Autunno

Autunno
E' un tramonto italiano ma a me ricorda Ddorf.

28 dicembre 2011

Mi manca Dusseldorf?

A domanda, reale, di una amica:

E' tutt'oggi che il mio pensier volge alla tua domanda: "Mi manca Dusseldorf?"
...
Sì, no...Come mi è difficile risponderti. Mi mancano tutte le cose che vorrei ci fossero in Italia, a cominciare dal verde pubblico,ciclabili, giardini nelle scuole, luoghi di aggregazione belli e funzionali...ma questo forse è qualcosa che avrei pensato lo stesso di qualunque città tedesca. 
Venendo a me, alla mia vita e a quanto non sappiamo definire e che -forse- nutre la nostra voglia di fare, di creare...penso che a Dusseldorf mi mancasse qualcosa. 

Certo, in una città straniera con una bimba piccola (siamo arrivati che Ari aveva 2 anni) senza il supporto del tuo net parentale c'è poco spazio per distrarsi e per divertirsi, molto meno che in una normale situazione supportata, pure se vivi a Enna.... E le mamme d'Italia,vivaddio che ci sono neh!, ma il 95%dei discorsi che s'imbastiscono riguardano esclusivamente famiglia, prole, scuola, casa...mariti quando si va sul piccante.

No, non sto parlando di questo. Proprio della città, intendo. E della cultura relazionale della città. Probabilmente avrei avuto bisogno di conoscere perfettamente la lingua...però non ne sono sicura che le amiche che la conoscono perfettamente poi se devono fare una bella risata,o hanno davvero bisogno d'aiuto chissà perché collassano sempre "tra di noi". O se ne tornano a casa. In Italia. Già. Chissà perché.

Il Reno non mi è mai piaciuto, un'autostrada d'acqua torbida, e adesso che ci penso non ho mai trovato un luogo dove fosse -per me- davvero piacevole passeggiare a lungo, il sottofondo continuo e onnipresente del traffico veicolare mi ha sempre fatto percepire la sinteticità del verde urbano (nei laghetti intorno alla città, come in foresta. Troverai solo un punto dove non si sentono autostrade, ti sfido a scovarlo!)...

Ecco! Gli alberi, così alti, grossi, verdi e forti...Quelli mi mancano profondamente. E il silenzio della domenica mattina, quasi sacro, e le candele dei Martinszug. I bulbi in sboccio delle domeniche primaverili, alcuni giorni di primavera quasi finti tanto sono lucidi e l'erba sembra irradiare colore...Le vecchie signore impettite eleganti, altere e i loro gesti spezzati, le nuvole che corrono, gli uccelli migratori che sfrecciano nel cielo plumbeo e "fanno la magia" come diceva Ari...



Gli amici. Mi mancano i miei amici.

26 dicembre 2011

Istinto materno sotto le bombe.

...Mi ricordo poco tempo prima di partorire, la pancia a mongolfiera, sfogliavo un libro illustrato sulle foto della guerra del Vietnam. Mi colpì in particolare una, a colori, con alcune donne sorprese in spiaggia dagli aerei americani...tutte facevano scudo coi lori corpi ai figli, anche più grandi di loro. Che strano, pensai, in un momento così emergenziale e ansiogeno l'istinto di sopravvivenza è annullato da quello materno? E così...per tutte, nessuna donna esclusa?
Ricordo che dissi al Neanderthaliano che non sarei stata sicura della mia abnegazione materna, in un caso così estremo.
Ricordo che di lì a poco partorii e un secondo dopo che mi diedero mia figlia in braccio...i dubbi svanirono. Per sempre.

A Natale, della moltiplicazione dei padri e dei pesci...

