Autunno

Autunno
E' un tramonto italiano ma a me ricorda Ddorf.

27 luglio 2012

Passatempi estivi.

La mia estate, quest'estate, è iniziata male. Prosegue in tono dimesso. Sono qui, infatti a destreggiarmi tra sistemazione di casa mia e svuotamento di casa dei miei, di mio padre cioè. Un'impresa che si configura fulminea come l'opera del Duomo.
Però pure in quest'estate dai toni smorzati, si intravede qualche sfaccettatura colorata. A voler ben guardare, neh?!

Ho salvato dalla trituratrice di cellulosa una serie di fascicoli datati 1961, sulla storia della medicina. Era un'edizione riservata ai medici, uno stratagemma per veicolare la pubblicità dei medicinali da parte delle case farmaceutiche.

Lo stile delle pubblicità è ancora attuale. Attuale per il comparto, s'intende. Pagine monocrome a tinte fluo; utilizzo dell'helvetica, il carattere tipografico, a piene mani; grande ricorso alla optical art per "riempire" la pagina e creare attenzione sul prodotto (tristi blister rettangolari posti al centro dei vortici dei simboli grafici)...Chissà chi ha creato il format delle pagine pubblicitarie dei presidi medici ospedalieri...

A volte, invece 40 e passa anni si sentono eccome, quando compaiono chicche come queste:


Quanti teneri coniglietti!


...Nei nostri laboratori solo cani beagle di razza, mica semplici bastardi!

 Per presentare la bontà comprovata del prodotto, frutto della vocazione scientifica dell'azienda, non si trovava niente di più convincente delle foto nei laboratori di sperimentazione, con le belle cavie animali in primo piano... più o meno bucherellate o intubate, collegate ai loro apparecchi di rilevamento, in compagnia di aggraziate signorine in camice e cuffietta...

E questo modo di farsi pubblicità, via, adesso sarebbe autolesionismo puro.

23 luglio 2012

"Sta tutto nello zaino..."

La vita, spesso, più spesso di quanto vorremmo, è un luogo comune. Tra questi, frusto e rifrusto, l'eterna querelle moglie e marito.
Premessa filosofica a parte, filosofica...aehm, questa querelle riguarda dettagli pratici e ha inizio un paio di mesi fa quando dissi al legittimo che per la solita vacanza al mare doveva prevedere una discesa anticipata oltr'alpi. Non me la sentivo di scarrozzare, da Bergamo, da sola, bimba, bagagli e "carrozza" a Capalbio. Dove ci rechiamo ormai da diversi annetti. Stessa spiaggia, stesso mare, stesso campeggio.

E qui ci sta l'inghippo che, appunto, preparare le carabattole necessarie per un campeggio stabile, caricarle, infilare bimba recalcitrante in macchina, sciropparsi le 7 ore -mai di meno- di trasferta nel periodo più caldo dell'anno e più trafficato, poi, scesa dalla macchina, montare la tenda, predisporre l'accampamento e, dulcis in fundo, espletare le pratiche di accettazione al campeggio...ecco. Da sola, non se ne parla proprio.
Il nostro accarezzava invece l'idea di un ricongiungimento familiare in loco, lui da Pisa con volo diretto da Dusseldorf.

Indi nicchia (ma quanto lontana è la vacanza al mare ad aprile?). Poi accampa accorciamenti inspiegabili delle ferie rispetto a quanto previsto (sempre così, sempre se ne accorge d'estate), infine lancia la sfida: "Andiamo in treno, io e la bimba e uno zaino e tu ci raggiungi."

Treno. Zaino. Apperò.

L'arditezza della proposta sul momento mi zittisce.
Ma non mi convince. Non può convincere dopo 4 edizioni di vacanze pregresse, un "elenco del necessario per il campeggio" rivisto e migliorato ogni anno lungo come una geremiade e, ben impressa nella memoria, l'immagine della nostra macchina piena fino all'esplosione. Ogni santo anno da quando andiamo a Capalbio.

Allora per due lunghi mesi è tutta una scaramuccia. Io: "Hai già visto le coincidenze del treno?", "Hai fatto uno spulcio delle cose strettamente necessarie?" Segue grugnito -suo. Risposta che vuole dire grossomodo: "No ma non ce n'è bisogno che sono capperi miei e te l'ho detto che ci penso io".

Io resisto stoicamente a NON prendere accordi con il campeggio, a NON guardare le coincidenze ferroviarie e abbozzare un piano operativo, a NON selezionare IO il necessario e predisporre eventualmente un riarrangiamento leggero dell'equipaggiamento e, soprattutto, a NON dire alla bimba che, purtroppo, è figlia di un minus abens e che una laurea in ingegneria è ai fini di una vita che si deve confrontare con lo strippamento concreto, vera e propria carta straccia!
Giurin giuretta che non gliel'ho detto.

Come è andata a finire:
Il nostro chiama giovedì mattina scorso e chiede, smarrito: "Senti, dicevi che forse poteva prestarci la macchina tuo papà che ho visto i treni, sono un po' un problema." La macchina, ça va sans dire, c'è, è pronta e pure revisionata che non è per il grande, ma lì dentro ci deve viaggiare anche "l'estremo unico fior della mia inutil vita".

