Si doveva andare in Libia, io e mio padre. Partenza prevista: 26 di febbraio. Poi è successo quello che è successo. Che,a tutt'oggi nessuno sa ancora definire. Però: "Bisogna dare un segno forte." "Intervenire." "Gestire le relazioni diplomatiche con le autorità che si configureranno nel Paese". Questo è quello che si sente. Alla TV. Alla radio.
E penso a Murad. Alla sua famiglia. A tutte le risate che ci siamo fatti. Lui e e noi, il gruppo di amici raccolti per il viaggio 4per4 in Libia. Quando era, 10 anni fa? Murad era il nostro "uomo all'Avana", mutatis mutandis, il nostro accompagnatore nel deserto libico. Non lo volevamo no. Non se ne sentiva il bisogno, spiegavamo all'agenzia a Tripoli. In Piazza Verde, tra l'altro.
Va bene la sostituzione delle targhe; va bene la traduzione del passaporto in arabo; va bene il cambio obbligatorio a un tasso assurdo; va bene l'assistenza in dogana. Però adesso lasciateci, che ce la caviamo da soli!
Niente da fare. E Murad sedette con noi, silenzioso e dignitoso, nel posto più scomodo delle auto. Una bocca in più cui dare da mangiare, ma, soprattutto, da bere. Murad fu subito utile. La sera stessa ci alloggiò a casa di ricchi locali, a Nalut?, che l'albergo era chiuso.Arrivammo tardi. Eravamo stanchi dal lungo viaggio di avvicinamento. Nemmeno ci accorgemmo della situazione straordinaria. Che occupavamo una casa di qualcuno. E quel/i qualcuno se n'erano andati altrove, lasciandoci padroni di tutto. Nemmeno ringraziammo, la mattina successiva. Pensavamo al viaggio, pensavamo a noi.
Ho imparato più cose della Libia parlando con Murad che attraversandola. Da nord a sud. 680 kilometri di pista da Ghadames a Ghat. Da sud a est. da est a ovest. kilometri e kilometri. Ricordo il vento, la polvere,la noia. I cartelli in arabo. Noi che tentavamo di decifrarli con il vocabolario tascabile. E, al rientro senza Murad, sbagliammo di 600 kilometri. A volte i cartelli che incontravamo erano in coreano. E voleva dire che stavamo in un punto off limits, vicino ai cantieri della Grande Opera.
Murad mi confessò poi, candidamente, che non era mai stato fuori Tripoli, nell'empty Libia, come loro definiscono tutto ciò che non è fascia costiera.
A Tripoli era maestro di Kung fu, giocava a biliardo, studiava le lingue per diletto. Era giovane. E rideva spesso. Dopo. Quando lo accettammo come uno del gruppo. Coi soldi della mancia ci fece una sorpresa. Ci accolse tutti in casa sua, dove ci aspettava una torta immensa insieme a tanto,tanto,tanto cibo... E una bottiglia di spumante. Dolce. Ma il ricordo è avvolto nel torpore. Quando fu l'ultima volta che vidi Murad? Ricordo un saluto frettoloso,una mattina nebbiosa, davanti a un bungalow di compensato,una spiaggia grigia...il suo odore di profumo greve e fumo di sigaretta:"Ti chiamo dalla Svizzera", suo fratello era medico là. Credo che mi chiamò, l'anno dopo, l'8 gennaio, il giorno del suo compleanno.
"Lassù nella Renania, tra anse e ponti d'or, tra l'aspre nubi echeggia un cantico d'amor..." Una montanara DOC racconta la sua Dusseldorf...E il suo rientro nel patrio stivale.
Autunno

E' un tramonto italiano ma a me ricorda Ddorf.
24 febbraio 2011
20 febbraio 2011
Privacy, bitte.
Mercoledì scorso, passeggiata. "Mamma mi scappa la pipì." Partono le rimostranze materne, prevedibili, "Vedi perché la mamma ti dice sempre di fare la pipì all'asilo o a casa? Così poi non ci ritroviamo per strada, senza un bagno." A volte ci si sente proprio ridicole, dico a mia figlia quello che mi diceva mia mamma. Uguale uguale. E che mi dava così fastidio. Chiaro che se non ti scappa la pipì non hai voglia di farla; chiaro che mezz'ora dopo i flussi corporei sono cambiati; chiaro che la pipì open air è un inno alla gioia...
Rimbrotti a parte, il problema è sempre lo stesso. Trovare un posto appartato scevro di cacche canine.
Inciso, a Ddorf convivono insieme a 600.000 abitanti bipedi, 24.000 cani. Per quanto i bipedi investano molto nei corsi di addestramento dei loro amici quadrupedi, la pressione canina si sente. Non c'è centimetro quadrato di verde "selvatico" che non sia costellato di deiezioni.
Secondo inciso. Se vedete un bambino appartato in un cespuglio nel parco sappiate che è italiano, spagnolo, turco. I piccoli tedeschi NON fanno i loro bisogni in giro (del resto sbucciarli dai loro scafandri di gomma con cui si proteggono dalle intemperie è tutt'altro che agevole...)
