"Lassù nella Renania, tra anse e ponti d'or, tra l'aspre nubi echeggia un cantico d'amor..." Una montanara DOC racconta la sua Dusseldorf...E il suo rientro nel patrio stivale.
Autunno

E' un tramonto italiano ma a me ricorda Ddorf.
28 febbraio 2013
Ognuno ha i suoi metodi.
4-8-12-16-20-24-28-32-36-40
Brava Ari, la numerazione del 4 la sai benissimo....
Grazie mami....
Quella del 5?
0-5-10-15...
Bene. Del 2?
0-2-4-6...
Brava!
Del 3?
No. Quella non la ripasso. Tanto il 3 lo usiamo pochissimo.
!?!
23 febbraio 2013
Parti intime, logica conseguenza.
"Mamma, perchè il seno è una parte intima, non serve a dare da mangiare ai bambini?"
"Sì, infatti non dappertutto è considerata una parte intima, in Brasile no, in molte zone africane no..."
"Uhm... e allora quali sono le parti intime!"
"In genere le parti del corpo che i maschi non hanno delle femmine e viceversa..."
"Uhm...Quindi la barba è una parte intima?"
...
-E che le vuoi dire?
"Sì, infatti non dappertutto è considerata una parte intima, in Brasile no, in molte zone africane no..."
"Uhm... e allora quali sono le parti intime!"
"In genere le parti del corpo che i maschi non hanno delle femmine e viceversa..."
"Uhm...Quindi la barba è una parte intima?"
...
-E che le vuoi dire?
21 febbraio 2013
I veri problemi.
Certo, è banale. Le disgrazie altrui
sollevano dalle proprie. Specie se c'è una sproporzione tra le due.
A me è successo ieri, di consolarmi così, con un gran pugno nello
stomaco.
Sì ha preso tutto da mia moglie!
Il piccolo invece si vede che è distratto...
No, non è distratto, è che...che si sta spegnendo.
SI STA SPEGNENDO. Ma che dice. Lui riprende:
La foto è stata scattata prima di andare in onda su Rai Uno, la trasmissione sulle malattie rare...
Malattie rare?
Adesso sembra un poco irritato, ma io non so di che parla e ho stampato in faccia un punto di domanda grande così...sì, mio figlio ha una malattia genetica, - dice il nome, mai sentito- capita solo se entrambi i genitori sono portatori sani e mica sempre, dipende, infatti il primo dei figli è portatore sano, il secondo invece...no, non si può determinare prima del parto, solo se hai casi in famiglia ti fanno la mappatura del Dna. La spiegazione deve essere per lui come un mantra, ripetuta chissà quante volte, adesso infatti sembra più disteso.
Da qualche tempo a fine lezione, ogni tanto, il prof di yoga
ci propina un documentario, per riflettere. Credo.
L'occasione si colora di un momento
gastronomico, ognuno porta qualcosa da spizzicare e da bere,
rigorosamente veg e alcolfree.
Sembriamo scolari in gita culturale, ci
mettiamo tutti lì buoni buoni, la sala dove si pratica è un
auditorium o cosa simile comunque le sedie non mancano e sono pure di
ottima fattura, indi belle pese che ogni volta doverle impilare, o
disimpilare, ti comprometti la schiena...
Bon, ristorati e assettati in penombra
ci sorbiamo il pistolotto di turno. Sono documentari vecchiotti, pure nel
montaggio, con immagine e commento didascalico (presente? Immagine di
cervello, che pirla su se stesso come la ballerina dei carillon e
testo che recita: “il cervello umano è composto da 4
fantastiliardi di terminazioni nervose”. E qui parte tutto uno
sberluccichio di lucette pulsanti esemplificatrici dell'attività
neuronale, che la mia si stanca solo a vederle...) No, quello che mi
godo veramente sono le spigolature, i look degli intervistati, i
collettoni, le giacchine di renna, le demo ante computer grafica,
così lutulente che sembrano create per i Teletubbies.
... ecco, premessa esaurita, iersera
prima che iniziasse la proiezione, mi scappa l'occhio sullo
screensaver del pc dell'insegnante, l'unico veramente convinto
dell'utilità di queste serate. Sull'immagine ci sono lui, lei, due
fantoli nel mezzo, uno guarda in macchina l'altro è ripiegato sul
fianco, il volto un poco assente. I figli.
Bello il tuo primo...Sì ha preso tutto da mia moglie!
Il piccolo invece si vede che è distratto...
No, non è distratto, è che...che si sta spegnendo.
SI STA SPEGNENDO. Ma che dice. Lui riprende:
La foto è stata scattata prima di andare in onda su Rai Uno, la trasmissione sulle malattie rare...
Malattie rare?
Adesso sembra un poco irritato, ma io non so di che parla e ho stampato in faccia un punto di domanda grande così...sì, mio figlio ha una malattia genetica, - dice il nome, mai sentito- capita solo se entrambi i genitori sono portatori sani e mica sempre, dipende, infatti il primo dei figli è portatore sano, il secondo invece...no, non si può determinare prima del parto, solo se hai casi in famiglia ti fanno la mappatura del Dna. La spiegazione deve essere per lui come un mantra, ripetuta chissà quante volte, adesso infatti sembra più disteso.
Il linguaggio oggettivo, con
l'approfondimento scientifico su come l'umanità proceda per
selezione ha il potere di rilassarlo, anch'io bevo dal freddo e
confortante mare della trattazione medica, che quel “si sta
spegnendo” mi è arrivato dritto non so dove, ma ha fatto
male...Come fanno male le frasi: quando ce l'hanno detto abbiamo
pianto una settimana abbracciati io e mia moglie...che ti fa male è
vedere la sua frustrazione, quando prima riusciva a salire sul divano
e ora non capisce perché non ci riesce e ci prova, ci prova...
Insomma, ero gnecca per le mie quattro
racole, il lavoro che non riparte, il progetto della casa, gli amici
che hanno perso il lavoro, ora mi sento proprio un'idiota. Peggio:
irriconoscente, una vera vanificatrice di talenti.
19 febbraio 2013
Fare, pensare, votare...
Per una serie di motivi io non c'ero, ma mi sarebbe piaciuto partecipare:
http://www.youtube.com/watch?v=KkYlSg-21ho
Un Flash mob nella mia città, già questo, banalmente, dà il segno del cambiamento...ma più ancora sconvolgente la partecipazione: tanti maturi e distinti signori cinquantenni e signore acconciamente vestite. Eh, la rivoluzione dei new media è silenziosa e indolore, ma pervasiva, sovvertitrice di abitudini e comportamenti.
http://www.youtube.com/watch?v=KkYlSg-21ho
Un Flash mob nella mia città, già questo, banalmente, dà il segno del cambiamento...ma più ancora sconvolgente la partecipazione: tanti maturi e distinti signori cinquantenni e signore acconciamente vestite. Eh, la rivoluzione dei new media è silenziosa e indolore, ma pervasiva, sovvertitrice di abitudini e comportamenti.
Mamma son tanto felice, che sei a cinque minuti da me...
Sempre a dire: "eh la Germania... in
Germania invece...nei paesi seri, come in Germania..." Spesso è
vero. Quando si arriva, ah che sollievo le strade ben asfaltate, la
segnaletica parca e funzionale, i begli alberi cicci dalle fronde
distese, alti e orgogliosi. Senza scendere, meglio “salire”, in
cose come l'occupazione giovanile, l'affidabilità dei servizi, le
infrastrutture, ecc, ecc ecc
Però un conto è parlare un conto è viverci, in Germania. Sulle grandi piccole cose della vita di ognuno, ecco che spuntano asperità, soprattutto per gli expat senza supporto familiare. Pauca res, ma per per chi c'incappa diventano macigni.
910 euro è quanto si spende a Ddorf per un asilo nido a tempo pieno, al mese, se la mamma deve/decide di rientrare al lavoro prima del compimento di due anni del bimbo.
Qualche asilo normale ha posti anche per i piccoletti, ma sono rari e ricercati. Indi l'alternativa è il privato. E non è il tetto massimo, 900 euro.
Ai Villa Luna, una catena particolarmente in ne chiedono 1400.
(Nessuna Tages mutter è attivabile per un tempo pieno, e le badanti a pensione, soluzione molto praticata in Italia da chi può, pare non siano diffuse...che ai tedeschi non piaccia avere estranei per casa?)
Bon. Ai 900 euro, la coppia che lavora deve aggiungere un contributo alla baby sitter che si occupa di ritirare il bimbo, qualche volta la settimana e stare con lui in caso di contrattempi, chiusure dell'istituto o uscite anticipate...
All'ora sono 10 euro. Minimo.
Che altro? Se il bimbo si ammala. I pur generosi 10 gg. di permesso annui consentiti al genitore vengono rapidamente assorbiti. L'asilo ti chiama per ritirare il bimbo prima del tempo, anche per un orzaiolo o l'indizio di una banale pediculosi...
Allora la soluzione ideale, qui come lì, è sempre una: la cara vecchia famiglia d'origine.
Nel caso specifico, due amici con pupetto di un anno e mezzo. mammetta ha preso il suo bel volo dalla Francia per recarsi ad assistere il nipote e supportare la figliola e il genero.
Succede anche nell'efficientissima, moderna, invidiatissima Germania.
Però un conto è parlare un conto è viverci, in Germania. Sulle grandi piccole cose della vita di ognuno, ecco che spuntano asperità, soprattutto per gli expat senza supporto familiare. Pauca res, ma per per chi c'incappa diventano macigni.