Il giorno dopo, venerdì, si presenta al cospetto del plotone d'esecuzione -io e la Ari- fresco come acqua di torrente e sorridente come lo stregatto. Alle 10.30 si fa un bel caffè, si stravacca sul divano e afferra il libro che sto giusto leggendo io in questi giorni. Il tempo passa...io recito tra me e me nangorenghechio.nangorenghechio e medito di sparire fino all'avvenuta partenza dei due per non logorarmi i nervi. Ore 12.30, si alza di scatto: "Stasera andiamo dai miei a mangiare?". "Benvolentieri. Guarda che domani vi conviene partire prestino che lo sai che ad Ari viene mal di testa." Leggendo così non si capisce, ma sto sibilando.

Via, si scuote come a farmi una gentile concessione e va, finalmente, in garage a preparare la roba. Armeggia per un paio d'ore. Ecco il sunto della raccolta. L'uomo del tutto in uno zaino:


 Il mucchio selvaggio rimane così in composizione sparsa sul pavimento, fino al rientro dalla cena parentale, ore 22.30. Io mi chiudo in camera con Ari che stanotte ha la concessione delle nanne nel lettone. Dalla porta si ode: "Scusa dov'è quel documento dell'assicurazione che ti ho dato il mese scorso?" "Non avevamo una lampada a Led?" "C'è un altro materassino autogonfiabile?"
Eh, no. Caro mio. Tutto il giorno in panciolle e ora, quando le oneste e laboriose formichine dormono, ti risvegli come una nottola per preparare il necessario e rompere i cabasisi. Eh, eh. Con che soddisfazione rispondo tranquilla: "Non lo so, domani se ho tempo le cerco io, potevi pensarci prima e chiedermelo oggi. Adesso scusa, (godo!) ho sonno. "

Sabato mattina alle 7 siamo in piedi. Io e la bimba. Lui tenta di resistere nelle coperte, poi messo alle strette, si alza, non fa colazione e carica tutto quello di cui sopra, compresi tinozza in materiale plastico semilucido, diametro 60cm, tre paia tre di scarponi da montagna ( durata del soggiorno a Capalbio: una settimana), materassino arcobaleno modello "cuore di panna per noi", orca gonfiabile gigante e l'abatjour della stanza degli ospiti (al posto della lampada a led), requisita giusto in tempo.

E la macchina, come sempre parte piena come un uovo. Perché poi, chi contribuisce a inzipparla fino all'inverosimile, causa capacità di programmazione a livello di paramecio, è proprio lui. L'ingegnere.

A me la consolazione dell'auto-riconoscimento di una discreta capacità valutativa. E, soprattutto, il piacere di sparlare del proprio marito, e a ragione!
Ah, piaceri dell'estate!
Summertime and the living 's easy...

18 luglio 2012

Milano.


La sosta a Milano non è cosa scontata. Uno, per la difficoltà a trovare parcheggio...e questo è scontato! Due per pagarla. Che devi dotarti di questo carnet, cercando un barino o un'edicola nei paraggi (e la domenica? la sera? Mah...). Altrove ci sono delle macchinette al lato delle aree parcheggiabili. A Milano no. Vai al bar e chiedi il carnet. Magari già che ci sei ti fai pure un caffè..
.Poi cominci con il gratta e vinci, occorre cancellare le voci pertinenti alla tua sosta. Attenzione, non sbagliare se no...multa! Almeno così afferma il mio barista che mi prende il foglino e provvede al suo corretto completamento.
Eh, sì. La vita è un terno al lotto, et similia, nella big apple italiana...



"Operativi al massimo!" Eh, che programma ambizioso?! fa tanto Milano, una certa Milano.




Chicca: museo galleria, appartamento di collezionisti donato al Comune. Carrà e Sironi e Fontana come se piovessero. Persino in bagno (foto 1)! Ingresso gratuito. Con audioguida umana, signora bene volontaria del TCI. Ah, sistemi d'allarme INESISTENTI! (no money left spiega la signora)
In caso di crisi, suggerimento per gli indigenti.

Tutto fa trend, a Milano. La polpetta, il gnocco fritto, la bruschetta...le pizzerie oramai sono templi ecochic.

Lo stress è forte, la crisi si fa sentire.
 Collezione privata di sostanze rilassanti...

E, ancora oggi mi chiedo come abbia potuto passarci 14 anni, pure dei miei anni migliori, a Milano.


Povere donne tedesche...

Questo è uno di quegli argomenti che tornano spesso, come i temporali d'estate, nei discorsi con amici tedeschi. Il quesito è: "Erano più sottoposte all'autorità maschile le donne tedesche o le donne italiane?"

Seguendo il sentire comune, le italiane. Lo abbiamo sempre pensato anche noi, italiane. Almeno per tutte le generazioni passate, che so, dai 55/65enni di oggi "in su".

Però ogni volta che ci si confronta nella res concreta sorgono seri dubbi. Esempio. Commento con il mio amico svizzero tedesco che non capisco perchè la nostra Putzfrau lavori per me e mia sorella visto che è ben più abbiente di noi. "Per avere soldi suoi e non chiederli al marito", azzarda lui. Io rido, chiede che c'è da ridere...E si stupisce vivamente quando gli rispondo che tradizionalmente in Italia sono le donne che gestiscono il patrimonio familiare e tengono i soldi. I mariti rendono conto delle spese, ma non viceversa...tradizionalmente, ma comunque è un modello assai diffuso anche oggi, almeno in queste lande.

