Quello è l'incoraggiante sottotitolo di un libro. Il titolo è: "Menopausa Naturalmente". Autrice Ulrike Raiser. Chissà perché 'ste cose le scrivono, quasi sempre, le tedesche. Allora, la premessa dell'opuscolo è: donne mature, con la menopausa vivete un cambiamento, non una perdita. Dovete solo trovare un modo nuovo di "veicolare l'energia incontenibile che sussurra dentro noi".
E noi pronte!
A maggior sostegno della gagliarda tesi, si sciorinano citazioni storiche. Che seguono sempre lo stesso schema. Una rusatina veloce nei miti nel mondo Maya, Incas, Apache...una qualunque di quelle civiltà millenarie, gloriose e...ormai spacciate. Poi: ta tam! Parallelismo con il mito greco, che il repêchage nei miti greci è un grande classico. Ed ecco che a rappresentare la terza faccia della femminilità, dopo Demetra, la madre e Persefone, la giovinetta, c'è Ecate. Che non ricordo bene, ma secondo me era vecchia, cozza e portava sfiga. Qui, Ulrike ce la indora così: "..dopo la luminosità accecante del mattino, Persefone, e il calore divampante del meriggio, Demetra, l'imbrunire placa le passioni e l'irruenza, che lasciano il posto a un fresco sollievo e ad una serena notte illuminata dalla luna...Ecate."
Bene. Con una premessa così ben congegnata ci ringalluzzaimo un poco e ci accingiamo a leggere il resto. Dal momento che tutto è normale e sereno e saggio: "la prima cosa da fare è non angosciarci".
E chi s'angoscia, se non m'angosci tu....
"...In fondo si tratta di un passaggio che la Natura ha predisposto per il nostro corpo..."
See, bona quella, la Natura dico. Con tutte le sole che tira...
"Più temete la menopausa e più ingigantite nella vostra mente i cambiamenti che avverranno..."
Uhm e doppio uhm...
"...Ripensate ai figli, se tutte noi avessimo dato retta ai racconti mostruosi del parto, probabilmente nessuna di noi sarebbe mamma!"
Epperò poi l'abbiamo capito che i racconti mostruosi nascono perchè il parto è un dolore mostruoso! Uhm, doppio uhm e triplo uhm con triplo avvitamento carpiato.
"..In alcune tribù africane e in alcune zone indiane e arabe la menopausa permette alla donna, che viene considerata più pura perchè libera dal ciclo mestruale, di avere più prestigio sociale e di partecipare ai riti propiziatori.."
Ecco. Ci sarebbe a questo punto da scaraventare il libro nel caminetto. Anzi nei flutti, che siamo al mare. Sì perché chissene se nel Burundi occidentale, o nella Micronesia, o nella Kamchakta le donne Inuit hanno fatto pace con la menopausa!
Se non fosse che con questi riferimenti antropologici bislacchi ci tediano a noi donne occidentali fin dai tempi delle gravidanze. Per ogni fase della femminilità, la pubertà, la gravidanza, il parto, e persino per le coliche dei bambini c'è sempre un manipolo di ricercatrici, pronte a scovare qualche tribù Mursi, Samburu, Pigmea...dove, incredibilmente, le donne partoriscono in poche ore, inneggiando canti gregoriani, subito pronte dopo la recisione coi denti del cordone ombelicale, a dissodare i campi per piantare radici; i loro bimbi NON piangono e NON soffrono le coliche dei tre mesi (l'unica malattia infantile che i piccoli Mursi, Samburu, Pigmei non patiscono)... e adesso salta pure fuori che dopo una vita al top, con la menopausa si apre loro una carriera brillante come assistenti ai riti propiziatori. Fortunelle...
Loro. Noi invece qui a sgobbare e in quanto "donne affermate nel mondo del lavoro, più cariche di responsabilità e dello stress che ne consegue..." soffriamo di più i naturali cambiamenti del nostro corpo. Oltre al danno, anche le beffe.
L'opuscoletto comincia ad irritarmi assai che io veggo una velata presa per i fondelli: se patisci la menopausa, visto che è una fase naturale ed è dimostrato che ci sono donne al mondo che non la mettono giù così dura, la colpa è un po' tua...
L'amena lettura prosegue con l'elencazione dei "disturbi" e dei rimedi fitoterapici atti a contrastarli. I "disturbi"...più che disturbi patologie belle e buone. Leggi qui:
"Vampate, insonnia, obesità, cistite, vaginite atrofica e sintomi urinari, sbalzi d'umore, depressione, distrazione, osteoporosi, malattie articolari degenerative, ipertensione, malattie cardiovascolari e cancro al seno..." Tanto per chiudere in bellezza.
PS: Comunque visto che in menopausa non ci sono ancora e non mi voglio angosciare, che poi quando arriva bastona ancora più duramente, ripongo il libretto sullo scaffale più alto della casa. E lì lo mollo, in funzione apotropaica, come farebbe appunto una donna Mursi, Samburu, Inuit, Pigmea.
.
"Lassù nella Renania, tra anse e ponti d'or, tra l'aspre nubi echeggia un cantico d'amor..." Una montanara DOC racconta la sua Dusseldorf...E il suo rientro nel patrio stivale.
Autunno

E' un tramonto italiano ma a me ricorda Ddorf.
2 settembre 2012
30 agosto 2012
Alle Eseleien!
Tutte asinate. Traduzione del titolo del post. A volte il tedesco è così simile all'italiano, nelle espressioni colloquiali. Come Stapazieren, che vuole dire sì, proprio strapazzare.
Il titolo è ripreso da "Le mie prigioni", del Pellico, che ho testé terminato, e da dove si recupera che i luoghi comuni no, non sono affatto "Alle Eseleien". Almeno a giudicare dalla loro pervicacia.
Il primo è già citato, il clima orrendo non appena si varca l'arco alpino per il Nord. Che non è che non sia vero, per carità, ma considerando quanto si può patire in val padana andrebbe quantomeno relativizzato. Infatti, malgrado gli auspici nefasti, nei capitoli dedicati agli anni dello Spielberg nel libro non si accenna mai a una particolare durezza del clima moravo.
Altri luoghi comuni, e comuni ancora oggi (la vicenda si svolge nel 1820/29) : la cosa di cui si lamenta di più il nostro, una volta ingabbiato in Moravia è, bada ben, la qualità del CIBO!
Il confronto è sempre con altre galere, patrie ma pur sempre galere, mica coi manicaretti piemontesi di casa Pellico. Allo Spielberg, dimora infausta, Silvio preferisce lasciarsi morire di fame piuttosto che ingoiare tal "indigesta vivanda". Anche altrove: "Schiller mi ripeteva: -Si faccia d'animo, procuri d'avvezzarsi a questi cibi; se no le accadrà, come è accaduto ad altri...di morir di languore."
E la seconda? La mancanza del CAFFE'! Quello della Zanze, ai Piombi di Venezia gli aguzzava anche un certo qual altro appetito.
Di contro è ammirevole il rigore e il "rispetto delle regole e dei regolamenti". Così serenamente accettati che nessuno se la prende con altri se questi adempie al suo dovere esecutivo (non sfugge ad occhio avvezzo che nelle due carceri precedenti, a Milano e a Venezia, al contrario, dei regolamenti se ne facevano un baffo un po' tutti o almeno si concedevano eccezioni vistose. Per esempio la figlia quindicenne dello sbirro veneziano si lasciava andare ad amplessi -nel senso di abbracci- piuttosto prolungati con Pellico e senza che alcuno trovasse nulla da dire.
Silvio conosce il tedesco e apprezza la lingua, la compostezza, l'importanza del silenzio: "In silenzio, puoi fare tutto." Nel suo caso si trattava di comunicare con gli altri carbonari, mica spassarsela. Però interessante quanto, mutatis mutandis, certi stereotipi ritornino nelle esperienze di expat moderni, come la cometa di Halley nel sistema terrestre.
L'ultimo luogo comune è la bruttezza della val padana: "Da quella parte l'entrata in Italia non è dilettosa all'occhio, ed anzi si scende da bellissime montagne del paese tedesco a pianura itala per lungo tratto ... inamena cosicché i viaggiatori che non conoscono ancora la nostra penisola ed ivi passano, ridono della magnifica idea che s'erano fatta."
E ancora: "La bruttezza di quel suolo contribuiva a rendermi più triste..."
Che dopo 10 anni di galera, e a duro regime, provar tristezza per un paesaggio...Proprio di una bruttezza senza appello.
Il titolo è ripreso da "Le mie prigioni", del Pellico, che ho testé terminato, e da dove si recupera che i luoghi comuni no, non sono affatto "Alle Eseleien". Almeno a giudicare dalla loro pervicacia.
Il primo è già citato, il clima orrendo non appena si varca l'arco alpino per il Nord. Che non è che non sia vero, per carità, ma considerando quanto si può patire in val padana andrebbe quantomeno relativizzato. Infatti, malgrado gli auspici nefasti, nei capitoli dedicati agli anni dello Spielberg nel libro non si accenna mai a una particolare durezza del clima moravo.
Altri luoghi comuni, e comuni ancora oggi (la vicenda si svolge nel 1820/29) : la cosa di cui si lamenta di più il nostro, una volta ingabbiato in Moravia è, bada ben, la qualità del CIBO!
Il confronto è sempre con altre galere, patrie ma pur sempre galere, mica coi manicaretti piemontesi di casa Pellico. Allo Spielberg, dimora infausta, Silvio preferisce lasciarsi morire di fame piuttosto che ingoiare tal "indigesta vivanda". Anche altrove: "Schiller mi ripeteva: -Si faccia d'animo, procuri d'avvezzarsi a questi cibi; se no le accadrà, come è accaduto ad altri...di morir di languore."
E la seconda? La mancanza del CAFFE'! Quello della Zanze, ai Piombi di Venezia gli aguzzava anche un certo qual altro appetito.
Di contro è ammirevole il rigore e il "rispetto delle regole e dei regolamenti". Così serenamente accettati che nessuno se la prende con altri se questi adempie al suo dovere esecutivo (non sfugge ad occhio avvezzo che nelle due carceri precedenti, a Milano e a Venezia, al contrario, dei regolamenti se ne facevano un baffo un po' tutti o almeno si concedevano eccezioni vistose. Per esempio la figlia quindicenne dello sbirro veneziano si lasciava andare ad amplessi -nel senso di abbracci- piuttosto prolungati con Pellico e senza che alcuno trovasse nulla da dire.
Silvio conosce il tedesco e apprezza la lingua, la compostezza, l'importanza del silenzio: "In silenzio, puoi fare tutto." Nel suo caso si trattava di comunicare con gli altri carbonari, mica spassarsela. Però interessante quanto, mutatis mutandis, certi stereotipi ritornino nelle esperienze di expat moderni, come la cometa di Halley nel sistema terrestre.
L'ultimo luogo comune è la bruttezza della val padana: "Da quella parte l'entrata in Italia non è dilettosa all'occhio, ed anzi si scende da bellissime montagne del paese tedesco a pianura itala per lungo tratto ... inamena cosicché i viaggiatori che non conoscono ancora la nostra penisola ed ivi passano, ridono della magnifica idea che s'erano fatta."
E ancora: "La bruttezza di quel suolo contribuiva a rendermi più triste..."
Che dopo 10 anni di galera, e a duro regime, provar tristezza per un paesaggio...Proprio di una bruttezza senza appello.
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perle di saggezza,
sulla germania senza esagerare
Mala tempora currunt...