(Sto divagando. E' domenica e sono a casa da sola, e reduce da una bella serata conviviale. Un bel caffè fumante. Fuori, tanto, è grigio e piove)
Troviamo un luogo acconcio. Retrostante una baracchetta per gli attrezzi, nel parcheggio biciclette del club sportivo. Ari va, si accuccia, io aspetto un pò distante. Arriva, velocissimo, un ragazzino con racchetta da tennis a tracolla. Parcheggia la bici. Arianna si rialza e attende. Quando il ragazzino se ne va, riprende l'operazione.
Tutto qua.
Eh...tutto qua. Una cosa così, 6 mesi fa non l'avrebbe fatta. Non si sarebbe sentita a disagio nel portare a termine obblighi di natura. Sarebbe rimasta bella tranquilla, magari ci sarebbe pure scappata una risata crassa. Tempus fugit. Inesorabile. I bimbi crescono, le mamme imbiancano...
Via, ci sta un altro caffè.
18 febbraio 2011
Andiamo? Andiamo pure - Due
Di fronte al ristorante jap, che si chiama Rika, scritto piccolo sulla lavagna del menù, si apre una delle strade che amo di più, del quartiere.
La Altenberger str. è fiancheggiata da maestosi alberi che dalla tarda primavera intrecciano le loro chiome al vertice, creando un effetto di cattedrale gotica vegetale. E così la definiamo colloquialmente in famiglia. Vado a fare un giro in cattedrale, significa, in questa casa di agnostici, andare a fare una corsetta. L'anno scorso purtroppo diversi alberi sono stati abbattuti (malattia?). Non so se quest'anno, potremo godere del piacere del tetto di fronde...Qui, dicevo si fa jogging, si viene per una merenda...
Qui Arianna ha imparato ad andare in bicicletta, qui si trova parcheggio a qualunque ora del giorno e della notte (ottimo in quelle fasce orarie in cui il parcheggio sotto casa è off limits)...
Alla fine del viale s'incrocia la massicciata della ferrovia ( e questa non l'ho mai capita, i tedeschi amano vivere in zone tranquille, qui hanno la ferrovia sotto il naso, ma la zona è comunque molto quotata a livello immobiliare...) e ci sono due presenze rilevanti:
La prima è l'albero dove facciamo sosta con Arianna -Il tragitto, classico diciamo, prosegue lungo il Dussel, che è un canale, allietato da papere e nutrie, fino al Kiga di Arianna- Con la sua aria pachidermica e i due grossi rami laterali che si protendono al cielo si è meritato il nome di Elefante.
La seconda è l'ingresso al club di atletica dove è iscritta Arianna.
Il club di atletica ha una bella pista per la corsa, tutto per il salto, l'hockey su erba, le palestre, i capi da tennis, un ristorante, il bar e..una bella aquiletta nera e grifagna nel logo...Ho fatto un pò di ricerche che quella presenza riportava a tempi cupi... Ed infatti.
La Altenberger str. è fiancheggiata da maestosi alberi che dalla tarda primavera intrecciano le loro chiome al vertice, creando un effetto di cattedrale gotica vegetale. E così la definiamo colloquialmente in famiglia. Vado a fare un giro in cattedrale, significa, in questa casa di agnostici, andare a fare una corsetta. L'anno scorso purtroppo diversi alberi sono stati abbattuti (malattia?). Non so se quest'anno, potremo godere del piacere del tetto di fronde...Qui, dicevo si fa jogging, si viene per una merenda...
Qui Arianna ha imparato ad andare in bicicletta, qui si trova parcheggio a qualunque ora del giorno e della notte (ottimo in quelle fasce orarie in cui il parcheggio sotto casa è off limits)...
Alla fine del viale s'incrocia la massicciata della ferrovia ( e questa non l'ho mai capita, i tedeschi amano vivere in zone tranquille, qui hanno la ferrovia sotto il naso, ma la zona è comunque molto quotata a livello immobiliare...) e ci sono due presenze rilevanti:
"L'elefante" e le sue due grandi zanne. |
La seconda è l'ingresso al club di atletica dove è iscritta Arianna.
Bello il logo,vero? |
14 febbraio 2011
Mamma ho l'Einladung!
Einladung è l'"invito". Di solito, trattando di bambini, l'invito a un compleanno.
L'Einladung è "conditio sine qua non" per invitare qualcuno, anche di età prescolare.
Deve essere scritto e personale, riportante le indicazioni di dove, quando, durata (da ora a ora). Numero di telefono e email per il contatto. Meglio allegare una piantina del luogo.
Meglio se si specifica entro quando dare la risposta e se i genitori sono invitati a restare.
Il tutto almeno un mese prima.
Ad ogni buon conto i genitori in genere non sono invitati; non hanno diritto al Buffet, che non prevede nulla di adulto-compatibile, es. un bicchiere di vino. Il compleanno coinvolge pochi bambini (una regola è il numero degli anni compiuti dal bambino più uno...lo giuro!); sono previste attività coordinate dal/i genitore/i del festeggiato, con fasi ben precise: la torta, le candeline, l'apertura pubblica dei regali con i ringraziamenti ai bimbi. Regalino del buon ricordo, in genere dolcetti o piccoli cotillons.
Ho impiegato 3 anni a capire queste semplici regole. Testarda vero?