Lo stupore è lo stesso quando ne parlo con i giovani tedeschi, tipo le due baby sitter di Ari che hanno entrambe poco più di 20 anni, che hanno sempre visto i genitori confrontarsi anche sugli acquisti più scemi e le loro mamme (dover) decidere tutto coi padri...

Figurati se per chiedere il permesso di uscire con gli amici, fare una festa, comprare un paio di scarpe, mettere lo smalto, tanto per fare degli esempi a caso, avrei dovuto tutte le volte chiedere il permesso a entrambi i miei genitori e/o per le stesse cose mia madre avesse dovuto confrontarsi con mio padre!
Due cabasisi...

Da qui magari si capisce:
1- perchè in Germania ci sono da sempre più separazionui che in Italia
2- perchè le donne, in Germania, hanno smesso di cucinare dalla generazione di mia madre in avanti come forma di protesta, anche nella valenza simbolica dell'erogazione del cibo.
3- perchè, sempre da quella generazione, hanno optato per pochi figli...

La vita in famiglia, tradizionalmente, per le povere tedesche doveva davvero essere insopportabile...



Quello che le mancherà dell'Italia...

Ieri è stato l'ultimo giorno con Lisa, la seconda baby sitter tedesca di Ari di quest'anno. Carina, simpatica, gentile con la bimba. Le ragazze tedesche, in Italia per l'Erasmus, si confermano un buon investimento.
A cena -l'abbiamo invitata a cena per salutarci acconciamente- in giardino, assaporando il venticello fresco che scivola dalla collina le ho chiesto cosa pensa le mancherà dell'Italia.
Le risposte:
Il tempo. "E' da Febbraio che c'è sempre il sole!..." (Uhm, mica vero però il sole è stato ottimo e abbondante)
Il cibo. "Il melone retato, il caffè shakerato..."
L'italiano. "E' come una carezza nell'aria.."
Io che vivo sola in un paese straniero.
(il virglolettato riporta le sue parole)
...
Come Mira non cita i ragazzi italiani tra le cose che le mancheranno. Chiedo se le sono piaciuti, come li ha trovati: "Narcisi, vanesi, poco interessati."
Eh. Lontani i tempi in cui furoreggiavano i bagnini romagnoli...

17 luglio 2012

Vero wurstel tedesco.

Sono rientrata la mattina presto, da Milano. Grazie ai miei ospiti, dalle abitudini alquanto mattiniere, sono in strada dalle 6.40. Una mattina splendida, oggi, ventilata, luminosa, e uomini abbronzati e donne snelle ne hanno approfittato per fare jogging con il cane. Non c'è  traffico, anche perchè è luglio. Le case, gli edifici, i palazzi, i cortili si disegnano netti contro un cielo di maiolica blu.

Ne approfitto per fermare la macchina, recarmi in un paio di posti dove ho abitato e prendere qualche foto. A Milano ho abitato in 9 appartamenti: via Aretusa, via Previati, via Veronese -zona Bande nere/Fiera. Via Vetere, via Gola, via Banfi -zona Porta Ticinese. In c.so Buenos Aires, via Piattoli - zona città studi/Lambrate. In viale Molise - zona Vittoria. Un bel Monopoli.

Ho deciso di fotografarle tutte, le case dove ho abitato a Milano. E, piano piano, giretto dopo giretto, la collezione si completa.
Dopo aver rinverdito ricordi e galleria fotografica, cerco il caffè pasticceria dove mi attardavo la mattina, quando vivevo da queste parti. "Bastianello" è sempre lì, anche non si chiama più così. L'ambiente anni '60 è lo stesso, il cappuccio da manuale, con la schiuma soda al punto giusto, il kranz meno fragrante che nei ricordi. L'attitudine al rilascio centellinato dello scontrino identico a come ricordavo...
Prima di me cinque o sei avventori, "famigli" evidentemente, e io sono il primo scontrino della giornata...quale onore.

Bevo, mangio, pago...e alle 7.15 ho finito quel che dovevo fare. Ah, compro pure il pane che per ragioni mai acclarate è spesso più buono che a Bergamo. Sarà l'ozono? Il particolato degli scarichi d'auto? L'unica spiegazione organolettica calzante è che l'acqua a Milano è migliore.Viene direttamente dalle Orobie, scavalcando noi, i legittimi proprietari. O almeno questo è quanto mi hanno sempre raccontato da bambina nelle saghe versus i "milanes borghes".

7.17 e la solida Mitzubishi color medusa velenosa di dirige verso il sole nascente, sempre più accecante lungo il nastro autostradale dell'A4 Milano Venezia. Alle 8.30 sono già dai suoceri, post caffè all'ennesimo barino, alle 9 ho già fatto la spesa per la serata, alle 10 perfetta dal meccanico per il tagliando annuale, alle 11 da Leroy Merlin per comprare numero 1 canna per innaffiare il giardino da 15mt, standard, e numero 2 ripiani 1mtx50cm, in laminato bianco, standard.