910 euro è quanto si spende a Ddorf per un asilo nido a tempo pieno, al mese, se la mamma deve/decide di rientrare al lavoro prima del compimento di due anni del bimbo.
Qualche asilo normale ha posti anche per i piccoletti, ma sono rari e ricercati. Indi l'alternativa è il privato. E non è il tetto massimo, 900 euro.
Ai Villa Luna, una catena particolarmente in ne chiedono 1400.
(Nessuna Tages mutter è attivabile per un tempo pieno, e le badanti a pensione, soluzione molto praticata in Italia da chi può, pare non siano diffuse...che ai tedeschi non piaccia avere estranei per casa?)
Bon. Ai 900 euro, la coppia che lavora deve aggiungere un contributo alla baby sitter che si occupa di ritirare il bimbo, qualche volta la settimana e stare con lui in caso di contrattempi, chiusure dell'istituto o uscite anticipate...
All'ora sono 10 euro. Minimo.
Che altro? Se il bimbo si ammala. I pur generosi 10 gg. di permesso annui consentiti al genitore vengono rapidamente assorbiti. L'asilo ti chiama per ritirare il bimbo prima del tempo, anche per un orzaiolo o l'indizio di una banale pediculosi...
Allora la soluzione ideale, qui come lì, è sempre una: la cara vecchia famiglia d'origine.
Nel caso specifico, due amici con pupetto di un anno e mezzo. mammetta ha preso il suo bel volo dalla Francia per recarsi ad assistere il nipote e supportare la figliola e il genero.
Succede anche nell'efficientissima, moderna, invidiatissima Germania.
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sulla germania senza esagerare,
vita vera
18 febbraio 2013
Time flies
Conversazione tra amiche, al centro
quella che, dopo un paio di rendez vous con un amante si 'interroga sul
perché il figuro abbia preso il largo:
“Non è che l'hai spaventato?”
“Forse ti ha visto su Facebook con quel sorriso ammiccante e il vestito tutto scollato...”
“ O magari gli hai parlato del tuo ex...”
“ Non dirmi che l'hai coccolato dopo l'amore, lo sai che a loro non piace...”
“Sì, li fa sentire sotto pressione”
Un attimo e sovrappongo l'immagine dello stesso crocicchio con le stesse donne però un paio di decenni fa, tipo da ragazze ventenni:
“Non è che l'hai deluso?”
“Magari il profilo su Facebook, con quel sorriso da foto di liceale in gita alla sua mamma”
“Gli hai parlato vero dei tuoi ex?”
“No, non dirmi che ti ha coccolato dopo l'amore e tu hai detto no basta...”
“Certo, lo sai che li fa sentire rifiutati...”
Così, ricordi lontani...
http://www.youtube.com/watch?v=p8jm61vk2Ao
“Non è che l'hai spaventato?”
“Forse ti ha visto su Facebook con quel sorriso ammiccante e il vestito tutto scollato...”
“ O magari gli hai parlato del tuo ex...”
“ Non dirmi che l'hai coccolato dopo l'amore, lo sai che a loro non piace...”
“Sì, li fa sentire sotto pressione”
Un attimo e sovrappongo l'immagine dello stesso crocicchio con le stesse donne però un paio di decenni fa, tipo da ragazze ventenni:
“Non è che l'hai deluso?”
“Magari il profilo su Facebook, con quel sorriso da foto di liceale in gita alla sua mamma”
“Gli hai parlato vero dei tuoi ex?”
“No, non dirmi che ti ha coccolato dopo l'amore e tu hai detto no basta...”
“Certo, lo sai che li fa sentire rifiutati...”
Così, ricordi lontani...
http://www.youtube.com/watch?v=p8jm61vk2Ao
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ma chi me l'ha fatto fare...,
nostalgia,
vita vera
14 febbraio 2013
Cuore. Infranto.
Oggi San Valentino, ho questionato con
tutti gli uomini con cui ho dialogato...Non c'è male, una celebrazione anticonvenzionale...
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ma chi me l'ha fatto fare...,
vita vera
Paese che vai, usanze che -ti- ritrovi.
Così è. La cultura che ti ospita ti
dilava. Piano, piano.
Io e la
mamma tedesca della scuola di Ari stiamo diventando amiche. Prima l'interesse mio per la
lingua, poi le bimbe che vanno d'accordo tra loro, la sua grande è
persino diventata la baby sitter di Ari quando vado a yoga...
Quest'anno lei ha perso il
padre. Io la mamma. Viviamo di emozioni condivisibili. Oggi vado a
ritirare da lei la Ari, che non sta bene, non ancora e uffa 'sti virus
malefici... una settimana di arresti domiciliari...ma questa è un
altra storia.
Funf minuten di gioco richiedono le
bimbe a gran voce. "Drei!" Rispondo io secca. Io, poi.
E via, ci sediamo in tinello, io e la Iris. Chiedo
di sua mamma, ora vedova, lei di mio papà, ora vedovo...mi mostra le foto
di suo padre, dagli anni '60 in avanti, un omone grande e sorridente,
accanto una moglie austera.
Ecco le
cartoline di condoglianze, tanto diverse dalle nostre...Le loro, tedesche, sono serene,
gioiose...di solito riportano immagini di un elemento naturale, il
torrente, gli alberi... metafora dei cicli della
vita...A volte qualche strofa poetica ispirata al tema della nuova esistenza.
Tutto in colori chiari, primaverili...Parte il mio elogio sperticato.
Anche solo i colori, dico, da noi siamo ancora ai tetri
paludamenti barocchi, viola e nero, marrone sangue
rappreso per i più up to date... mi blocco che la vedo trastullarsi con una immaginetta, un po' titubante me la mostra. Nooo!
Il classico santino dei morti, con il volto sorridente del defunto in
b/n, un po' sgranato che è un ingrandimento di un originale di
piccolo formato, accanto c'era la moglie ma è stata scapitozzata e
di lei resta solo una inspiegabile spalla bianca. Completano il
santino la data di nascita e di morte sotto crociazza nera: “Bella
vero? Ci ho pensato io con il fotografo di qua, adesso
mando le copie in Germania ...anche a Berlino che mio papà veniva da
lì. Eh, con la foto è meglio così ce lo ricordiamo tutti.”
E certo. Così anche per il decor funebre
avanza, purtroppo avanza, la linea della Palma.
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vita vera
11 febbraio 2013
Carnevale. Che strano scherzo.
A Düsseldorf. Per il Carnevale renano. Il Carnevale e`quello che ho imparato a conoscere, condividere, apprezzare, a volte evitare...con la gente mascherata per strada, i party improvvisati e quelli organizzati nelle rock kneipe (cantine dove si fa musica), gli ubriachi abbruttiti, le belle sfilate di carri, con i lanci di dolcetti ai bimbi, gli "Helau!" che rimbalzano da una parte all`altra della citta`...e mai come quest`anno mi e`chiaro il calendario: la sfilata dei bambini in Altstadt al sabato, come sempre ci si trova con altre mamme assiderate e bimbi irrequieti davanti al panificio piu` famoso del centro. Il giorno dopo e`la volta della sfilata di Gerresheim, il quartiere dove abbiamo vissuto e dove ancora oggi Arianna va periodicamente dal dentista. Anche qui, persino gli angoli piu`assolati, dove sostare in attesa dei carri, sono noti e riconoscibili...Rosenmontag si chiude con una gran parata, una gran bevuta e un gran ammasso di vetri ovunque.Tutto e` come sempre. Ma stavolta e` diverso.
Stavolta non so...non e` piu`casa mia.
Via, si puo` scrivere "The end" al capitolo Düsseldorf. Chiuso, anche questo, come tanti altri nella mia vita.
Stavolta non so...non e` piu`casa mia.
Via, si puo` scrivere "The end" al capitolo Düsseldorf. Chiuso, anche questo, come tanti altri nella mia vita.
Eccolo. Anche qui, lui sempre lui. Del resto il tema di quest`anno era la politica...
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vita vera
28 gennaio 2013
Ma dov'erano una volta le mamme di oggi? Poveri loro.
Ecco, finito di leggere
Jules e Jim di Henri Pierre Roché. Romanzo poco memorabile che ha
ispirato il celebre film di Truffaut, con Jeanne Moreau una Kathe bella
e credibilmente pazza. Tutti lì a eccitarsi per il triangolo amoroso
lui lei l'amico di lui, in realtà molto impettito, e nessuno bada a
un piccolo dettaglio. Per dedicarsi ai viaggi e alle fantasie erotico
sentimentali con il nuovo partner lei molla reiteratamente le figlie,
3 e 5 anni, mica maggiorenni. Ora. Io non so con che energie e che
disponibilità reale si riesca a conseguire ciò. Con due bimbi di
quell'età che ti trasformano in un erogatore di servizi all'infanzia
24su24ore. Ma tant'è. Forse li stordivano con il cloroformio.
Tra Anna Karenina, quella
sciroppata dell'Anita Garibaldi, le madri dei fratelli Karamazov, le
protagoniste femminili dell'Educazione Sentimentale, del Grande
Gatsby, della Vedova Couderc di Simenon...appena ti rivolgi al
passato l'abbandono totale o parziale dei figli da parte delle mamme,
a tate, parenti e in qualche caso mariti, non era infrequente o
legato a morte prematura o questioni d'indigenza. E, cosa
inaspettata, non creava particolare riprovazione. Alle donne si
riconosceva uno stato di parziale infermità mentale. Meglio di non
possesso della piena lucidità e capacità di discernimento. Dal
momento che da sole non si reggevano è chiaro, si lasciavano
condizionare dal maschio di turno. Da qualcuno di più forte. Faceva
parte della Natura del sesso debole, insomma, l'instabilità.
