"Ah, le donne italiane come sono eleganti! Anche quando vanno a fare la spesa." "Io sono sempre io, ma in Germania vengo considerata elegante, quando sono in Italia mi sento sempre fuori posto". "Uè che bella che sei, si vede che sei tornata dall'Italia..."
Tra i tanti luoghi comuni c'è anche questo. Che in Italia, indipendentemente da ricchi o poveri, città o campagna, Nord o Sud, in Italia le donne siano più curate, più attente, più femminili, più trendy.
Vero? Leggenda metropolitana?
Ci ho rimuginato. E questo è il distillato di tale lavorio di meningi. Tre cose tre:
la prima - la messa in piega professionale. Molto, molto più diffusa in Italia che in Germania (anche parecchio meno cara...una delle poche cosine!) dove, anche alle cene eleganti e agli eventi mondani, se ne può fare tranquillamente a meno. Sulle donne di una certa età, dai 40 in su fa una bella differenza d'impatto. Per la tinta poi. In Germania c'è un'assenza di bravi professionisti. O servono solo l'elite. O si concentrano sui flash effetto punk. Dal punto di vista del look i tedeschi sono rimasti folgorati dagli anni 70/80.
la seconda - gli abiti stirati. E' che in Germania si stira poco. E ci si abitua a un look un po' strapazzato. Fascinoso nei giovani, accettabile negli intellettuali alternativi chic tipo Flingern Nord. Ma anche qui... over 40 fa da amplificatore di rughe, rughette e piegotte varie.
la terza - il capo trendy. C'è sempre qualcuna in famiglia, la sorella, la mamma , la cognata, la collega che ti regala, ti passa, ti spinge a comperare il capetto della stagione. La berretta tricottata morbida che ti addolcisce i lineamenti, la catenina in strass che illumina il volto, il gingillo comprato al mercato che fa bella stagione, la camicia che con la tua gonna è la morte sua, lo stivale overknees...che ti slancia...anche non volendo insomma, la riattualizzazione è un fatto ambientale.
Poi..poi ci si mettono le Alpi. Che nessuno le cita mai, porelle, a proposito di moda, ma se non ci fossero loro, a filtrare perturbazioni e bloccare ventacci gelidi, col picio che si andrebbe in giro con gonne, vestitini, decolleté, fronzoli vari. La panoplia si ridurrebbe a stivalotti comodi con la para, pantaloni e look a cipolla. E addio stile italiano...
"Lassù nella Renania, tra anse e ponti d'or, tra l'aspre nubi echeggia un cantico d'amor..." Una montanara DOC racconta la sua Dusseldorf...E il suo rientro nel patrio stivale.
Autunno

E' un tramonto italiano ma a me ricorda Ddorf.
27 febbraio 2012
25 febbraio 2012
Cosa è la vacanza.
Al rientro da ddorf. Tutto bene.Tutti bene. Tutti bene davvero! Non c'è nessuno degli amici che ho incontrato che non stesse meglio di quando sono venuta via. Chi doveva cambiare casa l'ha cambiata, chi cercava lavoro l'ha trovato, chi attendeva un figlio l'ha avuto, chi doveva riscuotersi da una situazione insostenibile si è riscosso. A volte succede.
Il soggiorno a ddorf è stato un tourbillon di impegni, cene, rincorse a vedere più amici possibile. Con gli italiani è stato più facile il compattamento. Coi tedeschi non oso mai. Chiedere, cioè, se ci si incontra anche con altri amici, con gli altri genitori di asilo....E da tiepide indagini conoscitive ho scoperto che è meglio così. Non amano gli accumuli.
A ddorf mi sono rinfrancata, abbuffata, divertita...ma anche stancata. La mattina alzata pronta, tutto il giorno in giro. Ho scoperto che sì, i mezzi funzionano, ma senza macchina tutti gli spostamenti succhiano un sacco di tempo. E poi organizzare il carnet per la piccola principessa...un incubo. Tutto ciò mi ha fatto pensare a come è cambiata l'idea di vacanza. Per me. Niente più Guinnes di mete lontane, incontri e kermesse, esotismi e cultura, volontariato e ecologia, viaggi di approfondimento, zingarate con gli amici... oggi la vacanza è prima di tutto:
stacco dal quotidiano
dormire
scansione libera della giornata, mangiare quando voglio, poltrire nel letto con un buon libro
nessun obbligo verso nessuno, figli, mariti, parenti, amici...
organizzazione: no grazie
auto: stop
dovunque, meglio lontano da casa che è il regno dell'irrealizzato
aria aperta
camminare, comodi e leggeri
compagnia gradita...ma anche no!
Insomma, pronta per il prepensionamento...
Il soggiorno a ddorf è stato un tourbillon di impegni, cene, rincorse a vedere più amici possibile. Con gli italiani è stato più facile il compattamento. Coi tedeschi non oso mai. Chiedere, cioè, se ci si incontra anche con altri amici, con gli altri genitori di asilo....E da tiepide indagini conoscitive ho scoperto che è meglio così. Non amano gli accumuli.
A ddorf mi sono rinfrancata, abbuffata, divertita...ma anche stancata. La mattina alzata pronta, tutto il giorno in giro. Ho scoperto che sì, i mezzi funzionano, ma senza macchina tutti gli spostamenti succhiano un sacco di tempo. E poi organizzare il carnet per la piccola principessa...un incubo. Tutto ciò mi ha fatto pensare a come è cambiata l'idea di vacanza. Per me. Niente più Guinnes di mete lontane, incontri e kermesse, esotismi e cultura, volontariato e ecologia, viaggi di approfondimento, zingarate con gli amici... oggi la vacanza è prima di tutto:
stacco dal quotidiano
dormire
scansione libera della giornata, mangiare quando voglio, poltrire nel letto con un buon libro
nessun obbligo verso nessuno, figli, mariti, parenti, amici...
organizzazione: no grazie
auto: stop
dovunque, meglio lontano da casa che è il regno dell'irrealizzato
aria aperta
camminare, comodi e leggeri
compagnia gradita...ma anche no!
Insomma, pronta per il prepensionamento...
24 febbraio 2012
Quasi come la Santanchè.
Succede, ogni tanto di trovarsi dall'altra parte. Meglio, di capire di pensare come l'altra parte. Quella antipatica, di parte. Oh. Io stasera ho avuto pensieri come la Santanchè. Se si fosse trovata nella mia situazione, certo. La Santanchè la detesto ça va sans dire: coi suoi Cartier, il silicone, e gli occhi da bottegaia di mercato...
Ero alla presentazione di un libro. Di tale Belpoliti. Correlatore tale Barbetta. Professori universitari. Di sinistra. Appaiono e il sopraddetto è evidenza antropologica.
I professori hanno una sessantina d'anni, ma sono così, statue comportamentali, almeno dai loro late trenta. Corpi dimenticati, tic da studenti mai rilevati, tanto meno interpretati. Si presentano ringalluzziti, in divisa d'ordinanza. Quale divisa? Quella da professori di sinistra schierati, con magone da rinuncia a chissacchè...
Cioè: pantaloni a velluto a coste, con le pinces, maglione lasso in lana rasa, colori scuri, camicia frustra, sciarpotta, giacca ciancicata in fustagno o lana tweed.
Pedissequi fino ai piedi. Che calzano sempre e solo, clarks o sneakers comode effetto scarpa ortopedica.
Sette minuti di intervento e il Belpoliti stava già, come la povera Laika, divagando nello spazio intergalattico...e similmente a lei condannato al non ritorno su questa terra. Due degli astanti crollati dal sonno. Uno più fortunato, riverso sul pianoforte, ma stabile. L'altro, senza solido appoggio, con la testa ciondolante riprovava l'isocronismo delle piccole oscillazioni.
I due parlano, anzi si parlano, citano si eccitano... io sono inchiodata dallo spettacolo dei loro corpi torsolo; avvitati, asciugati, curvi...fermi. Le gambe perennemente accavallate con i poveri stinchi che penzolano mosci su rotule problematiche. Uno di qua, uno di là. Gli stinchi...e i professori. Ridono risate di fanciulle con la chiostra ingiallita dei loro denti; alitosi certa. Alitosi da prete, risate in falsetto da sagrestia.
Infatti, discorrendo, entrambi accennano alla loro educazione religiosa.
Due così tipici da sembrare falsi. Il mestiere, il look, l'atteggiamento, il comportamento, e adesso pure il côté religioso...
Li guardavo come li avrebbe guardati la Santanchè. Distacco e fredda incredulità.
Però un pensiero mio l'ho avuto, da concreta lombarda: chissà quanto ci costano, 'sti due, a noi contribuenti tutti.