La prima esperienza con l'Enladung risale a pochi mesi dopo l'espatrio, quando Arianna aveva 3 anni. Un giorno qualunque all'asilo, alcuni bimbi sventolano un fogliettino alla Frau, chiedendo di leggerne il contenuto. Arianna vede e corre al suo "stand" di legno, cercando il foglietto...ma per lei non c'è nulla... Scoppia a piangere inconsolabilmente tra gli altri bimbi eccitati e festanti.
Trovai la pratica alquanto crudele e chiesi alle mamme e al personale dell'asilo se non ci fosse un modo meno ostensivo di invitare i bimbi ai compleanni, soprattutto in considerazione della loro giovanissima età. Magari una mail privata o l'invio a casa...L'incomprensione del "mio" problema era evidente. Anche se in diverse mi riportarono episodi nei quali l'esclusione aveva rattristato i loro bimbi...
L'anno scorso, nuovo asilo, decidiamo di invitare tutti i bimbi alla festa in fattoria. Preparo un bel cartellone con l'invito stampato, la cartina, l'indicazione delle attività...Insomma ero proprio soddisfatta di me. Le Frau mi ringraziano per questo invito ecumenico che aiuterà a creare un clima di vera collettività...
Risultato: a una settimana dalla data del compleanno nessuna adesione. Nessuna dico...
Che problemi ci sono? Che Arianna sia la pecora nera del gruppo? Parlo con le Frau, ci si confronta, poi salta fuori che: "non c'è l'Einladung personale". I bambini stessi non si ritengono invitati perché non vedono il cartoncino e quindi a domanda del genitore: "vuoi andare alla festa di Arianna?", la risposta è dubbiosa o negativa.
La festa alla fine si è svolta, è stato un successo. Grazie alle amiche italiane che sono rimaste tutte a ciacolare intorno al tavolo imbandito di leccornie cucinate da me e da loro. Alcuni non avevano il regalo. Per non offendere loro non si è proceduto all'apertura dei regali pubblica. La cosa ha amareggiato Arianna e sorpreso negativamente qualche genitore...Come una mancanza di riconoscimento.
Quest'anno si replica, però stavolta con gli Einladung!
L'Einladung è "conditio sine qua non" per invitare qualcuno, anche di età prescolare.
Deve essere scritto e personale, riportante le indicazioni di dove, quando, durata (da ora a ora). Numero di telefono e email per il contatto. Meglio allegare una piantina del luogo.
Meglio se si specifica entro quando dare la risposta e se i genitori sono invitati a restare.
Il tutto almeno un mese prima.
Ad ogni buon conto i genitori in genere non sono invitati; non hanno diritto al Buffet, che non prevede nulla di adulto-compatibile, es. un bicchiere di vino. Il compleanno coinvolge pochi bambini (una regola è il numero degli anni compiuti dal bambino più uno...lo giuro!); sono previste attività coordinate dal/i genitore/i del festeggiato, con fasi ben precise: la torta, le candeline, l'apertura pubblica dei regali con i ringraziamenti ai bimbi. Regalino del buon ricordo, in genere dolcetti o piccoli cotillons.
Ho impiegato 3 anni a capire queste semplici regole. Testarda vero?
La prima esperienza con l'Enladung risale a pochi mesi dopo l'espatrio, quando Arianna aveva 3 anni. Un giorno qualunque all'asilo, alcuni bimbi sventolano un fogliettino alla Frau, chiedendo di leggerne il contenuto. Arianna vede e corre al suo "stand" di legno, cercando il foglietto...ma per lei non c'è nulla... Scoppia a piangere inconsolabilmente tra gli altri bimbi eccitati e festanti.
Trovai la pratica alquanto crudele e chiesi alle mamme e al personale dell'asilo se non ci fosse un modo meno ostensivo di invitare i bimbi ai compleanni, soprattutto in considerazione della loro giovanissima età. Magari una mail privata o l'invio a casa...L'incomprensione del "mio" problema era evidente. Anche se in diverse mi riportarono episodi nei quali l'esclusione aveva rattristato i loro bimbi...
L'anno scorso, nuovo asilo, decidiamo di invitare tutti i bimbi alla festa in fattoria. Preparo un bel cartellone con l'invito stampato, la cartina, l'indicazione delle attività...Insomma ero proprio soddisfatta di me. Le Frau mi ringraziano per questo invito ecumenico che aiuterà a creare un clima di vera collettività...
Risultato: a una settimana dalla data del compleanno nessuna adesione. Nessuna dico...
Che problemi ci sono? Che Arianna sia la pecora nera del gruppo? Parlo con le Frau, ci si confronta, poi salta fuori che: "non c'è l'Einladung personale". I bambini stessi non si ritengono invitati perché non vedono il cartoncino e quindi a domanda del genitore: "vuoi andare alla festa di Arianna?", la risposta è dubbiosa o negativa.
La festa alla fine si è svolta, è stato un successo. Grazie alle amiche italiane che sono rimaste tutte a ciacolare intorno al tavolo imbandito di leccornie cucinate da me e da loro. Alcuni non avevano il regalo. Per non offendere loro non si è proceduto all'apertura dei regali pubblica. La cosa ha amareggiato Arianna e sorpreso negativamente qualche genitore...Come una mancanza di riconoscimento.