E da Leroy Merlin s'interrompe il ciclo virtuoso della mattinata...solo dopo due ore due riemergo con le tre carabbattole nel carrello, stravolta e delusa dall'iter d'acquisto, affamata come un lupo della steppa.
Sono nel parcheggio, davanti a me lo snodo della superstrada; 32°all'ombra, ma niente ombra. Però qualcosa arresta il mio girovagare, un profumino delizioso e ricco, che s'insimua tra la zaffa di plastica cotta che proviene dal tendone depandance dedicato ai mobili da giardino.

Scruto il panorama desolato alla ricerca della fonte dell'invitante aroma e finalmente la scorgo: un camioncino giallo, un po' oscillante. La scritta esterna recita: "Il vero wurstel tedesco". Accompagna il claim l'effige di un preparato da forno sventrato a metà nel senso della lunghezza con un insaccato color fegato epatico e, sopra, uno zig zag di senape nerastra, a guisa di pomata cicatrizzante.
Roba da far diventare vegani immediatamente.
Però quel profumino...Rompo gli indugi, mi avvicino; abbarbicati sui due tavolini in metallo tre o quattro avventori, paiono usciti da un remake in versione urban del film di Leone: "il Brutto, lo Storpio, il Cattivo"... Cicatrici, orecchini e tatuaggi come se piovesse,  e magliette aderenti senza maniche, che pensavo sparite inghiottite dall'oblio insieme ai ciabattoni di gomma con banda a ponte, blu...Invece toh, un'enclave di fossili viventi.

Il gestore della ristorazione volante non è da meno dei suoi avventori: alla maglietta, tatuaggi, orecchini, lunga cicatrice sul cranio aggiunge calzoncini in raso lucido rosso corallo (beh, almeno la nuance è in trend con quest'estate...) e cappellino da benzinaio color oro. "Signora cosa prendi, 5 euro panino e bibita...abbiamo panino con salame nostrano, con stracchino, con salamella..." Dall'accento s'intuisce la sua origine nord africana... "Io le consiglio la salamella, è buona, la prende al "piantù" di Grassobio..." Il robusto latore del consiglio deve equivocare il mio sguardo sorpreso se rincalza:"...Guardi che è vero, la paga 8 euro il chilo al posto dei 5 0 6 delle solite, commericiali..si fidi!".
Ordino la salamella.
Ha ragione il ciccio. Ottima!

Mi assetto, trovo persino il modo di ciacolare con i tre di " C'era una volta il West", meglio, il Nord West della Padania Centrale. Alla fine mi offrono pure il caffè...
Quando saldo mi rivolgo tranquilla al gestore: "Ma il wurstel tedesco? Che fine ha fatto?"
"Ah, quello? L'ho tenuto per un pò, poi non lo ordinava nessuno. Mantengo solo la pubblicità."

14 luglio 2012

Vaccanze a casa...

Il regalo di Natale ai nipoti per me è sempre una ragione di conflitto. Hanno tutto come -quasi- tutti i bambini di oggi, a parte un futuro certo, un'idea di progresso, la prospettiva di un lavoro sicuro, la garanzia di un welfare efficiente, la serenità di poter prima o poi dare vita a una famiglia...queste pinzillacchere a parte, si diceva, di cotillons e gingilli non sanno più che farsene.

Però al simbolo di un gesto d'affetto, il regalo da zia, mi è difficile rinunciare. A volte mi sovviene una buona idea. Ecco quella del Natale di quest'anno, che ha trovato sfogo/realizzazione due giorni fa...


Il regalo di Natale 2011 si componeva di 6 lattine di colore spry, appositamente scelte e comprate in un negozio specializzato...


Questo è il mio garage. E i giovani vandali iniziano il loro lavoro (notare le mascherine, che brava zia che sono...)


...oh yeah!


...Tocco finale....


...Cheese!

Ecco un regalo di Natale che diventa esperienza memorabile: inconsueto, collettivo, economico, up to date. Peccato che non sarebbe permesso maneggiare gli spry sotto i 18 anni. Ma via, quisquilie.


13 luglio 2012

Radio onda italia.

Ricevo e pubblico. Che un pò di progetto visionario, in questa epoca concreta, in questa -mia- età concreta, male non fa:

 Il manifesto di Radio Onda Italiana:

"È comunemente noto che l’UE nasce come un accordo tra stati sovrani determinati ad aprire le proprie frontiere allo scambio economico con il fine ultimo di realizzare un mercato unico con tanto di valuta, unica anche quella.
Sempre di più ci è stata fatta accettare una ragion d’essere dell’Unione Europea come sinonimo di economia e di libero mercato: non a caso molti europei hanno reso propria questa nozione. Si dimentica però che quando ci si riferisce agli scambi economici, si parla di grandi aziende, grandi investimenti, grandi spostamenti di capitale.

E i vantaggi del singolo individuo in questo scenario?