Ero alla presentazione di un libro. Di tale Belpoliti. Correlatore tale Barbetta. Professori universitari. Di sinistra. Appaiono e il sopraddetto è evidenza antropologica.
I professori hanno una sessantina d'anni, ma sono così, statue comportamentali, almeno dai loro late trenta. Corpi dimenticati, tic da studenti mai rilevati, tanto meno interpretati. Si presentano ringalluzziti, in divisa d'ordinanza. Quale divisa? Quella da professori di sinistra schierati, con magone da rinuncia a chissacchè...
Cioè: pantaloni a velluto a coste, con le pinces, maglione lasso in lana rasa, colori scuri, camicia frustra, sciarpotta, giacca ciancicata in fustagno o lana tweed.
Pedissequi fino ai piedi. Che calzano sempre e solo, clarks o sneakers comode effetto scarpa ortopedica.
Sette minuti di intervento e il Belpoliti stava già, come la povera Laika, divagando nello spazio intergalattico...e similmente a lei condannato al non ritorno su questa terra. Due degli astanti crollati dal sonno. Uno più fortunato, riverso sul pianoforte, ma stabile. L'altro, senza solido appoggio, con la testa ciondolante riprovava l'isocronismo delle piccole oscillazioni.
I due parlano, anzi si parlano, citano si eccitano... io sono inchiodata dallo spettacolo dei loro corpi torsolo; avvitati, asciugati, curvi...fermi. Le gambe perennemente accavallate con i poveri stinchi che penzolano mosci su rotule problematiche. Uno di qua, uno di là. Gli stinchi...e i professori. Ridono risate di fanciulle con la chiostra ingiallita dei loro denti; alitosi certa. Alitosi da prete, risate in falsetto da sagrestia.
Infatti, discorrendo, entrambi accennano alla loro educazione religiosa.
Due così tipici da sembrare falsi. Il mestiere, il look, l'atteggiamento, il comportamento, e adesso pure il côté religioso...
Li guardavo come li avrebbe guardati la Santanchè. Distacco e fredda incredulità.
Però un pensiero mio l'ho avuto, da concreta lombarda: chissà quanto ci costano, 'sti due, a noi contribuenti tutti.
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ma chi me l'ha fatto fare...,
vita vera
16 febbraio 2012
Cerco lavoro.
Cerco lavoro. Chiamo gli interlocutori coi quali ho già lavorato bene (leggi: preventivi accettabili e pagamenti più o meno regolari) e dico che passo per un caffè, così per aggiornarsi.
L'imbarazzo è percepibile già al telefono (caffè? ma chi ha tempo per un caffè, abbiamo poi la macchinetta? vorrà mica le tazzine...)
Ma sono una delle poche donne del settore, per di più di una certa età. Poi mica se lo ricordano se sono legata a qualche cliente o a qualche fornitore, per tema di scontentarlo e per tutte le cose sopra...capitolano. Dopo un paio di procrastinamenti si concedono per la mezzoretta del caffè. Rassegnati.
Arrivo, bella giuliva. Entro, come va e stretta di mano. Si sta dove si sta, in genere all'ingresso, col cappotto, fissi e impalati come i supporti delle gondole.
Parliamo del più e del meno. Meglio: parlo del più e del meno. Lui, è sempre un lui, non ricorda mai esattamente quando abbiamo lavorato insieme: sì certo, abbiamo collaborato ma...ah eri in Germania, ma pensa, per vacanza? abbiamo lavorato anche da lì? davvero?...
Il cicaleccio intanto può infastidire i lavoranti, silenti, piegati sui loro computer con aria grave, che non hanno mosso un muscolo facciale da quando sono entrata.
Quindi ci si sposta in sala riunioni. E ci si siede. Finalmente.
Loro, i miei interlocutori, allo scadere del quarto d'ora soffrono visivamente. E' l'ora della fase due. Chiedo dell'agenzia, di quel progetto per le esigenze di comunicazione interna, e verso i clienti acquisiti di cui si parlava anni fa...fatto qualcosa?
Naturalmente no, non si ha tempo per pensarci, sì lo diciamo sempre, ma...poi siamo qui. Però l'interesse si è stimolato, adesso il boss chiama un paio di scagnozzi fedeli, gli impone di mollare la tastiera. Ecco, ti presento...e mi introduce con le stesse parole che ho usato prima per ricordare a lui chi cacchio fossi.
Fase tre. Il caffè della macchinetta, schifoso, che ho bevuto solo io, è terminato (gli altri se lo portano da casa, nel thermos). Riprendo il cappello, mi sistemo la sciarpa -il cappotto l'ho tenuto addosso, mica dare l'impressione di essere invadente. E poi la sala riunioni è gelida, serve quasi esclusivamente per depositarci il materiale di presentazione.
La fase tre esige la sintesi: sono qui, disposta a collaborazioni a tempo o a progetto. Fine. Sono pronta a sollevarmi dalla sedia e chiudere la visita. A quel punto il boss si scuote, fa un gesto tipo "sta bona lì stai", esce dalla sala e rientra accompagnato con la "piupina" di turno. La piupina, e non il piupino che in genere è una donna, ha l'aria sciapa, ma l'occhio vigile. La piupina appoggia sul tavolo un oggetto, il prodotto e comincia a sciorinare i pochi dati a disposizione affinché io quantifichi il preventivo. Urgentissimo. Ovvio.
Datemi un paio d'ore, faccio orante, va bene ma lascia il numero di telefono, sono ragionevolmente certa che l'avete...ah sì! l'abbiamo, hai ragione (e finalmente il capo ha la conferma che è vero, c'eravamo già visti)
L'imbarazzo è percepibile già al telefono (caffè? ma chi ha tempo per un caffè, abbiamo poi la macchinetta? vorrà mica le tazzine...)
Ma sono una delle poche donne del settore, per di più di una certa età. Poi mica se lo ricordano se sono legata a qualche cliente o a qualche fornitore, per tema di scontentarlo e per tutte le cose sopra...capitolano. Dopo un paio di procrastinamenti si concedono per la mezzoretta del caffè. Rassegnati.
Arrivo, bella giuliva. Entro, come va e stretta di mano. Si sta dove si sta, in genere all'ingresso, col cappotto, fissi e impalati come i supporti delle gondole.
Parliamo del più e del meno. Meglio: parlo del più e del meno. Lui, è sempre un lui, non ricorda mai esattamente quando abbiamo lavorato insieme: sì certo, abbiamo collaborato ma...ah eri in Germania, ma pensa, per vacanza? abbiamo lavorato anche da lì? davvero?...
Il cicaleccio intanto può infastidire i lavoranti, silenti, piegati sui loro computer con aria grave, che non hanno mosso un muscolo facciale da quando sono entrata.
Quindi ci si sposta in sala riunioni. E ci si siede. Finalmente.
Loro, i miei interlocutori, allo scadere del quarto d'ora soffrono visivamente. E' l'ora della fase due. Chiedo dell'agenzia, di quel progetto per le esigenze di comunicazione interna, e verso i clienti acquisiti di cui si parlava anni fa...fatto qualcosa?
Naturalmente no, non si ha tempo per pensarci, sì lo diciamo sempre, ma...poi siamo qui. Però l'interesse si è stimolato, adesso il boss chiama un paio di scagnozzi fedeli, gli impone di mollare la tastiera. Ecco, ti presento...e mi introduce con le stesse parole che ho usato prima per ricordare a lui chi cacchio fossi.
Fase tre. Il caffè della macchinetta, schifoso, che ho bevuto solo io, è terminato (gli altri se lo portano da casa, nel thermos). Riprendo il cappello, mi sistemo la sciarpa -il cappotto l'ho tenuto addosso, mica dare l'impressione di essere invadente. E poi la sala riunioni è gelida, serve quasi esclusivamente per depositarci il materiale di presentazione.
La fase tre esige la sintesi: sono qui, disposta a collaborazioni a tempo o a progetto. Fine. Sono pronta a sollevarmi dalla sedia e chiudere la visita. A quel punto il boss si scuote, fa un gesto tipo "sta bona lì stai", esce dalla sala e rientra accompagnato con la "piupina" di turno. La piupina, e non il piupino che in genere è una donna, ha l'aria sciapa, ma l'occhio vigile. La piupina appoggia sul tavolo un oggetto, il prodotto e comincia a sciorinare i pochi dati a disposizione affinché io quantifichi il preventivo. Urgentissimo. Ovvio.
Datemi un paio d'ore, faccio orante, va bene ma lascia il numero di telefono, sono ragionevolmente certa che l'avete...ah sì! l'abbiamo, hai ragione (e finalmente il capo ha la conferma che è vero, c'eravamo già visti)
Bene, ci sentiamo, guarda che è urgentissimo! E via, si corre "a fare truciolo".