Quest'anno si replica, però stavolta con gli Einladung!
10 febbraio 2011
Andiamo? Andiamo pure.
Il giro del quartiere.Volevo farlo in un post solo, ma mi sono accorta che in queste poche centinaia di metri quadri si è svolta/si svolge tanto della vita di tutti i giorni. Quindi replicheremo. Usciti dal portone o si va a destra o si va a sinistra. Vabbeh. E fin qua. Però la cosa non è così scontata...quando per recarsi al supermercato il giro è più o meno lo stesso. E' bella questa possibilità di scelta.
Se si opta per la sinistra si entra in Gerthsstrasse. Che è una deliziosa Seitenstrasse -strada secondaria- con tante case anteguerra (Altbau):
Ora i riflessi fotografici tolgono un pò di leggibilità. Ma il negozietto è amato dalle "sciure" del quartiere per la sua essenzialità. Le palette dei colori, fiori inclusi, sono molto rigorose: tanto bianco, una spruzzata di azzurro e di giallo, il rosso carminio per il Natale. Tinte unite per le corolle, accompagnamento della foglia, contenitori in materiale naturale o pietra. Il mercoledì è chiuso e per accidenti strani è quasi sempre il giorno in cui ho avuto bisogno di comprare fiori. E allora si volta l'angolo della strada e si ripiega sul fiorista tedesco:
E qui tutta una panoplia di ceramiche, conchiglie, sassoletti colorati e profumati, candele, vasetti a specchi, pendagli vitrei, cartellini augurali a forma di nanetto, ranocchia, pinguino, maiale, paperetta...Dulcis in fundo, quando confezionano un mazzo lo strizzano in una crinolina sgargiante che fa sembrare falso anche il più fragrante dei fiori. Consolazione: con la stessa cifra di un amarillis dal jap qui ci compri metà vivaio...
Come sempre in Germania quando lo stomaco reclama un ristorante risponde (ahimè!). Se si è imboccata la Rive Gauche o si finisce in un giapponese o in un italiano.
Ammetto. Nel primo non ci sono mai andata. Non tanto perché è italiano. E' che non mi adatto al monolocale senza finestre con vetrina sulla strada, tanto simile a un garage, che rappresenta il 50% del lay-out architettonico della ristorazione locale. Poi si fuma. Malgrado il divieto europeo, come del resto quasi dappertutto a ddorf. Per ragioni ignote i tedeschi hanno trasgredito la legge, raggirandola attraverso la clausola dei Rauchen Club. In sintesi un bar dichiara di essere un club fumatori e via...Si fuma. Tra l'altro anche prima dell'introduzione della legge, gli impianti d'aspirazione sono, come dire, rudimentali. Strano, per noi italiani scoprire che eccelliamo in qualche cosa rispetto ai più evoluti - ai nostri occhi- tedeschi.
Concludendo la trattoria italiana risulta piccola, fumosa e poco avvolgente. Dicono che si mangi bene.
Il secondo è invece la nostra "trattoria di famiglia". Pulitissimo, pochi tavoli, musica jazz, bellissimi magazine di grafica ricercata, solo in giapponese (ma che belli i caratteri e la scelta iconografica). Il menù non presenta sorprese, per noi sempre: ravioli e tori karage, pollo saltato in una pastella rosata, con riso e insalata che Arianna adora e divora...Sa già usare i bastoncini. Meglio della forchetta, tra l'altro.
Uno dei luoghi che più mi mancheranno, una volta in Italia. Sigh!
Faccio una sosta qui, che sono stanca...
Torniamo indietro?
– Torniamo pure.
Se si opta per la sinistra si entra in Gerthsstrasse. Che è una deliziosa Seitenstrasse -strada secondaria- con tante case anteguerra (Altbau):
Ora i riflessi fotografici tolgono un pò di leggibilità. Ma il negozietto è amato dalle "sciure" del quartiere per la sua essenzialità. Le palette dei colori, fiori inclusi, sono molto rigorose: tanto bianco, una spruzzata di azzurro e di giallo, il rosso carminio per il Natale. Tinte unite per le corolle, accompagnamento della foglia, contenitori in materiale naturale o pietra. Il mercoledì è chiuso e per accidenti strani è quasi sempre il giorno in cui ho avuto bisogno di comprare fiori. E allora si volta l'angolo della strada e si ripiega sul fiorista tedesco:
E qui tutta una panoplia di ceramiche, conchiglie, sassoletti colorati e profumati, candele, vasetti a specchi, pendagli vitrei, cartellini augurali a forma di nanetto, ranocchia, pinguino, maiale, paperetta...Dulcis in fundo, quando confezionano un mazzo lo strizzano in una crinolina sgargiante che fa sembrare falso anche il più fragrante dei fiori. Consolazione: con la stessa cifra di un amarillis dal jap qui ci compri metà vivaio...
Come sempre in Germania quando lo stomaco reclama un ristorante risponde (ahimè!). Se si è imboccata la Rive Gauche o si finisce in un giapponese o in un italiano.