Niente ti dà più il senso del tempo che passa, meglio, di te che sei passata, della corte di un pretendente azonale. Acclaro. Ad ogni età corrisponde una zona, una fascia di erotizzazione. La fascia comprende persone più giovani e più vecchie di te, oltre a quelle coeve, ma, perversioni a parte, esclude "naturalmente" quelle troppo giovani, coloro che, banalmente, potrebbero essere i tuoi fratelli più piccoli o i tuoi figli, e quelle over. Cioè, sempre banalizzando, quelle in cui è facile riconoscere i tuoi genitori e i loro coetanei.
Insomma quest'estate, nelle rare occasioni mondane, questo mi è occorso. Un giovane alla ricerca di emozioni forti, e pettegolezzo facile, che mi è piombato una sera in tenda, e la corte palpitante di un paio di "umarell", di quelli cui mi devo sforzare a dare del tu, per intenderci, tanto li percepisco maturi, anziani, "altri" rispetto ai candidati del mio -presunto- aerale erotico.
Tralasciando le manovre di "smarcamento", quello che rimane è un senso di imbarazzo e di spiazzamento. In tutti e tre i casi è mancato il lancio del guanto, l'accendersi della miccia, insomma: uno sguardo, una parola, un gesto di complicità da parte mia. Quindi sai che palle.
E per i due "dentiera felix" subentra pure un certo avvilimento. Com'è che esemplari di specie così diversa mi ritengano partner papabile? Poi un'occhiatina allo specchio, stamattina, ha dato la risposta. Panzotta aggettante, palpebra appesantita, capello tritinta (castano fulvo naturale, aperol o pel di carota, bianco stanco). Fine dei dubbi: mi ritengono papabile perché sono entrata nella loro fascia erotica. Che poi io non mi ci ritrovi ancora, questo è un problema mio.
...Sto meditando, seriamente, una dieta feroce e un botulino party, tanto per rimandare un poco la bevuta dell'amaro calice.
Insomma quest'estate, nelle rare occasioni mondane, questo mi è occorso. Un giovane alla ricerca di emozioni forti, e pettegolezzo facile, che mi è piombato una sera in tenda, e la corte palpitante di un paio di "umarell", di quelli cui mi devo sforzare a dare del tu, per intenderci, tanto li percepisco maturi, anziani, "altri" rispetto ai candidati del mio -presunto- aerale erotico.
Tralasciando le manovre di "smarcamento", quello che rimane è un senso di imbarazzo e di spiazzamento. In tutti e tre i casi è mancato il lancio del guanto, l'accendersi della miccia, insomma: uno sguardo, una parola, un gesto di complicità da parte mia. Quindi sai che palle.
E per i due "dentiera felix" subentra pure un certo avvilimento. Com'è che esemplari di specie così diversa mi ritengano partner papabile? Poi un'occhiatina allo specchio, stamattina, ha dato la risposta. Panzotta aggettante, palpebra appesantita, capello tritinta (castano fulvo naturale, aperol o pel di carota, bianco stanco). Fine dei dubbi: mi ritengono papabile perché sono entrata nella loro fascia erotica. Che poi io non mi ci ritrovi ancora, questo è un problema mio.
...Sto meditando, seriamente, una dieta feroce e un botulino party, tanto per rimandare un poco la bevuta dell'amaro calice.
28 agosto 2012
"Condotto in climi orrendi..."
Questa poi. Premessa, succinta. Sono al mare, siamo al mare, con la Ari. Da una settimana (ma solo oggi mi sono recata all'urbe più vicina per comprare una chiavetta e collegarmi. Che qui nel "pagus" non se ne rintracciavano). Da una settimana, la sera, sola soletta a fare la guardia alla settenne dormiente mi sollazzo con letture amene. "Le mie prigioni" del buon vecchio Pellico nazionale, in questi dorati arresti domiciliari cadono a pennello. Sono al punto in cui dopo la permanenza a Milano, il nostro viene trasferito a Venezia, ai Piombi. Dopo la sentenza, atterrito apprende che lo trasferiranno allo Spielberg. E così commenta: "Essere costretto da sventura ad abbandonare la Patria è sempre doloroso, ma abbandonarla incatenato, condotto in climi orrendi, destinato a languire per anni tra sgherri è cosa sì straziante che non v'ha termini per accennarla!"
Ora. Il buon Silvio ci aveva testè descritto il martirio del caldo e dei miasmi e dei nugoli di zanzare che gli s'appiccicavano al corpo giorno e notte. A Venezia. Ma peggio di così, climaticamente parlando, cosa poteva mai aspettarsi in Moravia?
Eh, il classico vecchio luogo comune del clima salubre di casetta nostra...duro a morire!
Ora. Il buon Silvio ci aveva testè descritto il martirio del caldo e dei miasmi e dei nugoli di zanzare che gli s'appiccicavano al corpo giorno e notte. A Venezia. Ma peggio di così, climaticamente parlando, cosa poteva mai aspettarsi in Moravia?
Eh, il classico vecchio luogo comune del clima salubre di casetta nostra...duro a morire!
17 agosto 2012
Bagno Bemi.
A Luglio sono passata in Versilia a trovare mia zia, e in quell'occasione mi sono ritrovata al bagno dove andavo da piccola. Bagno Bemi. Stessa insegna, con il carattere a palloncino degli anni '70, stesse cabine azzurre, stesso odore nelle cabine. Un misto tra effluvi di legno, di salsedine e di vernice, quelle con base oleosa, che per recuperare i pennelli occorre l'acqua ragia, per intenderci.
Un odore che mi ha riportato con prepotenza alle estati della mia infanzia. Nella cabina dove provvedevo a cambiarmi, complice la memoria olfattiva, mi sono ritrovata bambina, con mia cugina accanto -il suo corpo adolescente, ambrato, prorompente, dal profumo penetrante - che mi diceva: "controlla che nessuno sta spiando, lì, dove c'è il buco". Tra un'asse bianca e quella azzurra c'era una fessura e oltre la fessura, effettivamente, un occhio spalancato.
Effettivamente qualcuno spiava.
E' che a volte mia cugina si arrabbiava, e con la mano chiudeva la fessura, a volte invece si divertiva a provocare. Nuda, si prendeva i seni pieni, alti e sodi tra le palme e li faceva saltare come due caprioli...la sua risata roca e profonda accompagnava il numero da streap tease. Forse per quello l'occhio, la volta che lo spiai a spiare, si ostinava a fissare nella cabina, malgrado fosse stato "sgamato".
Il ricordo era così vivo che mi sono ritrovata a cercare la fessura, che non c'era. Ovvio. Poi il bagno Bemi è molto più di allora un luogo per famiglie. tanti bimbi, molti vecchi, qualche mamma post gravidanza, pochi papà, nessun giovane, estendendo la qualifica anche, come si usa ora, ai quarantenni.
O forse lo era anche allora, un bagno per famiglie, ma allora le maglie dei controlli sugli adolescenti erano più lasse, le mamme inamovibili dai loro ombrelloni e i padri, meno gravati di impegni familiari e facilitati dalla congiuntura economica ad accumulare ricchezza, più liberi di provare la loro versione di "amici miei".
Uscita dalla cabina, mi avvicino all'ombrellone e incontro un viso noto. "Ciao!", mi fa. Rispondo cordiale, ma poi metto a fuoco. Certo! Quella stronza della Monica! Un paio d'anni più di me, ricciolina, capricciosa e scostante. Si divertiva a darmi appuntamenti e ad invitarmi a giocare con lei e le sue amichette per poi darmi buca. Sempre a ridicolizzare quello che dicevo, forte della maggiore età e della posizione al comando della sua piccola gang.
Devo aver cambiato espressione perchè lei mi restituisce uno sguardo perplesso. Oggi quella stronza della Monica è una signora di 50anni, un bel fisico malgrado le plurime gravidanze. Ha i tratti tirati, causa le notti insonni ad assistere prima il padre, poi la madre anziana...Mia cugina non c'è più, morta giovane, lei e la sua risata roca, inimitabile. La vita ci rende tutti uguali, penso, come i ciottoli sulla rena del mare. Di provenienza diversa, sotto il lavorio delle onde si levigano, si riducono ad una misura sola. Così che a vederli sembrano tutti della stessa provenienza.
E' sui ciottoli della rena del bagno Bemi che una mia parente ritrae con la sua bic, dal suo ombrellone le persone al mare. Ogni ciottolo un ritratto.
Un bel gesto, per restituire un' identità ad ogni ciottolo...
Ad ognuno di noi?
14 agosto 2012
Benvenuto tra noi, Ino!
E'il 53°. O almeno penso...che contare i grandi è facile, i piccoli più difficile che migrano facilmente da una casa dei nonni all'altra. Noi di case dei nonni, per ora, con stanze dedicate ai nipoti ne abbiamo due. In Italia "la stanza del figlio" spesso resta uno spazio cristallizzato nel tempo. Non che venga murata, come facevano i Tuareg quando si sposavano, con la stanza della prima notte. Andava così: dopo la prima notte veniva chiusa e mai più utilizzata. Sorgeva nella parte centrale della casa, accanto al luogo di consumo dei pasti, il tinello via!, sempre sotto gli occhi del clan familiare. Come il centro della ruota, un punto virtuale, intorno al quale gira tutto il sistema...
Le stanze dei figli in Italia, dopo che questi sono adulti e via di casa, passano un periodo di utilizzo a singhiozzo da parte degli stessi, o magari da parte di qualche ospite...poi rinascono a nuova vita con l'arrivo dei nipoti. Il lay out si rinfresca un po', di solito per giustapposizione di carabattole; nell'armadio insieme ai cappotti passati trovano posto i vestitini; le Barbie vecchie di 20 anni e passa, con i capelli tagliati rozzamente e strinati e le orecchie grigie di polvere, siedono accanto alle nuove, modello escort, e tra loro, sono certa, le criticano rimpiangendo i bei vecchi tempi e la meglio gioventù di una volta.
Nella stanza di noi tre sorelle, ex stanza di noi tre sorelle, uno stanzone con due finestre di cui una sovradimensionata - tirava sempre un'arietta!- da qualche anno troneggia un castello in plastica di gran formato, con tanto di torretta, scivolo, fire-place, portone d'ingresso. Per una cosa così, all'età di mia figlia, avrei dato tutto. Ma quando ero piccola io mio padre trovava "immorale" spendere troppi soldi per i regali dei bambini. Niente casa della Barbie, ordunque, e quando chiesi una bambola antica con le parti esposte in porcellana, mi rifilarono la riproduzione della Marisa Berenson di Barry Lindon...in plastica e boccoloni color rame in puro nylon 100%.
Però avevo anch'io la passione di mia figlia. Collezionare peluches. E di quelli ne avevo tanti. E li volevo ogni notte con me, tutti nel letto e mia madre doveva rimboccare bene le coperte per contenerli,,, "Prenderai le pulci...", mi diceva. Le pulci non le presi, le pulci snobbano l'acrilico, però forse parte delle mie numerose allergie nascono da lì...
Amavo i peluches, li amo meno da quando devo provvedere a quelli di Ari. Che la sua sembra una passione senza limiti. "Ino", così si chiama il panda della foto è stato acquistato in un negozio del mercato equo e solidale, dove sono entrata per comprare il caffè. Niente l'aveva allettata in edicola, che non è facile con tutte le offerte che ci sono per i bimbi e le bimbe al giorno d'oggi! Lì invece, al negozio dell'equo, ha visto "Ino" e con motivazioni arzigogolate, ma inoppugnabili per una settenne mi ha fatto scucire il contante necessario (2.50€, no non mi sono svenata)..."Panda ha bisogno di compagnia!" - Panda è alto 80 cm, Ino 3, Panda ha già una amichetta Panda che si chiama Giovanna, se ben ricordo, ed è in ottimi rapporti d'amicizia con Trogly, il mammuth comprato al museo di Neanderthal- "Lo pulirò ogni sera mamma, con il mio spazzolino -argh!- ti prego mamma, ti supplico, ti scongiuro!"