Ieri era Natale.
E pensavo ai papà. Che specie strana. Papà non si nasce, si diventa. Ma come si diventa? Per le mamme è semplice: passa tutto attraverso i sensi. Gravidanza, parto, allattamento. Insomma se anche non si è perfettamente nei binari materni...la vita ti ci incardina cammin facendo. Ma i papà?
La riflessione parte da ieri, in realtà. La vigilia di Natale con la famiglia del Neanderthaliano. Che quando ho cominciato a frequentarla- ah quei bei tempi quando la suocera non si comportava da tale!- contava dell'intera covata, 4 figli, tutti a casa. Tre maschi e una femmina, santa zia adorata. Lo scenario domenicale era un classico all'italiana. I tre maschi spalmati sul divano a macinar partite, mammetta a macinar chilometri su e giù e giù e su tra le due cucine di casa, preparando manicaretti. Con la rilevante differenza che anche il papà si prodigava (prodiga) assai, di solito spignatta lui per tutti i lumaconi convenuti.
Lo scenario è cambiato negli anni. I quattro hanno preso il volo; prima il Neanderthaliano, cosa nota, che compartisce "meco" destini più o meno avversi, il fratello due si è riprodotto, il tre convive, la santa zia adorata fa la pendolare dell'amore con la Toscana.
Da quando è papà, fratello due è cambiato da così a così. Campione delle pretese, delle risposte taglienti e altezzose, primo ad arrivare in tavola, l'ultimo ad andarsene, pure in odore di spilorceria, irraggiungibile nella prova di staticità totale davanti alla tv...Ora è quello che più si dà da fare per gli altri. Che il cambio antropologico è proprio quello. Tu che prima sei al centro del mondo, almen per te, poi divieni periferico, anche per te! Il fulcro della tua attenzione è il pargolo. Se tutto va come deve andare con questo spostamento di focale, ti viene più naturale (pre)occuparti degli altri, quelli cui vuoi bene.
L'esempio acclara. Seduti al desco, mi verso l'acqua e mi accorgo che non è gassata, come di solito bevo. "Aspetta, faccio io!", fratello due mi precede nella richiesta, si alza pronto e si dirige in dispensa a prendere la bottiglia. Il tutto mollando le lasagne a metà e con tanto di bimbo in braccio!
E' così. Fratello due ha passato la linea d'ombra. Ma come e quando e perché lui sì e il consanguineo no ;-)...mah, è cosa inspiegabile, dal sapore del miracolo.
Come la moltiplicazione dei padri e dei pesci, appunto.

16 dicembre 2011

(In)soliti quattro Gatti...



Spilla e Matisse sono venuti in seguito. Dopo l'esperienza al gattile.
Io in quel luogo non  me la sono sentita più di tornarci. Onore e merito alle signore che si fanno carico di siffatte dolenze della collettività. E lo dico davvero. Però l'odore acre, lo squallore e la decadenza del capannone...e sì, loro stesse, le gattare.
Donne dure, dallo sguardo cattivo.
Io: "Certo che siete brave, tutto il giorno immerse in questa puzza..."."Puzza? Quale puzza. Sempre meglio di quella degli umani...". Io: "..E così, dopo che aveva graffiato la bimba, che era neonata ho preso la gatta, l'ho rimproverata e buttata fuori di casa". "Oh Dio! chissà come è rimasta traumatizzata.". "Beh, vabbeh, piangeva, povera Ari, ma non era spaventata..." "Dicevo la gatta..."
Stralci dal nostro dialogo di quel dì. Chiaro che si era su pianeti differenti.
Quindi ho seguito il consiglio di una iollina, un'amica del Blog di IOL ddorf, e sono andata dal veterinario del paese. Che aveva in custodia 4 cuccioli. Di due mesi. Uno bianco con gli occhi azzurri, una grigia con un ciuffo di peli rossi sul capo. E...Matisse e Spilla. Hanno scelto le bimbe, Ari e la cugina grande.
Dopo la lettura attenta di "Il gatto: una scelta d'amore e di responsabilità" mi ero convinta a prendere due gatti. Con il supporto economico logistico della cugina grande che, prima tiepidamente, poi sempre più convinta si stava appassionando alla cosa.
Perché hanno scelto proprio loro due, di gran lunga meno belli dei fratelli? Mah. Forse perché Matisse aveva quel colore così, atipico...cappuccino. Spilla non aveva nulla di che..tranne quello sguardo diretto e intelligente. Un pò inquieto. Uno sguardo acuto che ha ispirato ad Ari il nome che porta.
Anche dal pediatra, parte l'interrogatorio. E la sottoscrizione dell'obbligo alle vaccinazioni. Per fortuna non quello delle sterilizzazioni.
Ma un pò, diciamo, me lo aspettavo. Dopo la visita al gattile...

15 dicembre 2011

Adesso siamo in quattro....

Da sinistra: Matisse e Spilla

Eccoli qui. Ormai da un mesetto sono a casa nostra. Come i cuccioli i tutto il mondo prima non c'erano e poi...ci sono solo loro.
Nel senso che la giornata si articola -anche-sulle loro esigenze. Mattina si fanno entrare in casa nuova, gli si fa da mangiare (latte e acqua per la signora, lui preferisce croste di pane e acqua).Poi un paio d'ore di giardino, rigorosamente con qualcuno che da soli non si arrischiano, sono ancora piuttosto pavidi. Poi pappa grande, con avanzi nostri che i croccantini, almeno i tre tipi che gli ho procurato non incontrano il loro gusto. Indi nanne pomeridiane, poi pappa again e op! gran finale con salti e acrobazie. L'acquisizione dei gatti è stata lunga e tribolata. Mica quella cosa spontanea e casuale cui ero abituata: "Lo vuoi un gattino?" "...Uhm...ma sì dai, è maschio o femmina?" "Mah!Prova a vedere se li riconosci"
No, no. Prima sono stata al gattile, dopo uno scambio di telefonate durato circa una settimana, durante le quali,pensavo o ignara, di aver esaudito tutte le richieste in proposito. Invece...
Ecco, a caldo, l'esperienza. Dal blog di IOL Dusseldorf.


