Trova inconcepibile che serbi oggetti
cotali. Io invece trovo inconcepibile il contrario. Ma non ha notato
che la scatola è originale degli anni '60, con gli stampati un poco
fuori registro, in helvetica spaziata come si usava in quegli anni?
Scritta: "Made in England". Mitica!
Conteneva un bambolina, regalo di
nostro zio giramondo, che ci portava spesso souvenir dal
sapore esotico. Noi li conservavamo con dedizione. Bastava la
definizione “è dello zio Piero” perchè l'oggetto acquisisse automaticamente una
sua personalità definita: era estero, inconsueto, snob. Trendy,
insomma...che fosse una collana, una bambolina, l'ennesimo gingillo per cucina (ricordo un affetta cipolle in vetro per evitare lacrime
per il quale mia madre nutriva una vera adorazione...)
La scatola finisce nel sacco dell'immondizia, soprattutto per dare soddisfazione a mia cognata. Salvi invece la libellula in bambù vietnamita; il suiseki casereccio, da baia dei gabbiani sul Gargano -per un anno ho dormito con 'sta pietra levigata tra le cosce perché si rivestisse della particolare patina sebacea del corpo, tipica dei suiseki- i disegni della ari; tutti i suoi inviti alle feste; la collezione di Sfera, rivista patinata degli anni '80, grande epoca delle riviste patinate; gli strofinacci con le donnine degli anni '60, corpicini stilizzati e i faccioni enormi e stirati e una serie di altro pattume per molti, piccoli dettagli ad alto valore significante per me.
Non so. A me sta mania del tossing up, space clearing per liberarsi del passato, vecchio, pesante, invasivo, mi mette in crisi, mi lacera. In linea teorica sono d'accordo. A parte per tutte le manfrine buddiste, anche solo per non doversi occupare di superflue carabattole (pulire, aggiustare, movimentare...). Ma ogni volta che butto via un oggetto è una lotta interiore, con punte forse sì, assurde.
Come quando buttai una segreteria
telefonica della Swatch, verde trasparente coi fili interni in
evidenza, rotta da mò. Porto in discarica, me ne vado, salto in
macchina e..poi mi è venuto in mente mia sorella e il suo moroso,
come si divertivano a cambiare il messaggino di saluto (era il vezzo
di allora, corrispondente mas o menos al profilo fb, diceva
molto di te, della tua creatività, della tua disinvoltura...ci si
chiamava a volte solo per ascoltare il messaggio) e poi penso al
telefono Swatch come ad un simbolo di grande design democratico ed
ecco che invece ora via!, giù, buttato solo per fare spazio al più
convenzionale made in China...e penso al destino delle cose e degli
uomini che le creano, al destino di tutto, di noi e che la
conservazione, in fondo, è una forma di ribellione al tutto passa,
un tentativo di trattenere un frammento di verità stabile in questo
correre prendere cambiare distruggere, non fa lo stesso anche l'arte,
non nasce dalla stessa pulsione a contrastare l'irrimediabile?...e
allora scendo dalla macchina, rientro in discarica, mi armo di
bastone e ravano nel container per ripescare la segreteria Swatch.
Che ora è ancora lì, da qualche parte, chissà dove.
Speriamo solo che mia cognata non la
trovi...
Sfera! me la ricordo...!!!
RispondiEliminaRicordi Sfera? O avevi un medico in famiglia o mi devi spiegare come te la procuravi. Trattavasi di edizione esclusiva per i medici da parte della Sigma Tau. Con le pagine di pubblicità dei medicinali, inguardabili, che si potevano strappare dal fascicolo! Che classe...
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