E così, abbiam pure Ino. Che si chiama così per via del velo di Ino, dall' Odissea, letta in pillole alla Ari nella versione di Geronimo Stilton. Dove Ulisse è un topastro moro, con coda nerboruta e Penelope una topina dall'aria soave. Più della storia l'hanno colpita i nomi: "Che brutti mamma, Pe-ne-lo-pe, Te-le-ma co, sembrano i nomi, non so di una roba come di un telefono!..."
Beh, non ha tutti torti, ho pensato. Passi per Elena, Calipso, Circe...ma Antino.o?! Nausica.a? e poi "Feaci", "Scheria", "Proci". Sgraziati assai. Ino poi in realtà era una dea. Ma...nessuno è perfetto.
.
Ino
Le stanze dei figli in Italia, dopo che questi sono adulti e via di casa, passano un periodo di utilizzo a singhiozzo da parte degli stessi, o magari da parte di qualche ospite...poi rinascono a nuova vita con l'arrivo dei nipoti. Il lay out si rinfresca un po', di solito per giustapposizione di carabattole; nell'armadio insieme ai cappotti passati trovano posto i vestitini; le Barbie vecchie di 20 anni e passa, con i capelli tagliati rozzamente e strinati e le orecchie grigie di polvere, siedono accanto alle nuove, modello escort, e tra loro, sono certa, le criticano rimpiangendo i bei vecchi tempi e la meglio gioventù di una volta.
Nella stanza di noi tre sorelle, ex stanza di noi tre sorelle, uno stanzone con due finestre di cui una sovradimensionata - tirava sempre un'arietta!- da qualche anno troneggia un castello in plastica di gran formato, con tanto di torretta, scivolo, fire-place, portone d'ingresso. Per una cosa così, all'età di mia figlia, avrei dato tutto. Ma quando ero piccola io mio padre trovava "immorale" spendere troppi soldi per i regali dei bambini. Niente casa della Barbie, ordunque, e quando chiesi una bambola antica con le parti esposte in porcellana, mi rifilarono la riproduzione della Marisa Berenson di Barry Lindon...in plastica e boccoloni color rame in puro nylon 100%.
Però avevo anch'io la passione di mia figlia. Collezionare peluches. E di quelli ne avevo tanti. E li volevo ogni notte con me, tutti nel letto e mia madre doveva rimboccare bene le coperte per contenerli,,, "Prenderai le pulci...", mi diceva. Le pulci non le presi, le pulci snobbano l'acrilico, però forse parte delle mie numerose allergie nascono da lì...
Amavo i peluches, li amo meno da quando devo provvedere a quelli di Ari. Che la sua sembra una passione senza limiti. "Ino", così si chiama il panda della foto è stato acquistato in un negozio del mercato equo e solidale, dove sono entrata per comprare il caffè. Niente l'aveva allettata in edicola, che non è facile con tutte le offerte che ci sono per i bimbi e le bimbe al giorno d'oggi! Lì invece, al negozio dell'equo, ha visto "Ino" e con motivazioni arzigogolate, ma inoppugnabili per una settenne mi ha fatto scucire il contante necessario (2.50€, no non mi sono svenata)..."Panda ha bisogno di compagnia!" - Panda è alto 80 cm, Ino 3, Panda ha già una amichetta Panda che si chiama Giovanna, se ben ricordo, ed è in ottimi rapporti d'amicizia con Trogly, il mammuth comprato al museo di Neanderthal- "Lo pulirò ogni sera mamma, con il mio spazzolino -argh!- ti prego mamma, ti supplico, ti scongiuro!"
E così, abbiam pure Ino. Che si chiama così per via del velo di Ino, dall' Odissea, letta in pillole alla Ari nella versione di Geronimo Stilton. Dove Ulisse è un topastro moro, con coda nerboruta e Penelope una topina dall'aria soave. Più della storia l'hanno colpita i nomi: "Che brutti mamma, Pe-ne-lo-pe, Te-le-ma co, sembrano i nomi, non so di una roba come di un telefono!..."
Beh, non ha tutti torti, ho pensato. Passi per Elena, Calipso, Circe...ma Antino.o?! Nausica.a? e poi "Feaci", "Scheria", "Proci". Sgraziati assai. Ino poi in realtà era una dea. Ma...nessuno è perfetto.
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12 agosto 2012
Il Grande Gatsby come Little Tony.
All'ultimo book crossing ho pescato un'edizione pocket del capolavoro di F.S. Fitzgerald. E me lo sono riletto, che quest'estate va così. Dopo L'Educazione Sentimentale e dopo Anna Karenina, cui va il mio personale Palmares per l'incip più intrigante e al passo con i tempi. Con tutti i tempi:
"Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo"
...(scopro testè su google che non sono originale. Già nel 2010 era citato tra i migliori incipit della letteratura di tutti i tempi, fonte: Wordpress)
Bene, l'incipit di The Great Gatsby nella traduzione della Great Fernanda* è il seguente:
"Negli anni più vulnerabili della mia giovinezza, mio padre mi diede un consiglio che non mi è mai più uscito di mente: Quando ti viene voglia di criticare qualcuno, ricordati che non tutti a questo mondo hanno i vantaggi che hai avuto tu".
Che all'inizio colpisce positivamente...Adesso riscrivendolo, e dopo aver riletto il tutto, suona pure buona per un personaggio di Verdone: "Magda, ricordalo ad Antongiulio, che non tutti hanno avuto i vantaggi che ha avuto lui, capito Magdaaa!
* Fernanda Pivano, una grande davvero.
Il terzo ripescaggio dell'estate perplette. E assai. Ricordo che mi piaceva. O forse mi piaceva perchè avevo una cotta romantica per quel bel figaccione di Scott che, fortuna, illumina con un convincente primo piano di profilo in b/n anche questa edizione economica Mondadori.
Ecco un paio di passaggi dal libro, forse rendono l'idea del mio spiazzamento:
(A uno dei lussuosi ricevimenti di G.G.)
Mi guardai intorno: quasi tutte le donne rimaste litigavano con uomini che si diceva fossero i mariti...Uno degli uomini parlava con intensità a una giovane attrice e la moglie, dopo aver tentato di affrontare la situazione con un sorriso dignitoso e indifferente, ebbe un collasso e decise di ricorrere ad attacchi latrali: gli compariva improvvisamente davanti a intervalli come un diamante sprizzante collera e gli sibilava all'orecchio:"L'hai giurato".
(perchè si diceva fossero i mariti, e se anche non si diceva? la donna ebbe un collasso? diamante sprizzante collera? Boh! Ma quanto dura la conversazione del tale con l'attrice mentre la moglie prima sorride, poi ha un collasso, poi decide di ripresentarsi ecc,ecc?)
(Incontro tra Daisy, Gatsby e il marito di lei, Tom)
"Chi vuole andare in città?" Chiese Daisy con insistenza, Gli occhi di Gatsby volarono verso di lei. "Ah" esclamò. "Come sembri fresco."
I loro occhi si incontrarono e rimasero a fissarsi soli nel vuoto..."Hai sempre un'aria così fresca" ripetè. Gli aveva detto che lo amava e Tom se ne accorse. Fu sbalordito.
("Fresco" è un complimento per un uomo? O è una frase in codice per suggerire che lei lo amava? Oppure è lo sguardo "soli nel vuoto" a dare quel significato a 'sta frase da escort sciroppata? Boh...lo dicevo che perplette...)
(Dialogo tra Nick e Gatsby)
"Daisy ha una voce indiscreta" dissi. "E' piena di..." Esitai." Ha una voce piena di monete" Disse Gatsby improvvisamente. Era proprio così. Non l'avevo mai capito prima.
(Una voce indiscreta è piena di monete? Ma che c'azzecca?)
E via di questo passo, fino alla tragedia finale che però non fa piangere nessuno.
Prima di quella c'è agio di scoprire come ci si combinava per andare alle cene galanti nella east coast del 1915: Comincia la sfilata il cantagallo del libro, Nick. Quell'essere discreto che tramanda ai posteri tutti i cazzacci di Gatsby, senza giudicare niente e nessuno come gli ha insegnato papà negli anni vulnerabili (see, va là, va là...)
"Vestito di flanella bianca feci la traversata dal mio al suo prato..." Flanella, bianca. In pigiama praticamente.
E queste, invece, sono un paio di tenutine del grande Gatsby:
"Un'ora dopo si aprì nervosamente il portone e Gatsby vestito di flanella bianca con la camicia color argento e la cravatta color oro entrò di corsa."
"Gatsby si fermò.Quel suo vestito rosa sgargiante creava una macchia vivace di colore sui gradini bianchi..."
Camicia argento, cravatta oro? Smoking rosa sgargiante? E noi che abbiamo sempre pensato che Little Tony fosse un tamarro.
"Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo"
...(scopro testè su google che non sono originale. Già nel 2010 era citato tra i migliori incipit della letteratura di tutti i tempi, fonte: Wordpress)
Bene, l'incipit di The Great Gatsby nella traduzione della Great Fernanda* è il seguente:
"Negli anni più vulnerabili della mia giovinezza, mio padre mi diede un consiglio che non mi è mai più uscito di mente: Quando ti viene voglia di criticare qualcuno, ricordati che non tutti a questo mondo hanno i vantaggi che hai avuto tu".
Che all'inizio colpisce positivamente...Adesso riscrivendolo, e dopo aver riletto il tutto, suona pure buona per un personaggio di Verdone: "Magda, ricordalo ad Antongiulio, che non tutti hanno avuto i vantaggi che ha avuto lui, capito Magdaaa!
* Fernanda Pivano, una grande davvero.
Il terzo ripescaggio dell'estate perplette. E assai. Ricordo che mi piaceva. O forse mi piaceva perchè avevo una cotta romantica per quel bel figaccione di Scott che, fortuna, illumina con un convincente primo piano di profilo in b/n anche questa edizione economica Mondadori.
Ecco un paio di passaggi dal libro, forse rendono l'idea del mio spiazzamento:
(A uno dei lussuosi ricevimenti di G.G.)
Mi guardai intorno: quasi tutte le donne rimaste litigavano con uomini che si diceva fossero i mariti...Uno degli uomini parlava con intensità a una giovane attrice e la moglie, dopo aver tentato di affrontare la situazione con un sorriso dignitoso e indifferente, ebbe un collasso e decise di ricorrere ad attacchi latrali: gli compariva improvvisamente davanti a intervalli come un diamante sprizzante collera e gli sibilava all'orecchio:"L'hai giurato".
(perchè si diceva fossero i mariti, e se anche non si diceva? la donna ebbe un collasso? diamante sprizzante collera? Boh! Ma quanto dura la conversazione del tale con l'attrice mentre la moglie prima sorride, poi ha un collasso, poi decide di ripresentarsi ecc,ecc?)
(Incontro tra Daisy, Gatsby e il marito di lei, Tom)
"Chi vuole andare in città?" Chiese Daisy con insistenza, Gli occhi di Gatsby volarono verso di lei. "Ah" esclamò. "Come sembri fresco."
I loro occhi si incontrarono e rimasero a fissarsi soli nel vuoto..."Hai sempre un'aria così fresca" ripetè. Gli aveva detto che lo amava e Tom se ne accorse. Fu sbalordito.