A proposito di gatti (mici),sapete che non sono stata ritenuta idonea per adottare un gattino? 
 

Sono andata al Gattile della mia città con la bimba,pure con permesso scolastico per incocciare gli orari delle gattare che si prendono cura delle bestiole. C'erano 4 gattini disponibili di cui uno malato,"basta che gli somministri pappa speciale...",uno più morto che vivo, porello, e due vispi che però li devi prendere due se no "la padrona non consente..." 

In un ambiente surreale ricavato negli spazi dei mercati generali,solo la puzza riportava a una dimensione molto terrena, mi hanno sottoposto una raffica di auto dichiarazioni tra cui: dichiarazione di possesso del giardino; sottoscrizione obbligo alla sterilizzazione; controllo da parte dei veterinari che operano con il gattile; donazione; obbligo di trasporto con il trasportino (se no non te li fanno portare fuori)... 

Le domande: "Avete provveduto all'arricchimento architettonico?" (chiedo chiarimenti, vuole dire avere un grattatoio e giochetti vari). Avete già avuto gatti- eh,una serie. Quando l'ultimo - 6 anni fa. Come mai non c'è più? - scappato di casa che l'avevo rimproverato. Perché? -graffiava la neonata... 

E qui,secondo me, mi hanno segata. 

Siamo uscite dall'antro infernale senza gattino.Una mano reggeva Ari che piangeva disperata dalla delusione,l'altra il pingue pieghevole "Adottare un gatto, una scelta d'amore e di resposabilità" 

Raramente mi sono sentita tanto frustrata.


To be continued...

13 dicembre 2011

E' arrivata Santa Lucia.

E' arrivata Santa Lucia. I bimbi si svegliano prima del tempo, cercano affannosamente i regali per la casa, seguendo gli indizi. E' tradizione lasciare a Santa Lucia e il suo macilento quadrupede, qualche bene di ristoro, bicchiere di latte, biscotti, fieno e o mele per l'animale. I più astuti, e quelli che hanno in casa una cameriera servizievole, lasciano anche un mucchietto di farina. Poi seguono le impronte biancastre lasciate dalla cieca e dal mulo sbadato e...trovano i pacchetti!



Santa Lucia è molto divertente. Dal punto di vista dei bambini, naturalmente: devi cercare i regali, una specie di caccia al tesoro, c'è tutta l'aspettativa della notte prima, condividi coi compagni di scuola la stessa esperienza (non è un giorno festivo, c'è una eccitazione collettiva nelle scuole...e questo lo rende davvero un momento speciale), poi tutti i riti della preparazione della merenda, addormentarsi con l'udito allertato sulla campanella della santa...
Tanto è divertente per i bimbi tanto è stressante dall'altra parte, dei genitori.
Si comincia con la letterina di santa Lucia. Occorre sfrondare i regali assurdi, quelli esosi, quelli che tanto ce li hanno le cugine ed è inutile comprarli che tra un anno passeranno a noi...Inviare la letterina, o portarla nella chiesa dedicata, in città. Cercare i regali, nasconderli bene, fare i pacchetti,  aiutare i bimbi nella preparazione della merenda, poi quando i bimbi dormono - e con l'acqua in gola che se si svegliano... ti beccano con le mani nel sacco- cercare un luogo acconcio, né troppo scontato né impossibile da raggiungere...che non è bello per loro andare a scuola e confessare la propria inettitudine...Poi la sveglia, almeno 40 minuti prima del tempo, ma tanto si svegliano loro, accelerare tutte le operazioni standard (prepara la colazione, i vestiti, controlla la cartella, merenda, buono mensa, giacca, cappello scarpe, pettinare, pulire muso sporco di cioccolato, controllare pulizia mani manine, prepararsi, truccarsi, la mamma né, prendere chiavi dell'auto...) dare suggerimenti senza insospettire...Mica finito. Apertura dei regali, carte e cartine in giro, "gli indizi", la farina, il fieno, il latte ovunque. Quest'anno si sono aggiunti i gatti che sovraeccitati hanno urinato sul mio piumone.

Eh, essere mamma&cameriera rende un pò cinici, anche a Santa Lucia ...

11 dicembre 2011

Natale multiculti.