Sappiamo che i cittadini degli stati membri dell’Unione Europea (teoricamente) possono viaggiare, lavorare e risiedere liberamente all’interno dell’Unione stessa. Questa ‘Europa dei cittadini’ rappresenta uno degli aspetti più interessanti e per altro meno esplorati da diversi punti di vista.
Negli anni 80 e soprattutto 90, dopo il trattato di Maastricht, i nostri governanti hanno propagandato che il libero movimento dei cittadini all’interno dell’Unione sarebbe stato un beneficio e una facilitazione per tutti. In effetti l’apertura delle frontiere, con la concomitanza della caduta del muro di Berlino, è stata motore di un generale senso di ottimismo. Questa ‘nuova libertà’ ha segnato, di fatto, l’inizio di una nuova migrazione, la migrazione degli europei all’interno della ‘nuova ed aperta Europa’.

A questa gruppo di nuovi nomadi europei appartengono i redattori di Radio Onda Italiana. È assolutamente incredibile quanto poco si sappia di noi nuovi nomadi e di tanti altri come noi. Chi siamo? Per quale motivo ce ne siamo andati dal nostro paese per poi trasferirci all’interno di un altro paese dell’UE? E soprattutto: che cosa ha significato per noi la ‘nuova Europa’? Eravamo un po’ ‘Il ragazzo dell’Europa’ del quale Gianna Nannini parla nella sua iconografica canzone?

Da queste domande e dall’assenza di fonti da cui attingere risposte, nasce questo progetto. Lo scopo è di raccogliere tante storie, ognuna diversa, anche di non italiani, che abbiano in comune la migrazione contemporanea europea. E tra tante storie diverse bisognerà poi cercare i punti comune, ammesso che ci siano.
La piattaforma sarà il video. L’idea è di fare tanti ritratti di tanti migranti europei con cui poi costruire un film documentario. E questi ritratti saranno in realtà tante interviste, il che non è sorprendente visto che Radio Onda Italiana è il punto di partenza del progetto. L’intervista (radiofonica) è ancora un metodo di documentazione e di giornalismo quanto mai efficace. Parallelamente e contemporaneamente alle interviste filmate si registrerà anche audio che potrà, tra l’altro, anche essere trasmesso radiofonicamente.

È un’Europa che sta mostrando il suo volto peggiore, questa dell’estate 2012, momento in cui il progetto ‘Il Ragazzo dell’Europa’ vede la luce. Una grande Unione Europea dove le parole d’ordine sono: economia, finanza, neoliberalismo. A questo si aggiunge e sovrappone la crisi dell’Euro che è diventata sinonimo della crisi d’identità di un continente. Veniamo puntualmente e dettagliatamente informati sul debito pubblico degli stati membri e sulle molteplici manovre di salvataggio finanziario. Sappiamo che ci sono ‘paesi buoni’ e ‘paesi cattivi’. Siamo pubblicamente invitati a simpatizzare con gli stati che hanno un basso interesse sul loro debito mentre dobbiamo guardare con sdegno paesi ‘pigri e corrotti’ che hanno uno spread inaccettabile per i mercati finanziari.

Non solo abbiamo perso ogni senso di solidarietà, siamo anche stati trasformati in perfetti ignoranti. Ignoranti in quanto non sappiamo nulla della cultura, della storia e della società dell’Irlanda o della Finlandia o del Portogallo o della Bulgaria o anche della Francia o della Germania.
Anche tra i cittadini europei siamo riusciti a creare quelli di serie A e quelli di serie B, se non addirittura di serie C. Noi della Radio abbiamo a suo tempo potuto migrare ad Amsterdam con una relativa facilità. Possiamo dire lo stesso per i cittadini dei nuovi stati membri dell’Unione? Come vengono accolti Polacchi, Rumeni e Bulgari in Olanda? Sono apertamente discriminati dalla gente e dai politici o sono ‘Ragazzi dell’Europa’ anche loro?

Dignità, ecco, ridiamo dignità ai cittadini dell’Europa. A tutti. E poi naturalmente anche a chi Europeo non lo è."

Radio Onda Italiana
  • È l’unica radio italiana in Olanda e si riceve ad Amsterdam e dintorni nonché in tutto il mondo via Internet.
  • Radio Onda Italiana offre dal 1993 ben 3 ore settimanali di trasmissione con informazioni sull’Italia, l’arte, la musica, la cultura, la politica e l’enogastronomia, con interviste e reportages su diversi eventi culturali in Italia e in Olanda.
  • Un team di 12 radiomakers italiani vi assicurano un’ampia offerta settimanale di diversi argomenti

Vaccanze...

Le mie vacanze quest'anno sono brevi. E relative. Che lo stato d'animo è di quelli poco propensi. A tutto. Non ho voglia di stare da sola, rifuggo la gente; mi manca Ari, Ari mi satura; voglio camminare, camminare stanca...insomma così. Un ossimoro vivente. Però la stagione è iniziata con un gran caldo (saranno 3 settimane che si superano i 30°) e una Kermesse contadina che è una chicca. la Vaccanza. In Val Taleggio. Davvero tipica, con tipi tipici e formaggi deliziosi...


Il Banderas della valle...alla fisarmonica.


View d'insieme...


Memento mori....Noo, il prato su cui bivaccavamo era tirato a lucido grazie all'irraggiunto lavoro della falce, eccola qui ancora sporca dei fili d'erba...

28 giugno 2012

Le cose dei tedeschi che non capisco...