("Fresco" è un complimento per un uomo? O è una frase in codice per suggerire che lei lo amava? Oppure è lo sguardo "soli nel vuoto" a dare quel significato a 'sta frase da escort sciroppata? Boh...lo dicevo che perplette...)
(Dialogo tra Nick e Gatsby)
"Daisy ha una voce indiscreta" dissi. "E' piena di..." Esitai." Ha una voce piena di monete" Disse Gatsby improvvisamente. Era proprio così. Non l'avevo mai capito prima.
(Una voce indiscreta è piena di monete? Ma che c'azzecca?)
E via di questo passo, fino alla tragedia finale che però non fa piangere nessuno.
Prima di quella c'è agio di scoprire come ci si combinava per andare alle cene galanti nella east coast del 1915: Comincia la sfilata il cantagallo del libro, Nick. Quell'essere discreto che tramanda ai posteri tutti i cazzacci di Gatsby, senza giudicare niente e nessuno come gli ha insegnato papà negli anni vulnerabili (see, va là, va là...)
"Vestito di flanella bianca feci la traversata dal mio al suo prato..." Flanella, bianca. In pigiama praticamente.
E queste, invece, sono un paio di tenutine del grande Gatsby:
"Un'ora dopo si aprì nervosamente il portone e Gatsby vestito di flanella bianca con la camicia color argento e la cravatta color oro entrò di corsa."
"Gatsby si fermò.Quel suo vestito rosa sgargiante creava una macchia vivace di colore sui gradini bianchi..."
Camicia argento, cravatta oro? Smoking rosa sgargiante? E noi che abbiamo sempre pensato che Little Tony fosse un tamarro.
11 agosto 2012
Dubbio da emigrante.
Nel libro dell'autrice svedese, la Ekman, quando la protagonista intravede farsi la barba il ceffo che sarà suo marito, lo descrive così: "Lei era contenta che non si fosse accorto della sua presenza perchè stava a torso nudo. Nel'aria fredda della sera. Sembra proprio uno di quei venditori ambulanti di trappole per topi, pensò Hillevi. Un italiano. E la cinghia dei pantaloni era stretta al massimo intorno alla vita sottile. La parte libera penzolava e dondolava..."
Ora, a parte l'attenta ricostruzione del look nazional popolare, che è giunto indenne fino a noi e furoreggia di estate in estate in tutto il suo virile fulgore... (domani mattina avrò un vis à vis coi miei vicini di casa TUTTI così acconciati)...E va bene che in Penisola si pativa la fame...ma tanto da arrampicarsi fino a Uppsala, in Svezia, a fare gli ambulanti per vendere trappole per topi?
Ora, a parte l'attenta ricostruzione del look nazional popolare, che è giunto indenne fino a noi e furoreggia di estate in estate in tutto il suo virile fulgore... (domani mattina avrò un vis à vis coi miei vicini di casa TUTTI così acconciati)...E va bene che in Penisola si pativa la fame...ma tanto da arrampicarsi fino a Uppsala, in Svezia, a fare gli ambulanti per vendere trappole per topi?
10 agosto 2012
Questo è per Reiner.
Che ho imparato di più dei tedeschi e della Germania in quei pochi incontri con lui che in 4 anni di soggiorno in Germania. Reiner V. l'ho incontrato per caso, cercando casa, la terza a Dusseldorf. Essendo la terza esperienza di ricerca case, mi sono affidata con fiducia al giornale locale, all'inserto del sabato, se ben ricordo il giorno, ricco di annunci von Privat, senza foto, intermediari e indirizzi Internet. Solo l'indirizzo reale e la data dell' appuntamento, collettivo, ad ora fissata.
Quello dove ho incontrato Reiner V. era, appunto, un appartamento scovato tramite questi annunci. Una bella casa Atbau, dagli alti soffitti in una zona storica di Ddorf, Burgmuller Str. Mi piacque subito. L'appartamento, intendo. La luce autunnale filtrava dalle ampie finestre verticali del soggiorno, una rarità che di solito sono orizzontali, drappeggiando un impapabile mantello dorato intorno ad una distinta signora altezzosamente seduta sulla poltrona; del tutto intenzionata a starsene così, almeno apparentemente, per l'eternità. Simbolo in carne e ossa della meritata pace domestica.
Il Reiner dal sorriso accogliente e dignitoso era il padrone di casa, meglio, l'affittuario in procinto di lasciare l'appartamento per una nuova magione.
L'appartamento era perfetto, nella zona perfetta della città. Costava un po'oltre le aspettative, ma visto che me n'ero innamorata sollecitai sovvenzioni familiari. Si sa che per la casa dei figlioli i genitori italiani sono malleabili.
...Invece non se ne fece nulla. No, non che la famiglia rifiutò la sovvenzione, anzi. C'era un'altra coppia in lizza, senza figli e "autoctona" cosa che a parità di solvibilità, li avvantaggiava. E poi che dico! Neanderthal proprio non ne voleva sapere!
- Si chiama Neanderthal mica per nulla, a lui basterebbe una caverna con un paio di letti a castello che c'è spazio pure per gli ospiti, figurati se è sensibile all'appeal di un appartamento Altbau dalle pareti candide e la luce morbida...
Adesso scrivo così, con leggerezza, ma piansi calde lacrime per la rabbia e il rammarico di non poterci abitare...
Poi un nuovo appartamento e una vita da organizzarci intorno richiesero tutte le energie, rimboccai le maniche e inghiottii le lacrime.
Con Reiner ci messaggiammo per un po' di tempo, cose tipo: "Mi spiace, eh anche a me, però non era detto che sarebbe stata vostra, eh lo so appunto, è stato comunque un piacere incontrarci, molto anche per me, arrivederci, arrivederci..." Poi le comunicazioni si spensero.
Ma alla fine c'incontrammo,"per fatal combinazion, perché insieme riparammo dalla pioggia in un porton..."
Così, papale papale. Pioveva, in Altstadt, non avevo l'ombrello, corsi sotto l'androne di un portone. Mi voltai e c'era un signore, accanto a me, il signore si voltò verso di me ed era ...Reiner. Un incontro fortuito e simpatico. In attesa che spiovesse, non ricordo se lui o io, lanciammo l'idea di incontrarci per bere un caffè, un caffè italiano, in un locale dove lo facevano propriamente.
Sembrava cosa fatta, invece il tempo passò, che non sa fare nulla di così bene, e ci perdemmo di nuovo di vista. E ancora, una sera ci ritrovammo, di nuovo senza preavviso, quasi vis à vis, ad una cena da Mercurio, un'associazione professionale italo -tedesca.
Da allora ci siamo incontrati per il famoso caffè quattro o cinque volte.Sempre con congruo anticipo, che Reiner è un avvocato molto impegnato, sempre in centro, sempre per un'oretta e sempre ad ora...caffè. Le 11 o le 14, al massimo.
Argomenti di conversazione con Reiner: suppellettili di casa sua che io ricordavo benissimo nella loro esatta collocazione; il denaro e la sua importanza nella vita e nelle relazioni: l'educazione dei ragazzi; la guerra mondiale, la seconda; viaggi e vacanze. Soprattutto si parlava di soldi e non ne ho mai parlato così serenamente con nessuno.
E' stato quasi liberatorio. I soldi nelle parole di Reiner apparivano come semplici portatori di opportunità e dignità.
A Reiner devo qualcosa per la conoscenza del mondo tedesco. A volte, se c'era tempo, ci accompagnavamo per riprendere la bici-la mia o l'auto -la sua. Un giorno in particolare arrivammo ad un passaggio pedonale. C'era l'alt, ma io sapevo che quella strada era chiusa al traffico veicolare, causa lavori per la nuova metropolitana, così feci per attraversare le strisce. Stavo per spiccare il passo quando sentii un tocco leggero sulla spalla.Una lieve stretta, quasi un impulso, con il pollice e l'indice
Fermi tutti! Il Reiner mi aveva toccato. E siccome non l'aveva mai fatto, e mai più lo fece, mi paralizzai immediatamente. Il mio sguardo interrogativo sollecitò la spiegazione, a bassa voce, all'orecchio...Vedi chi c'è dall'altra parte? Quattro o cinque persone stavano pazientemente aspettando il verde, uhm...non capivo, vedi che c'è una signora in bicicletta? Si...E dietro di lei un bimbo, in bici che la segue...Ah, sì!...Ecco, lei starà insegnando al bimbo a seguire le regole della strada. E noi l'aiutiamo.
In un attimo mi parve che davvero tutti, tra quelli della rive gauche e quelli della rive droite di quella maledetta strada senza macchine, tutti davvero avessero avuto lo stesso pensiero di Reiner e, per questo si erano bloccati. Tutti, tranne me. L'italiana gaglioffa.
Sono arrossita fino alla radice dei capelli, per la seconda volta nella mia vita.
Grazie Reiner, per il caffè.
Quello dove ho incontrato Reiner V. era, appunto, un appartamento scovato tramite questi annunci. Una bella casa Atbau, dagli alti soffitti in una zona storica di Ddorf, Burgmuller Str. Mi piacque subito. L'appartamento, intendo. La luce autunnale filtrava dalle ampie finestre verticali del soggiorno, una rarità che di solito sono orizzontali, drappeggiando un impapabile mantello dorato intorno ad una distinta signora altezzosamente seduta sulla poltrona; del tutto intenzionata a starsene così, almeno apparentemente, per l'eternità. Simbolo in carne e ossa della meritata pace domestica.
Il Reiner dal sorriso accogliente e dignitoso era il padrone di casa, meglio, l'affittuario in procinto di lasciare l'appartamento per una nuova magione.
L'appartamento era perfetto, nella zona perfetta della città. Costava un po'oltre le aspettative, ma visto che me n'ero innamorata sollecitai sovvenzioni familiari. Si sa che per la casa dei figlioli i genitori italiani sono malleabili.
...Invece non se ne fece nulla. No, non che la famiglia rifiutò la sovvenzione, anzi. C'era un'altra coppia in lizza, senza figli e "autoctona" cosa che a parità di solvibilità, li avvantaggiava. E poi che dico! Neanderthal proprio non ne voleva sapere!
- Si chiama Neanderthal mica per nulla, a lui basterebbe una caverna con un paio di letti a castello che c'è spazio pure per gli ospiti, figurati se è sensibile all'appeal di un appartamento Altbau dalle pareti candide e la luce morbida...
Adesso scrivo così, con leggerezza, ma piansi calde lacrime per la rabbia e il rammarico di non poterci abitare...
Poi un nuovo appartamento e una vita da organizzarci intorno richiesero tutte le energie, rimboccai le maniche e inghiottii le lacrime.
Con Reiner ci messaggiammo per un po' di tempo, cose tipo: "Mi spiace, eh anche a me, però non era detto che sarebbe stata vostra, eh lo so appunto, è stato comunque un piacere incontrarci, molto anche per me, arrivederci, arrivederci..." Poi le comunicazioni si spensero.
Ma alla fine c'incontrammo,"per fatal combinazion, perché insieme riparammo dalla pioggia in un porton..."
Così, papale papale. Pioveva, in Altstadt, non avevo l'ombrello, corsi sotto l'androne di un portone. Mi voltai e c'era un signore, accanto a me, il signore si voltò verso di me ed era ...Reiner. Un incontro fortuito e simpatico. In attesa che spiovesse, non ricordo se lui o io, lanciammo l'idea di incontrarci per bere un caffè, un caffè italiano, in un locale dove lo facevano propriamente.
Sembrava cosa fatta, invece il tempo passò, che non sa fare nulla di così bene, e ci perdemmo di nuovo di vista. E ancora, una sera ci ritrovammo, di nuovo senza preavviso, quasi vis à vis, ad una cena da Mercurio, un'associazione professionale italo -tedesca.