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ma chi me l'ha fatto fare...,
vita vera
14 febbraio 2012
...Ah, lei è la signora tedesca!
Ma chi dice, io?
...E' lei no, quella che ha portato quel dolce scuro, tutto rotondo al mercatino di Natale?
Sì, il Baumkuchen, sono io, ma...
Quella della macchina, parcheggiata su, verdolina? Quella con la targa tedesca!
Eh, siamo un po' in ritardo con le pratiche, ma...
Glielo dicevo al mio marito, che si ricorda lei quel panettone basso e duro che ha portato la prima volta al pattinaggio dei bambini, con la maestra Sonia...
Lo Stollen?
Si, mi pare...che il tedesco sa, non lo capisco. Ma che buono!..
Siamo stati a Dusseldorf per qualche anno, e abbiamo imparato ad apprezzare...
Ah ecco...è lei di Dussendorf ! Certo, lo diceva la Iris, l'altra mamma di voi tedeschi, con la bambina in quarta.
L'ho conosciuta! L'ho cercata proprio per...
Eh, certo...anche tra voi vi troverete, con le vostre ricette e le vostre abitudini, come noi abbiamo le nostre...
E' così sto diventando la tedesca, senza mai aver imparato il tedesco.
:-)
...E' lei no, quella che ha portato quel dolce scuro, tutto rotondo al mercatino di Natale?
Sì, il Baumkuchen, sono io, ma...
Quella della macchina, parcheggiata su, verdolina? Quella con la targa tedesca!
Eh, siamo un po' in ritardo con le pratiche, ma...
Glielo dicevo al mio marito, che si ricorda lei quel panettone basso e duro che ha portato la prima volta al pattinaggio dei bambini, con la maestra Sonia...
Lo Stollen?
Si, mi pare...che il tedesco sa, non lo capisco. Ma che buono!..
Siamo stati a Dusseldorf per qualche anno, e abbiamo imparato ad apprezzare...
Ah ecco...è lei di Dussendorf ! Certo, lo diceva la Iris, l'altra mamma di voi tedeschi, con la bambina in quarta.
L'ho conosciuta! L'ho cercata proprio per...
Eh, certo...anche tra voi vi troverete, con le vostre ricette e le vostre abitudini, come noi abbiamo le nostre...
E' così sto diventando la tedesca, senza mai aver imparato il tedesco.
:-)
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ma chi me l'ha fatto fare...,
vita vera
10 febbraio 2012
Per me è l'amaca...
O forse le mele...fatto sta che a gennaio ho inviato a qualcuno dei miei conoscenti tedeschi qualche foto della nuova location, anche solo per non ammorbarli sempre con i resoconti di bimbi, scuole e esempi di sagacia infantile ...Oh. Tutti mi hanno scritto se passando in Italia, magari, vedi un pò, capitasse, si fermerebbero volentieri qualche giorno. Che per carità, open doors, ma...prima? In 4 anni mai successo.
Mai successo che i miei, sparuti, contatti tedeschi manifestassero intenzioni di condivisione vacanza... macché vacanza, anche solo di condivisione di un pomeriggio...Sempre io a sollecitare incontri, cene, occasioni.
C'ho pensato. Per me è questa la foto che ha fatto scattare la voglia di Italian voyage:
Mai successo che i miei, sparuti, contatti tedeschi manifestassero intenzioni di condivisione vacanza... macché vacanza, anche solo di condivisione di un pomeriggio...Sempre io a sollecitare incontri, cene, occasioni.
C'ho pensato. Per me è questa la foto che ha fatto scattare la voglia di Italian voyage:
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sulla germania senza esagerare,
vita vera
9 febbraio 2012
Corsi e ricorsi...
Ieri un amico ha citato la ritorcitura neolitica. Così, iperbolicamente, come un'assurdità alla Crozza Bersani. Presente quando comincia con i tormentoni dei: "Ma ragassi, siam mica qui a contare i puntini delle coccinelle.."
Ecco. Quando si deve identificare un'attività inutile, improbabile io faccio ricorso all'uncinetto acrobatico. Che la ritorcitura neolitica esiste. Mi ha appassionato per un annetto circa. Il porta aglio che penzola in cucina risale a quel periodo. Nasce come astuccio penico (appena scarico le foto che ho sul cellulare lo riprendo e lo mostro. In tutto il suo turgore.)
Ripensando alle fugaci passioni, balzane, della mia vita, ecco a cosa mi sono appassionata in Germania.
La lana cotta o Walkwolle. Qui cascano -quasi- tutte. Berretti, borse, babbucce... Non c'è via a Ddorf che non abbia un angolo dedicato a queste goffe cosucce d'altri tempi. Anche da noi! basta frequentare i mercatini shabby chic, ecofriendly, artigiani...
Allora, un giorno con l'amica spagnola siamo andate da una signora, considerata un portento nel circolo delle "mani di fata". Un posto in c...ai lupi. Una casa triste, affastellata di oggetti di ogni tipo. In una sala umida, un tavolone centrale. Sul tavolone tre bacinelle piene d'acqua fredda, tante quante noi malcapitate, tre grattugge di legno grezzo, semi immerse, e tre tocchi di sapone di Marsiglia. Scelti i bioccoli di lana colorata, e alè...via a strofinare. Anzi a follare, in gergo tecnico.
Cinque ore al freddo e le mani rosse e ghiacce per produrre un baghet sbilenco e un malconcio fiore a guisa di coperchio. Pagato pure una mezza fortuna. Da allora appena intravedo penzolare uno di questi ammennicoli da zampognaro, mi volto dall'altra parte. Mi vengono i geloni.
Dopo la lana cotta, le collane fai da te. La buona bigiotteria in Germania è rara. E cara. Anche i gioielli, in realtà...le ragazze si sfogano creando i loro monili. Con un'altra amica siamo andate a un workshop. Ricordo di aver aspettato un pò. Fuori dal negozio. Sempre al freddo, ovvio. Ecco il negozio:
Poi è arrivata la mani di fata di turno. Giapponese, stavolta. L'inizio è stato intrigante. Comporre la sfera centrale, con gli strass, scegliere i nastrini ton sur ton, fare i nodini per fermarli...ma arrivati al fermaglio..che patimento. Allora, le chiusure standard proposte erano pacchiane, ci stava qualcosa di meno vistoso.
La Jap ha afferrato il mio gingillo, l'ha nobilitato con un nodo bellissimo, complessissimo, irriproducibile. Poi me lo ha restituito con l'incarico di agganciarci tre o quattro sferette in similargento per chiudere la composizione...Arghh! Pinzetta, lucetta da orafo, le pallette che schizzavano di qua e di là...L'amica, lei paziente, ha portato a compimento l'opera. Io no.
Morale, tra il tempo perso e i soldi spesi, materiale e stage, forse ci stava una bella collana nuova. In Italia ;-)
Ma tra tutte, l'attività più ridicola e, considerando i risultati, più frustrante che mi sono impegnata a fare, per ingannare il tempo e conoscere gente nuova è proprio questa:
E' così. C'aggia dovuto fa pe' socializza'...
Ecco. Quando si deve identificare un'attività inutile, improbabile io faccio ricorso all'uncinetto acrobatico. Che la ritorcitura neolitica esiste. Mi ha appassionato per un annetto circa. Il porta aglio che penzola in cucina risale a quel periodo. Nasce come astuccio penico (appena scarico le foto che ho sul cellulare lo riprendo e lo mostro. In tutto il suo turgore.)
Ripensando alle fugaci passioni, balzane, della mia vita, ecco a cosa mi sono appassionata in Germania.
La lana cotta o Walkwolle. Qui cascano -quasi- tutte. Berretti, borse, babbucce... Non c'è via a Ddorf che non abbia un angolo dedicato a queste goffe cosucce d'altri tempi. Anche da noi! basta frequentare i mercatini shabby chic, ecofriendly, artigiani...
Allora, un giorno con l'amica spagnola siamo andate da una signora, considerata un portento nel circolo delle "mani di fata". Un posto in c...ai lupi. Una casa triste, affastellata di oggetti di ogni tipo. In una sala umida, un tavolone centrale. Sul tavolone tre bacinelle piene d'acqua fredda, tante quante noi malcapitate, tre grattugge di legno grezzo, semi immerse, e tre tocchi di sapone di Marsiglia. Scelti i bioccoli di lana colorata, e alè...via a strofinare. Anzi a follare, in gergo tecnico.
Cinque ore al freddo e le mani rosse e ghiacce per produrre un baghet sbilenco e un malconcio fiore a guisa di coperchio. Pagato pure una mezza fortuna. Da allora appena intravedo penzolare uno di questi ammennicoli da zampognaro, mi volto dall'altra parte. Mi vengono i geloni.