Continua una fortunata serie di post dedicati alle idiosincrasie, schizofrenie, assurdità varie del mondo tedesco. "Assurdità, schizofrenie, idiosincrasie" dal "nostro" punto di vista. Personale e parziale come tutti i punti di vista. Sia ben chiaro...
Ciò premesso, lo spunto è offerto da una mail di un'amica, italiana che abita in Germania, ad un'altra amica e riguarda il regalo di fine anno:

Ciao,

ci son delle volte che non capisco proprio certi genitori.
Si voleva fare il regalo di fine anno per le tre insegnanti, che hanno organizzato GRATIS anche il pernottamento della scorsa settimana.
Una mamma ha proposto 20 Euro per famiglia.
E´ successo di tutto di piu`: tutti naturalmente sconvolti per la cifra elevata.
L´asilo non chiude mai ed e´ eccellente. Paghiamo 72 Euro al mese per il cibo e basta.
E´ venuto fuori di tutto: chi vuole dare tre euro a bambino ed un fiore per uno.
Chi un buono gelato nella gelateria di zona.
Chi un balletto …da fare noi genitori????!!! La piu´ eclettica del gruppo. Che in italiano si dice SCHLERATA!

MA CHE FILM E´ QUESTO???

Ecco queste sono le cose dei tedeschi che io non capisco…

E c´e´ pure chi scrive…non dobbiamo MONETIZZARE il loro lavoro, occorre ringraziarle a voce…fantastico!
Mi chiedo se al posto di essere pagati, loro alternativi di Flingern, si accontessero di un balletto di fine anno da parte del datore di lavoro!

SURREALE o no???

A.

Surreale, davvero.

23 giugno 2012

Piccole cose che amo di lei.

In questi giorni mi prendo delle ore mie, passeggio, vado in montagna. Il tempo è bello, tempo di piena estate. E poi sono mogia, mogia assai e muovermi mi aiuta a caricarmi un po'. Girellando incontro cose inaspettate, non ci si crede che ancora oggi, ancora qui...

Tipo, alla "grotta di Lourdes" locale...


fa bella mostra di sè questo cartello:



E giusto ieri, in un paesello microscopico della val Brembana, dove mi sono fermata a bere al lavatoio:



Rende chiaro che qualcuno ancora lo usa, il lavatoio, nella sua precipua funzione... nel 2012!

Eppure sono piccoli dettagli che mi riempiono di tenera sorpresa e che me la fanno amare ancora questa nostra Italia.

La strada che non presi.

Me l'ha mandata un'amica, per ilcompleanno. Folgorante:

LA STRADA CHE NON PRESI
di Robert Frost

Due strade divergevano in un bosco giallo
e mi dispiaceva non poterle percorrere entrambe
ed essendo un solo viaggiatore, rimasi a lungo
a guardarne una fino a che potei.

Poi presi l’altra, perché era altrettanto bella,
e aveva forse l’ aspetto migliore,
perché era erbosa e meno consumata,
sebbene il passaggio le avesse rese quasi simili.
Ed entrambe quella mattina erano lì uguali,
con foglie che nessun passo aveva annerito.

Oh, misi da parte la prima per un altro giorno!
Pur sapendo come una strada porti ad un’altra,
dubitavo se mai sarei tornato indietro.

Lo racconterò con un sospiro
da qualche parte tra anni e anni:
due strade divergevano in un bosco, e io -
io presi la meno percorsa,
e quello ha fatto tutta la differenza.

20 giugno 2012

Fra poco è il mio compleanno.

Tra poco compio 47 anni. E questa è la mia mano:



17 giugno 2012

Lo Studio Milano

Ecco, invece, la mia prima esperienza da un parrucchiere a Ddorf. Il racconto risale a circa 4 anni fa. "Benderstr, Dusseldorf. Cerco un parrucchiere, domani ho un impegno mondano e la messa in piega s'impone. Cerco, cerco...eppure, l'avevo vista l'insegna tentatrice...eccola: "Lo Studio Milano". Una bella gnocca con capelli alla Renato Zero, sguardo assassino, meches violette, lancia un'occhiata di sfida dal poster affisso sulla vetrina del negozio. Gli anni '80 devono aver contribuito in modo determinante alla storia del costume di questo Paese visto che ancora oggi non c'è parrucchiere che non si fregi di poster di quegli anni...meglio, di poster dal look di quegli anni...
Entro e, in italiano, chiedo del titolare. Mi risponde, in tedesco, una signorina con due bicipidi da portapinte da festa bavarese, che il signor Carrucchio - Studio Milano eh?!- non c'è e fa lei.
Va bene, mi assetto per il lavaggio e provo l'ebrezza di un semiscorticamento che la signorina è dotata di forza belluina, coi suoi ditoni tormenta i miei bulbi piliferi, capelliferi, insomma quei cosi periformi che si innestano nella cute e che si vedono nelle demo delle pubblicità degli shampoo.

Passiamo alla messa in piega, l'aguzzina mi chiede se quello che voglio è volume; io, sventurata risposi "ya" e quindi via con delle spazzolone modello rotativa a ripassarmi il crine. Poi il phon bollente a contatto lobo auricolare, che devo gesticolare ogni volta per allontanarlo...Via e vai, vai e via, ciocca dopo ciocca dopo un tempo indefinito arriva lo spruzzo liberatore della lacca (lacca?), quelle classiche anni '60 con il flacone dorato e un ricciolo stilizzato serigrafato sopra.