Trattoria "Il Carretto" |
Ristorante giapponese (no logo) |
Ammetto. Nel primo non ci sono mai andata. Non tanto perché è italiano. E' che non mi adatto al monolocale senza finestre con vetrina sulla strada, tanto simile a un garage, che rappresenta il 50% del lay-out architettonico della ristorazione locale. Poi si fuma. Malgrado il divieto europeo, come del resto quasi dappertutto a ddorf. Per ragioni ignote i tedeschi hanno trasgredito la legge, raggirandola attraverso la clausola dei Rauchen Club. In sintesi un bar dichiara di essere un club fumatori e via...Si fuma. Tra l'altro anche prima dell'introduzione della legge, gli impianti d'aspirazione sono, come dire, rudimentali. Strano, per noi italiani scoprire che eccelliamo in qualche cosa rispetto ai più evoluti - ai nostri occhi- tedeschi.
Concludendo la trattoria italiana risulta piccola, fumosa e poco avvolgente. Dicono che si mangi bene.
Il secondo è invece la nostra "trattoria di famiglia". Pulitissimo, pochi tavoli, musica jazz, bellissimi magazine di grafica ricercata, solo in giapponese (ma che belli i caratteri e la scelta iconografica). Il menù non presenta sorprese, per noi sempre: ravioli e tori karage, pollo saltato in una pastella rosata, con riso e insalata che Arianna adora e divora...Sa già usare i bastoncini. Meglio della forchetta, tra l'altro.
Uno dei luoghi che più mi mancheranno, una volta in Italia. Sigh!
Faccio una sosta qui, che sono stanca...
Torniamo indietro?
– Torniamo pure.
4 febbraio 2011
Non regalarle il pesce, insegnale come si usa la canna da pesca...
Che bello, che bello.
Stasera vento bizzoso di Primavera...con il cielo grigio d'ardesia certo, però ci si accontenta. E l'amico B. mi ha insegnato un pò di trucchetti per gestire il Blog.
Chiunque, probabilmente, li avrebbe appresi semplicemente leggendo le istruzioni a video, cliccando sui bottoni...Io no.
Ho bisogno del momento rituale della trasmissione orale. La parola arricchita dalla voce e dall'esempio. Che sono cose che ci accompagnano dai tempi primordiali però ormai decisamente in disuso.
A me, a differenza del mio amico B. il disuso attira. Il vintage piace. Mi piacciono tutti i momenti, le situazioni, gli eventi, le età della vita in cui la performance, la competizione, il confronto, la vanità, la modernità, la velocità, l'attualità, le aspettative vengono meno.
Mi piacciono le bocciofile, i vecchi caffè con le vecchie signore che bevono il thè e si dimenticano di avere già messo tre zollette nella tazza, le sale d'attesa alle stazioni di periferia, gli uffici postali, i bar delle stazioni di periferia, le panchine ai giardinetti, i mobili usati, i cappelli, i giocattoli rotti, le piante d'appartamento spelacchiate, i gatti grassi, le grotte di Lourdes formato giardino, la madonna con la veste in plastica fluorescente e la lacrima in rilievo rappresa sul volto, le coppie sul Po' d'estate, lui che pesca e lei sulla sdraio di plastica bianca che legge "Chi", intorno l'aria afosa ferma come l'acqua del fiume, i baracchetti dell'anguria e i loro avventori, la polpa zuccherina dell'anguria e le mosche scure che si confondono con i noccioli scuri...
Mi piacciono le balere, le estetiste "da Betty", gli oratori, i musei dove si sente solo il rumore dei tuoi passi che rimbombano nelle sale e le didascalie sono di carta ingiallita e vergata con calligrafie eleganti, un pò tremule sugli apici...trattoria "il pescatore", trattoria "il cacciatore", Albergo Miralago, Miramonti, Miramare, le soffitte, i cantonali, i cassettoni, i cassetti dove ci trovi chiavi arrugginite e portacarte da gioco con il coperchio damascato e dentro i due mazzi con le carte stondate, incurvate come se avessero la scoliosi, e un vago sentore di sigaro.
La tecnologia, invece, più è alta, più mi è distante.
Stasera vento bizzoso di Primavera...con il cielo grigio d'ardesia certo, però ci si accontenta. E l'amico B. mi ha insegnato un pò di trucchetti per gestire il Blog.
Chiunque, probabilmente, li avrebbe appresi semplicemente leggendo le istruzioni a video, cliccando sui bottoni...Io no.
Ho bisogno del momento rituale della trasmissione orale. La parola arricchita dalla voce e dall'esempio. Che sono cose che ci accompagnano dai tempi primordiali però ormai decisamente in disuso.
A me, a differenza del mio amico B. il disuso attira. Il vintage piace. Mi piacciono tutti i momenti, le situazioni, gli eventi, le età della vita in cui la performance, la competizione, il confronto, la vanità, la modernità, la velocità, l'attualità, le aspettative vengono meno.