Primo Natale in Italia dopo quattro in Germania. Lì -in Germania s'intende- il primo anno, Nikolaus se ne è impippato e la povera duenne s'è sentita cattiva e abbandonata dai santi protettori.
E' che si pensava, io e il primitivo, che Nikolaus fosse una versione smilza di Santa Claus e quindi passasse per camini, finestre e pianerottoli il 25 dicembre.
Non il 6!
Il secondo anno abbiamo per puro caso lasciato gli stivalini di Ari fuori dalla porta di casa più o meno nella sera demandata...e il giorno dopo eccoli pieni di dolcetti e affini...Dono dei vicini.
Così, pezzo per pezzo, abbiamo scoperto le usanze teutoniche in fatto di Natale.
La casa si è via via corredata di Adventsalender, Adventkranz e piattino in bellavista per i biscottini natalizi...

Mantenere la tradizione di Santa Lucia, il 13dicembre, tanto viva nelle lande orobiche e nei ricordi d'infanzia di noi genitori, nonché condivisa dai cuginetti, è stato un vero impegno.
Arianna il primo anno cercava rispondenze tra i suoi compagnetti d'asilo, l'ultimo invece nemmeno la nominava, la povera cieca che porta i regali a dorso d'asino e li nasconde nei pertugi più irraggiungibili per la gioia dei piccoli e l'affanno dei grandi. Prendeva i giochetti, i dolcetti e zut!.




                                                     
E quest'anno? Quest'anno è andata così. Adventskalender, Adventskranz, tanto decorativa, nel tronco di betulla comprato in val Taleggio, Nokolaus l'abbiamo pre-pensionato in favore della piccola cieca, aiutati dall'arco alpino, che protegge sì dai venti freddi, ma purtroppo rende il traffico di santi donatori, conigli pasquali, sante miopi e dei loro quadrupedi difficoltoso e poco prevedibile.
 :-)

1 dicembre 2011

L'ultimo lampone, il primo dicembre.

La settimana scorsa Ari mi dice, in macchia scendendo dalle nostre erte colline: "Mamma, ci sono i lamponi". "Lamponi? Siii e questa qui che guida è Napoleone!".
No, ovvio che no.Quello non l'ho detto (ma l'ho pensato). Invece ho risposto edulcoratamente: "La stagione dei lamponi è finita, tesoro, adesso c'è quella dei cachi, dei melograni, dei cavolfiori...".
"Io ho visto i lamponi e ci sono." E punto lì, che Ari sa essere Mariposa dulce y definitiva.
Sorpresa!
I lamponi c'erano. Proprio lì dove Ari li aveva visti. Un ulteriore, approfondito sopralluogo lo ha confermato.
E oggi pomeriggio li abbiamo pure gustati.
Domani è prevista pioggia, neve, tregenda.Oggi era quindi l'ultimo giorno utile per:
- fare l'albero di Natale in giardino, con lucine tricolori così becchiamo due ricorrenze con una gradazione: rosso,bianco,verde, che fa tanto Natale e tanto Patria!
- ritirare la bicicletta dalla bocciofila e portarla in garage (mica nulla, ho avuto bisogno dell'aiuto di un amico maschio. Finché ce n'è qualcuno in circolazione e coopera...)
- mangiare gli ultimi lamponi,con l'ultimo sole del primo giorno di dicembre.
Che dire. E' stato bello. Il momento mi ha ricordato la storiella zen del tipo che sta per precipitare nel dirupo, si aggrappa a una radice sporgente, striminzita, quando vede una fragolina di bosco. E' rossa, è profumata.  Lui l'afferra, la sugge e mentre scivola dal ramo pensa: "Dio, com'è dolce!".

30 novembre 2011

E via, che ci vuole...

"...in ogni caso, la "medicina" per combattere il SAD non è complicata e comunque parte da un mix d'interventi: innanzitutto è necessaria  una esposizione alla luce il più possibile sia essa artificiale o naturale, poi serve esercizio fisico regolare, quindi una terapia psicologica, una dieta bilanciata con proteine magre e carboidrati integrali, e infine una serie di relazioni  sociali consolidate e affidabili..."


Bazzecole,quisquilie,pinzillacchere!


....dall'Eco di Bergamo (eh, ancora lui,ancora qui,tra noi...)









Mi manca tutto e mi stanno divorando con tasse e balzelli.

Mi ripeto come un mantra che è fine novembre, il mese più distonico dell'anno che inizia con giorni di tiepida stagione e finisce con il buio pesto, le luci si spengono, i sorrisi muoiono -e mica solo i sorrisi, poi c'è Natale e il delirio cresce e la gente è nervosa. Anche se negli ultimi anni, e per fortuna, nessuno fa più finta e recita di esser felice. Qualcuno parte. Che bello. Che fatica...!
Me lo ripeto, che è solo l'effetto S.A.D. novembrina (la depressione invernale che nel mio caso combutta con la PMS quella premestruale) , ma da tre mesi non faccio altro che cercare di risolvere intoppi burocratici, dissanguarmi di tasse e balzelli e questionare con il Neanderthaliano che si dimentica di fare i bonifici sul conto dove sono registrate le utenze. Vorrei districarmi da tutto ciò e iniziare a pensare alla casa e, soprattutto, al lavoro. Però per quello devo partire serena, propulsiva, pronta. Adesso mi sento ilare e leggera come un tacchino vicino a Natale.
Il mio corpaccione poi, ispira solo professioni piegate, umili. Che so, la spigolatrice.