Da allora ci siamo incontrati per il famoso caffè quattro o cinque volte.Sempre con congruo anticipo, che Reiner è un avvocato molto impegnato, sempre in centro, sempre per un'oretta e sempre ad ora...caffè. Le 11 o le 14, al massimo.
Argomenti di conversazione con Reiner: suppellettili di casa sua che io ricordavo benissimo nella loro esatta collocazione; il denaro e la sua importanza nella vita e nelle relazioni: l'educazione dei ragazzi; la guerra mondiale, la seconda; viaggi e vacanze. Soprattutto si parlava di soldi e non ne ho mai parlato così serenamente con nessuno.
E' stato quasi liberatorio. I soldi nelle parole di Reiner apparivano come semplici portatori di opportunità e dignità.
A Reiner devo qualcosa per la conoscenza del mondo tedesco. A volte, se c'era tempo, ci accompagnavamo per riprendere la bici-la mia o l'auto -la sua. Un giorno in particolare arrivammo ad un passaggio pedonale. C'era l'alt, ma io sapevo che quella strada era chiusa al traffico veicolare, causa lavori per la nuova metropolitana, così feci per attraversare le strisce. Stavo per spiccare il passo quando sentii un tocco leggero sulla spalla.Una lieve stretta, quasi un impulso, con il pollice e l'indice
Fermi tutti! Il Reiner mi aveva toccato. E siccome non l'aveva mai fatto, e mai più lo fece, mi paralizzai immediatamente. Il mio sguardo interrogativo sollecitò la spiegazione, a bassa voce, all'orecchio...Vedi chi c'è dall'altra parte? Quattro o cinque persone stavano pazientemente aspettando il verde, uhm...non capivo, vedi che c'è una signora in bicicletta? Si...E dietro di lei un bimbo, in bici che la segue...Ah, sì!...Ecco, lei starà insegnando al bimbo a seguire le regole della strada. E noi l'aiutiamo.
In un attimo mi parve che davvero tutti, tra quelli della rive gauche e quelli della rive droite di quella maledetta strada senza macchine, tutti davvero avessero avuto lo stesso pensiero di Reiner e, per questo si erano bloccati. Tutti, tranne me. L'italiana gaglioffa.
Sono arrossita fino alla radice dei capelli, per la seconda volta nella mia vita.
Grazie Reiner, per il caffè.
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sulla germania senza esagerare,
vita vera
9 agosto 2012
Anche le nordiche lo vogliono azzurro.
Eh, sotto sotto...tutte uguali siamo. Chi crede che le donne oltralpe, tedesche certo, ma pure scandinave abbiano in mente un modello maschile differente dal solito standard, vista la loro prestanza fisica e la capacità di fare tutto da sole, beh, si sbaglia di grosso.
Anzi. Si fa appello ad un modello, sempre sia possibile, ancora più utopico del Principe Azzurro, modello archetipo semplice, semplice. Prevede infatti "solo" una donna di classe sociale inferiore - il copione di solito impone una tapina caduta in disgrazia ma che possa vantare acconci natali- dotata di grazia e bellezza, da una parte. Dall'altra un principe, o equipollente, economicamente ben strutturato, in scacco psicologico con la figura genitoriale e quindi sensibile a una donna che gli restituisca, almen lei, un'immagine "premiante".
Con questi semplici ingredienti si confezionano frittate letterarie, più o meno riuscite, dal 3000 a.C.
Ora veniamo a noi. Lo schema di cui sopra oggi subisce nuovi radicali interventi. Ma sotto sotto...azzurro ci cova.
Gli interventi correttivi rispetto alla tradizione: alla voce pulzella, basta con la dolcezza melassosa, l'atteggiamento speranzoso e rassegnato, la vocina flebile, lo sguardo innocente e sottomesso. Cenerentola up to date è testosteronica. Volitiva, capace, caparbia. Sfida il destino e la vita. Il volto è serio e l'espressione determinata. Resta bella, via, diciamo almeno un tipo. Magra è SEMPRE magra.Magra lo era anche Cenerentola, per patimento e per evitare malintesi mostrando un corpo troppo prosperoso. Le nuove eroine lo sono ...perchè sono eroi!
Le nuove Cenerentole non arrivano vergini all'altare dell'amore, ma arrapate come valchirie (e le aspettative prestazionali schizzano alle stelle) e sono pure ambiziosette assai. Cenerentola, al contrario, aveva l'aria poco esigente su tutti i fronti...un bacetto, una bottarella riproduttiva, la grembialina nuova, una gabbietta comoda per gli amici uccellini e via giuliva a canticchiare canzoncine con le rime...
Restano invece, della Cenerentola che fu: la conflittualità con le altre donne, anche le nuove si comportano con le consessuate come belve contro belve; la scelta del campione premiante o maschio alfa che dir si voglia; l'aspirazione al salto sociale attraverso l'impegolamento del principe che le solleva, oggi come ieri,di ogni preoccupazione economica, ça va sans dire...
Tutte frottole? Varda qui per esempio, Kerstin Ekman, svedese, autrice de "La voce del Torrente". Il libro è del 2000 ma la storia è ambientata nel 1916 in Svezia. Hillevi fa la levatrice e per seguire il suo amante segreto e futuro marito, un pastore luterano, lascia Uppsala e si arrampica nello sperduto paesetto lappone di Roback. Il pastore è timido e titubante, e la Hillevi dopo un paio di rusatelle poco sapide lo molla lì per il ben più virile mercante del villaggio che parla poco ma...
Il personaggio ha dell'incredibile. E', fin dal primo apparire, descritto nei suoi attributi più maschili, buon cacciatore, odore pungente, muscoli sodi, vello scuro ("sembrava un italiano"), voce profonda e grave, ottima manualità, capacità di reggere l'alcool, intraprendenza e destrezza erotica...Lui approfitta di una festa collettiva, agguanta la levatrice, se la porta sotto le fresche frasche e...vai con il tagadà.
L'autrice tiene subito a sottolineare quanto il nostro sia differente dal timido pastore, dalle natiche fredde, in durata e fantasia amatoria...
Il mercante però non è solo l'Holmes di Roback... Nooo, bada ben è dolcissimo e premuroso e pensa a tutto lui PURE A CUCINARE e quando la Hillevi lo avvisa che la gran abbuffata sotto le stelle ha lasciato qualcosa nella pancina, LE LASCIA LIBERA SCELTA tra il matrimonio riparatore, quando e quanto vuole lei e l'aborto qualora lo ritenesse opportuno. Il mercante è ricco e stimato, scopa come un riccio ed è FEDELISSIMO...a conti fatti, la ragazza concede la sua mano, callosetta e dalle unghie tagliate corte per via della professione. E lui tocca il cielo con un dito. Ovvio.
Vabbeh, raccontata così il gioco è fin troppo palese, nella prosa letteraria, 410 pagine di artifici retorici, è un po' più tra le righe...ma il concetto di cui sopra è chiaro. Neanche il Principe Azzurro basta più come una volta, quello d'antan in fondo ci metteva poco più del distintivo, e aveva una moglie dedita e riconoscente. Oltre che di bellezza angelica. Adesso deve fare dei numeri da dio greco per ottenere i favori di banali ragazzotte in carriera, pure un pò legnosette e decisamente pretenziose...
Vedi anche: La Papessa di Donna Woolfolk Cross...
Anzi. Si fa appello ad un modello, sempre sia possibile, ancora più utopico del Principe Azzurro, modello archetipo semplice, semplice. Prevede infatti "solo" una donna di classe sociale inferiore - il copione di solito impone una tapina caduta in disgrazia ma che possa vantare acconci natali- dotata di grazia e bellezza, da una parte. Dall'altra un principe, o equipollente, economicamente ben strutturato, in scacco psicologico con la figura genitoriale e quindi sensibile a una donna che gli restituisca, almen lei, un'immagine "premiante".
Con questi semplici ingredienti si confezionano frittate letterarie, più o meno riuscite, dal 3000 a.C.
Ora veniamo a noi. Lo schema di cui sopra oggi subisce nuovi radicali interventi. Ma sotto sotto...azzurro ci cova.
Gli interventi correttivi rispetto alla tradizione: alla voce pulzella, basta con la dolcezza melassosa, l'atteggiamento speranzoso e rassegnato, la vocina flebile, lo sguardo innocente e sottomesso. Cenerentola up to date è testosteronica. Volitiva, capace, caparbia. Sfida il destino e la vita. Il volto è serio e l'espressione determinata. Resta bella, via, diciamo almeno un tipo. Magra è SEMPRE magra.Magra lo era anche Cenerentola, per patimento e per evitare malintesi mostrando un corpo troppo prosperoso. Le nuove eroine lo sono ...perchè sono eroi!
Le nuove Cenerentole non arrivano vergini all'altare dell'amore, ma arrapate come valchirie (e le aspettative prestazionali schizzano alle stelle) e sono pure ambiziosette assai. Cenerentola, al contrario, aveva l'aria poco esigente su tutti i fronti...un bacetto, una bottarella riproduttiva, la grembialina nuova, una gabbietta comoda per gli amici uccellini e via giuliva a canticchiare canzoncine con le rime...
Restano invece, della Cenerentola che fu: la conflittualità con le altre donne, anche le nuove si comportano con le consessuate come belve contro belve; la scelta del campione premiante o maschio alfa che dir si voglia; l'aspirazione al salto sociale attraverso l'impegolamento del principe che le solleva, oggi come ieri,di ogni preoccupazione economica, ça va sans dire...
Tutte frottole? Varda qui per esempio, Kerstin Ekman, svedese, autrice de "La voce del Torrente". Il libro è del 2000 ma la storia è ambientata nel 1916 in Svezia. Hillevi fa la levatrice e per seguire il suo amante segreto e futuro marito, un pastore luterano, lascia Uppsala e si arrampica nello sperduto paesetto lappone di Roback. Il pastore è timido e titubante, e la Hillevi dopo un paio di rusatelle poco sapide lo molla lì per il ben più virile mercante del villaggio che parla poco ma...
Il personaggio ha dell'incredibile. E', fin dal primo apparire, descritto nei suoi attributi più maschili, buon cacciatore, odore pungente, muscoli sodi, vello scuro ("sembrava un italiano"), voce profonda e grave, ottima manualità, capacità di reggere l'alcool, intraprendenza e destrezza erotica...Lui approfitta di una festa collettiva, agguanta la levatrice, se la porta sotto le fresche frasche e...vai con il tagadà.
L'autrice tiene subito a sottolineare quanto il nostro sia differente dal timido pastore, dalle natiche fredde, in durata e fantasia amatoria...
Il mercante però non è solo l'Holmes di Roback... Nooo, bada ben è dolcissimo e premuroso e pensa a tutto lui PURE A CUCINARE e quando la Hillevi lo avvisa che la gran abbuffata sotto le stelle ha lasciato qualcosa nella pancina, LE LASCIA LIBERA SCELTA tra il matrimonio riparatore, quando e quanto vuole lei e l'aborto qualora lo ritenesse opportuno. Il mercante è ricco e stimato, scopa come un riccio ed è FEDELISSIMO...a conti fatti, la ragazza concede la sua mano, callosetta e dalle unghie tagliate corte per via della professione. E lui tocca il cielo con un dito. Ovvio.
