Autunno

Autunno
E' un tramonto italiano ma a me ricorda Ddorf.

19 novembre 2012

Quando il nero non mi pesa...

Ci sono situazioni nelle quali pagare in nero mi sembra giusto come i furti di Robin Hood ai ricchi. Ieri  siamo salite al Monte Ubione, è Novembre le giornate sono brevi, ad Ari la macchina fa venire mal di testa... indi: gite a breve gittata.

Era da mo' che non andavo al Monte Ubione. Il sentiero attraversa un nido di cascinette basse, dove è attivo, solo la domenica, un servizio ristrorazione. "Ci fate un panino, quando scendiamo?" metto la testa in un antro scuro, sbuffi di fumo dal paiolo lo identificano come la cucina, "No, sciura panini non li facciamo. Ma alle 12.30 serviamo in tavola..." risponde una tipa, grembiale e sigaretta tra le labbra. Vada per il servizio in tavola. Saliamo, godiamo la vista notevole -le prime alture prealpine spaziano sugli Appennini e sulle Alpi- scendiamo e ci accodiamo agli avventori in attesa del pranzo.

Si danno tutti del "tu". A me invece mi chiamano "signora". Sono l'unica che parla l'italiano. Il dialetto lo so...ma ho un accento ridicolo agli orecchi di chi l'ha praticato fin da piccolo.
Quindi evito di parlarlo.

L'interno della baita è scuro, un grandissimo camino a cupola lo riscalda, sui tavoli raccogliticci tovaglie di carta, una boccia di vino rosso che tinge le labbra di porpora, la bottiglia di grappa. Arriva il pane, fresco, il vassoio di affettati misti, salame e pancetta. Poi pasta con la salsiccia, "Il maiale l'abbiamo ammazzato la settimana scorsa", ci racconta invogliante la padrona. Segue la polenta, quella bella soda che si usa qui, sul suo tagliere di legno,e, con la polenta, lo stracotto di manzo e le salsicce alla brace.

Tutto buono. Il vino ha il tannino giusto per assecondare la digestione. Arrivano i formaggi nella dose molecolare di 300grammi a fetta. Minimo. Ottimi.

Una sgranchita fuori, nuvole basse sulla pianura, il fumo dal comignolo si attorciglia nervoso come il filo di un gomitolo spinto da un gatto...

Un fischio cupo, sembra un corno inglese. Non è il corno inglese, è il richiamo del capo che ci richiama dentro. Ci assettiamo, ecco la ciambella con le noci ("L'è i mè de nus!"), il croccante. Ultime, non meno importanti,  i borole, le caldarroste. Caffè.

Sono passate ore, penso che ne abbiamo almeno un'altra di cammino per rientrare a casa, chiamo il capo per il conto. E' un omone tonico, immenso, sui 45 anni...non riesco nemmeno a circumnavigare con lo sguardo la circonferenza toracica.
Di mestiere fa il fabbro e con la moglie ogni domenica che Dio manda in terra viene "su" a gestire il rifugio e il bosco afferente.
Mi dice che è un uomo felice ma ha il dolore biblico, dice proprio così, in italiano, di non aver avuto figli...

Sarà la grappa, sarà il Novembre denso là fuori che ispira intime conversazioni, ci mettiamo a ciacolare. A un certo punto mi mostra pure delle foto, due bimbe cicce, scure e ricciolute sorridono all'obiettivo, sono le figlie della disgraziata del paese -e di nordafricani di passaggio che hanno fatto il servizio e via- che lui, il fabbro, ha mantenuto per anni...Poi lei, la disgraziata, ha cominciato a ricattarlo, i servizi sociali sono intervenuti, la donna è scappata che temeva di perdere le bimbe...l'omone adesso ha le lacrime agli occhi. Anch'io.

Intanto la gente si alza dai tavoli, ringrazia la cuoca, prima di uscire lascia i soldi sul tavolone centrale. Sono 15euro a testa per tutto. I bambini qui non pagano.

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