Dopo la lana cotta, le collane fai da te. La buona bigiotteria in Germania è rara. E cara. Anche i gioielli, in realtà...le ragazze si sfogano creando i loro monili. Con un'altra amica siamo andate a un workshop. Ricordo di aver aspettato un pò. Fuori dal negozio. Sempre al freddo, ovvio. Ecco il negozio:
Poi è arrivata la mani di fata di turno. Giapponese, stavolta. L'inizio è stato intrigante. Comporre la sfera centrale, con gli strass, scegliere i nastrini ton sur ton, fare i nodini per fermarli...ma arrivati al fermaglio..che patimento. Allora, le chiusure standard proposte erano pacchiane, ci stava qualcosa di meno vistoso.
La Jap ha afferrato il mio gingillo, l'ha nobilitato con un nodo bellissimo, complessissimo, irriproducibile. Poi me lo ha restituito con l'incarico di agganciarci tre o quattro sferette in similargento per chiudere la composizione...Arghh! Pinzetta, lucetta da orafo, le pallette che schizzavano di qua e di là...L'amica, lei paziente, ha portato a compimento l'opera. Io no.
Morale, tra il tempo perso e i soldi spesi, materiale e stage, forse ci stava una bella collana nuova. In Italia ;-)
Ma tra tutte, l'attività più ridicola e, considerando i risultati, più frustrante che mi sono impegnata a fare, per ingannare il tempo e conoscere gente nuova è proprio questa:
E' così. C'aggia dovuto fa pe' socializza'...
8 febbraio 2012
Serie B.
Poche cose danno il riscontro, inappellabile, che l'Italia è un paese di serie b come i luoghi di aggregazione. Il centro dove Ari prende lezioni di violino, comunale, dal nome coraggioso di "Vivace" è uno sfacelo. Una grande teca di cemento sgretolato, con le scale d'accesso sbreccate, le porte delle aule che non chiudono -sedie accostate sostituiscono le maniglie.
Non c'è una plafoniera delle luci a posto, i caloriferi sono appena appoggiati ai muri. Guai appoggiarvisi sopra. Tende strappate, arredo di risulta, il trionfo dell'impiallacciato povero. Un divano sfondato qui, una fila di sedie da cinema là...tutti trovatelli!
Il guardaroba è una barra di metallo con gli omini in plastica, aggrappati come a sfuggire dal naufragio. Vetri rotti alle finestre. E polvere quinquennale, ubiqua.
Poco meglio i locali per le attività sportive. Tralasciando le palestre delle scuole (e le luci al neon trapanapalpebre, gli impianti di riscaldamento effetto woofer trapanatimpani...) trattasi di stanze umide e fredde, dal pavimento di mattonelle o graniglia algida, luci sparate, spifferi assassini.
Insomma è così. In fondo cosa pretendiamo. Coi pochi spiccioli che paghiamo di tasse....
Non c'è una plafoniera delle luci a posto, i caloriferi sono appena appoggiati ai muri. Guai appoggiarvisi sopra. Tende strappate, arredo di risulta, il trionfo dell'impiallacciato povero. Un divano sfondato qui, una fila di sedie da cinema là...tutti trovatelli!
Il guardaroba è una barra di metallo con gli omini in plastica, aggrappati come a sfuggire dal naufragio. Vetri rotti alle finestre. E polvere quinquennale, ubiqua.
Poco meglio i locali per le attività sportive. Tralasciando le palestre delle scuole (e le luci al neon trapanapalpebre, gli impianti di riscaldamento effetto woofer trapanatimpani...) trattasi di stanze umide e fredde, dal pavimento di mattonelle o graniglia algida, luci sparate, spifferi assassini.
Insomma è così. In fondo cosa pretendiamo. Coi pochi spiccioli che paghiamo di tasse....
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ma chi me l'ha fatto fare...,
vita vera
6 febbraio 2012
Di compleanni, diplomazie, razzismi e inappuntabili logiche infantili.
Scene di ordinario tran tran.
Mi chiama una mamma e mi chiede se posso tenerle la bimba nel pomeriggio. " No problem, so che vanno al compleanno di Andrea. Poi passo a prenderle io". "Compleanno? Oddio, Gre non ha l'invito". "Ah..."
Come faccio a portare Ari al compleanno, dire a Gre che non è invitata e pure che non sta con Ari né con la mamma, ma con me? Getto la spugna. "Mmmh...Sai forse meglio se cerchi un'altra soluzione." Lascio la mamma in gramaglie, poi mi richiama e mi dice che non ha alternative, se posso ritirarla io la bimba, lei le parlerà, le spiegherà la cosa.
Vado a prendere le bimbe. Davanti alla scuola c'è, toh!, giusto la mamma di Andrea, una cubana di coscia guizzante e sorriso accogliente. Non la conosco bene, ma mi avvicino e le spiego la situazione. Sai, sarebbe tutto così semplice se anche Gre venisse alla festa. Lei trasecola: "Ma nessun problema, figurati. Guarda che è lei che non ha voluto l'invito. L'ha strappato sotto gli occhi di Andrea, c'è rimasto malissimo".
Andiamo tutte alla festa, mangiamo, cantiamo, giochiamo,salutiamo, ringraziamo. Poi a casa, approfittando di un attimo d'intimità: Gre, è vero che non volevi andare al compleanno di Andrea? Sì, è vero. Mi dici perché? Proprio non mi piace. Ti fa dei dispetti? No, non mi piace lui, la sua pelle...è nera. Attimo di panico. Solo un attimo.
Pensa che a me piace proprio tanto la pelle mulatta, come quella che ha Andrea. A me no...e neanche alla mia mamma...- Ora. Conosco la mamma di Gre. Non mi pare proprio la persona che possa pensare una cosa del genere. - Replico: La tua mamma? Ma vah! Ti sbagli. Certo! pensa che lei Andrea lo chiama cioccolatino! Ma è un modo di dire affettuoso, dolce. Macché...lo sai un segreto? A mia mamma i cioccolatini... fanno schifo!
E adesso?
Mi chiama una mamma e mi chiede se posso tenerle la bimba nel pomeriggio. " No problem, so che vanno al compleanno di Andrea. Poi passo a prenderle io". "Compleanno? Oddio, Gre non ha l'invito". "Ah..."
Come faccio a portare Ari al compleanno, dire a Gre che non è invitata e pure che non sta con Ari né con la mamma, ma con me? Getto la spugna. "Mmmh...Sai forse meglio se cerchi un'altra soluzione." Lascio la mamma in gramaglie, poi mi richiama e mi dice che non ha alternative, se posso ritirarla io la bimba, lei le parlerà, le spiegherà la cosa.
Vado a prendere le bimbe. Davanti alla scuola c'è, toh!, giusto la mamma di Andrea, una cubana di coscia guizzante e sorriso accogliente. Non la conosco bene, ma mi avvicino e le spiego la situazione. Sai, sarebbe tutto così semplice se anche Gre venisse alla festa. Lei trasecola: "Ma nessun problema, figurati. Guarda che è lei che non ha voluto l'invito. L'ha strappato sotto gli occhi di Andrea, c'è rimasto malissimo".
Andiamo tutte alla festa, mangiamo, cantiamo, giochiamo,salutiamo, ringraziamo. Poi a casa, approfittando di un attimo d'intimità: Gre, è vero che non volevi andare al compleanno di Andrea? Sì, è vero. Mi dici perché? Proprio non mi piace. Ti fa dei dispetti? No, non mi piace lui, la sua pelle...è nera. Attimo di panico. Solo un attimo.
Pensa che a me piace proprio tanto la pelle mulatta, come quella che ha Andrea. A me no...e neanche alla mia mamma...- Ora. Conosco la mamma di Gre. Non mi pare proprio la persona che possa pensare una cosa del genere. - Replico: La tua mamma? Ma vah! Ti sbagli. Certo! pensa che lei Andrea lo chiama cioccolatino! Ma è un modo di dire affettuoso, dolce. Macché...lo sai un segreto? A mia mamma i cioccolatini... fanno schifo!
E adesso?
Un'ora per il giorno della memoria.
Questo è toccante. Guardatelo quando avete un'ora di tempo. E lasciatevi scorrere le parole dentro...Che stupida! L'invito all'ascolto, per una volta, non serve. Le parole di questo intervento di Liliana Segre sono grimaldelli (dal germanico: kram...ah, le parole).
http://www.youtube.com/watch?v=hxwZrf-Xiq0&feature=related
http://www.youtube.com/watch?v=hxwZrf-Xiq0&feature=related
Ma in Germania invece, anche.