Poi i bimbi storicamente
venivano cresciuti da balie, tate, vecchie zie, suore, contadine
povere. E morivano come mosche, almeno da piccoli.
Sia come sia, in Jules e
Jim non un accenno che Kathe sia una cattiva mamma, tutt'altro, anche
se si allontana da casa per settimane e poi decide di compiere
l'estremo gesto lasciando due orfanelle (risparmia il padre, che fanciulla previdente).
Così solo buone parole
per la signora Arnoux che internava la figlia in un collegio per il
brutto carattere...(sono tutte notizie date en passant, e forse
proprio per questo ancora più scioccanti per il lettore moderno). Che
anzi... Frédéric, il protagonista dell'Educazione Sentimentale, trova quasi buffo che ogni fine
settimana Rosanette, la sua donna, voglia recarsi in campagna dalla
balia a stringere tra le braccia loro figlio neonato (solo il fine
settimana badi ben...). Dell'Anita Garibaldi poi tutti a costruire
icone da eroina risorgimentale, non un cip! sul fatto che abbia
mollato la numerosa prole alla suocera per tallonare l'amato pene,
pardon, bene (che dell'unione della penisola a lei brasiliana siamo
poi sicuri che gliene inciuciasse molto?). Lei stessa, del resto, scopro
leggendo, era stata sposata a forza appena quattordicenne a un calzolaio che le
forgiasse il carattere ribelle.
Venendo a noi, mio zio è
stato allevato dalla bisnonna, mio padre a 9 anni entrava in
collegio, e ci usciva per raggiungere la famiglia pochi giorni
all'anno. E nessuno ritiene mia nonna una mentecatta per essersi così
alleggerita di due dei suoi tre figli. E no, non erano affatto
indigenti. La mamma di mia suocera, 10 figli, appena sgravata
affidava il neonato alle figlie più grandi e il giorno dopo il parto
tornava a lavorare. E no, non erano affatto indigenti.
Azzardo una spiegazione.
Le donne i figli una volta spesso li subivano. Si maritavano per
ignoranza, obbligo, tradizione, per sfuggire dalle famiglie
d'origine. Se restavano incinte e ci restavano a detta di molti con
una facilità che oggi ce la sogniamo, abortire era difficile oltre
che perseguibile. A volte il deterrente era il contesto. Resti
incinta e fuori infuria la guerra, tuo marito è al fronte, corri il
rischio di rimanere vedova, sei obbligata alle vessazioni di tua
suocera, tua madre...oppure il figlio è una conseguenza di una
violenza, un marito ubriaco, violenze di guerra, di strada, di
rivolte, un adulterio subito.
Le protagoniste dei
telefoni bianchi, di figli non ne avevano oppure via, giusto uno. Che
questo era il sogno segreto della platee femminili del 20ennio
fascista, mica le italiche fattrici coi fianchi spioventi da plurime
gravidanze, ma una vita di mollezze e amori sospiranti, corpi
androgini, dagli sguardi assassini, fasciati in lussuosi vestiti
argentati.
L'istinto materno fungeva
da correttivo -e ha funto spesso se no non saremmo qui, ma a volte
faceva cilecca. Ecco, azzardo pure il proclama post-femminista: la
consapevolezza ci ha reso molto, ma molto più sole. Disincantate ed
esigenti. E anche troppo critiche. Ma almeno quando decidiamo di
averli i bambini no, non li abbandoniamo tanto facilmente.
Soprattutto per compiacere i desideri di un paio di braghe qualsiasi.
Evviva la modernità, per
una volta tanto.
27 gennaio 2013
I tedeschi la fanno profumata...
Un altro titolo che rimanda al mondo
escrementizio, ma giuro, è un caso.
Allora, si stanno affrontando i lavori
di casa. Alcune regole imposte dai regolamenti comunali, quasi tutte,
le trovo discutibili. Altre meno. Tipo, la dimostrazione di
accessibilità per i portatori di handicap. Praticamente se devi
mettere mano al secondo bagno, meglio pensare a una porta larga
almeno 80cm e una distribuzione dei sanitari che con pochi
aggiustamenti non strutturali possa permettere la movimentazione di
una carrozzella.
Ora, dopo tutti i tiè e gli
sfregamenti scaramantici, e l'iniziale stupore...non è che qui la
prospettiva sia quella di diventare sempre più giovani...e anche la Ari, metti si spacca una gamba, il braccio ha già provveduto. in fondo se
ben interpretata la legge è un suggerimento di buon senso.
Ma ce ne sono altre due che
perplettono. La prima è quella sui rapporti aero illuminanti. Misuri
lo spazio finestrato e lo relazioni coi metri cubi del locale. Se
esce da un certo parametro la stanza va ripensata. Di solito
ridimensionata. Il parametro varia a seconda della destinazione d'uso
del locale. E' una delle ragioni per cui gli architetti ti propinano
stanze da letto grandi come loculi (e enormi soggiorni buoni per
happening hippies). Ora. La cosa che balza agli occhi neofiti è:
non vale nulla il fatto che una finestra sia rivolta a sud o a nord?
No che la quantità di luce cambia assai. Comunque no. Questo fattore
non conta.
Ma la regola più arbitraria di tutte,
a sindacabile parere, è l'antibagno. Un locale separato con la sua
brava porta, che nasconde agli occhi l'accesso al cesso.
L'antibagno, in qualunque situazione lo
giri è progettualmente goffo. Relativamente a metrature da mass
market, mica da residenza di Arcore... Chiedo per curiosità
spiegazioni. Magari sfugge un dettaglio tutt'altro che risibile...
rischi di esondazioni notturne dai water, con conseguenti scollamenti
di parquet e marezzature sospette sui top i granito...che so io.
Nulla di tutto questo. Fatto estetico, mi si risponde. non sta bene
vedere la porta del bagno, e... olfattivo.
Sì, sì. Lontano dagli occhi e dal
naso.
Ora. In Germania. Ho vissuto in tre
appartamenti e nessuno con l'antibagno. E mica solo dove ho abitato
io, ma anche in villette, case grandi, adeguate...Nella maggior parte
di quelle visitate in 4 anni, i bagni si aprivano direttamente nel
disimpegno o all'ingresso o in corridoio.
Di più. La gran parte dei bagni a
Ddorf sono ciechi.
Ancora, qualcuno adotta un ricambio
dell'aria “naturale” tramite una griglia posta su una conduttura
interna proveniente dai garage. Si fa l'ovo e pian pianella,
l'effluvio se ne va sponte sua...
Tutti dico tutti non prevedono bidet.
Rincariamo? Rincariamo. I tedeschi si
inzippano di carne e insaccati e sugne animali. Cose che producono
putrescine, cadaverine e compagnia bella.
Invece noi. Mangiamo verdure e
carboidrati. Provvediamo a lavarci dopo la grossa nei nostri comodi
bidet -sono lì per quello-. Non contenti, per non creare disagio
apriamo la finestra che i bagni hanno le finestre (è un obbligo mica
una scelta).
Ecco. In quale dei due paesi si rende
necessario l'antibagno?
E qui urge una spiegazione...
22 gennaio 2013
Ti sorridono i monti...
Eh si che me l'ero anche ben preparato. Il nostro bianco week end
sulla neve. La Ari, dopo tre mesi di inutilizzo del braccio ha perso
molto della sua baldanza fisica. Si muove con circospezione, è
goffa, a volte cade. E si fa male. Senza nessun tipo di consulto sono
addivenuta alla seguente conclusione: in questi mesi si è creata una
cesura tra lei e il mondo circostante. E' pure cresciuta, ma non ha potuto riarrangiare quei processi naturali che ti portano a muoverti nello
spazio senza urtare cose e persone. Se al tutto
aggiungiamo che nell'ultima uscita sciistica con il Neanderthaliano "iddu" l'ha
mollata sola a prendere lo Skilift, prima volta, e questa stramazza a
terra e viene raccolta e portata al rifugio da perfetti
sconosciuti...
Via, urge correre ai ripari. Due giorni in montagna, tranquille, con l'assistenza fidata di un maestro per riprendere disinvoltura e cancellare il brutto episodio. La mamma sa quello che ci vuole. Spulcio tra le offerte last minute disponibili on line...Romantici wellness resort, splendidi skipass notturni...ecco, fantastico: mamme single e bimbi gratis...uhm, è in Carinzia, dov'è la Carinzia, vicino alla Lapponia? No, in Austria, comunque a una distanza inadeguata per un solo we che tra benzina e autostrada (gasp! difficile riabituarsi alla soperchieria del pedaggio autostradale italiano)
Lunedì e martedì lo passo a scandagliare offerte e a confrontare pacchetti week end sulla neve che sembro una tedesca; il mercoledì ne ho i cabasisi colmi da italiana incostante...e qui soccorre il consiglio del vicino. Stazione sciistica assai prossima, compresenza di piste da fondo e da sci alpino, scuola bimbi qualificata. Bene. Per dormire niente di meglio del "Rifugio Trifoglio". Nemmeno “quadrifoglio”. Proprio “Trifoglio”. Un proclama di understatement.
Arrangio il pernotto per me e la minore: “Siete fortunate signora, si annuncia un we soleggiato e la neve è splendida”. Bene. Venerdì mattina stipo tutto lo stipabile nella macchina, agguanto la Ari all'uscita da scuola e via. Verso i monti sorridenti. La giornata è sfolgorante, la strada miracolosamente sgombra dal traffico. Ci fermiamo al paesello sottostante il rifugio, dal nome a dir il vero poco incoraggiante: Valtorta.