Vabbeh, raccontata così il gioco è fin troppo palese, nella prosa letteraria, 410 pagine di artifici retorici, è un po' più tra le righe...ma il concetto di cui sopra è chiaro. Neanche il Principe Azzurro basta più come una volta, quello d'antan in fondo ci metteva poco più del distintivo, e aveva una moglie dedita e riconoscente. Oltre che di bellezza angelica. Adesso deve fare dei numeri da dio greco per ottenere i favori di banali ragazzotte in carriera, pure un pò legnosette e decisamente pretenziose...
Vedi anche: La Papessa di Donna Woolfolk Cross...
8 agosto 2012
Eh, l'amore sì l'amore.
Io sono orfana. E mio papà è vedovo. Non si sa come se la caverà,. Tutto troppo recente, e lui, al contrario, decisamente "up". Però qualche pulsione da riconfigurazione "single" la sta dimostrando. Ieri mi ha fatto assaggiare un piatto che ha definito testualmente "una delle sue nuove sperimentazioni". Patate e zucchine e cipollotto soffritto, mica cucina molecolare! Ma è la presentazione che conta.
E, sempre ieri, qualcuno, anzi qualcuna lo ha chiamato, al telefono.
Il tono di voce iniziale di mio padre era sorpreso. Poi composto, come trattenuto, ma, nel corso della telefonata si è fatto via via più rilassato, fluido. Pure qualche risatina, ammiccamenti; la chiusa mi ha stupito. Calda, partecipe. Vera.
E durante tutta la durata della conversazione non ha mai chiesto all'interlocutrice "come era il tempo lì"...Il che, per chi conosce bene mio padre, è un indizio assai sospetto.
E, sempre ieri, qualcuno, anzi qualcuna lo ha chiamato, al telefono.
Il tono di voce iniziale di mio padre era sorpreso. Poi composto, come trattenuto, ma, nel corso della telefonata si è fatto via via più rilassato, fluido. Pure qualche risatina, ammiccamenti; la chiusa mi ha stupito. Calda, partecipe. Vera.
E durante tutta la durata della conversazione non ha mai chiesto all'interlocutrice "come era il tempo lì"...Il che, per chi conosce bene mio padre, è un indizio assai sospetto.
Un anno dopo.
Un anno fa, giorno più giorno meno, siamo rientrate in Italia. Io e Ari. E sembra ieri, soprattutto guardando la casa, che i lavori di congiunzione con il vecchio appartamento sono là da venire..., e sembra un secolo fa. Guardando a quanto si è passato.
Ihh, lo spaesamento dei primi giorni in Italia. Guidare in tangenziale, io che rispetto pedissequa i limiti, del tutto peregrini del resto, e le auto che mi starnazzano intorno coi clacson...il fastidio al supermercato, con gente e carrelli che si muovono seguendo traiettorie impazzite, come le palline di mercurio quando si rompe il termometro, lì, sul pavimento...il riassestamento familiare, io Ari e...basta, due coperti due sulla ribalta in cucina, che quasi avanza...l'imbarazzo del "dentro e fuori" di vicini e parenti e nipoti e amici, la casa che sembra un gruviera; e il primo giorno di scuola di Ari, facce nuove dinamiche nuove. Un anno fa tutto era casa, ma non era più casa...
Adesso, un anno dopo:
- faccio la spesa al super e non mi irrito se la gente urta il mio carrello. Mi perdo via, ancora, nella scelta di formaggi e salumi e verdure, ma già noto se mancano i limoni di Amalfi, e scatta pure il disappnto, o l'aglio piacentino... Sì perchè in Germania la spesa si faceva stringata e la parabola di scelta era limitata. Il disppunto nasceva dalla mancanza di carciofi, bietole, pomodori datterini, asparagi verdi, meloni retati, cose basiche, mica Dop e Igp...
- stiro i vestiti di Ari (meglio, faccio stirare).Che in Germania sembrava ben vestita ma in Italia,allestita allo stesso modo, sembrava fuoriuscita dall'antro del ciclope. Dapprima i vestitini, poi le magliette., infine i leggins..tutto sotto il ferro. Resistono, per ora, "nature" solo mutandine e canotte...
- vado dal parrucchiere e dall'estetista. Non spesso, ma con periodicità...
- ho smesso di sfruttare le ore di sole come se fossero le ultime gocce d'acqua di un naufrago. E questo un po' mi spiace. Che "su" si diventa smaliziati, a godere di ogni spiraglio di luce...E si sta fuori anche con temperature, e vento, e bigio, che qui neanche se ti pagassero.
- ho smesso di usare la bicicletta. Se non per gite di piacere, di tanto in tanto. C'è il fatto che arrampicarsi al cucuzzolo dove abitiamo, in bici, non è impresa banale. Chi lo fa, spesso, immortala l'impresa con scatto efoto su Fb.
Della Germania mi mancano, ancora, tanto: gli alberi, l'asfalto, la segnaletica ragionata e ragionevole, il pane, il burro, le mattine fresche, la luce delle sere di giugno, il multilinguismo come evento normale, i parchi, i parchi agli autogrill, la birra, il Belgio e l'Olanda a portata d'auto, i fiori, le decorazioni floreali, le affissioni pubblicitarie contenute, le librerie, le biblioteche, i ristoranti giapponesi, meglio: il ristorante giapponese, la reteWi Fi, gli amici...
Mi mancano,ancora tanto gli amici.
Ihh, lo spaesamento dei primi giorni in Italia. Guidare in tangenziale, io che rispetto pedissequa i limiti, del tutto peregrini del resto, e le auto che mi starnazzano intorno coi clacson...il fastidio al supermercato, con gente e carrelli che si muovono seguendo traiettorie impazzite, come le palline di mercurio quando si rompe il termometro, lì, sul pavimento...il riassestamento familiare, io Ari e...basta, due coperti due sulla ribalta in cucina, che quasi avanza...l'imbarazzo del "dentro e fuori" di vicini e parenti e nipoti e amici, la casa che sembra un gruviera; e il primo giorno di scuola di Ari, facce nuove dinamiche nuove. Un anno fa tutto era casa, ma non era più casa...
Adesso, un anno dopo:
- faccio la spesa al super e non mi irrito se la gente urta il mio carrello. Mi perdo via, ancora, nella scelta di formaggi e salumi e verdure, ma già noto se mancano i limoni di Amalfi, e scatta pure il disappnto, o l'aglio piacentino... Sì perchè in Germania la spesa si faceva stringata e la parabola di scelta era limitata. Il disppunto nasceva dalla mancanza di carciofi, bietole, pomodori datterini, asparagi verdi, meloni retati, cose basiche, mica Dop e Igp...
- stiro i vestiti di Ari (meglio, faccio stirare).Che in Germania sembrava ben vestita ma in Italia,allestita allo stesso modo, sembrava fuoriuscita dall'antro del ciclope. Dapprima i vestitini, poi le magliette., infine i leggins..tutto sotto il ferro. Resistono, per ora, "nature" solo mutandine e canotte...
- vado dal parrucchiere e dall'estetista. Non spesso, ma con periodicità...
- ho smesso di sfruttare le ore di sole come se fossero le ultime gocce d'acqua di un naufrago. E questo un po' mi spiace. Che "su" si diventa smaliziati, a godere di ogni spiraglio di luce...E si sta fuori anche con temperature, e vento, e bigio, che qui neanche se ti pagassero.
- ho smesso di usare la bicicletta. Se non per gite di piacere, di tanto in tanto. C'è il fatto che arrampicarsi al cucuzzolo dove abitiamo, in bici, non è impresa banale. Chi lo fa, spesso, immortala l'impresa con scatto efoto su Fb.
Della Germania mi mancano, ancora, tanto: gli alberi, l'asfalto, la segnaletica ragionata e ragionevole, il pane, il burro, le mattine fresche, la luce delle sere di giugno, il multilinguismo come evento normale, i parchi, i parchi agli autogrill, la birra, il Belgio e l'Olanda a portata d'auto, i fiori, le decorazioni floreali, le affissioni pubblicitarie contenute, le librerie, le biblioteche, i ristoranti giapponesi, meglio: il ristorante giapponese, la reteWi Fi, gli amici...
Mi mancano,ancora tanto gli amici.
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vita vera
7 agosto 2012
Cuore anatolico.
Almanya, la mia famiglia va in Germania. E' un film di una regista Turca, Yasemin Samdereli. Gli attori, tutti, sono pure turchi. E sono bravi. Almanya è carino, brioso, perfetto per un cinema all'aperto, il ghiacciolo alla menta che si scioglie tra una sequenza patetica e l'altra, i commenti partecipi delle signore accanto, quelle che ancora, ad un certo punto, sfoderano dalle borsette squagliate sui loro coscioni un ventaglio, sbottando: "Mama che cold..."
Alla fine del film si capisce il detto greco: "Una faccia una razza". Siamo più turchi che tedeschi.
Come i turchi del film, dei tedeschi non capiamo:
Come i turchi del film, dei tedeschi non capiamo:
- il culto del silenzio
- l'insofferenza verso i bambini
- la passione ossessiva per i cani
- l'assenza del clan familiare
- la staticità fisica
La coppia capostipite, protagonista del film ha dinamiche italianissime, sembrano Fabrizi e la Sora Lella...la moglie che racchetta il marito, lui che la rampogna, l'ossessione per la pulizia del nido domestico, la centralità dei bambini...
Eh sì. Lontani, ma vicini. E che siano musulmani loro e cristiani noi sembra solo un dettaglio, di poco conto.
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sulla germania senza esagerare
27 luglio 2012
Passatempi estivi.
La mia estate, quest'estate, è iniziata male. Prosegue in tono dimesso. Sono qui, infatti a destreggiarmi tra sistemazione di casa mia e svuotamento di casa dei miei, di mio padre cioè. Un'impresa che si configura fulminea come l'opera del Duomo.
Però pure in quest'estate dai toni smorzati, si intravede qualche sfaccettatura colorata. A voler ben guardare, neh?!
Ho salvato dalla trituratrice di cellulosa una serie di fascicoli datati 1961, sulla storia della medicina. Era un'edizione riservata ai medici, uno stratagemma per veicolare la pubblicità dei medicinali da parte delle case farmaceutiche.
Lo stile delle pubblicità è ancora attuale. Attuale per il comparto, s'intende. Pagine monocrome a tinte fluo; utilizzo dell'helvetica, il carattere tipografico, a piene mani; grande ricorso alla optical art per "riempire" la pagina e creare attenzione sul prodotto (tristi blister rettangolari posti al centro dei vortici dei simboli grafici)...Chissà chi ha creato il format delle pagine pubblicitarie dei presidi medici ospedalieri...
A volte, invece 40 e passa anni si sentono eccome, quando compaiono chicche come queste:
Per presentare la bontà comprovata del prodotto, frutto della vocazione scientifica dell'azienda, non si trovava niente di più convincente delle foto nei laboratori di sperimentazione, con le belle cavie animali in primo piano... più o meno bucherellate o intubate, collegate ai loro apparecchi di rilevamento, in compagnia di aggraziate signorine in camice e cuffietta...
E questo modo di farsi pubblicità, via, adesso sarebbe autolesionismo puro.
Però pure in quest'estate dai toni smorzati, si intravede qualche sfaccettatura colorata. A voler ben guardare, neh?!
Ho salvato dalla trituratrice di cellulosa una serie di fascicoli datati 1961, sulla storia della medicina. Era un'edizione riservata ai medici, uno stratagemma per veicolare la pubblicità dei medicinali da parte delle case farmaceutiche.
Lo stile delle pubblicità è ancora attuale. Attuale per il comparto, s'intende. Pagine monocrome a tinte fluo; utilizzo dell'helvetica, il carattere tipografico, a piene mani; grande ricorso alla optical art per "riempire" la pagina e creare attenzione sul prodotto (tristi blister rettangolari posti al centro dei vortici dei simboli grafici)...Chissà chi ha creato il format delle pagine pubblicitarie dei presidi medici ospedalieri...