Siamo sotto il sortilegio dello spread. I bund tedeschi sono il riferimento. E da qui tutto a seguire: "In Germania è meglio...in Germania invece...i tedeschi, loro sì...ah! le lavatrici tedesche..."
Sì. Tutto vero. Ma poi quando ci sei vissuta, in Germania, e mica ere fa, certe informazioni ti sembrano gigantomachie giornalistiche. Esempio? Da Santoro, Servizio Pubblico, si parla del nero. Il nero spicciolo, di lezioni private e colf. Tutti a battere il mea culpa, giù il copino pronto a farselo cospargere di cenere...Chissà cosa succede in Germania?
In Germania le colf -putzfrau- si pagano in nero e le lezioni private idem. Tra "là" e "qua", la differenza è che là le colf costano di più, 10/12€ all'ora, e le insegnanti meno: 18/24€ all'ora e l'ora è di 45 minuti.
E uno.
Due. La raccomandazione, meglio la forma pulita che è la segnalazione. In Italia la segnalazione è prassi, ma la si considera un mezzo poco consono ad un mondo del lavoro evoluto. Là non solo la si fa. La si sollecita e la si paga pure! Acclaro. Se i dipendenti di un'azienda, di un reparto suggeriscono la persona giusta da inserire al posto vacante, e la persona è quella giusta, si trovano in busta paga un +1000€. Mica paglia. Il principio è che l'azienda risparmia in agenzie interinali, recruiting e cacciatori di teste...nessuno meglio di chi lavora sa briffare il neo-candidato, quindi non c'è da far perdere ore lavoro a qualcuno per questo incarico.
Tutti felici e contenti e segnalati.
C'è ben altro, che in Germania non è tutta affidabilità quella che luccica...
Sì. Tutto vero. Ma poi quando ci sei vissuta, in Germania, e mica ere fa, certe informazioni ti sembrano gigantomachie giornalistiche. Esempio? Da Santoro, Servizio Pubblico, si parla del nero. Il nero spicciolo, di lezioni private e colf. Tutti a battere il mea culpa, giù il copino pronto a farselo cospargere di cenere...Chissà cosa succede in Germania?
In Germania le colf -putzfrau- si pagano in nero e le lezioni private idem. Tra "là" e "qua", la differenza è che là le colf costano di più, 10/12€ all'ora, e le insegnanti meno: 18/24€ all'ora e l'ora è di 45 minuti.
E uno.
Due. La raccomandazione, meglio la forma pulita che è la segnalazione. In Italia la segnalazione è prassi, ma la si considera un mezzo poco consono ad un mondo del lavoro evoluto. Là non solo la si fa. La si sollecita e la si paga pure! Acclaro. Se i dipendenti di un'azienda, di un reparto suggeriscono la persona giusta da inserire al posto vacante, e la persona è quella giusta, si trovano in busta paga un +1000€. Mica paglia. Il principio è che l'azienda risparmia in agenzie interinali, recruiting e cacciatori di teste...nessuno meglio di chi lavora sa briffare il neo-candidato, quindi non c'è da far perdere ore lavoro a qualcuno per questo incarico.
Tutti felici e contenti e segnalati.
C'è ben altro, che in Germania non è tutta affidabilità quella che luccica...
Spesa per la crucchetta.
"La nostalgia della tua terra comincia dallo stomaco." Che Guevara.
Niente di più comprovabile. L'altro giorno, dopo tre passati in casa causa neve, al supermercato per la spesa. Ho comprato: pane di segale integrale, a fette, quello umidiccio che quando lo scarti sa di caramello e acido della pasta madre. Burro tedesco, va bene anche il Lurpack danese, salato, Philadelfia, cetrioli e peperoni, mele renette (quanto di più prossimo alle boskoop, che non si trovano) succo di mela non pressato (costosissimo!...in Germania lo trovi a 79centesimi il litro!)
Sabato, dopo una bella slittata, ho preparato il brunch ad Arianna...era al massimo della felicità!
'sta crucchetta...
Niente di più comprovabile. L'altro giorno, dopo tre passati in casa causa neve, al supermercato per la spesa. Ho comprato: pane di segale integrale, a fette, quello umidiccio che quando lo scarti sa di caramello e acido della pasta madre. Burro tedesco, va bene anche il Lurpack danese, salato, Philadelfia, cetrioli e peperoni, mele renette (quanto di più prossimo alle boskoop, che non si trovano) succo di mela non pressato (costosissimo!...in Germania lo trovi a 79centesimi il litro!)
Sabato, dopo una bella slittata, ho preparato il brunch ad Arianna...era al massimo della felicità!
'sta crucchetta...
1 febbraio 2012
Sulla morte, senza esagerare.
Wislawa Szymborska non è più con noi , da poche ore. Domani si scriveranno fiumi di parole, stasera vorrei mandare un pensiero speciale a una grande donna. Per tutti gli attimi di eternità che la sua poesia ci ha concesso di vivere.
Sulla morte, senza esagerare
Non s'intende di scherzi,
stelle, ponti, tessitura, miniere, lavoro dei campi,
costruzione di navi e cottura di dolci.
Quando conversiamo del domani
intromette la sua ultima parola
a sproposito.
Non sa fare neppure ciò
che attiene al suo mestiere:
né scavare una fossa,
né mettere insieme una bara,
né rassettare il disordine che lascia.
Occupata a uccidere,
lo fa in modo maldestro, senza metodo né abilità.
Come se con ognuno di noi stesse imparando.
Vada per i trionfi,
ma quante disfatte,
colpi a vuoto
e tentativi ripetuti da capo!
A volte le manca la forza
di far cadere una mosca in volo.
Più di un bruco
la batte in velocità.
Tutti quei bulbi, baccelli,
antenne, pinne, trachee,
piumaggi nuziali e pelame invernale
testimoniano i ritardi
del suo svogliato lavoro.
La cattiva volontà non basta
e perfino il nostro aiuto con guerre e rivoluzioni
è, almeno fin ora, insufficiente.
I cuori battono nelle uova. Crescono gli scheletri dei neonati.
Dai semi spuntano le prime due foglioline,
e spesso anche grandi alberi all'orizzonte.
Chi ne afferma l'onnipotenza
è lui stesso la prova vivente
che essa onnipotente non è.
Non c'è vita
che almeno per un attimo
non sia immortale.
La morte
è sempre in ritardo di quell'attimo.
Invano scuote la maniglia
d'una porta invisibile.
A nessuno può sottrarre
il tempo raggiunto.
Da una mail di un'amica. Grazie.
26 gennaio 2012
43- Ho imparato a fare la spesa da Aldi
Pesco a caso tra i punti condivisi dell'elenco del post precedente. Ah, per correttezza: http://memy89.wordpress.com/2012/01/24/sessione-desami/ (sempre questa soggezione a citare il blog di qualcuno. Dimentico che se c'è un blog è per farsi leggere, e più lo leggono meglio è...in questo, come già detto non ho ancora risolto il conflitto tra raccontare e raccontarmi, indi trasferisco la mia pruderie sugli altri blogger, in genere ben più disinvolti).
Chiuso, via. Ah! E mutatis mutandis rispetto all'originale Lidl=Aldi.
Aldi in Germania è un'istituzione. Aldi nord e Aldi sud sono proprietà di due fratelli. I più ricchi contribuenti tedeschi. Aldi era sinonimo di prodotti di bassa qualità a bassissimo costo. Esempio negativo di come si possa mangiare male solo per risparmiare qualche euro...Tipico da -certi- tedeschi.
Layout basic, scatoloni aperti e lasciati a terra, con gli avventori che ci pescano dentro fino ad esaurimento scorte, stagionalità dei prodotti, primoprezzo. Da qualche tempo, almeno da quando siamo atterrati in teutonialand, Aldi si è arricchito di linee di prodotti di qualità. La cucina italiana, per esempio, ma anche una linea bio e i freschi, carne, verdura e frutta e, a rotazione, persino deli da tutto il mondo. Cosa resta del vecchio Aldi?
L'allestimento scarno, le luci al neon che rendono tutto poco appetitoso, la logica del prezzo rasoterra, la rapidità schizofrenica delle cassiere, la loro indisponenza. Già normalmente le procedure alle casse sono accelerate rispetto all'Italia. Le merci devono sparire dal banco nel giro di pochi secondi. Il banco dove staziona la spesa alle casse è ridotto. Non più di 40cm (presente i nostri? una pista d'atterraggio!). In genere la gente prepara il contante contato. Così che non ci si cincischia nel raggiungere la borsa, ravanare alla ricerca del borsellino, e guarda se ci sono i soldi, ti cade la carta di credito, poi cerchi il bancomat e via discorrendo...I vecchi sono ancora più pedanti dei giovani. Al contrario che da noi. Poi le borse sono ben predisposte all'accoglienza sul carrello. Piccoli incoraggiamenti allo smaltimento veloce.