Alle 15.15 del Venerdì a Valtorta non c'è anima viva. Sentiamo risuonare tra le stradette i nostri passi sulla neve scricchiolosa. Un breve tour ci riporta alla chiesa dove abbiamo parcheggiato. C'è una lapide sul muro. Un elenco nutrito di nomi. Tutti morti a causa di una valanga che travolse il paesello. Nel 1888...
La Ari spulcia se tra i defunti c'è qualche bimbo. Le piace l'espressione di raccapriccio che riservo agli infanticidi. "No, purtroppo nessun bambino", dice, la satanassa. Poi, mentre rientriamo alla macchina: “Mamma, ci sono! E' venuta una valanga nuova e per questo non c'è nessuno nel paese!"
Lasciamo l'arcano alle spalle, si sale ancora di quota. La strada termina in uno slargo ingombro di neve. Lampioni al neon, qualche costruzione distratta, camuffata con parziali perlinature da architettura di montagna. Una di queste è il Rifugio Trifoglio. Entriamo, ci accoglie uno stanzone sporco di poltiglia nevosa, residui degli scarponi degli sciatori. Dietro al bancone, un grande oste con una papalina viola in testa. Sta servendo sambuca con la mosca a due avventori. Aspettiamo il nostro turno.
"Volete vedere prima le stanze?" Ma anche no. Dove altro andremmo, al paesello fantasma? Prendiamo le carabattole dal cofano e via. Fuori lo spiazzo si sta svuotando delle, poche, auto parcheggiate, odore di olio di freni e particolato, il sole è scivolato giù da qualche cengia, spira un vento gelido, sventola pannelli sbrindellati benauguranti un meraviglioso soggiorno. Tutto sa di precario. E di abbandono.
La nostra stanza però è calda, una buona notizia. C'è pure un balcone, rivolto verso un' area di rimessaggio. Sedie sbilenche e ricariche di birra vuote. Richiudo le tende. Non ci sono scuri.
Rubiamo una panca dal corridoio, ci serve un piano d'appoggio. Così la Ari può fare i compiti. Poi una doccia calda e il silenzio creano il miracolo. Parte una bella ronfatina.
Interrotta troppo presto da un urlo sciammannato: "Fuori di qui, fuori di qui tuttiiiii!". Proviene dalla stanza accanto, qualcuno sta redarguendo qualcun'altro. "Ma possiamo parlare qui profe!", "Fuori ho detto che devo fare la caccaaaaaa!" la risposta della profe. Seguono una fila imprecisata di improperi da una parte, la milady, e dall'altra, gli studenti.
Un poco annichilita tento una spiegazione alla bimba, sai deve essere successo qualcosa di grave, forse sono dei ragazzi disagiati, gli insegnanti si esasperano, ma chissà cosa è capitato, stasera lo scopriremo...
Stasera a cena, i nostri garruli dirimpettai siedono tutti tranquilli. Coi prof pappa e ciccia.
Intuisco che si tratta di una gita scolastica. Oggi, reduci da una ciaspolata, qualcuno dei partecipanti non ha atteso il gruppo...Ecco, forse, la ragione della sclerata pomeridiana. Per tutta cena, comunque le voci di professori e studenti si rincorrono indistinguibili. Le une e le altre martellanti un turpiloquio costante, greve.
Sembrano tutti incuranti della presenza di Arianna.
E della mia, ça va sans dire.
La cena è ottima, ad onor del vero, e abbondante.
Dopo una breve puntata in soggiorno, un divano dai cuscini di consistenza metallica in mezzo alla sala d'ingresso, camino a pellet, tv con soli tre canali funzionanti e audio gracchiante, decidiamo di ritirarci in camera.
Si pisola qualche ora. Poi, una serrabanda più finita. Porte che sbattono, gente che strepita, bottiglie spaccate, tonfi...Ogni tanto l'urlo della profe: "basta, bastaaaaaa", sembra più per arricchire la coreografia che per altro.
Mi paleso alla porta dei vicini:"Vogliamo dormire" laconica. “Ah sì, lei è la signora, mi scusi, mi scusi". Per qualche tempo la mia epifania sembra aver sortito effetto. Ma poi entra altra gente in stanza e ricomincia la baraonda.
La mattina dopo l'oste si spertica dalle scuse. Sono ragazzi, l'ultimo giorno di gita. Uno dei LICEI PIU' BLASONATI DI MILANO...Eh, ci vuole comprensione...
No, non comprendo. Avevano a disposizione tutto il rifugio, era così difficile mantenere silenzio nelle stanze? Così penso, e taccio. Ho altro di pressante, i disagiati blasonati con espressioni facciali ancora meno pronte di ieri sera se ne stanno andando. Bene. Non avrei retto un'altra ora in loro presenza.
Affittiamo gli scarponi per Ari, chiedo anche gli occhiali: "No quelli li vendiamo, 20 euro". E allora teneteveli. Poi iscrivo Ari alla Scuola sci, 3 ore, e infine compro lo skipass. 9 euro per la bimba. Però me ne addebitano 21. Chiesta la ragione la signorina mi spiega che per accompagnare la bimba al meeting point della scuola devo prendere la seggiovia. Che costa 10 euro a/r. Due euro mi verranno restituiti alla consegna della tessera.
Sono piuttosto contrariata. Ma che senso ha che io debba portare la bimba su se la scuola è qui, davanti al mio naso? Pagando poi più del suo mattiniero? Una pista da fondo, la più tecnica che preferisco, è giusto al lato del Trifoglio...
Hiiii, afferro la manina di mia figlia, alla seggiovia fanno dei numeri prima di farci sedere e schiaffarmi gli sci, i miei lunghi da fondo e quelli corti della ari e tutte le racchette in braccio...
Ho lo zaino per cui solo la parte retrostrante dei glutei aderisce ai sedili...in compenso con le mani bloccate non riesco a tirare la sbarra dei pedali verso di noi...quando ci tenta la ari, le nostre gambe penzolanti nel vuoto, lancio un ululato...Con accorgimenti da contorsionista mi libero una mano e abbasso la sbarra. E l'istinto materno prevale sulle vertigini.
Scendiamo dalla seggiovia mentre fosche nubi si assiepano all'orizzonte, chiediamo del meeting point. Ci segnalano una lontana bandierina rossa, minuscola, da qui. I 5 minuti 5 di percorrenza proclamati alla reception della scuola sono tali solo se indossi gli sci e sei un emulo di Gustav Thoni. Senza, sono almeno 20 minuti. Affondando time to time.
Arriviamo che la selezione l'hanno già belle che fatta, la Ari deve aspettare il primo gruppo che scende e la selezione la farà sciando. Io con la mia tutina da fondista, in questa mattina gelida, sto rischiando seriamente una congestione.
Mollo la Ari al suo destino, ha una faccia che sembra pronta per il processo di Norimberga.
Due ore di sci racchettando come l'indemoniato di Gerasa, mi bastano a malapena a calmare la rabbia e a rimettere in circolo il sangue. Prova ne è che a due giorni di distanza non mi ricordo nulla dell'anello. Se era facile, difficile, lungo, ben segnato. Nulla.
Mezz'ora prima della fine della lezione di Ari, riparo verso una casetta bianca: Centro Fondo. Entro per chiedere informazioni, ma è impossibile. All'ingresso due code. A ds per il bagno, a sin per il bar. Al bar, zaffata di umidi afrori di traspirazione umana, si può stare solo se consumi. Prendo un the, mi stringo a un tavolo, due ragazzini stralunati dividono una sedia, sotto il tavolo un terzo ragazzetto, di nascosto dai baristi, mangia avidamente una banana...
Via, urge correre ai ripari. Due giorni in montagna, tranquille, con l'assistenza fidata di un maestro per riprendere disinvoltura e cancellare il brutto episodio. La mamma sa quello che ci vuole. Spulcio tra le offerte last minute disponibili on line...Romantici wellness resort, splendidi skipass notturni...ecco, fantastico: mamme single e bimbi gratis...uhm, è in Carinzia, dov'è la Carinzia, vicino alla Lapponia? No, in Austria, comunque a una distanza inadeguata per un solo we che tra benzina e autostrada (gasp! difficile riabituarsi alla soperchieria del pedaggio autostradale italiano)
Lunedì e martedì lo passo a scandagliare offerte e a confrontare pacchetti week end sulla neve che sembro una tedesca; il mercoledì ne ho i cabasisi colmi da italiana incostante...e qui soccorre il consiglio del vicino. Stazione sciistica assai prossima, compresenza di piste da fondo e da sci alpino, scuola bimbi qualificata. Bene. Per dormire niente di meglio del "Rifugio Trifoglio". Nemmeno “quadrifoglio”. Proprio “Trifoglio”. Un proclama di understatement.
Arrangio il pernotto per me e la minore: “Siete fortunate signora, si annuncia un we soleggiato e la neve è splendida”. Bene. Venerdì mattina stipo tutto lo stipabile nella macchina, agguanto la Ari all'uscita da scuola e via. Verso i monti sorridenti. La giornata è sfolgorante, la strada miracolosamente sgombra dal traffico. Ci fermiamo al paesello sottostante il rifugio, dal nome a dir il vero poco incoraggiante: Valtorta.