29 novembre 2011

Lettera per la Germania.

Ad Ari manca la Anastasia. La sua amica del cuore. "Scriviamole una letterina?" Le propongo. "In italiano,poi la facciamo tradurre a papà." Detto, fatto. Io riscrivo la letterina dettata da Ari, poi tradotte da papi. Ari pensa all'intestazione e alla firma. Ecco la busta, l'indirizzo e il mittente, e controllo pure dove si posizionano i vari blocchi di testo, che prima si scrivevano a sinistra, quando ero bambina e ho cominciato a scrivere letterine alle amiche rimaste al paesello,  poi a destra, e adesso.... e adesso ancora a destra, ma non ne ero sicura.
Gran leccatona sui bordi della busta. Chiusa!
Dal tabaccaio per il francobollo.
"Uno per la Germania."
"Ah non lo so, io ho solo il francobollo standard."
"E quale ci vuole per la Germania?"
 "Non so, uno speciale. A noi ci danno solo i standard. Vada in posta."
Non vado in posta, ma cambio tabaccaio. "Guardi su Internet, io ho solo quelli standard da 0.60."
Vado a casa e guardo su Internet. Allora, zona uno, zona due, zona tre...la Germania in quale zona rientrerà. Boh, l'euro c'è -ancora- la UE pure...sarà zona uno: 0.75€
Terzo tabaccaio, terzo niet. O meglio: "Ne prenda due..."
Lì per lì ho pensato, brutto scialacquatore dei soldi altrui. Invece era un buon consiglio.
Che, appunto, sono andata in Posta. E c'era coda, una coda lemme e rassegnata, silenziosa.Tutti conoscono tutti e l'allegria per la cosa ha da tempo lasciato il posto a una noia sconfinata.  Dopo 10 minuti di coda ordinata e silente mi attraversa un pensiero. Siamo nell'era 2.0 e io sono qui come negli anni '50 a far la coda per inviare una lettera? Non è possibile. Neanche in Italia. Chiedo gentilmente ai signori davanti a me se posso precederli che non ho altre incombenze se non l'invio della lettera. "La lasci qui, ci pensiamo noi", dice l'impiegata senza alzare la testa, tanto ha il radar (ed ecco svelata l'arcana procedura!).
"Grazie, ma senta mi dia comunque un altro francobollo per la Germania, così lo tengo di scorta ed evito la coda la prossima volta..."
"Francobollo? Ma non li abbiamo noi...mettiamo un timbro, e via!"
...
No, non sono uscita da lì senza francobollo, insisti insisti, blocca tutti, ne hanno scovato uno da 0.80€
Ero pure bella tronfia, avevo spuntato il francobollo e bypassato la coda! Il senso di trionfo è durato circa10 secondi. Poi, mi sono afflosciata come un paracadute dopo l'atterraggio.

28 novembre 2011

Esotismo del Nord.

E questa è una cosa tutta nostra. Quella sorta di rispetto, sudditanza, o meglio "sospensione di giudizio" nei confronti della marca tedesca. Che il potere della marca non è cosa inventata dal marketing, intesse l'esperienza quotidiana. Così ancora gironzolo con la macchina, acciaccatissima, fantozziana, di una marca da paria (qui nella provincetta nordica poi...) però batte targa tedesca.
Bon, tanto basta che tutti in paese si siano passati l'informazione su chi sono e cosa faccio (ne sono sicura), tanto basta che mi lasciano passare dovunque, che posso parcheggiare in Città Vecchia senza rispettare gli orari di chiusura...e scommetto potrei osare anche di più, ma appunto non oso.
"Belli questi pastelli, dove li hai presi?": "In Germania, non so dove si possono trovare qui..", "Ah, beh..."

Ah beh, cosa! Siamo in un mondo globalizzato, metà dei marchi nati a sono oramai proprietà di chissà chi e chissà dove, il 50% delle merci è made in China e tutto, dico tutto o quasi si trova su Internet.
Ma non importa, il made in Germany è antidoto potente alla ragione...
L'ha capito pure la pistangina, che oggi  con aria saccente, mi fa: "Hai visto il disegno di Babbo Natale?"
"Bello!"
"La slitta l'ho fatta io anche a tutti i miei compagni che glielo detto, in Germania le slitte noi le sappiamo disegnare tutti benissimo!"
;-)

Che paracula!

26 novembre 2011

All'ingresso del tunnel.