Mi piacciono le bocciofile, i vecchi caffè con le vecchie signore che bevono il thè e si dimenticano di avere già messo tre zollette nella tazza, le sale d'attesa alle stazioni di periferia, gli uffici postali, i bar delle stazioni di periferia, le panchine ai giardinetti, i mobili usati, i cappelli, i giocattoli rotti, le piante d'appartamento spelacchiate, i gatti grassi, le grotte di Lourdes formato giardino, la madonna con la veste in plastica fluorescente e la lacrima in rilievo rappresa sul volto, le coppie sul Po' d'estate, lui che pesca e lei sulla sdraio di plastica bianca che legge "Chi", intorno l'aria afosa ferma come l'acqua del fiume, i baracchetti dell'anguria e i loro avventori, la polpa zuccherina dell'anguria e le mosche scure che si confondono con i noccioli scuri...
Mi piacciono le balere, le estetiste "da Betty", gli oratori, i musei dove si sente solo il rumore dei tuoi passi che rimbombano nelle sale e le didascalie sono di carta ingiallita e vergata con calligrafie eleganti, un pò tremule sugli apici...trattoria "il pescatore", trattoria "il cacciatore", Albergo Miralago, Miramonti, Miramare, le soffitte, i cantonali, i cassettoni, i cassetti dove ci trovi chiavi arrugginite e portacarte da gioco con il coperchio damascato e dentro i due mazzi con le carte stondate, incurvate come se avessero la scoliosi, e un vago sentore di sigaro.
La tecnologia, invece, più è alta, più mi è distante.
2 febbraio 2011
Italia-Germania 1-0
Arianna ha disegnato il mondo.
L'India, la Polonia (un suo compagno d'asilo è sik indiano, un'altra è di padre polacco) e, naturalmente, l'Italia e la Germania.
Ecco la prima:
L'Itaglia, come la chiama lei è rappresentata dalla casa del nonno Giorgio, c'è la stradina d'accesso e in primo piano i vistosi cespugli di Ribes che sono la sua passione.
Ecco la seconda:
La Germania ha le macchine, la strada, la croce azzurra nel cielo che pare sia un uccello e a destra svetta imponente la bandiera. Il nero è stato sostituito da una striscia gialla più chiara. "Che è più bello del nero, vero mamma?"
:-)
L'India, la Polonia (un suo compagno d'asilo è sik indiano, un'altra è di padre polacco) e, naturalmente, l'Italia e la Germania.
Ecco la prima:
L'Itaglia, come la chiama lei è rappresentata dalla casa del nonno Giorgio, c'è la stradina d'accesso e in primo piano i vistosi cespugli di Ribes che sono la sua passione.
Ecco la seconda:
La Germania ha le macchine, la strada, la croce azzurra nel cielo che pare sia un uccello e a destra svetta imponente la bandiera. Il nero è stato sostituito da una striscia gialla più chiara. "Che è più bello del nero, vero mamma?"
:-)
31 gennaio 2011
Sono seduto sul ramo e mi sento bene.
Correva l'anno 1989. Allora lavoravo con un grafico, Marco, anzi Marchino, che in ufficio c'era un altro collega omonimo di stazza superiore. Quindi: Marco e Marchino. Marchino aveva la passione per i film. Quelli d'essai, quelli dei festival...quelli che di norma non li vuole vedere nessuno. A me piaceva accompagnarlo. Non tanto per vedere i film, ma per assistere alla sua passione per i film. Come si preparava quando si era in stagione del festival del cinema a Venezia!.. capace di dormire in stazione per non perdere un'anteprima. Insomma, Marchino era, e spero sia, un cinefilo di quelli puri. La sua passionaccia erano i russi. I registi. Sapeva a memoria titoli e titoli di film russi...
Col tempo avevamo notato che faceva colpo quando "parlava russo". Allora a volte mi prestavo al giochetto, lui di fronte a qualcuno, più spesso qualcuna, interessato faceva così en passant: "Dai chiedimi qualcosa che te lo traduco" e io mi inserivo "..See, tipo sono seduto sul ramo" e lui: "SEDIM NA KONARI..." e io: "...e mi sento bene?" e lui " facile: A JE MI DOBRE..".
Il titolo di un film cecoslovacco. Pure passabilmente divertente, Come possono essere divertenti i film cecoslovacchi degli anni '80. L'happy end si è fermato oltre cortina.
Sono seduto sul ramo e mi sento bene è il "nickname" della abat jour del Neanderthaliano. Non sapevo come posizionarla rispetto al letto e agli spazi un pò risicati dalla cassettiera. Poi l'ho avvolta al ramo che decora la testiera del talamo.
E lì sta. Bene. Seduta a penzoloni.
28 gennaio 2011
Dicono che poi ti mancano...
La bambolina fa lo yoga sul parquet. |
I disegni, a cera, a pennarello, a pastello con il fusto poligonale che i bimbi li maneggiano meglio (moltiplicare il prezzo per il numero degli angoli), coi colori lavabili...ma vuoi mettere l'effettone COI TRUCCHI della MAMMA?...E i nastri per i regali? Che belle briglie per i cavalli. Le cartoline che collezioni -meglio:collezionavi-? Oggi sono originali puzzles. Le foglie delle piante (quelle poche che resistono alle siccità imposte dal Neanderthaliano quando io sono via) sminuzzate e spiaccicate? "Mamma, ma sono le foglie di Bambù per i panda!!"...
Eppure, assicurano i genitori da più tempo di noi, dicono che tutto ciò ci mancherà moltissimo. Quando i "suoi" 5 anni, con i connaturati bisogno di manipolazione estrema e la naturale tendenza espansiva, saranno solo un lontano ricordo, non la stringente realtà.