Alle 15.15 del Venerdì a Valtorta non c'è anima viva. Sentiamo risuonare tra le stradette i nostri passi sulla neve scricchiolosa. Un breve tour ci riporta alla chiesa dove abbiamo parcheggiato. C'è una lapide sul muro. Un elenco nutrito di nomi. Tutti morti a causa di una valanga che travolse il paesello. Nel 1888...
La Ari spulcia se tra i defunti c'è qualche bimbo. Le piace l'espressione di raccapriccio che riservo agli infanticidi. "No, purtroppo nessun bambino", dice, la satanassa. Poi, mentre rientriamo alla macchina: “Mamma, ci sono! E' venuta una valanga nuova e per questo non c'è nessuno nel paese!"
Lasciamo l'arcano alle spalle, si sale ancora di quota. La strada termina in uno slargo ingombro di neve. Lampioni al neon, qualche costruzione distratta, camuffata con parziali perlinature da architettura di montagna. Una di queste è il Rifugio Trifoglio. Entriamo, ci accoglie uno stanzone sporco di poltiglia nevosa, residui degli scarponi degli sciatori. Dietro al bancone, un grande oste con una papalina viola in testa. Sta servendo sambuca con la mosca a due avventori. Aspettiamo il nostro turno.
"Volete vedere prima le stanze?" Ma anche no. Dove altro andremmo, al paesello fantasma? Prendiamo le carabattole dal cofano e via. Fuori lo spiazzo si sta svuotando delle, poche, auto parcheggiate, odore di olio di freni e particolato, il sole è scivolato giù da qualche cengia, spira un vento gelido, sventola pannelli sbrindellati benauguranti un meraviglioso soggiorno. Tutto sa di precario. E di abbandono.
La nostra stanza però è calda, una buona notizia. C'è pure un balcone, rivolto verso un' area di rimessaggio. Sedie sbilenche e ricariche di birra vuote. Richiudo le tende. Non ci sono scuri.
Rubiamo una panca dal corridoio, ci serve un piano d'appoggio. Così la Ari può fare i compiti. Poi una doccia calda e il silenzio creano il miracolo. Parte una bella ronfatina.
Interrotta troppo presto da un urlo sciammannato: "Fuori di qui, fuori di qui tuttiiiii!". Proviene dalla stanza accanto, qualcuno sta redarguendo qualcun'altro. "Ma possiamo parlare qui profe!", "Fuori ho detto che devo fare la caccaaaaaa!" la risposta della profe. Seguono una fila imprecisata di improperi da una parte, la milady, e dall'altra, gli studenti.
Un poco annichilita tento una spiegazione alla bimba, sai deve essere successo qualcosa di grave, forse sono dei ragazzi disagiati, gli insegnanti si esasperano, ma chissà cosa è capitato, stasera lo scopriremo...
Stasera a cena, i nostri garruli dirimpettai siedono tutti tranquilli. Coi prof pappa e ciccia.
Intuisco che si tratta di una gita scolastica. Oggi, reduci da una ciaspolata, qualcuno dei partecipanti non ha atteso il gruppo...Ecco, forse, la ragione della sclerata pomeridiana. Per tutta cena, comunque le voci di professori e studenti si rincorrono indistinguibili. Le une e le altre martellanti un turpiloquio costante, greve.
Sembrano tutti incuranti della presenza di Arianna.
E della mia, ça va sans dire.
La cena è ottima, ad onor del vero, e abbondante.
Dopo una breve puntata in soggiorno, un divano dai cuscini di consistenza metallica in mezzo alla sala d'ingresso, camino a pellet, tv con soli tre canali funzionanti e audio gracchiante, decidiamo di ritirarci in camera.
Si pisola qualche ora. Poi, una serrabanda più finita. Porte che sbattono, gente che strepita, bottiglie spaccate, tonfi...Ogni tanto l'urlo della profe: "basta, bastaaaaaa", sembra più per arricchire la coreografia che per altro.
Mi paleso alla porta dei vicini:"Vogliamo dormire" laconica. “Ah sì, lei è la signora, mi scusi, mi scusi". Per qualche tempo la mia epifania sembra aver sortito effetto. Ma poi entra altra gente in stanza e ricomincia la baraonda.
La mattina dopo l'oste si spertica dalle scuse. Sono ragazzi, l'ultimo giorno di gita. Uno dei LICEI PIU' BLASONATI DI MILANO...Eh, ci vuole comprensione...
No, non comprendo. Avevano a disposizione tutto il rifugio, era così difficile mantenere silenzio nelle stanze? Così penso, e taccio. Ho altro di pressante, i disagiati blasonati con espressioni facciali ancora meno pronte di ieri sera se ne stanno andando. Bene. Non avrei retto un'altra ora in loro presenza.
Affittiamo gli scarponi per Ari, chiedo anche gli occhiali: "No quelli li vendiamo, 20 euro". E allora teneteveli. Poi iscrivo Ari alla Scuola sci, 3 ore, e infine compro lo skipass. 9 euro per la bimba. Però me ne addebitano 21. Chiesta la ragione la signorina mi spiega che per accompagnare la bimba al meeting point della scuola devo prendere la seggiovia. Che costa 10 euro a/r. Due euro mi verranno restituiti alla consegna della tessera.
Sono piuttosto contrariata. Ma che senso ha che io debba portare la bimba su se la scuola è qui, davanti al mio naso? Pagando poi più del suo mattiniero? Una pista da fondo, la più tecnica che preferisco, è giusto al lato del Trifoglio...
Hiiii, afferro la manina di mia figlia, alla seggiovia fanno dei numeri prima di farci sedere e schiaffarmi gli sci, i miei lunghi da fondo e quelli corti della ari e tutte le racchette in braccio...
Ho lo zaino per cui solo la parte retrostrante dei glutei aderisce ai sedili...in compenso con le mani bloccate non riesco a tirare la sbarra dei pedali verso di noi...quando ci tenta la ari, le nostre gambe penzolanti nel vuoto, lancio un ululato...Con accorgimenti da contorsionista mi libero una mano e abbasso la sbarra. E l'istinto materno prevale sulle vertigini.
Scendiamo dalla seggiovia mentre fosche nubi si assiepano all'orizzonte, chiediamo del meeting point. Ci segnalano una lontana bandierina rossa, minuscola, da qui. I 5 minuti 5 di percorrenza proclamati alla reception della scuola sono tali solo se indossi gli sci e sei un emulo di Gustav Thoni. Senza, sono almeno 20 minuti. Affondando time to time.
Arriviamo che la selezione l'hanno già belle che fatta, la Ari deve aspettare il primo gruppo che scende e la selezione la farà sciando. Io con la mia tutina da fondista, in questa mattina gelida, sto rischiando seriamente una congestione.
Mollo la Ari al suo destino, ha una faccia che sembra pronta per il processo di Norimberga.
Due ore di sci racchettando come l'indemoniato di Gerasa, mi bastano a malapena a calmare la rabbia e a rimettere in circolo il sangue. Prova ne è che a due giorni di distanza non mi ricordo nulla dell'anello. Se era facile, difficile, lungo, ben segnato. Nulla.
Mezz'ora prima della fine della lezione di Ari, riparo verso una casetta bianca: Centro Fondo. Entro per chiedere informazioni, ma è impossibile. All'ingresso due code. A ds per il bagno, a sin per il bar. Al bar, zaffata di umidi afrori di traspirazione umana, si può stare solo se consumi. Prendo un the, mi stringo a un tavolo, due ragazzini stralunati dividono una sedia, sotto il tavolo un terzo ragazzetto, di nascosto dai baristi, mangia avidamente una banana...
Il clangore
degli scarponi sul pavimento è assordante, i materiali
fonoassorbenti qui non sono giunti, esco e imbocco una scalinata che
prima non avevo notato, dopo un paio di corridoi, sbuco in un locale
luminoso, tutto rivestito di legno, una stufa in centro al locale,
panchine intorno e qualche persona seduta.
Eccolo, il Centro Fondo!
Mi rincuoro, un buon vecchio centro per fondisti è una sicurezza,
sta alla montagna come il bar del paese, la tabaccheria alla fermata
della corriera...mi avvicino alla stufa, chiedo informazioni sul
comprensorio a un paio di signori
âgée. Si approssima un altro vecchietto,
sorrido affabile e lui: “Signora, 1 euro.” “Come? Ma..per
cosa?” “Per stare qui.” Mi sento come re Carlo tornato dalla
guerra, che sfrontato, questo è troppo...Mancano solo 10 minuti
all'appuntamento, afferro il mio zaino e me ne vado. Non mi vedono
più quelli, rimugino.
Eccomi alla bandierina rossa della
scuola, che poi è uno stendardo alto minimo 3 metri. Indosso un pile
e una tuta in cotone. Che mi svolazza sugli stinchi. Nudi: ho i
calzini da trekking corti. Srotolo un vecchio Kway. Ancora 8 minuti.
Da qualche tempo nevica. A raffiche. 5 minuti e ho le mani
completamente intirizzite, la faccia invece non la sento proprio.
La
Ari è l'ultima ad arrivare. E piange.
Curve sotto il vento, ci incamminiamo
verso il dado grigio della seggiovia. “Casa, voglio tornare a
casa...” pigola. E' stato tutto orrendo, pare. Le si sono gelate le
mani, lei era la più lenta, gli altri bambini la prendevano in giro,
poi senza occhiali non vedeva niente, la maestra non le lasciava
nemmeno soffiare il naso...”La mamma ha una sorpresa per te”,
interrompo la litania, “chiudi gli occhi!”. Ma già, non vede un
accidente povera, pieni di lacrimoni come sono. Apro la bustina di
zucchero che ho preso al bar, gliela verso in bocca, ma un po' le
dita rattrappite dal freddo un po' il vento se ne disperde la maggior
parte... qualche cristallo si cementa con il muco del nasetto...lei
allunga la lingua, risucchia e... mi guarda disgustata.