Domani è la prima domenica d'Avvento.
Le giornate sono drammaticamente corte anche se, ancora, incredibilmente miti. Ma si entra nel tunnel, nello sfiatatoio dell'anno. Nuova "picture" il 6 gennaio...

25 novembre 2011

Sono andata a Torino, uno.

Questa primavera ho dato una mano a un'amica di Ddorf. Si dovevano selezionare gli articoli meritevoli di pubblicazione tra quelli, scritti a suo tempo, dalla mamma giornalista.  Le serviva un occhio "altro", emotivamente non coinvolto, poco avvezzo alla vita della città che faceva da sfondo agli articoli.
(E' stato bello, passare le ore inseme, a spulciare documenti e fogli fitti fitti battuti  a macchina, rivivere storie di persone, le loro passioni, le loro occupazioni. Un'antologia di Spoon River nostrana. Con la differenza, fortunata, che in questo caso molti dei protagonisti erano ancora vivi.)

E, ieri sera c'era, finalmente, la presentazione del libro. A Torino.

Volevo essere presente.

Smarcarmi dal trantràn per risicare un'uscita infrasettimanale è stata una fatica soverchia.
Questo post è sostanzialmente l'elenco delle cose che si sono dovute risolvere per poter andare una sera a Torino e rientrare la mattina dopo (...e una dimostrazione concreta del perché le mamme sono spesso o troppo stressate o tropo rinunciatarie, rinunciando ad ogni loro passione precedente l'esperienza di un figlio)

a- cercare una sistemazione per la notte a Torino (da un'amica...). Azioni correlate: chiedere la disponibilità all'amica ospitante via mail, accennare all'amica curatrice se eventualmente si poteva allargare l'invito all'amica ospitante.
b-cercare i biglietti del treno. Azioni correlate: consultare orari e costi -e rendersi conto che per 23minuti di meno a tratta si può spendere più del triplo, grazie ai Freccia Rossa- Prenotare con anticipo, problemi con il portale (non accetta la carta di credito tedesca?) recarsi in stazione la sera prima, dopo l'ora di yoga e dopo aver accompagnato la baby sitter di Ari a casa...
c- trovare ospitalità per Ari (dallo zio del condominio). Che è meglio che resti a casa o limitrofi che con la scuola e il turn over di libri e quaderni...Azioni correlate: preparare la valigina con pigiama, libro per la notte, ciabattine, spazzolino elettrico, completare con la tuta di ricambio che venerdì ha "motoria", aggiungere i quaderni, preparare in anticipo il buono della mensa, datarlo e firmarlo.
d- organizzare gli spostamenti di Ari da giovedì all'uscita da scuola fino a venerdì, all'uscita da scuola. Cercare qualcuno che s'incarichi di prenderla il giovedì e portarla alla festa dell'amichetta Greta. La sera poi, lo zio la va a riprendere. In soldoni: accordarsi con una mamma di un'altra bimba invitata, avvisare Ari e la maestra. Preparare anticipatamente il regalo per Greta,  impacchettato e con dedica e allegarlo alla cartella del giovedì mattina. Scrivere il numero di telefono dello zio sul diario di Ari, che qualunque cosa accada i genitori di Greta sanno a chi rivolgersi...dare allo zio l'indirizzo della casa da cui prelevare Ari dopo la festa e il cellulare dei padroni di casa Ricordare allo zio gli orari di prelievo e di inizio scuola il venerdì mattina.
e-preparare la cena per bimba e zio, sugo al pomodoro e zucca e coste al burro e parmigiano, mettere tutto in frigo nei Tupperware e indicarne l'esatta ubicazione ai fruitori.
f- cercare gli ingredienti per i lavoretti di Natale. Entro venerdì occorre dotare Ari di 2 confezioni di spilli con capocchia plastificata e 2 confezioni di caramelle gocce di pino...e ce lo comunicano mercoledì pomeriggio. Mumble, mumble...calcolando che giovedì pomeriggio scompaio e riemergo venerdì, sempre nel pomeriggio, mando qualche sms di richiesta orientamento alle mamme sui pusher di 'sta roba, mi giungono altrettanti sms di richiesta orientamento dalle mamme.
Le gocce di pino, date per ubique in qualsivoglia negozio di alimentari, sono in estinzione, sostituite da sontuosi cristalli smeraldini...vistosi, gustosi ma ai fini dell'artefatto, mi spiegano, inutili. Invece servono proprio le gocce, più piccole, dalla forma oblunga e morbide...dopo tre negozi, al quarto scopro una confezione. Una, non due. Per gli spilli, prenoto la fornitura alla merceria del paese. E mi accordo con la merciaia di chiedere ai vari genitori che hanno fatto lo stesso, ma che non conosco direttamente, se i loro bimbi sono nella stessa classe di Ari. In caso positivo lei gliela consegna, la fornitura, con preghiera di riconsegna alle maestre di Ari, la mattina del venerdì.
 E questa è andata...Adesso occorre scrivere l'avviso sul diario di Ari, rivolto alle maestre: gentili maestre la cosa è così e così, io sono via e non posso provvedere diversamente. 
Confesso che l'inghippo del lavoretto di Natale, e tutto quello che ne è conseguito, mi ha fatto quasi desistere dal progetto di fuga...
g- chiudere casa: stendere i panni, passare l'aspirapolvere, "lanciare" il lavastoviglie, raccogliere le immondizie, pulire le lettiere dei gatti, preparare la loro pappa, portarli nella sala di là, bagnare le orchidee...
h- preparare la borsa, con la guida di Torino, i biglietti stampati del treno e dell'invito, verificare i vari indirizzi su Google maps, ricercare gli orari di apertura musei e mostre alla ricerca di qualcosa aperto e compatibile con la mia schedule, verificare il look alla luce degli impegni mondani, della praticità, delle necessità del soggiorno, comunicare alla padrona di casa l'orario di arrivo previsto, prevedere nel bagaglio i dolcetti di marzapane tedeschi, omaggio alla gentile ospite... rifare la manicure, aggiustare la depilazione, scegliere i gioielli -gioielli...'na collanina e un ring da pura presenza-, un salto dalla parrucchiera per la messa in piega (e la stampa delle mappe di Google saltano, quando ubi maior...)
Che elenco noioso.