PS: la bambolina della foto sembra morbida e inoffensiva. In realtà ha nervi d'acciaio. Che sbucano dalle paffute membra e penetrano nelle carni degli ignari passanti. Una forma di autodifesa "passiva" appresa, probabilmente, dalla visione di Toy Story.
25 gennaio 2011
Una mattina a Flingern.
Ecco Hoffeldstr. una mattina di gennaio,alle 10. |
Oggi il post lo scrive un'amica. Homage to Ddorf downtown:
Stamattina sono andata a prendere il caffe´ della Vince, la settimana e´ iniziata ottimamente. Si, nonostante il cielo grigio, nonostante questa pioggerellina umida che ti entra nelle ossa.
E´ iniziata, in maniera subdola, direi, ieri sera a casa tua. La piacevole cena, le parole scambiate, le foto suggestive di Bruno, tutto si e´ sedimentato. E stamattina cammino lenta, indolente, e non e´ da me, perennamente in fretta, per le strade di Flingern. Cammino e penso alla mia collega che venerdi´ mi disse ´non mi piace questa citta´, cosi´ chickymicky, anche il sostantivo usato sembra avere in naso in su. Cosi´ lontana dalla vita vera, cosi´ fredda e distante, grigia come il cielo che spesso la sovrasta. Io, invece, stamattina un passo dopo l´altro tra le strade di Hoffeldstrasse tra uno spazzino al lavoro, gli acquirenti mattutini dei discount e qualche papa´ frettoloso con prole intabarrata al seguito, ho sentito che Düsseldorf mi piace perche´ il suo cuore batte a Flingern.
Proprio qui, tra queste belle facciate, vetrine colorate con perline e prodotti in panno lenc, angoli sorprendenti e soffitti alti, loro si col naso in su a guardare il cielo ma anche con lo sguardo rivolto in basso a questa varia umanita´ che la vita, senza risparmiarsi, marchia solenne con il dolore e la fatica. E tu la vedi la vita, dappertutto tra le pance gonfie e i piedi (o sono solo le scarpe??) sformati, i volti segnati senza remore, i corpi vergati da ogni attimo passato a lottare per andare avanti. E tanti occhi scuri col sud dentro, profondo, lo leggevo quel girone dantesco dove dentro c´era di tutto ma anche il sole, la nostalgia, il sapore del caffe´ forte e nerissimo della vince (e quello me lo portavo io ), delle lucertole al sole, delle mani a toccare frutti maturi. E io me lo son dimenticato il cielo grigio, te lo assicuro. E me lo sono scordato perche´ uscita dalla casa della Vince la fioraia mi ha sorriso ed augurato il buongiorno, l´autista del tram mi ha atteso mentre correvo gli ultimi metri per raggiungere la porta.
Ho pensato alle foto di Bruno che in bianco e nero
avevano il colore di tutto quello che ci manca, il tricolore delle ore passate a sentirci parlare la nostra lingua, a ritrovare in quei baretti qualcosa che ci appartiene ma che appartiene anche a questi personaggi strani che salgono sul tram che li porta alla stazione dove sempre, come in tutte le stazioni, qualcosa ti spinge verso il basso, ti tira per la giacca e ti porta a vedere quello che non vorresti vedere, che vorresti negare ed allontanare. Non sono corsa a prendere il secondo tram, ho centellinato il percorso. E ho sottratto anche io i colori per vedere la poesia anche in questo strampalato mattino di gennaio in una stazione qualunque, tra passi strascicati e affrettati, tra mani curate e sfruttate, tra silenzi urlati e chiaccherio di nulla.
Per poter dire ´a rose is a rose is a rose´. A.
PS: Flingern fino a qualche anno fa era un malandato quartiere popolare incastrato tra 2 passanti ferroviari. Oggi è bohemien, le sue belle case Altbau (con i soffitti di 3metri! Mica come le moderne che va bene se raggiungono i 2.54mt) sono richiestissime da artisti, creativi, la solita accozzaglia trendy...Però è rimasto autentico. I bar smandruppati invogliano a fermarsi e guardare i passanti. Qui ci sono i passanti. Per esempio. E questo è peculiare a Ddorf,al di fuori del fazzoletto del centro storico. Ci sono negozietti di oggetti particolari,di nicchia...belli e irraggiungibili.Non solo per i costi, gli orari d'apertura cambiano ogni giorno, mai aperti prima delle 10 am, comunque...
23 gennaio 2011
Le mani in pasta.
Questa foto ritrae le mani di un'amica mentre prepara i "brutti ma buoni" a casa mia. Correva il 20 dicembre dell'anno scorso, giorno più giorno meno. In Germania è tradizione cucinare i biscottini di Natale. Si fanno anche all'asilo, a scuola coi bambini. E' una bella tradizione. Alcuni di noi, Italiani d'oltralpe, hanno deciso di rinnovare la tradizione proponendo una sfida. Tre ricette italiane e tre ricette tedesche. Vinca il più buono. E infatti hanno vinto, a furor di popolo, proprio i "brutti ma buoni". Nomina sunt numina.