Il cotone si è indurito e i miei
calzoni forgiati dal vento hanno assunto una forma alla zuava, quando
raggiungiamo la seggiovia sembriamo profughe dall'assedio di
Stalingrado. Tanto che impietosiamo gli operatori, notori aguzzini,
che stavolta caricano me e la ragazza su un sedile, gli sci sul
seguente, e mi tirano pure giù la sbarra, prima che il trabiccolo
s'involi verso l'abisso.
Caldo e cibo e coccole, le tre C del
Mantegazza, ecco quello di cui abbiamo urgente bisogno, io e la Ari. Caracolliamo verso la porta del Trifoglio, faccio per varcarla
e...qui scatta il momento più delirante di tutto il delirante we. Mi
scontro naso a naso con un tipo abbronzato, atletico, sorridente, in
immacolato maglione bianco... il mio moroso di Milano di quando avevo
20 anni! Lui:“Noo, di, ma sei davvero
tu?”...”Ma...ma cosa ti è successo?”
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ma chi me l'ha fatto fare...,
vita vera
17 gennaio 2013
La cucina di Petronilla - Torta di ciccia, con gatto.
Ue! Non torta di ciccia di gatto, che va bene la crisi, ma fino lì ci siamo mica ancora arrivati. La ragione della presenza del felino nella ricetta si scopre dopo.
Allora questa è una ricetta economica, come rubrica impone, ma anche "strategica": serve per far mangiare verdure ai bimbi riluttanti.
La Ari è una buona mangiatrice di frutta e verdura. Ma anche lei ad alcune storce il naso, che so i cavolfiori, il sedano, le foglie verdi delle coste...Invece con questa ricetta, giù tutto. E chiede pure il bis.
Occorrono 250 grammi di carne trita, di vitello o di vitello e suino. Si aggiunge almeno un uguale quantitativo -abbondare- di verdure tritate fini. Carote, sedano, coste, fagiolini, anche i pezzettini delle foglie più coriacee di radicchio, verze, quelli che di solito prendono la via del compost...comprendere sempre della cipolla. Per lo sminuzzo rapido si può usare il minipimer. Io, se ho tempo, preferisco usare coltello. Si evita alle verdure di far pantano.
A questo punto si aggiunge del pangrattato/strisce di pan carrè/pezzi di pane raffermo...anche qui vasta chance di riciclo di rimasugli. Per me il top è il pane raffermo, magari insaporito da una passata di aglio fresco.
Il pane non è un dettaglio. Serve per assorbire il liquido delle verdure e quello della carne a seguito della cottura.
All'impasto si aggiunge: un uovo, prezzemolo tritato, parmigiano grattugiato q.b., una spolverata di sale e una grattatina di noce moscata.
Prendere metà impasto e disporlo in una pirofila unta d'olio (poche gocce). Sulla superficie spargere qualche dadino di mozzarella e qualche cucchiaio di passata di pomodoro. Ricoprire con il rimanente impasto.
...Ancora dadini di mozzarella in superficie, pomodoro, una foglia di basilico, capperi se piacciono. Mettere in forno a 150° per una ventina di minuti et voilà...la pizza di ciccia è pronta. E i bimbi mangiano verdure felici e contenti.
Allora questa è una ricetta economica, come rubrica impone, ma anche "strategica": serve per far mangiare verdure ai bimbi riluttanti.
La Ari è una buona mangiatrice di frutta e verdura. Ma anche lei ad alcune storce il naso, che so i cavolfiori, il sedano, le foglie verdi delle coste...Invece con questa ricetta, giù tutto. E chiede pure il bis.
Occorrono 250 grammi di carne trita, di vitello o di vitello e suino. Si aggiunge almeno un uguale quantitativo -abbondare- di verdure tritate fini. Carote, sedano, coste, fagiolini, anche i pezzettini delle foglie più coriacee di radicchio, verze, quelli che di solito prendono la via del compost...comprendere sempre della cipolla. Per lo sminuzzo rapido si può usare il minipimer. Io, se ho tempo, preferisco usare coltello. Si evita alle verdure di far pantano.
250grammi di carne trita
Il pane non è un dettaglio. Serve per assorbire il liquido delle verdure e quello della carne a seguito della cottura.
All'impasto si aggiunge: un uovo, prezzemolo tritato, parmigiano grattugiato q.b., una spolverata di sale e una grattatina di noce moscata.
Prendere metà impasto e disporlo in una pirofila unta d'olio (poche gocce). Sulla superficie spargere qualche dadino di mozzarella e qualche cucchiaio di passata di pomodoro. Ricoprire con il rimanente impasto.
...Ancora dadini di mozzarella in superficie, pomodoro, una foglia di basilico, capperi se piacciono. Mettere in forno a 150° per una ventina di minuti et voilà...la pizza di ciccia è pronta. E i bimbi mangiano verdure felici e contenti.
16 gennaio 2013
Dell'amore. Sulle cose che non devono succedere, ma succedono e quelle che dovrebbero succedere ma non succedono quasi mai.
Mi chiama lei: “Ci siamo lasciati, è
tornato da sua madre.” Come, quando, perché? Segue cena, la
bottiglia si svuota, il sacco delle confessioni anche.
Otto anni di relazione, la prima vera
per tutt'e due. Coppia affiatata, interessi comuni, le famiglie si
piacciono. Anni da fidanzatini, poi lavoro di lei, laurea di lui e, quasi subito anche per
lui, il lavoro. Sorpassata la boa dell'Erasmus, di lui, si provano
con la convivenza, il famoso anno di palestra prematrimoniale ormai
sdoganato anche nelle famiglie più cattoliche.
Tutto sembra procedere; insieme
intraprendono i primi acquisti, un letto matrimoniale in pelle scura
con più elettronica di una Serie 5, e in breve l'appartamento -pure
corredato di tutti i comfort- messo a disposizione ai piccioncini dai
genitori di lei non li soddisfa più... manca un giardino, i colori
troppo scuri... Comprano casa. Accanto a quella dei genitori di lei.
Firma del preliminare, 50% e 50% e...e qui si spezza l'incantesimo.
Perché, come non è...sai prima ero
contenta io e lui spaventato, poi mi sono fatta prendere
dall'angoscia, come se il progetto di una vita insieme...niente più
spazio per i ripensamenti, lo so lo so che l'ho voluto tanto,
figurati...ma poi lui si era come spento, non gli piaceva fare più
nulla, e io invece volevo fare ancora un sacco di cose insieme, prima
di...insomma prima della famiglia e dei bambini, e non so che mi è
preso gliel'ho detto, c'è rimasto male, ma forse era anche che ho
iniziato quel corso di fotografia, sì quello che ti avevo
raccontato, che poi ti ricordi? è stato lui a suggerirlo, però
quando ha visto che ogni volta tornavo dal corso strafelice, mi
trattava quasi male, sai, insomma si è allontanato...
Mi accorgo, una volta ancora, che ho
troppe primavere sulle spalle, mi sembra tutto un déjà vu. E
anche i miei consigli suonano, almeno a me, stantii.
La vicenda della -giovane- amica mi ha
suscitato però l'idea di un elenco. Di tutto l'inaspettato, l'imprevedibile, assurdo e terribilmente frequente nella storia delle
coppie.
E di quanto ragionevole, sensato,
costruttivo che, invece, dovrebbe accadere. Ma non accade quasi mai e
rappresenta un modello solo nei consigli degli amici e nelle terapie
di coppia (il post sul secondo, postea)
Storie di s-coppiamenti.
- Anni di fidanzamento felice e al limitare del matrimonio tutto si rompe (della stessa categoria: all'acquisto della casa, al primo acquisto importante insieme, al primo viaggio da sposati)
- Coppia perfetta, cerca disperatamente un figlio che non arriva. Quando arriva la coppia si rompe.Variante a: lui vuole disperatamente un figlio. Lei si sottopone alle cose più inaudite. Rimane incinta/adottano un bimbo, lui la molla con il figlio per un'altra.Variante b: lui aveva messo nel frattempo incinta un'altra.Variante c, ad alto tasso di frequenza: lei e lui desiderano insieme un bimbo, mentre lei è incinta, lui al culmine della gioia la tradisce con la prima che incontra (poi lascia l'amante. Ma ci riprende i contatti quando lei è incinta di nuovo)
- Lui, lei, l'amico di lui. Lei è gelosa dell'amico. Lui si divide tra i due. Finché lui li trova nudi nel letto (dirà lui anni dopo, a riconciliazione avvenuta: “in fondo l'ho sempre saputo che erano fatti l'uno per l'altra”)
- Lui, lei, l'amico di lui mandato in missione per perorare la causa di lui dopo un litigio con lei. Lei piange, l'amico difende lui, lei piange, lui la consola e..ci prova (sempre). Lei ci sta (a volte). Motivo? Per punire Lui (spesso); perché le piace l'amico (quasi mai)
- Lei, lui, l'amica brutta e rompicoglioni di lei. Lei manda in missione l'amica rompicoglioni per perorare la causa di lei dopo un litigio. Lui si lamenta, l'amica prima difende lei, poi giustifica lui, poi gli spiffera tutte le confidenze di lei. Lui si confida con l'amica, poi ci esce, poi si fidanza e la sposa.
