Autunno

Autunno
E' un tramonto italiano ma a me ricorda Ddorf.

22 gennaio 2012

Quelle scalette che tu mi fai far...

Sapete quei depliant da stampa  litografica, i rossi e i blu sparacchiati, i dettagli  delle foto fuori registro...ne ho scovato uno, qualche tempo fa, dedicato alle scalette di Bergamo, con descrizione degli itinerari. Che poi il testo era la parte vincente di questi pieghevoli. Tutto un fiorire di prose rotonde, citazioni dotte, inviti alla distensione e alla contemplazione delle meraviglie artistiche della nostra città....le cartine erano, erano...sono!, invece assolutamente approssimative, cara grazia che ci siano, e le indicazioni pratiche, assolutamente random.
Le Lonely Planet erano di là da venire.

Oggi ho preso la cinguetta, sfuggito il pranzo domenicale coi nonni, che poi, cara grazia numero due, bene che ne circolino ancora quattro, ma il dribbling si fa doppio...scarpe comode, borraccetta, mela e via! Con il nostro vetusto depliant sottobraccio su per le scalette di Bergamo.

Lasciata la macchina in zona piscine, che io ricordavo sempre sgombra, invece oggi  ci sono pure i parcheggiatori abusivi...non lasciando la mancia ho persino temuto ritorsioni...abbiamo iniziato con la scaletta delle More. Dove abitava il primo moroso di mia sorella. Sempre stata oculata nello sceglierli ben strutturati. Lungimirante!

Da lì, salendo, è sceso un mare di ricordi. Non so davvero quando è stata l'ultima volta in Città Alta per scalette (ce ne sono diverse, ma le più tipiche, che attraversano ville e orticelli e gradoni collinari offrendo viste "mozzafiato" sulla parte monumentale della città, "cartoline nelle cartolina", sono queste occidentali.)

Mò cerco le foto -i virgolettati sono tratti dal depliant, un mito dell'ispirazione turistica romantica...


Eccone una, di primavera...

E un'altra,tanto per ribadire.

Dopo le More: lo Scorlazzino e lo Scorlazzone, dai nomi tanto giocondi. In realtà -leggo- erano attrezzi da macellaio. Le scalette ai tempi miei erano passaggi angusti, i muri deformi accoglievano rovi e ortiche, d'inverno si scivolava sul ghiaccio, d'estate la fanghiglia scoraggiava romantiche passeggiate. Erano buie e prescelte dai "maniaci" per condividere con le ignare ragazzine la vista dei loro pregiati gioielli...Noi, ragazzine, le evitavamo, ma a volte ci arrischiavamo perché da lì "si faceva prima" ad arrivare a scuola.

Una volta "su" in San Vigilio, all'arrivo dello Scorlazzone, si può solo scendere al passeggio di Città Alta, che oggi era traboccante di gente. Avevo promesso ad Ari un gelato e così siamo entrate nella pasticceria dove andavo sempre. I ricordi sono diventati "papillari". Sapevo esattamente il sapore di quei panini con la crema di pollo, di quelle frittelline ripiene di crema, della crostata alla frutta...che lì la tagliano a fette molto oblique come per le potature o i gambi dei fiori recisi...l'effetto è spettacolare.
"Lì" è qui:

Il pomeriggio sportivo ha lasciato il posto a quello culturale, al Teatro sociale, che ricordavo in splendida decadenza. Invece è stato restituito alla città in una rinnovata aggraziata versione ottocentesca. Tutto giusto ma...come mi manca il vecchio teatro, l'odore di legno, le sue macchine, i palchi sfregiati da un antico incendio, il buio sinistro oltre il loggione...


...La rappresentazione era una versione di "La bella addormentata nel Bosco". Niente di più appropriato, per me, oggi.  

Nessun commento:

Posta un commento