Adesso, è tutto il giorno che penso. Se fossi stata da sola? Senza prole intendo. Se fossi stata sola i punti da risolvere si sarebbero limitati drasticamente in numero e in complessità di intervento.
Si sarebbero ridotti infatti da 8 a 4: a, b, g e h.
Il punto f, chiudere casa, si sarebbe rivelata procedura parecchio più snella, pur rispettando sempre i parametri di ordine domestico minimo standard. Lassi, assicuro. Mica sarebbe occorso sistemare il caos della bimba e, soprattutto, lasciare la casa in ordine, meglio, attivabile nei suoi processi normali al rientro...

Altra notevolissima differenza, rispetto al se fossi stata sola, appunto, il rientro:
Oggi, appena messo piede fuori dalla Stazione ho provveduto alla spesa per la sera,  mi sono fiondata a casa, cambiata in tutta fretta, scesa a scuola a prendere Ari, provveduto al bagno di entrambe, recuperato vestiti e masserizie sparse dallo zio, presieduto ai compiti di Ari da svolgere a casa,controllato le comunicazioni dalla scuola,  preparato la merenda prima,e la cena dopo, cambiato le lettiere ai gatti, fornito la pappa; dopo la cena, lavaggio dentini, pipì, pettinare i capelli ingarbugliati da ieri, rigovernato casa...
Ecc, ecc, ecc.

E io non ho una occupazione fissa e ho solo una bimba! E se ne avessi avuto due di bimbi e lavorassi? Ecco, anche nel caso, improbabile, in cui fossi, ostinatamente, comunque andata a Torino....non ci sarebbe certo stato il tempo di scriverlo questo post!

23 novembre 2011

Una parola bella...

Ieri sera, a cena.
Ari: "Io ho una parola bella con la letterina "F"...ma bella,bella..."
Io: "Fata...Foca...Flauto..."
Ari: "No, no, no. FAMIGLIA!"
Io: "Bella! E io ne ho una con la letterina "L"
Ari: "Lumaca?"
Io: "No, LUCE"
Ari:"Mah! famiglia è più bella di luce"
Io: "Eh, ma la luce illumina, tutto, scalda"...
Ari: "Sì ma non dà l'affetto e il calore del volere bene della famiglia...capisci?"
...
Sì, capisco.

15 novembre 2011

Siamo andate a Ddorf.