Ma da Aldi la cosa raggiunge il parossismo di Tempi Moderni. Una volta una commessa, chiaramente infastidita dalla mia "lentezza", mi ha rovesciato i prodotti direttamente nel carrello e non si è fermata neppure quando, per lo spostamento dei gravi in caduta libera, il carrello si è discostato dalla cassa così che tutto cadeva fragorosamente a terra...A quel punto sono scoppiata a ridere, la scena era comica, una risata che in Germania spesso sortisce degli effetti positivi (in Italia invece il più delle volte viene presa come risata di scherno,quindi esaspera). Ecco. Allora, e solo allora, si è fermata...
Ah, la spesa da Aldi...un'altra di quelle cose che NON mi mancherà della Germania...
Chiuso, via. Ah! E mutatis mutandis rispetto all'originale Lidl=Aldi.
Aldi in Germania è un'istituzione. Aldi nord e Aldi sud sono proprietà di due fratelli. I più ricchi contribuenti tedeschi. Aldi era sinonimo di prodotti di bassa qualità a bassissimo costo. Esempio negativo di come si possa mangiare male solo per risparmiare qualche euro...Tipico da -certi- tedeschi.
Layout basic, scatoloni aperti e lasciati a terra, con gli avventori che ci pescano dentro fino ad esaurimento scorte, stagionalità dei prodotti, primoprezzo. Da qualche tempo, almeno da quando siamo atterrati in teutonialand, Aldi si è arricchito di linee di prodotti di qualità. La cucina italiana, per esempio, ma anche una linea bio e i freschi, carne, verdura e frutta e, a rotazione, persino deli da tutto il mondo. Cosa resta del vecchio Aldi?
L'allestimento scarno, le luci al neon che rendono tutto poco appetitoso, la logica del prezzo rasoterra, la rapidità schizofrenica delle cassiere, la loro indisponenza. Già normalmente le procedure alle casse sono accelerate rispetto all'Italia. Le merci devono sparire dal banco nel giro di pochi secondi. Il banco dove staziona la spesa alle casse è ridotto. Non più di 40cm (presente i nostri? una pista d'atterraggio!). In genere la gente prepara il contante contato. Così che non ci si cincischia nel raggiungere la borsa, ravanare alla ricerca del borsellino, e guarda se ci sono i soldi, ti cade la carta di credito, poi cerchi il bancomat e via discorrendo...I vecchi sono ancora più pedanti dei giovani. Al contrario che da noi. Poi le borse sono ben predisposte all'accoglienza sul carrello. Piccoli incoraggiamenti allo smaltimento veloce.
Ma da Aldi la cosa raggiunge il parossismo di Tempi Moderni. Una volta una commessa, chiaramente infastidita dalla mia "lentezza", mi ha rovesciato i prodotti direttamente nel carrello e non si è fermata neppure quando, per lo spostamento dei gravi in caduta libera, il carrello si è discostato dalla cassa così che tutto cadeva fragorosamente a terra...A quel punto sono scoppiata a ridere, la scena era comica, una risata che in Germania spesso sortisce degli effetti positivi (in Italia invece il più delle volte viene presa come risata di scherno,quindi esaspera). Ecco. Allora, e solo allora, si è fermata...
Ah, la spesa da Aldi...un'altra di quelle cose che NON mi mancherà della Germania...
25 gennaio 2012
Cosa ho imparato in 4 anni in Germania.
Il titolo l'ho rubato. Da una blogger ventenne, più o meno presumo, dopo un'esperienza Erasmus in Germania. Ecco l'elenco suo in versione integrale, in neretto le esperienze che sento di condividere:
- Ho imparato a parlare tedesco
- *Ho imparato a lavare i piatti senza farmi la doccia
- *Ho imparato ad usare Skype
- *Ho imparato a sentirmi orgogliosa di essere italiana
- *Ho imparato a bere litri e litri di birra senza ubriacarmi
- *Ho imparato a scegliere in fretta cosa ordinare al ristorante
- *Ho imparato le linee dei tram di Dresda
- *Ho imparato a scrivere un testo argomentativo in inglese
- *Ho imparato ad aprire e chiudere contratti di telefono, internet e affitto in tedesco
- *Ho imparato che l’Italia è l’unico Paese europeo dove Andrea è un nome maschile
- *Ho imparato ad immatricolarmi in un’università estera
- *Ho imparato che niente è per sempre
- *Ho imparato cos’è la nostalgia
- *Ho imparato che se vai a ballare con la tuta non importa, conta divertirsi
- *Ho imparato che l’autostrada tedesca non ha limiti di velocità nè caselli
- *Ho imparato che gli uomini sono incomprensibili indipendentemente dalla nazionalità
- *Ho imparato a scrivere in tedesco senza dizionario
- *Ho imparato a modificare la lingua di inserimento degli sms in 5 nanosecondi
- *Ho imparato a dire “cin cin” in tutte le lingue europee
- *Ho imparato a prendere l’aereo da sola
- *Ho imparato a viaggiare da sola
- *Ho imparato a fare colazione
- *Ho imparato ad incazzarmi
- *Ho imparato a ricredermi sulle persone, dopo averle conosciute meglio
- *Ho imparato che in Germania non è tutto così oro come sembra
- *Ho imparato a distinguere le diverse birre e le diverse salsicce
- *Ho imparato che anche i treni tedeschi a volte fanno ritardo
- *Ho imparato a mangiare un kebab senza rovesciarmelo addosso
- *Ho imparato ad apprezzare le cose belle in mezzo alla miseria
- *Ho imparato molto sulla storia della DDR
- *Ho imparato come sono le feste tedesche e i locali tedeschi
- *Ho imparato cos’è un Vorparty
- *Ho imparato una forza che non credevo di avere per andare avanti
- *Ho imparato quando piangere e quando smettere
- *Ho imparato a prepararmi in 5 minuti
- *Ho imparato a non aver paura di parlare con sconosciuti
- *Ho imparato quando smettere di bere
- *Ho imparato a fumare il narghilè
- *Ho imparato ad usare Megavideo
- *Ho imparato a prendere appunti in tedesco
- *Ho imparato a tradurre con metodo
- *Ho imparato a volermi bene
- *Ho imparato a fare la spesa al Lidl
- *Ho imparato quanto sia bello tornare a casa dopo mesi lontani
- *Ho imparato che per chi ti vuole bene la distanza non conta, loro ci sono
- *Ho imparato di chi fidarmi e di chi no
- *Ho imparato a dormire in una stanza singola
- *Ho imparato ad essere fredda e razionalizzare le espressioni d’affetto (tipico atteggiamento tedesco XD)
- *Ho imparato a studiare in un’università estera
- *Ho imparato come funziona l’università in Germania
- *Ho imparato che non tutti i ristoranti italiani all’estero sono buoni
- *Ho imparato che in Germania c’è pieno di italiani
- *Ho imparato a darmi da fare per cercare libri per la tesi
- *Ho imparato a capire film interi in tedesco
- *Ho imparato che non è vero che in Erasmus tutti fanno sesso con tutti
- *Ho imparato che non è vero che l’Erasmus bisogna farlo da single
- *Ho imparato che voglio Starbucks e Nordsee in Italia
- *Ho imparato la puntualità
- *Ho imparato che a volte basta una chiacchierata per abbattere anni di pregiudizi
- *Ho imparato solo 3 parolacce in tedesco
- *Ho imparato a viaggiare con poco peso
- *Ho imparato quanto sia bello riabbracciare e persone
- *Ho imparato cosa siano gli addii
- *Ho imparato a declinare gli aggettivi senza pensarci 5 minuti
- *Ho imparato a prendere decisioni importanti da sola
- *Ho imparato a chiedere
- *Ho imparato cosa vuol dire dividere una cucina con altre 7 persone
- *Ho imparato a capire cosa voglio da me stessa e dagli altri, a chiederlo e a ottenerlo
- *Ho imparato ad organizzarmi
- *Ho imparato a non perdere un attimo dei 6 mesi che ho vissuto
- *Ho imparato ad andare all’università alle 9, dopo aver fatto festa fino alle 4 del mattino
- *Ho imparato ad aggiornare un blog regolarmente
- *Ho imparato per cosa vale la pena arrabbiarsi e a non prendermela per le bambinate
- *Ho imparato a lasciarmi andare
- *Ho imparato il carpe diem
- *Ho imparato che l’università tedesca su tante cose è più avanti della nostra
- *Ho imparato a risparmiare
- *Ho imparato che le occasioni vanno colte sennò le perdi (o magari le prende qualcun altro)
- *Ho imparato che un sorriso a volte vale più di mille parole
- *Ho imparato ad amare la neve e i mercatini di Natale
- *Ho imparato ad uscire sempre senza dizionarietto
- *Ho imparato nuove strade, conosciuto nuovi luoghi, apprezzato nuove compagnie
- *Ho imparato che i tedeschi bevono un sacco
- *Ho imparato a non bere mai più vodka polacca
- *Ho imparato ad apprezzare il silenzio
- *Ho imparato che in Erasmus gli amici sono una famiglia
- *Ho imparato a non lamentarmi
- *Ho imparato a fare e spedire pacchi
- *Ho imparato ad essere essenziale
- *Ho imparato che non tutti i biondi sono belli XD
- *Ho imparato a bere il caffè americano
- *Ho imparato a tenere un’agenda
- *Ho imparato ad apprezzare le salse
- *Ho imparato a mangiare la pasta come contorno
- *Ho imparato cos’è il vero freddo
- *Ho imparato a conoscermi meglio
- *Ho imparato a spingermi dove non credevo di poter mai arrivare
- *Ho imparato a cercare offerte di voli, treni, autobus
- *Ho imparato a non perdere nessuna festa
- *Ho imparato che quest’Erasmus mi ha cambiata, maturata e cresciuta
L'elenco si divide in tre fonti d'ispirazione. Una legata alla tipica esperienza Erasmus (e qui non ravvedo sovrapposizioni); una all'esperienza da expat, lontano da casa; una legata agli aspetti dei tedeschi visti dagli italiani. Che non li metti a fuoco finché non ci sei, da italiana in Germania... Alcuni punti meritano, a mio parere, una spiegazione più diffusa...tipo il due: "Ho imparato a lavare i piatti senza farmi la doccia."