Ho paura a guardarmi allo specchio, e quando lo faccio quello che vedo è devastante. L'unico modello rappresentativo che viene alla mente è Napo Orso Capo. O Marcella Bella che canta "aria" .
Peccato che io, nature, abbia i capelli lisci,appena ondulati e tutto questo ricciolame conferisce un'aria posticcia e pasticcia. Chiedo quanto devo, la kapo mantiene un certo riserbo, chissà se intuisce che non mi vedrà mai più entrare nello Studio Milano...40€ e un buono sconto per trattamenti nutrienti.

A casa la prima cosa che faccio è lavarmi la testa e scollarmi la pellicola di lacca. Poi scendo da Rossmann e mi compro un ferro per capelli, di quelli che arricciano e lisciano a seconda della piastra che innesti, a 19.90€".

16 giugno 2012

Questione di spazzole.

In tempi di crisi si fa anche così. La piega a 8 euro dal cinese. Il taglio invece dal professionista, che ti regge per almeno 2 mesi. Il mio si chiama Roberto ed è bravissimo. Non solo perchè è bravo nel suo. E' un professionista nell'entraitaiment. Le due foto acclarano.


La prima è la sua sala d'attesa. Candide e comode poltroncine,  piante grasse, riviste patinate - niente Novella 2000, ma Dove e Ad- caffè dal bar...vista sui tetti del centro, in esterno e, in interno sulle belle clienti, dal cicaleccio contenuto, e le signorine che volteggiano sorridenti....
Anche Roberto sorride, amabile, corretto, contenuto.



La seconda foto mostra un dettaglio. Le spazzole, rigorosamente in legno. Frassino, teck...con l'anima scanalata o liscia. Le solite spazzole dai soliti parrucchieri sono in materiale metalico o in lega plastica. Roberto mi spiega che il primo, il metallo, scalda troppo il capello e toglie corpo e volume. La seconda, la plastica, aumenta l'elettrostaticità e compromette la pettinabilità.
Si è provata la ceramica che si è rivelata troppo fragile per un'acconcia durata. Solo il legno è perfetto.

Ecco, questo lo chiamo un dettaglio di classe.

Pechino acconciature.

L'ho scoperto così, questo nuovo fenomeno dei parrucchieri cinesi. Mia mamma ci lascia, è mattina; usciamo dall'ospedale per andare alla "sala del commiato" più vicina, anche in questo caso una cosa che non conoscevo...vabbeh,  postea. Squilla il cellulare, comincia il carosello delle condoglianze, realizzo che tra poco la gente comincerà a venire di persona per l'estremo saluto. Io sono in camicia e jeans, gli stessi da 24 ore; so di sudore, stanchezza e umori malati.

Così vado a casa, per farmi una doccia. Durante il tragitto ospedale-parcheggio passo accanto ad un'insegna stravagante "Pechino acconciature". Pechino scritto in rosso a caratteri orientaleggianti, tipo alle favole dal mondo la storia di Alì babà. Acconciature invece è in graziato nero, con riccioli ai pendici delle "a". Entro, operazione resa facile dall'apertura a garage spalancato sulla strada. Tre ragazzi stanno lavando la testa ad altrettante signore. Chiedo se è possibile una messa in piega, certo!, quando? Non finisco la domanda che mi invitano a sedermi, un quarto operatore è magicamente comparso con vasca mobile e sgabello...Così: un cliente entra un cinese entra.

L'odore dello sciampoo alla big babble nauseante, tocco energico dello sciampista...avrei qualcosa da obiettare quando parte un massaggio divino. Cranio, spalle e ancora cranio. Quanto ne ho bisogno. Finito un ciclo l'energumeno plays it again, sento di amarlo.

Il momento magico finisce, passo all'esperto per la piega. Tatuaggio e maglietta punk, l'esperto manovra il phon come un trapano. Piega ai limiti della denuncia, ma il massaggio testè ricevuto mi fa volare oltre.

In sintesi.Dieci minuti di massaggio, dieci dipiega, otto euro (con ricevuta), tempo d'attesa 0 secondi. Poi ci si chiede perchè hanno tanto successo.

6 giugno 2012

Grazie, mamma.

Niente di aulico, di agiografico, di memorabile...ma era tutto quello che ho sentito di dire al suo funerale.

" Grazie mamma di non essere stata la "solita" mamma, che si pensava più a te guardando a un poster di Tina Turner che alla donnina del brodo Star.

Grazie mamma di aver lasciato che casa nostra si riempisse di gente, animali e cose...Forse troppe cose.

Grazie mamma che non mi hai mai fatto togliere una gonna troppo corta o una  maglia troppo scollata. E se lo hai fatto era solo perché erano le tue.

Grazie mamma per aver amato, e per avermi fatto amare, le rose, il mare, il corpo, le barzellette. Anche quelle sporche, se ben raccontate. Soprattutto quelle sporche.

Grazie mamma perché sei l'unica persona che potevo mandare a quel paese sicura che non te la saresti mai presa.