A volte, invece 40 e passa anni si sentono eccome, quando compaiono chicche come queste:
Quanti teneri coniglietti!
...Nei nostri laboratori solo cani beagle di razza, mica semplici bastardi!
Per presentare la bontà comprovata del prodotto, frutto della vocazione scientifica dell'azienda, non si trovava niente di più convincente delle foto nei laboratori di sperimentazione, con le belle cavie animali in primo piano... più o meno bucherellate o intubate, collegate ai loro apparecchi di rilevamento, in compagnia di aggraziate signorine in camice e cuffietta...
E questo modo di farsi pubblicità, via, adesso sarebbe autolesionismo puro.
23 luglio 2012
"Sta tutto nello zaino..."
La vita, spesso, più spesso di quanto vorremmo, è un luogo comune. Tra questi, frusto e rifrusto, l'eterna querelle moglie e marito.
Premessa filosofica a parte, filosofica...aehm, questa querelle riguarda dettagli pratici e ha inizio un paio di mesi fa quando dissi al legittimo che per la solita vacanza al mare doveva prevedere una discesa anticipata oltr'alpi. Non me la sentivo di scarrozzare, da Bergamo, da sola, bimba, bagagli e "carrozza" a Capalbio. Dove ci rechiamo ormai da diversi annetti. Stessa spiaggia, stesso mare, stesso campeggio.
E qui ci sta l'inghippo che, appunto, preparare le carabattole necessarie per un campeggio stabile, caricarle, infilare bimba recalcitrante in macchina, sciropparsi le 7 ore -mai di meno- di trasferta nel periodo più caldo dell'anno e più trafficato, poi, scesa dalla macchina, montare la tenda, predisporre l'accampamento e, dulcis in fundo, espletare le pratiche di accettazione al campeggio...ecco. Da sola, non se ne parla proprio.
Il nostro accarezzava invece l'idea di un ricongiungimento familiare in loco, lui da Pisa con volo diretto da Dusseldorf.
Indi nicchia (ma quanto lontana è la vacanza al mare ad aprile?). Poi accampa accorciamenti inspiegabili delle ferie rispetto a quanto previsto (sempre così, sempre se ne accorge d'estate), infine lancia la sfida: "Andiamo in treno, io e la bimba e uno zaino e tu ci raggiungi."
Treno. Zaino. Apperò.
L'arditezza della proposta sul momento mi zittisce.
Ma non mi convince. Non può convincere dopo 4 edizioni di vacanze pregresse, un "elenco del necessario per il campeggio" rivisto e migliorato ogni anno lungo come una geremiade e, ben impressa nella memoria, l'immagine della nostra macchina piena fino all'esplosione. Ogni santo anno da quando andiamo a Capalbio.
Allora per due lunghi mesi è tutta una scaramuccia. Io: "Hai già visto le coincidenze del treno?", "Hai fatto uno spulcio delle cose strettamente necessarie?" Segue grugnito -suo. Risposta che vuole dire grossomodo: "No ma non ce n'è bisogno che sono capperi miei e te l'ho detto che ci penso io".
Io resisto stoicamente a NON prendere accordi con il campeggio, a NON guardare le coincidenze ferroviarie e abbozzare un piano operativo, a NON selezionare IO il necessario e predisporre eventualmente un riarrangiamento leggero dell'equipaggiamento e, soprattutto, a NON dire alla bimba che, purtroppo, è figlia di un minus abens e che una laurea in ingegneria è ai fini di una vita che si deve confrontare con lo strippamento concreto, vera e propria carta straccia!
Giurin giuretta che non gliel'ho detto.
Come è andata a finire:
Il nostro chiama giovedì mattina scorso e chiede, smarrito: "Senti, dicevi che forse poteva prestarci la macchina tuo papà che ho visto i treni, sono un po' un problema." La macchina, ça va sans dire, c'è, è pronta e pure revisionata che non è per il grande, ma lì dentro ci deve viaggiare anche "l'estremo unico fior della mia inutil vita".
Il giorno dopo, venerdì, si presenta al cospetto del plotone d'esecuzione -io e la Ari- fresco come acqua di torrente e sorridente come lo stregatto. Alle 10.30 si fa un bel caffè, si stravacca sul divano e afferra il libro che sto giusto leggendo io in questi giorni. Il tempo passa...io recito tra me e me nangorenghechio.nangorenghechio e medito di sparire fino all'avvenuta partenza dei due per non logorarmi i nervi. Ore 12.30, si alza di scatto: "Stasera andiamo dai miei a mangiare?". "Benvolentieri. Guarda che domani vi conviene partire prestino che lo sai che ad Ari viene mal di testa." Leggendo così non si capisce, ma sto sibilando.
Via, si scuote come a farmi una gentile concessione e va, finalmente, in garage a preparare la roba. Armeggia per un paio d'ore. Ecco il sunto della raccolta. L'uomo del tutto in uno zaino:
Il mucchio selvaggio rimane così in composizione sparsa sul pavimento, fino al rientro dalla cena parentale, ore 22.30. Io mi chiudo in camera con Ari che stanotte ha la concessione delle nanne nel lettone. Dalla porta si ode: "Scusa dov'è quel documento dell'assicurazione che ti ho dato il mese scorso?" "Non avevamo una lampada a Led?" "C'è un altro materassino autogonfiabile?"
Eh, no. Caro mio. Tutto il giorno in panciolle e ora, quando le oneste e laboriose formichine dormono, ti risvegli come una nottola per preparare il necessario e rompere i cabasisi. Eh, eh. Con che soddisfazione rispondo tranquilla: "Non lo so, domani se ho tempo le cerco io, potevi pensarci prima e chiedermelo oggi. Adesso scusa, (godo!) ho sonno. "
Sabato mattina alle 7 siamo in piedi. Io e la bimba. Lui tenta di resistere nelle coperte, poi messo alle strette, si alza, non fa colazione e carica tutto quello di cui sopra, compresi tinozza in materiale plastico semilucido, diametro 60cm, tre paia tre di scarponi da montagna ( durata del soggiorno a Capalbio: una settimana), materassino arcobaleno modello "cuore di panna per noi", orca gonfiabile gigante e l'abatjour della stanza degli ospiti (al posto della lampada a led), requisita giusto in tempo.
E la macchina, come sempre parte piena come un uovo. Perché poi, chi contribuisce a inzipparla fino all'inverosimile, causa capacità di programmazione a livello di paramecio, è proprio lui. L'ingegnere.
A me la consolazione dell'auto-riconoscimento di una discreta capacità valutativa. E, soprattutto, il piacere di sparlare del proprio marito, e a ragione!
Ah, piaceri dell'estate!
Summertime and the living 's easy...
Premessa filosofica a parte, filosofica...aehm, questa querelle riguarda dettagli pratici e ha inizio un paio di mesi fa quando dissi al legittimo che per la solita vacanza al mare doveva prevedere una discesa anticipata oltr'alpi. Non me la sentivo di scarrozzare, da Bergamo, da sola, bimba, bagagli e "carrozza" a Capalbio. Dove ci rechiamo ormai da diversi annetti. Stessa spiaggia, stesso mare, stesso campeggio.
E qui ci sta l'inghippo che, appunto, preparare le carabattole necessarie per un campeggio stabile, caricarle, infilare bimba recalcitrante in macchina, sciropparsi le 7 ore -mai di meno- di trasferta nel periodo più caldo dell'anno e più trafficato, poi, scesa dalla macchina, montare la tenda, predisporre l'accampamento e, dulcis in fundo, espletare le pratiche di accettazione al campeggio...ecco. Da sola, non se ne parla proprio.
Il nostro accarezzava invece l'idea di un ricongiungimento familiare in loco, lui da Pisa con volo diretto da Dusseldorf.
Indi nicchia (ma quanto lontana è la vacanza al mare ad aprile?). Poi accampa accorciamenti inspiegabili delle ferie rispetto a quanto previsto (sempre così, sempre se ne accorge d'estate), infine lancia la sfida: "Andiamo in treno, io e la bimba e uno zaino e tu ci raggiungi."
Treno. Zaino. Apperò.
L'arditezza della proposta sul momento mi zittisce.
Ma non mi convince. Non può convincere dopo 4 edizioni di vacanze pregresse, un "elenco del necessario per il campeggio" rivisto e migliorato ogni anno lungo come una geremiade e, ben impressa nella memoria, l'immagine della nostra macchina piena fino all'esplosione. Ogni santo anno da quando andiamo a Capalbio.
Allora per due lunghi mesi è tutta una scaramuccia. Io: "Hai già visto le coincidenze del treno?", "Hai fatto uno spulcio delle cose strettamente necessarie?" Segue grugnito -suo. Risposta che vuole dire grossomodo: "No ma non ce n'è bisogno che sono capperi miei e te l'ho detto che ci penso io".
Io resisto stoicamente a NON prendere accordi con il campeggio, a NON guardare le coincidenze ferroviarie e abbozzare un piano operativo, a NON selezionare IO il necessario e predisporre eventualmente un riarrangiamento leggero dell'equipaggiamento e, soprattutto, a NON dire alla bimba che, purtroppo, è figlia di un minus abens e che una laurea in ingegneria è ai fini di una vita che si deve confrontare con lo strippamento concreto, vera e propria carta straccia!
Giurin giuretta che non gliel'ho detto.
Come è andata a finire:
Il nostro chiama giovedì mattina scorso e chiede, smarrito: "Senti, dicevi che forse poteva prestarci la macchina tuo papà che ho visto i treni, sono un po' un problema." La macchina, ça va sans dire, c'è, è pronta e pure revisionata che non è per il grande, ma lì dentro ci deve viaggiare anche "l'estremo unico fior della mia inutil vita".
Il giorno dopo, venerdì, si presenta al cospetto del plotone d'esecuzione -io e la Ari- fresco come acqua di torrente e sorridente come lo stregatto. Alle 10.30 si fa un bel caffè, si stravacca sul divano e afferra il libro che sto giusto leggendo io in questi giorni. Il tempo passa...io recito tra me e me nangorenghechio.nangorenghechio e medito di sparire fino all'avvenuta partenza dei due per non logorarmi i nervi. Ore 12.30, si alza di scatto: "Stasera andiamo dai miei a mangiare?". "Benvolentieri. Guarda che domani vi conviene partire prestino che lo sai che ad Ari viene mal di testa." Leggendo così non si capisce, ma sto sibilando.
Via, si scuote come a farmi una gentile concessione e va, finalmente, in garage a preparare la roba. Armeggia per un paio d'ore. Ecco il sunto della raccolta. L'uomo del tutto in uno zaino:
Il mucchio selvaggio rimane così in composizione sparsa sul pavimento, fino al rientro dalla cena parentale, ore 22.30. Io mi chiudo in camera con Ari che stanotte ha la concessione delle nanne nel lettone. Dalla porta si ode: "Scusa dov'è quel documento dell'assicurazione che ti ho dato il mese scorso?" "Non avevamo una lampada a Led?" "C'è un altro materassino autogonfiabile?"