In Germania il monolavello in cucina è la regola. Alla richiesta del perché, anche con spazio a disposizione, anche a fronte di disponibilità economiche, si rinunci alla vistosa comodità del doppio lavello la risposta è sempre la stessa: abbiamo la lavastoviglie. E qui si apre tutto un mondo di quesiti..ma la frutta la lavano mai? ma la lavastoviglie la movimentano anche solo per risciacquare le tazze la mattina (risposta:no, che l'acqua costa cara) e non capita mai di lavare qualcosa che in lavastoviglie non ci sta (quasi mai e comunque nel caso non la si risciacqua dal detersivo...) Conclusione. E' un'altra delle schizofrenie tedesche.
Il resto a dopo....
22 gennaio 2012
Quelle scalette che tu mi fai far...
Sapete quei depliant da stampa litografica, i rossi e i blu sparacchiati, i dettagli delle foto fuori registro...ne ho scovato uno, qualche tempo fa, dedicato alle scalette di Bergamo, con descrizione degli itinerari. Che poi il testo era la parte vincente di questi pieghevoli. Tutto un fiorire di prose rotonde, citazioni dotte, inviti alla distensione e alla contemplazione delle meraviglie artistiche della nostra città....le cartine erano, erano...sono!, invece assolutamente approssimative, cara grazia che ci siano, e le indicazioni pratiche, assolutamente random.
Le Lonely Planet erano di là da venire.
Oggi ho preso la cinguetta, sfuggito il pranzo domenicale coi nonni, che poi, cara grazia numero due, bene che ne circolino ancora quattro, ma il dribbling si fa doppio...scarpe comode, borraccetta, mela e via! Con il nostro vetusto depliant sottobraccio su per le scalette di Bergamo.
Lasciata la macchina in zona piscine, che io ricordavo sempre sgombra, invece oggi ci sono pure i parcheggiatori abusivi...non lasciando la mancia ho persino temuto ritorsioni...abbiamo iniziato con la scaletta delle More. Dove abitava il primo moroso di mia sorella. Sempre stata oculata nello sceglierli ben strutturati. Lungimirante!
Da lì, salendo, è sceso un mare di ricordi. Non so davvero quando è stata l'ultima volta in Città Alta per scalette (ce ne sono diverse, ma le più tipiche, che attraversano ville e orticelli e gradoni collinari offrendo viste "mozzafiato" sulla parte monumentale della città, "cartoline nelle cartolina", sono queste occidentali.)
Mò cerco le foto -i virgolettati sono tratti dal depliant, un mito dell'ispirazione turistica romantica...
Eccone una, di primavera...
E un'altra,tanto per ribadire.
Dopo le More: lo Scorlazzino e lo Scorlazzone, dai nomi tanto giocondi. In realtà -leggo- erano attrezzi da macellaio. Le scalette ai tempi miei erano passaggi angusti, i muri deformi accoglievano rovi e ortiche, d'inverno si scivolava sul ghiaccio, d'estate la fanghiglia scoraggiava romantiche passeggiate. Erano buie e prescelte dai "maniaci" per condividere con le ignare ragazzine la vista dei loro pregiati gioielli...Noi, ragazzine, le evitavamo, ma a volte ci arrischiavamo perché da lì "si faceva prima" ad arrivare a scuola.
Una volta "su" in San Vigilio, all'arrivo dello Scorlazzone, si può solo scendere al passeggio di Città Alta, che oggi era traboccante di gente. Avevo promesso ad Ari un gelato e così siamo entrate nella pasticceria dove andavo sempre. I ricordi sono diventati "papillari". Sapevo esattamente il sapore di quei panini con la crema di pollo, di quelle frittelline ripiene di crema, della crostata alla frutta...che lì la tagliano a fette molto oblique come per le potature o i gambi dei fiori recisi...l'effetto è spettacolare.
"Lì" è qui:
Il pomeriggio sportivo ha lasciato il posto a quello culturale, al Teatro sociale, che ricordavo in splendida decadenza. Invece è stato restituito alla città in una rinnovata aggraziata versione ottocentesca. Tutto giusto ma...come mi manca il vecchio teatro, l'odore di legno, le sue macchine, i palchi sfregiati da un antico incendio, il buio sinistro oltre il loggione...
...La rappresentazione era una versione di "La bella addormentata nel Bosco". Niente di più appropriato, per me, oggi.
Le Lonely Planet erano di là da venire.
Oggi ho preso la cinguetta, sfuggito il pranzo domenicale coi nonni, che poi, cara grazia numero due, bene che ne circolino ancora quattro, ma il dribbling si fa doppio...scarpe comode, borraccetta, mela e via! Con il nostro vetusto depliant sottobraccio su per le scalette di Bergamo.
Lasciata la macchina in zona piscine, che io ricordavo sempre sgombra, invece oggi ci sono pure i parcheggiatori abusivi...non lasciando la mancia ho persino temuto ritorsioni...abbiamo iniziato con la scaletta delle More. Dove abitava il primo moroso di mia sorella. Sempre stata oculata nello sceglierli ben strutturati. Lungimirante!
Da lì, salendo, è sceso un mare di ricordi. Non so davvero quando è stata l'ultima volta in Città Alta per scalette (ce ne sono diverse, ma le più tipiche, che attraversano ville e orticelli e gradoni collinari offrendo viste "mozzafiato" sulla parte monumentale della città, "cartoline nelle cartolina", sono queste occidentali.)
Mò cerco le foto -i virgolettati sono tratti dal depliant, un mito dell'ispirazione turistica romantica...
Eccone una, di primavera...
E un'altra,tanto per ribadire.
Dopo le More: lo Scorlazzino e lo Scorlazzone, dai nomi tanto giocondi. In realtà -leggo- erano attrezzi da macellaio. Le scalette ai tempi miei erano passaggi angusti, i muri deformi accoglievano rovi e ortiche, d'inverno si scivolava sul ghiaccio, d'estate la fanghiglia scoraggiava romantiche passeggiate. Erano buie e prescelte dai "maniaci" per condividere con le ignare ragazzine la vista dei loro pregiati gioielli...Noi, ragazzine, le evitavamo, ma a volte ci arrischiavamo perché da lì "si faceva prima" ad arrivare a scuola.
Una volta "su" in San Vigilio, all'arrivo dello Scorlazzone, si può solo scendere al passeggio di Città Alta, che oggi era traboccante di gente. Avevo promesso ad Ari un gelato e così siamo entrate nella pasticceria dove andavo sempre. I ricordi sono diventati "papillari". Sapevo esattamente il sapore di quei panini con la crema di pollo, di quelle frittelline ripiene di crema, della crostata alla frutta...che lì la tagliano a fette molto oblique come per le potature o i gambi dei fiori recisi...l'effetto è spettacolare.
"Lì" è qui:
Il pomeriggio sportivo ha lasciato il posto a quello culturale, al Teatro sociale, che ricordavo in splendida decadenza. Invece è stato restituito alla città in una rinnovata aggraziata versione ottocentesca. Tutto giusto ma...come mi manca il vecchio teatro, l'odore di legno, le sue macchine, i palchi sfregiati da un antico incendio, il buio sinistro oltre il loggione...