- Lui, lei. Coppia comprovata. Si lasciano dopo un alterco, si richiamano, decidono di confessarsi i reciproci torti. E perdonarsi. Dopo la dolce riconciliazione i due si lasciano, imbarazzati.
- Coppia rodata, ma lui non se la sente di fare il passo. Lei gli rinfaccia di non essere innamorato come lei. Lui si spazientisce e se ne torna al suo appartamento da single. Le amiche di lei lo accusano di crudeltà mentale senza di lui lei non vive. Quando lui si fa vivo, due mesi dopo, lei è sposata con un altro.
- Coppia rodata. Lei è insoddisfatta e non se la sente di fare il passo, lui vuole che lei sia convinta come lo è lui e consiglia una pausa di riflessione. Durante la pausa di riflessione lui mette incinta l'amica della sorella e si sposa in fretta e furia.
- Lui è selvaggio, lei è sofisticata. Vivono una relazione intensa. Dopo 3 anni lei aspetta un bimbo. Lui è felice. Lei è felice. Al quinto mese lei si fa portare in Inghilterra per abortire. Lui è troppo selvaggio per lei.
- Lui e lei imprenditori, stessa passione per la vela. Per Lui, lei è la donna perfetta, quella che ha sempre desiderato per i suoi futuri figli. Dopo 6 anni lei è pronta a rinunciare al lavoro e far famiglia. Lui perde ogni desiderio, lei spazientita se ne esce di casa, lui piange calde lacrime, lei non fa in tempo a tornare a riprendersi il cappotto che, alla prima uscita da single, lui è già con un'altra. Imperfetta.
- Famiglia perfetta. Dopo il fidanzamento e il matrimonio, una bella casa, tre figli, lei dedicata ai bimbi, lui papà presente. Lei s'insospettisce, lui recalcitra poi confessa, frequenta da anni prostitute. Lei scolora, lui la invita a soprassedere e a lasciarlo in pace. Lei chiede la separazione. Lui, ancora oggi, non capisce 'azzo gli è preso a quella scema di sua moglie.
- Lui e lei vivono una storia bellissima, lui viaggia per lavoro in un'altra città dove vive la madre, mantengono due case. Dopo 7 anni lei dice a lui che aspetta un bimbo. Lui è felice, lo dice a mamma, mamma è infelice, molto infelice, lui impone a lei di abortire se no la lascia. Lei non abortisce, lui la lascia.
- Lui è un "cuore d'oro". Vittima di una donna impossibile. Papà modello di due bimbi "provati da una mamma scompensata". Lei che lo difende sperticatamente è la nuova fidanzata. Lui la segue dovunque. Come un cagnolino. I due si sposano. Hanno due figli. Dopo due anni lei chiede la separazione: “è un Barbablu. Mi voleva rovinare come ha fatto con la prima moglie.”Varianti club delle prime mogli. Lei, prima: “Figurati se con 500 euro al mese quella non riesce a mantenere il bambino” Poi: “Se lui pensa di passarmi solo 500euro al mese per la bimba si sbaglia di grosso”Variante b mild. Prima: “E' una pazza, lui mi ha detto certo cose” Poi: “Ma sai che ci siamo trovate ed è proprio simpatica?”
- Lui, lei, l'altra, più giovane. Modello “cinquantenite”. Lei e lui sono sposati da anni, coppia solida. Lui a 50 anni circa si innamora perdutamente della giovane segretaria/ giovane cliente/ giovane badante ucraina/giovane amica della figlie/giovane studentessa conosciuta su Internet...Le varianti sono molte, ma le costanti sono: lei cioè l'altra, molto più giovane di lui e lui molto più ricco.
- Lei, lui, l'altro, più giovane. Modello “Bovary moderna”. Lei e lui sono sposati da anni, coppia solida. Lei passata la boa dei 40 anni diventa inquieta, la vita le sembra la ripetizione di un copione logoro. Si innamora di un suo studente/il fornaio/l'operaio dell'ascensore. Le varianti sono molte. In genere, rispetto al modello precedente la nuova coppia non dura e madame inquieta resta coi figli. Sola.
14 gennaio 2013
Come nuove.
Siamo state a Milano con Ari. Una decina di giorni fa e Milano era ritagliata su un cielo di maiolica blu. Il Castello sforzesco è il posto giusto dove andare coi bimbi, a Milano quando il cielo è maiolica blu, e anche d'inverno si può godere un panino al sole, en plein air.
Al Castello c'era un'esposizione dedicata alle edizioni Salani, una storia al servizio dei libri per l'infanzia italiana. Il confronto tra le tavole delle copertine, grafiche di meravigliosa contemporaneità, e i contratti con autori o altri editori, era stridente. Quelli sì, frammenti di giurassico -alcuni scritti a mano, macchie d'inchiostro, italiano aulico, su fogli giallastri- Eh...l'arte è sempre giovane.
Al Castello c'era un'esposizione dedicata alle edizioni Salani, una storia al servizio dei libri per l'infanzia italiana. Il confronto tra le tavole delle copertine, grafiche di meravigliosa contemporaneità, e i contratti con autori o altri editori, era stridente. Quelli sì, frammenti di giurassico -alcuni scritti a mano, macchie d'inchiostro, italiano aulico, su fogli giallastri- Eh...l'arte è sempre giovane.
1916
1936
idem
Questa invece è recente, storia di una gabbianella e il gatto.
Il regalo più bello...
Quanti anni avevo, otto, nove? So che era estate, una estate lunga e ferma, immobile il sole, la sabbia bollente, le Apuane sullo sfondo azzurro, l'odore della pineta, della resina delle pigne, il sapore dei pinoli, il frinire delle cicale, avevo il mio rifugio, una grande amaca, macchia bianca nella macchia di pini scuri, là in fondo al giardino, ci scivolavo dentro, l'odore intenso del cotone umido sulla pelle, un libro sotto un braccio, una fetta di pandolce spalmata di marmellata di prugne, aspra, nella mano. Amavo quei momenti di solitudine lunghi e immobili e amavo un libro in particolare, con tante illustrazioni a ghirigoro...leggevo e capivo poco ma l'immaginazione cuciva storie epiche, ispirate dalle immagini suggestive.
Eccolo, il libro scovato da zia in chissà quale anfratto, sopravvissuto a traslochi e padroni, bimbi e cani...Un'edizione dell'Orlando Furioso, Curcio editore,1949.
Se il regalo di Natale deve dare emozione, ecco, questo è stato il regalo più bello.
Eccolo, il libro scovato da zia in chissà quale anfratto, sopravvissuto a traslochi e padroni, bimbi e cani...Un'edizione dell'Orlando Furioso, Curcio editore,1949.
Se il regalo di Natale deve dare emozione, ecco, questo è stato il regalo più bello.
8 gennaio 2013
Perla ai porci.
Toh! Stanno chiudendo il negozio della
Perla. Saldi al 70%.
La Perla è il tempio della lingerie
dedicato alle amanti annoiate e anoressiche dei noveaux riches
italici.
Non c'è donna che non si lasci turbare
da questi frammenti di pizzi preziosi e cangianti incastrati tra
lucide giunture di algidi manichini, in sontuose vetrine che
presiedono le vasche di tutti i centri della penisola.
Entro, anche solo per togliermi uno
sfizio. Chiedo delle mutandine, la commessa sorride comprensiva,
aziona un pulsante e sccc... si apre un cassetto accanto a noi. Dentro tanti
coriandoli serici multicolori...
Mi sono abituata ai samples appesi e
ben visibili. Scartocciare mutandine come i Ferrero rocher,
“Le lasci pure sul banco, che le ripiego io signora!” per trovare
quella giusta, sotto gli occhi solleciti della commessa, mi imbarazza
un poco.
La maggior parte delle candidate sono
inadatte allo svolgimento del loro scopo precipuo...porre uno strato
tessile tra le umide parti intime femminili e i vestiti.
Ora, per curiosità alzo gli occhi e
intorno a me, a scartocciar cioccolatini, ci sono un discreto numero
di attardate signorotte, mica particolarmente giovani, mica
particolarmente magre. Ad occhio e croce direi che almeno la metà ha
figliato. Non posso credere che le loro jolande, si lascino avvolgere
e ben contenere da slip col cavallo di 2 centimetri di larghezza...
Finalmente incontro qualcosa che appaga
il mio desiderio di lusso -scarso, con l'esigenza di portabilità
-tanta.
E' color malva, tipico della tardona
single di ascendenza anglosassone...ma in un paio di lavaggi, conto
di farla giungere a una più intrigante sfumatura “cenere”.
Allungo alla commessa la mia braga,
come una piuma preziosa viene avvolta da candida velina, poi infilata
in una bustina di plastica trasparente e fatta scivolare infine in
una lussuosa micro shopping bag con nastri di raso.
Ecco, quando lascio il negozio mi sento
come Audrey che esce da Tiffany. Paga e soddisfatta.
La sera ripongo la nobil mutanda tra le
altre umili plebee, quando mi sfugge l'occhio sul cartellino
d'istruzioni per il lavaggio.
Cito: “Trattate il vostro capo con
cura! Consigliamo di lavarlo separatamente in acqua tiepida, evitando
prodotti chimici, olii solari, detergenti. Non lasciare in ammollo,
non piegate il capo, non asciugate alla luce diretta o a contatto con
fonti di calore...”
E cioè? Come diavolo si lava 'sta
mutanda, considerando che, come tale, andrà spesso lavata? E
asciugata? E ripiegata? E che c'entrano gli oli solari?...
...Ma poi, presente l'acidità che
circola là sotto, dove deve operare? Mica è un fazzolettino da
taschino.