Grazie mamma per avermi dato pochi, ma solidi, consigli e tanti, tanti gesti di presenza. 

Grazie mamma per aver sempre affermato, fino agli ultimi giorni, che io e le mie sorelle eravamo i tuoi CA-PO-LA-VO-RI...E gli occhi ti brillavano. 

Grazie mamma perché mi hai dato la vita. Mi hai insegnato la morte. "

1 giugno 2012

Non c'è più

L'avevo notato proprio il primo giorno, di su e giù tra casa e l'ospedale. Un batuffolo ispido e nero sul selciato della superstrada: un piccolo riccio. Speravo fosse vivo, il primo giorno. Al secondo, non volevo quasi, ma poi  lo sguardo l'ha ritrovato, quasi casualmente. Ancora lì. Sul selciato, forse solo un po' più piccolo. Come la mia mamma, sempre più rattrappita in quel lettone d'ospedale, zeppo di cuscini. Ogni giorno, ogni viaggio su e giù per l'ospedale, il piccolo riccio si riduceva a una macchia piccina e ispida, e la mia mamma a una cosina bigia persa tra i guanciali.... E stamattina, l'ultimo viaggio su e giù per l'ospedale, non volevo quasi, poi lo sguardo l'ha ricercato, e...niente. Anche lui, come lei, non c'era più.

28 maggio 2012

I sette anni più lunghi della mia vita.

C'è stato un tempo in cui non mi accorgevo del tempo che passava. Tipo quando arrivai a Milano, per un colloquio (ai tempi in cui dopo ti assumevano, senza stage non retribuiti...). Messo il piede in metropolitana ho pensato con chiarezza: "In questa città non ci sto due mesi". Ne passarono 14 e non me ne accorsi quasi. Anche l'iscrizione all'Università; dopo il 3° esame avevo deciso di rimandare un annetto, poi rimandavo rimandavo, e a un certo punto arrivò un documento in cui mi si avvertiva che gli esami sostenuti non sarebbero più stati conteggiati ai fini dell'ottenimento della laurea...Ricordo che rimasi scioccata, ma come, l'ultimo l'ho dato poco tempo fa...
Vabbeh, due esempi come tanti. Adesso mi è capitata la foto di Ari, da un file semi dimenticato di cinque anni fa. Mi sembra tutto cambiato così tanto da allora! Stento a riconoscerla. E a riconoscermi. 

27 maggio 2012

Tragicommedia.


La vita ha, sempre, dei lati comici anche nelle situazioni più tragiche. Come ieri. Parcheggio la macchina, imbocco l'ingresso principale dell'ospedale. Ci si accede da una passerella stile lungomare della Barceloneta e c'è un grande “1” davanti. Poi si gira a sinistra, si salgono le scale, ci si imbuca in una saletta, si varca un ingresso rigorosamente vietato ai visitatori, e si è arrivati. Dei vari accessi all'unità coronarica, UCC per gli intimi, non ce ne è uno che non preveda almeno un ingresso severamente vietato con cartelli minatori. Che sia per blandire il senso di trasgressione italico? Mah. Queste cose qualche mese fa, fresca di Germania, mi mettevano di malumore. Oggi mi adatto e lascio perdere.


Dal corridoio d'attesa, con sedie scomode e tavolini inutili e una pianta a crescita stentata, una cultivar ad hoc per edifici di pubblici, si entra nello spogliatoio. Qui ci si dota di copriscarpe in plastica azzurrina. Non c'è una panca, una sedia. La ginnica operazione deve essere compiuta in posizione “stante”, in piedi. Che ancora per me, per ora non è un soverchio problema. Non era. Ieri oplà! compio l'acrobazia e argh! Il ginocchio destro batte contro lo stipite della porta. Che è smussato dappertutto tranne lì, nei 10 cm dove ha battuto.


Soffoco un guaito e procedo claudicante verso lo stand dove è ricoverata mia mamma....spero nella presenza del lettino ospiti, ma figurati...neanche le 7 e un nugolo di infermiere superefficienti ha già provveduto a sgombrare la stanzetta e a sostituirlo con una sedia in formica azzurrina. La versione Large delle sedie scolastiche. Dei tempi scolastici miei, d'accordo. Mi accascio sulla sedia, mia madre, meglio l'occhio di mia madre -il resto è coperto da mascherine e tubi e fasciature- mi scruta con curiosità: ”...utto ene?”, sembra che dica la sua voce nel tubo. Io rispondo e sono Fantozzi, voce strozzata e sorriso tirato: “Tutto (ansimo) benissimo...”.

Invece va malissimo, il ginocchio duole, ho un senso di mancamento, quanto è scomoda 'sta seggiola, se non fosse che non mi sembra luogo acconcio urlerei per richiamare una operosa infermiera, ma sono tutte in ben altre faccende intorno a ben altri pazienti affacendate...L'occhio di mia madre si è richiuso e io mi ricavo uno spazietto accanto al suo cuscino. Appoggio la testa. Solo un secondino, mi dico. Le chiappe sulla sedia, la testa sul cuscino, il corpo ad arco, nel vuoto tra i due. Così mi trova l'infermiera, un tempo imprecisato dopo. Addormentata accanto a mia madre, meglio l'occhio di mia madre che mi scruta...