scuola dei figli e Ryanair. O casa, scuola e Lufthansa, a seconda degli aeroporti e dello stipendio del marito.
 

Altre pinzillacchere: con il venir meno di un supporto familiare, viene meno la vita mondana personale e di coppia, intendendo come tale anche una semplice incursione al cinema, o una passeggiatina in centro. Ogni volta che si mette il naso fuori casa occorre coinvolgere Tagesmutter, baby sitter, e gli orari di rientro vanno rispettati pedissequamente. Sono fattori estremamente limitanti delle rigeneranti uscite fuoriporta a due.

Al quadretto testé dipinto si può aggiungere qualcosa di più tetro. Se, dopo qualche anno di questo nuovo assetto, il coniuge per il quale, con il quale la brava donna ha rinunciato a tutto, si sgancia dal progetto familiare (del resto la leggera compagna con la quale si è condiviso il progetto di fuga può non avere più molto da spartire con la moglie depressa e lamentosa attuale) la stessa si ritrova:

a) senza rivendibilità professionale alcuna – a nessuna azienda interessi di più per la dimostrata capacità di dedizione alla famiglia, anzi papesatan papesatanaleppe!
b) in posizione di ricattabilità somma. I suoi figli ormai vivono all'estero e la reversibilità di rientro in patria è complicatissima. E comunque tutta sul suo groppone.

Per quanto possa sembrare antitetico rispetto alla premessa di modernità insita nella fuga all'estero, l'espatrio attuale ha più possibilità di successo, e meno rischi di frustrazioni, se la candidata:

1- è moglie che NON lavora e NON ha ambizioni professionali

2- è giovane. Inconsapevole. Poco colta (meglio le tre cose insieme)
3- è una di quelle donne che vive con gusto l'arricchimento, il godimento degli status symbol derivanti dal maggior benessere economico: macchina, casa, cane di razza...
4- non ha ambizioni di socialità, necessità di condivisioni di vedute, credo politico e/o sociale.
5- condivide l'impegno familiare con un marito RICONOSCENTE e CONSAPEVOLE (caso raro, ma non escludibile in via preventiva)

In tutti le altre specifiche: donne, preparate i fazzoletti e dotatevi di manuali in cui vi spiegano con parole suadenti che ogni motivo di sofferenza è virabile in opportunità di crescita interiore e di arricchimento cognitivo.

Sta a voi convincervi o meno e in caso negativo, tirare le opportune conseguenze. 

Nessun commento:

Posta un commento