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ma chi me l'ha fatto fare...,
vita vera
Ehi, lavoratori della Todt!
In sella ai due anni ho visitato la linea gotica. Che per i tedeschi era la Grüne Linie; "gotica" proprio l'Adolf non lo poteva sentire.
Presente una cicatrice? Ecco, la linea gotica era/è (è ancora ma solo per una piccola porzione), una cicatrice di 320km che taglia il cuore della penisola da Rimini a Viareggio: poderose muraglie, grumi di bunker e di postazioni antiaeree. Concepita dopo lo sbarco ad Anzio, che aveva di fatto deciso le sorti della campagna in Italia, doveva ostacolare la risalita degli alleati e proteggere la ritirata dei tedeschi dalla nazione ex-amica (e già che ci siamo, una maledizione a coniglio Badoglio che se la batté con famiglia e generali, senza fornire all'esercito ordini chiari, lasciando allo sbaraglio milioni di soldati e coprendo di vergogna le italiche genti per generazioni....massì, ecco uno dei rari casi in cui auguro che maledizioni e malocchi possano ricadere, magari con meno impeto, anche sugli innocenti successori...Tanta vigliaccheria, un po' di residuo nel sangue c'è rischio che lo abbia lasciato).
In 10 mesi grazie alla potente macchina organizzativa tedesca, la Todt -OT- dal nome del suo fondatore, l'ingegnere e politico Fritz Todt, e ai materiali di prima scelta, lo sbarramento era completato. All'opera collaborarono aziende e manovalanze italiane, subito distinguendosi le seconde per indolenza e scarsa attitudine al lavoro.
Perché gli italiani furono così poco
propensi a curvar le schiene ce lo spiega viva voce un frammento
vivente della linea gotica, un arzillo vecchietto (vecchietto...è
ancora un pezzo d'uomo, chissà che marcantonio da giovane).
Dopo lo sconcerto dell'armistizio, e le prime rappresaglie, i patri soldati furono invitati a recarsi a casa. Una volta stabiliti al calduccio però, ecco che si riorganizza la Repubblica di Salò che li richiama alla leva. Che fare?...Per esempio lavorare alla costruzione della linea con la Todt, la cosa esentava dall'obbligo di leva.
Indi un sacco di gente si presentò al
cantiere, e molti erano poco avvezzi all'uso delle braccia.
Ma c'è di più della scarsa professionalità; se in zona si può parlare di pacifica convivenza italiani tedeschi, e non si verificarono episodi cruenti, come a Sant'Anna di Stazzema per esempio, nelle montagne covavano i nuclei di partigiani. E la popolazione era sostanzialmente filo-partigiana. Ecco che la scarsa solerzia diventava segno di partecipazione alla causa.
La Grune linie non venne mai sfondata.
I tedeschi si arroccarono poi più a settentrione, nelle Apuane,
prima di transalpare.
Di alcuni soldati esistono le lettere, chiedono di intercedere e fluidificare il rientro in Germania a chi li aveva ospitati durante la costruzione della Gotica. Sono buffissime, le lettere. In italiano da Sturmtruppen. I contenuti e i motivi, invece, no, quelli non sono buffi per nulla.
Dopo che se ne furono andate, Wehrmacht
e SS, facendo brillare alcune postazioni e tutti i ponti tranne
questo, il ponte del diavolo:
Dopo, si diceva, i lavoratori della Todt si contraddissero e divennero degli Stakanov di attivismo: della linea gotica tutto, dal filo spinato, ai blocchi in cemento, ai proiettili, alle granate, tutto venne prelevato, divelto, adattato e reimpiegato nelle case, nelle strade, nelle cantine e pure nei cimiteri, coi bossoli dei cannoni scapitozzati per farne vasi da fiori.
Per anni, e anni dopo la guerra, ci
dicono, a capo dei filari di vite garfagnini svettavano le lunghe pertiche di
ferro ritorto forgiate nelle miniere della Ruhr.
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sulla germania senza esagerare,
vita vera
2 gennaio 2013
Capodanno lieto e sereno. E ci voleva dopo un anno di cacca.
A Capodanno ero qui:
http://www.flickr.com//photos/85924605@N08/sets/72157632414204930/show/
E quanto mi sono divertita!
http://www.flickr.com//photos/85924605@N08/sets/72157632414204930/show/
E quanto mi sono divertita!
30 dicembre 2012
E tu digli che è meglio di una testa piena di ...
...di merda. Non l'ho messo nel titolo che non mi piace. Però è testualmente quello che il Neanderthaliano ha suggerito alla Ari di rispondere ai compagni quando l'apostrofano: "scimmia pelosa". Acclaro: alla Ari, dove c'era il gesso, causa braccio rotto, ora è spuntato un bel tappetino di peletti grigio topo. Vabbeh, forse mica belli a vedersi, ma per la mamma ogni scarrafone è bello, e un topetto pure.
Pare che i compagni di scuola trovino al contrario l'arto piuttosto ributtante e non vogliono che Ari li tocchi con il braccio irsuto.
La Ari ci resta male. Ovvio.
E via. E' capitato a tutti, di essere presi per i fondelli.
Io ho suggerito di portare pazienza. Il nenderthaliano, coerente al ruolo di padre sfidante la instrada alla via dell'offesa: "Meglio il braccio peloso che il cervello pieno di merda". Con la spiegazione che in questo modo, non essendo diretta propriamente a lui, il destinatario non può neppure appellarsi all'insegnante per protestare...
A parte l'uso pecoreccio della parolaccia, non ho trovato particolarmente greve il suggerimento...Invece, parlandone con l'accolita di famiglia, alla vigilia di Natale, apriti cielo! "Dovevate dirlo subito agli insegnanti!", "Ma è terribile!", "Povera ari, chissà che disagio!", "Ma cosa le suggerite di fare, siete pazzi"...
Insomma si è aperto un dibattito. Chi, come me, ha l'età dei datteri, tutto sommato ritiene inevitabile il confronto con la vita. Il che per un bimbo di 7 anni significa confronto coi compagni, ergo ritrovarsi a fronteggiare situazioni cotali.
E non si deve, a mio sindacabile giudizio, ogni volta tirare in ballo il "grande", genitore o insegnante che sia, in funzione dirimente e sostitutiva.
Che già siamo così ipertrofici nella vita di questi ragazzini...
Chi ha meno dei miei anni invece si ritrova perfettamente nella delazione all'autorità (ai miei tempi era da vili "fare la spia"). Controllo stretto e intervento immediato.
Qualcuno adduce i propri complessi adulti, derivanti dalle offese da parte dei compagni di scuola.
Non ho punti di vista solidi, di fronte ai casi concreti.
Dare del ciccio al ciccione della classe non lo sento come offensivo...dare del terrone al meridionale invece sì. Che si motteggi un bimbo con un difetto fisico grave, mi turba...che diano della scimmia pelosa a una bella bambina, e solo temporaneamente pelosa, bah, è fastidioso, ma via, non perseguibile.
Anzi, forse rappresenta pure una bella chance perchè la bimba affini l'arte della retorica, per cavarsela in futuro in situazioni altrettanto fastidiose.
O forse è proprio vero, si è figli dei propri tempi, nel bene. E anche nel male.
Pare che i compagni di scuola trovino al contrario l'arto piuttosto ributtante e non vogliono che Ari li tocchi con il braccio irsuto.
La Ari ci resta male. Ovvio.
E via. E' capitato a tutti, di essere presi per i fondelli.
Io ho suggerito di portare pazienza. Il nenderthaliano, coerente al ruolo di padre sfidante la instrada alla via dell'offesa: "Meglio il braccio peloso che il cervello pieno di merda". Con la spiegazione che in questo modo, non essendo diretta propriamente a lui, il destinatario non può neppure appellarsi all'insegnante per protestare...
A parte l'uso pecoreccio della parolaccia, non ho trovato particolarmente greve il suggerimento...Invece, parlandone con l'accolita di famiglia, alla vigilia di Natale, apriti cielo! "Dovevate dirlo subito agli insegnanti!", "Ma è terribile!", "Povera ari, chissà che disagio!", "Ma cosa le suggerite di fare, siete pazzi"...
Insomma si è aperto un dibattito. Chi, come me, ha l'età dei datteri, tutto sommato ritiene inevitabile il confronto con la vita. Il che per un bimbo di 7 anni significa confronto coi compagni, ergo ritrovarsi a fronteggiare situazioni cotali.
E non si deve, a mio sindacabile giudizio, ogni volta tirare in ballo il "grande", genitore o insegnante che sia, in funzione dirimente e sostitutiva.
Che già siamo così ipertrofici nella vita di questi ragazzini...
Chi ha meno dei miei anni invece si ritrova perfettamente nella delazione all'autorità (ai miei tempi era da vili "fare la spia"). Controllo stretto e intervento immediato.
Qualcuno adduce i propri complessi adulti, derivanti dalle offese da parte dei compagni di scuola.
Non ho punti di vista solidi, di fronte ai casi concreti.
Dare del ciccio al ciccione della classe non lo sento come offensivo...dare del terrone al meridionale invece sì. Che si motteggi un bimbo con un difetto fisico grave, mi turba...che diano della scimmia pelosa a una bella bambina, e solo temporaneamente pelosa, bah, è fastidioso, ma via, non perseguibile.
Anzi, forse rappresenta pure una bella chance perchè la bimba affini l'arte della retorica, per cavarsela in futuro in situazioni altrettanto fastidiose.
O forse è proprio vero, si è figli dei propri tempi, nel bene. E anche nel male.
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