Siamo arrivate a Weeze, c'era il vento, come al solito, che ci ha fatto impennare i baveri delle giacche e chinare la testa. Sullo Shuttle per la stazione, le musichette di carnevale ricordano che è -era- l'11/11.
Ai lati, la campagna cobalto; profili sicuri delimitano i volumi dei campi, della strada, dei nuclei dei villaggi.
Alla stazione c'era Anna ad aspettarci. Un sorriso con una donna intorno. La biblioteca, il parcheggio lì davanti, la strada dal parcheggio lì davanti alla nostra zona... Tutte cose note.
In casa di Anto, l'odore della casa di Anto. Una combutta tra gli effluvi di cucina e gli aromi dei detersivi per lavarla. Quattro chiacchiere, cinque sbadigli. Ciangottio di stoviglie nel lavello, poi il silenzio delle camere. E' tardi e la settimana è stata lunga.
Fuori dalle finestre, il buio come pece solida.
Il resto, nei restanti giorni:
Martinszug all'Ostpark, lanterne, trombe e tamburi, lieder, il cavallo di San Martino, il fuoco, i dolci per i bimbi, le candele fumigolanti nei portici delle case.
Il brunch IOL a Les Halles, sontuoso e decadente in cornice pop-gotica.
http://www.les-halles.de/
Gli acquisti pre-natalizi da Strauss, quest'anno la palette prevede il brunito argento, bronzo e un tocco di malva.
http://www.strauss-innovation.de/
Dal dentista per il controllo di Ari, lui occhi dolci da iraniano, impettito come educazione tedesca impone.
All'asilo Steineriano per una Besuch, le maestre coi pigli e cipigli da bersaglieri, intente all'opre femminili, in ossimoro evidente. Bimbi plurimi, vestiti in costosi pannolenci, in disordine sparso tra costose architetture lignee auto-assemblate.
Passeggiata lungo il Dussel, su e giù. Ne conosciamo ogni buca, ogni albero...figurati se non ci accorgevamo dell'assenza delle oche, alla fine del sentiero: un silenzio "assordante".
Domenica alla trattoria da Rika, il jap dell'angolo, cena di mamme italiane. Scopriamo che parlano qualche parola di italiano, pure, i simpatici gestori. Le mamme invece parlano, parlano, parlano...

Siamo andate a Ddorf ed era come non essere mai venute via...
    

10 novembre 2011

Le cose che oramai non noto più.

Da qualche parte, deve esserci ancora. O forse l'ho proprio reso post e pubblicato: l'elenco delle cose che mi facevano pensare: "Dio, ma cosa ci faccio qui!". Per qui, in questo caso, intendo L'Italia (un elenco diverso nella sostanza, ma mosso dagli stessi moventi emotivi, giace scritto e dimenticato per quanto riguarda/va la Germania. Prima, questo succedeva prima del rientro.)
Ora però "qui" è il qui di ora e quell'elenco, e io che lo scrivo e lo stato d'animo che mi muoveva a scriverlo, ecco, sono lontani anni luce. Invece era solo 3 mesi fa.
Delle cose che non rilevo più come insopportabili:
L'andirivieni caotico e distratto delle persone al supermercato. Su e giù, avanti indietro e stop imprevedibili, con scontri di carrelli e di corpi, nessuno sguardo e scariche di irritazione subitanea. Ora non le vedo più. O probabilmente sono arrivata ad essere io, una di quelle persone.
Le macchine che accostano dovunque e pure si irritano, i conducenti, se mostri insofferenza.
Le macchine che sfrecciano a 60 orari, minimo, in zone residenziali.
I marciapiedi fantasma, che sono grandi, ampi e pavimentati poi si stringono e spariscono inghiottiti dalle corsie stradali. E i pedoni ciccia! A strisciar accanto ai muri delle case come gechi.
Le mamme che urlano ordini perentori, ma poi tralasciano di dare un seguito concreto... e persistono a sbuffare e inveire per ore.
La gente che parla, parla dei fattacci propri a voce sostenuta nelle sale d'aspetto, nei pullmann, negli uffici e nei punti vendita....e servono il cliente così, meccanicamente e pure, mentre stanno discutendo al telefono svelando al mondo le loro sanguinose faide familiari, nei momenti topici interrompono l'erogazione del servizio - la pratica del resto si inceppa, il palmo offerente parte del reso si blocca a mezz'aria, in attesa che l'altra mano completi il gruzzolo del totale dovuto...

E quelle cose, alcune almeno, che invece (ancora?) non mi vanno proprio giù:
Gli asfalti sconnessi delle strade, con il cotè di guard rail di lamiera distorta, le cartacce e lo sporco, i giardini le aree verdi semi abbandonati, l'assenza dei grandi alberi;
la città brutta, malgestita, la segnaletica improvvisata e poco leggibile, fagocitata da cartelli pubblicitari assordanti e sciatti, dalla grafica impraticabile;
l'impossibilità di un dialogo "oggettivo" senza schieramento di parte, la reattività immediata ad ogni accenno di non adesione, che sia un parente o l'edicolante all'angolo...

Se fossi giovane scriverei: "chissà se mai mi abituerò". Adesso, invece: "chissà quando mi abituerò!"

31 ottobre 2011

Oh. Non ce ne è una...

Non passa giorno, o quasi, che qualcuno degli amici di Ddorf non mandi i suoi saluti. Via mail. Via sms...Persino i  ristoratori giapponesi della "trattoria", da parte di un amico, persino le mamme del (mitico) Mamme d'Italia Club, prese come sono tra pannolini e crisi di coppia, due cose che viaggiano parallele come i binari del treno...
Ma loro niente. Loro: le donne tedesche, le amiche tedesche che ho conosciuto in Germania. Sparite. Via. Eh sì, lontane dal Termin Kalender, lontane dal cuore.