Questa foto ha un altro significato, tutto personale. Ricorda un momento di adattamento al mondo circostante. Un momento positivo, in cui ho capito di esserne venuta in qualche modo a patti. Finalmente amici e amiche a casa mia per condividere insieme un'attività creativa...Per molto tempo mi sono sentita a Dusseldorf -con la dieresi sulla "u", mai capito come si procede adoperando una tastiera italiana- per molto tempo dicevo mi sono sentita in questa città come ospite in una sala d'attesa, comoda e anonima, di un aeroporto.
Poi mi hanno rubato la bicicletta sotto casa, cosa che nelle sale d'attesa di norma non succede...E da lì, tanti altri piccoli e grandi eventi mi hanno rivelato che oramai intorno si era creato un mondo noto, riconoscibile. Un paesaggio confortante fatto di abitudini, riti, rumori, itinerari, visi, incontri, luci, piogge, acquisti, negozi, passaggi di stagione, saluti, parcheggi, vegetazione, animali, locali...
Avevo le mani in pasta, insomma.
PS: per la ricetta delle Zimtsterne, una delle top three tedesche, guardate qui:
http://www.ilricettariodianna.com/2010/01/zimtsterne.html
Acqua, acqua...
Come perdersi per un bicchier d'acqua...La scorsa settimana in Altstadt, il centro di Dusseldorf, con Arianna, mia figlia. "Ho sete!". Ha sete. Cerchiamo una fontana. Per i bambini a Dusseldorf in disponibilità immediata e facilmente raggiungibile c'è tutto. Parchi, scivoli per lo skateboard, piste ciclabili, nelle librerie c'è sempre uno spazio loro dedicato dove possono consultare libri e giocare...Però provate a cercare una fontanella, una vedovella, un goccio d'acqua... Quella dei parchi è disponibile solo d'estate ( e la chiamano estate...) è gelida e non si beve. Almeno stando alla versione delle mamme che, infatti, girano Flaschedotate, sempre con la borraccia nel passeggino.
Cercare un bicchier d'acqua pubblico a Dusseldorf è come cercare un bagno pubblico in Italia. E la soluzione la stessa: entri in un bar chiedi un caffè e "giù" aggiungi la richiesta della toilette, "su" quella di un bicchier d'acqua per la bimba. Specificare sempre " vom Fass", "del rubinetto", che se no vi ritrovate il conto lievitato di almeno 3€!
Ps: noi invece siamo arrivate a un paio di fontane che ricordavo del centro. Esangui, elargivano solo poche gocce di dubbia potabilità...poi siamo arrivate al Reno che la settimana scorsa si presentava così:
http://www.youtube.com/watch?v=FhpkeGjAcFI
Arianna ha notato delle toilette aperte, siamo entrate. I locali, ricavati alla base della massicciata che protegge la città, erano allagati. E l'acqua dei rubinetti, ha assicurato mia figlia, "sapeva di Reno"...
Cercare un bicchier d'acqua pubblico a Dusseldorf è come cercare un bagno pubblico in Italia. E la soluzione la stessa: entri in un bar chiedi un caffè e "giù" aggiungi la richiesta della toilette, "su" quella di un bicchier d'acqua per la bimba. Specificare sempre " vom Fass", "del rubinetto", che se no vi ritrovate il conto lievitato di almeno 3€!
Ps: noi invece siamo arrivate a un paio di fontane che ricordavo del centro. Esangui, elargivano solo poche gocce di dubbia potabilità...poi siamo arrivate al Reno che la settimana scorsa si presentava così:
http://www.youtube.com/watch?v=FhpkeGjAcFI
Arianna ha notato delle toilette aperte, siamo entrate. I locali, ricavati alla base della massicciata che protegge la città, erano allagati. E l'acqua dei rubinetti, ha assicurato mia figlia, "sapeva di Reno"...
22 gennaio 2011
Eccoci.
La strada bianca di neve incalpestata. La casa, vuota, appena imbiancata. La pagina bianca non ancora vergata...La finestra, in bianco del primo post. Il mio primo blog!
Questo blog, nelle intenzioni, è un diario. Meglio, una raccolta di frammenti di vita.
E' l'ultimo anno a Dusseldorf. L'ultimo di quattro. L'ultimo di tante cose.
E la voglia, la necessità di raccontare la quotidianità è venuta proprio ora, dopo quattro anni, nel momento in cui la data del rientro in Italia è lì che mi fissa, cerchiata di rosso, sul Termin Kalender. E la quotidianità, da ora, mi appare in tutta la sua eccezionalità.
PS: Sono le 12 di sabato sera. Ed è eccezionale che faccia così tardi davanti al computer...
Questo blog, nelle intenzioni, è un diario. Meglio, una raccolta di frammenti di vita.
E' l'ultimo anno a Dusseldorf. L'ultimo di quattro. L'ultimo di tante cose.
E la voglia, la necessità di raccontare la quotidianità è venuta proprio ora, dopo quattro anni, nel momento in cui la data del rientro in Italia è lì che mi fissa, cerchiata di rosso, sul Termin Kalender. E la quotidianità, da ora, mi appare in tutta la sua eccezionalità.
PS: Sono le 12 di sabato sera. Ed è eccezionale che faccia così tardi davanti al computer...
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