...La rappresentazione era una versione di "La bella addormentata nel Bosco". Niente di più appropriato, per me, oggi.
21 gennaio 2012
Hallo!
Nuovo anno. Quest'anno ho deciso di cambiare tante cose, rispetto ai precedenti inizi d'anno. Prima fra tutte niente più lista dei buoni propositi. Ci sono talmente tante fonti di frustrazioni, inutile aggiungerne. E niente più planning per organizzare vita, ferie e spostamenti. Con l'età l'istinto si è auto-regolato. Come con la sveglia.
Quando è già puntata, qualcosa mi fa svegliare qualche minuto prima dell'allarme. Una volta, dovendo rientrare in Italia da Ddorf, forse proprio due anni fa quando Neanderthal e prole rimasero tre giorni a rimbalzare come palline di flipper tra gli aeroporti dei due Paesi, causa neve...
...Dovendo raggiungerli, mi svegliai la mattina del volo alle 4.45 constatando, con sgomento, che l'allarme delle 5 era disinserito.
Quando è il tempo di fare le cose, viaggi, vacanze, tac...mi attivo a tempo debito. Più o meno. Ma più che se l'avessi programmato.
Il post però approfitta del saluto di inizio d'anno per parlare di un'altra cosa. Ci sono parole che assumono significati affatto diversi dai loro propri, se usate in un contesto colloquiale e in certe situazioni dialogiche. In inglese si chiamano particles. In Italiano..non lo so che ho trovato solo il termine inglese.
Una particle tedesca di particolare effetto è, appunto, "Hallo!"
Sì, vuole dire ciao. E fin qui...Si dice un sacco anche "ciao!", come in italiano. Ma solo quando te ne vai, che se lo usi quando incontri una persona ti guardano male (tra l'altro "ciao!" lo pronunciano benissimo. Così bene che viene facile pensare che chi lo dica sappia anche tutto il resto. Poi controllando l'etimologia salta fuori che effettivamente pare derivi da "Tschüss!" tedesco. Che vuole dire, ça va sans dire: "ciao!")
Hallo pronunciato: "Halòòò", con la mano davanti al volto come per proteggersi da un riverbero insidioso e rivolto a un'altra persona invece significa: "..Azz stai facendo, cretino!"
Sì, sì. Proprio così. Tagli la strada a un ciclista, per esempio, quello frena bruscamente, tira su la manina di taglio, ti guarda e fa: " Halòòò!"
Mica avevo capito, all'inizio. E io rispondevo bella giuliva, sorridendo rasserenata di una reazione tanto accomodante, malgrado le mie evidenti malefatte: "Hallò, good morning!"
Ricordo una coppia anziana che al mio gongolante saluto rimase letteralmente impietrita. Immobili come statue di sale. Che non è mica facilissimo sconcertare i tedeschi!
Poi come sempre, tutte queste espressioni idiomatiche, tanto suonano assurde all'inizio tanto facilmente poi ti restano dentro.
Si apprende come i bambini, se le parole si associano a particolari stati emotivi, le ricordi meglio.
http://german.about.com/library/weekly/aa010806a.htm
Quando è già puntata, qualcosa mi fa svegliare qualche minuto prima dell'allarme. Una volta, dovendo rientrare in Italia da Ddorf, forse proprio due anni fa quando Neanderthal e prole rimasero tre giorni a rimbalzare come palline di flipper tra gli aeroporti dei due Paesi, causa neve...
...Dovendo raggiungerli, mi svegliai la mattina del volo alle 4.45 constatando, con sgomento, che l'allarme delle 5 era disinserito.
Quando è il tempo di fare le cose, viaggi, vacanze, tac...mi attivo a tempo debito. Più o meno. Ma più che se l'avessi programmato.
Il post però approfitta del saluto di inizio d'anno per parlare di un'altra cosa. Ci sono parole che assumono significati affatto diversi dai loro propri, se usate in un contesto colloquiale e in certe situazioni dialogiche. In inglese si chiamano particles. In Italiano..non lo so che ho trovato solo il termine inglese.
Una particle tedesca di particolare effetto è, appunto, "Hallo!"
Sì, vuole dire ciao. E fin qui...Si dice un sacco anche "ciao!", come in italiano. Ma solo quando te ne vai, che se lo usi quando incontri una persona ti guardano male (tra l'altro "ciao!" lo pronunciano benissimo. Così bene che viene facile pensare che chi lo dica sappia anche tutto il resto. Poi controllando l'etimologia salta fuori che effettivamente pare derivi da "Tschüss!" tedesco. Che vuole dire, ça va sans dire: "ciao!")
Hallo pronunciato: "Halòòò", con la mano davanti al volto come per proteggersi da un riverbero insidioso e rivolto a un'altra persona invece significa: "..Azz stai facendo, cretino!"
Sì, sì. Proprio così. Tagli la strada a un ciclista, per esempio, quello frena bruscamente, tira su la manina di taglio, ti guarda e fa: " Halòòò!"
Mica avevo capito, all'inizio. E io rispondevo bella giuliva, sorridendo rasserenata di una reazione tanto accomodante, malgrado le mie evidenti malefatte: "Hallò, good morning!"
Ricordo una coppia anziana che al mio gongolante saluto rimase letteralmente impietrita. Immobili come statue di sale. Che non è mica facilissimo sconcertare i tedeschi!
Poi come sempre, tutte queste espressioni idiomatiche, tanto suonano assurde all'inizio tanto facilmente poi ti restano dentro.
Si apprende come i bambini, se le parole si associano a particolari stati emotivi, le ricordi meglio.
http://german.about.com/library/weekly/aa010806a.htm
28 dicembre 2011
Mi manca Dusseldorf?
A domanda, reale, di una amica:
E' tutt'oggi che il mio pensier volge alla tua domanda: "Mi manca Dusseldorf?"
E' tutt'oggi che il mio pensier volge alla tua domanda: "Mi manca Dusseldorf?"
...
Sì, no...Come mi è difficile risponderti. Mi mancano tutte le cose che vorrei ci fossero in Italia, a cominciare dal verde pubblico,ciclabili, giardini nelle scuole, luoghi di aggregazione belli e funzionali...ma questo forse è qualcosa che avrei pensato lo stesso di qualunque città tedesca.
Venendo a me, alla mia vita e a quanto non sappiamo definire e che -forse- nutre la nostra voglia di fare, di creare...penso che a Dusseldorf mi mancasse qualcosa.
Certo, in una città straniera con una bimba piccola (siamo arrivati che Ari aveva 2 anni) senza il supporto del tuo net parentale c'è poco spazio per distrarsi e per divertirsi, molto meno che in una normale situazione supportata, pure se vivi a Enna.... E le mamme d'Italia,vivaddio che ci sono neh!, ma il 95%dei discorsi che s'imbastiscono riguardano esclusivamente famiglia, prole, scuola, casa...mariti quando si va sul piccante.
No, non sto parlando di questo. Proprio della città, intendo. E della cultura relazionale della città. Probabilmente avrei avuto bisogno di conoscere perfettamente la lingua...però non ne sono sicura che le amiche che la conoscono perfettamente poi se devono fare una bella risata,o hanno davvero bisogno d'aiuto chissà perché collassano sempre "tra di noi". O se ne tornano a casa. In Italia. Già. Chissà perché.
Il Reno non mi è mai piaciuto, un'autostrada d'acqua torbida, e adesso che ci penso non ho mai trovato un luogo dove fosse -per me- davvero piacevole passeggiare a lungo, il sottofondo continuo e onnipresente del traffico veicolare mi ha sempre fatto percepire la sinteticità del verde urbano (nei laghetti intorno alla città, come in foresta. Troverai solo un punto dove non si sentono autostrade, ti sfido a scovarlo!)...
Ecco! Gli alberi, così alti, grossi, verdi e forti...Quelli mi mancano profondamente. E il silenzio della domenica mattina, quasi sacro, e le candele dei Martinszug. I bulbi in sboccio delle domeniche primaverili, alcuni giorni di primavera quasi finti tanto sono lucidi e l'erba sembra irradiare colore...Le vecchie signore impettite eleganti, altere e i loro gesti spezzati, le nuvole che corrono, gli uccelli migratori che sfrecciano nel cielo plumbeo e "fanno la magia" come diceva Ari...
Gli amici. Mi mancano i miei amici.
27 dicembre 2011
Sette balle sui tedeschi...
Sette che è pure un numero esoterico:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/12/27/piazza-grande-euro-sette-balle-sui-tedeschi/180063/
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/12/27/piazza-grande-euro-sette-balle-sui-tedeschi/180063/
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