Eh, no. Caro mio. Tutto il giorno in panciolle e ora, quando le oneste e laboriose formichine dormono, ti risvegli come una nottola per preparare il necessario e rompere i cabasisi. Eh, eh. Con che soddisfazione rispondo tranquilla: "Non lo so, domani se ho tempo le cerco io, potevi pensarci prima e chiedermelo oggi. Adesso scusa, (godo!) ho sonno. "
Sabato mattina alle 7 siamo in piedi. Io e la bimba. Lui tenta di resistere nelle coperte, poi messo alle strette, si alza, non fa colazione e carica tutto quello di cui sopra, compresi tinozza in materiale plastico semilucido, diametro 60cm, tre paia tre di scarponi da montagna ( durata del soggiorno a Capalbio: una settimana), materassino arcobaleno modello "cuore di panna per noi", orca gonfiabile gigante e l'abatjour della stanza degli ospiti (al posto della lampada a led), requisita giusto in tempo.
E la macchina, come sempre parte piena come un uovo. Perché poi, chi contribuisce a inzipparla fino all'inverosimile, causa capacità di programmazione a livello di paramecio, è proprio lui. L'ingegnere.
A me la consolazione dell'auto-riconoscimento di una discreta capacità valutativa. E, soprattutto, il piacere di sparlare del proprio marito, e a ragione!
Ah, piaceri dell'estate!
Summertime and the living 's easy...
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18 luglio 2012
Milano.
La sosta a Milano non è cosa scontata. Uno, per la difficoltà a trovare parcheggio...e questo è scontato! Due per pagarla. Che devi dotarti di questo carnet, cercando un barino o un'edicola nei paraggi (e la domenica? la sera? Mah...). Altrove ci sono delle macchinette al lato delle aree parcheggiabili. A Milano no. Vai al bar e chiedi il carnet. Magari già che ci sei ti fai pure un caffè..
.Poi cominci con il gratta e vinci, occorre cancellare le voci pertinenti alla tua sosta. Attenzione, non sbagliare se no...multa! Almeno così afferma il mio barista che mi prende il foglino e provvede al suo corretto completamento.
Eh, sì. La vita è un terno al lotto, et similia, nella big apple italiana...
"Operativi al massimo!" Eh, che programma ambizioso?! fa tanto Milano, una certa Milano.
Chicca: museo galleria, appartamento di collezionisti donato al Comune. Carrà e Sironi e Fontana come se piovessero. Persino in bagno (foto 1)! Ingresso gratuito. Con audioguida umana, signora bene volontaria del TCI. Ah, sistemi d'allarme INESISTENTI! (no money left spiega la signora)
In caso di crisi, suggerimento per gli indigenti.
In caso di crisi, suggerimento per gli indigenti.
Tutto fa trend, a Milano. La polpetta, il gnocco fritto, la bruschetta...le pizzerie oramai sono templi ecochic.
Lo stress è forte, la crisi si fa sentire.
Collezione privata di sostanze rilassanti...
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Povere donne tedesche...
Questo è uno di quegli argomenti che tornano spesso, come i temporali d'estate, nei discorsi con amici tedeschi. Il quesito è: "Erano più sottoposte all'autorità maschile le donne tedesche o le donne italiane?"
Seguendo il sentire comune, le italiane. Lo abbiamo sempre pensato anche noi, italiane. Almeno per tutte le generazioni passate, che so, dai 55/65enni di oggi "in su".
Però ogni volta che ci si confronta nella res concreta sorgono seri dubbi. Esempio. Commento con il mio amico svizzero tedesco che non capisco perchè la nostra Putzfrau lavori per me e mia sorella visto che è ben più abbiente di noi. "Per avere soldi suoi e non chiederli al marito", azzarda lui. Io rido, chiede che c'è da ridere...E si stupisce vivamente quando gli rispondo che tradizionalmente in Italia sono le donne che gestiscono il patrimonio familiare e tengono i soldi. I mariti rendono conto delle spese, ma non viceversa...tradizionalmente, ma comunque è un modello assai diffuso anche oggi, almeno in queste lande.
Lo stupore è lo stesso quando ne parlo con i giovani tedeschi, tipo le due baby sitter di Ari che hanno entrambe poco più di 20 anni, che hanno sempre visto i genitori confrontarsi anche sugli acquisti più scemi e le loro mamme (dover) decidere tutto coi padri...
Figurati se per chiedere il permesso di uscire con gli amici, fare una festa, comprare un paio di scarpe, mettere lo smalto, tanto per fare degli esempi a caso, avrei dovuto tutte le volte chiedere il permesso a entrambi i miei genitori e/o per le stesse cose mia madre avesse dovuto confrontarsi con mio padre!
Due cabasisi...
Da qui magari si capisce:
1- perchè in Germania ci sono da sempre più separazionui che in Italia
2- perchè le donne, in Germania, hanno smesso di cucinare dalla generazione di mia madre in avanti come forma di protesta, anche nella valenza simbolica dell'erogazione del cibo.
3- perchè, sempre da quella generazione, hanno optato per pochi figli...
La vita in famiglia, tradizionalmente, per le povere tedesche doveva davvero essere insopportabile...
Seguendo il sentire comune, le italiane. Lo abbiamo sempre pensato anche noi, italiane. Almeno per tutte le generazioni passate, che so, dai 55/65enni di oggi "in su".
Però ogni volta che ci si confronta nella res concreta sorgono seri dubbi. Esempio. Commento con il mio amico svizzero tedesco che non capisco perchè la nostra Putzfrau lavori per me e mia sorella visto che è ben più abbiente di noi. "Per avere soldi suoi e non chiederli al marito", azzarda lui. Io rido, chiede che c'è da ridere...E si stupisce vivamente quando gli rispondo che tradizionalmente in Italia sono le donne che gestiscono il patrimonio familiare e tengono i soldi. I mariti rendono conto delle spese, ma non viceversa...tradizionalmente, ma comunque è un modello assai diffuso anche oggi, almeno in queste lande.
Lo stupore è lo stesso quando ne parlo con i giovani tedeschi, tipo le due baby sitter di Ari che hanno entrambe poco più di 20 anni, che hanno sempre visto i genitori confrontarsi anche sugli acquisti più scemi e le loro mamme (dover) decidere tutto coi padri...
Figurati se per chiedere il permesso di uscire con gli amici, fare una festa, comprare un paio di scarpe, mettere lo smalto, tanto per fare degli esempi a caso, avrei dovuto tutte le volte chiedere il permesso a entrambi i miei genitori e/o per le stesse cose mia madre avesse dovuto confrontarsi con mio padre!
Due cabasisi...
Da qui magari si capisce:
1- perchè in Germania ci sono da sempre più separazionui che in Italia
2- perchè le donne, in Germania, hanno smesso di cucinare dalla generazione di mia madre in avanti come forma di protesta, anche nella valenza simbolica dell'erogazione del cibo.
3- perchè, sempre da quella generazione, hanno optato per pochi figli...
La vita in famiglia, tradizionalmente, per le povere tedesche doveva davvero essere insopportabile...
Quello che le mancherà dell'Italia...
Ieri è stato l'ultimo giorno con Lisa, la seconda baby sitter tedesca di Ari di quest'anno. Carina, simpatica, gentile con la bimba. Le ragazze tedesche, in Italia per l'Erasmus, si confermano un buon investimento.
A cena -l'abbiamo invitata a cena per salutarci acconciamente- in giardino, assaporando il venticello fresco che scivola dalla collina le ho chiesto cosa pensa le mancherà dell'Italia.
Le risposte:
Il tempo. "E' da Febbraio che c'è sempre il sole!..." (Uhm, mica vero però il sole è stato ottimo e abbondante)
Il cibo. "Il melone retato, il caffè shakerato..."
L'italiano. "E' come una carezza nell'aria.."
Io che vivo sola in un paese straniero.
(il virglolettato riporta le sue parole)
...
Come Mira non cita i ragazzi italiani tra le cose che le mancheranno. Chiedo se le sono piaciuti, come li ha trovati: "Narcisi, vanesi, poco interessati."
Eh. Lontani i tempi in cui furoreggiavano i bagnini romagnoli...
A cena -l'abbiamo invitata a cena per salutarci acconciamente- in giardino, assaporando il venticello fresco che scivola dalla collina le ho chiesto cosa pensa le mancherà dell'Italia.
Le risposte:
Il tempo. "E' da Febbraio che c'è sempre il sole!..." (Uhm, mica vero però il sole è stato ottimo e abbondante)
Il cibo. "Il melone retato, il caffè shakerato..."
L'italiano. "E' come una carezza nell'aria.."
Io che vivo sola in un paese straniero.
(il virglolettato riporta le sue parole)
...
Come Mira non cita i ragazzi italiani tra le cose che le mancheranno. Chiedo se le sono piaciuti, come li ha trovati: "Narcisi, vanesi, poco interessati."
Eh. Lontani i tempi in cui furoreggiavano i bagnini romagnoli...
17 luglio 2012
Vero wurstel tedesco.
Sono rientrata la mattina presto, da Milano. Grazie ai miei ospiti, dalle abitudini alquanto mattiniere, sono in strada dalle 6.40. Una mattina splendida, oggi, ventilata, luminosa, e uomini abbronzati e donne snelle ne hanno approfittato per fare jogging con il cane. Non c'è traffico, anche perchè è luglio. Le case, gli edifici, i palazzi, i cortili si disegnano netti contro un cielo di maiolica blu.
Ne approfitto per fermare la macchina, recarmi in un paio di posti dove ho abitato e prendere qualche foto. A Milano ho abitato in 9 appartamenti: via Aretusa, via Previati, via Veronese -zona Bande nere/Fiera. Via Vetere, via Gola, via Banfi -zona Porta Ticinese. In c.so Buenos Aires, via Piattoli - zona città studi/Lambrate. In viale Molise - zona Vittoria. Un bel Monopoli.
Ho deciso di fotografarle tutte, le case dove ho abitato a Milano. E, piano piano, giretto dopo giretto, la collezione si completa.
Dopo aver rinverdito ricordi e galleria fotografica, cerco il caffè pasticceria dove mi attardavo la mattina, quando vivevo da queste parti. "Bastianello" è sempre lì, anche non si chiama più così. L'ambiente anni '60 è lo stesso, il cappuccio da manuale, con la schiuma soda al punto giusto, il kranz meno fragrante che nei ricordi. L'attitudine al rilascio centellinato dello scontrino identico a come ricordavo...
Prima di me cinque o sei avventori, "famigli" evidentemente, e io sono il primo scontrino della giornata...quale onore.
Bevo, mangio, pago...e alle 7.15 ho finito quel che dovevo fare. Ah, compro pure il pane che per ragioni mai acclarate è spesso più buono che a Bergamo. Sarà l'ozono? Il particolato degli scarichi d'auto? L'unica spiegazione organolettica calzante è che l'acqua a Milano è migliore.Viene direttamente dalle Orobie, scavalcando noi, i legittimi proprietari. O almeno questo è quanto mi hanno sempre raccontato da bambina nelle saghe versus i "milanes borghes".
7.17 e la solida Mitzubishi color medusa velenosa di dirige verso il sole nascente, sempre più accecante lungo il nastro autostradale dell'A4 Milano Venezia. Alle 8.30 sono già dai suoceri, post caffè all'ennesimo barino, alle 9 ho già fatto la spesa per la serata, alle 10 perfetta dal meccanico per il tagliando annuale, alle 11 da Leroy Merlin per comprare numero 1 canna per innaffiare il giardino da 15mt, standard, e numero 2 ripiani 1mtx50cm, in laminato bianco, standard.
E da Leroy Merlin s'interrompe il ciclo virtuoso della mattinata...solo dopo due ore due riemergo con le tre carabbattole nel carrello, stravolta e delusa dall'iter d'acquisto, affamata come un lupo della steppa.
Sono nel parcheggio, davanti a me lo snodo della superstrada; 32°all'ombra, ma niente ombra. Però qualcosa arresta il mio girovagare, un profumino delizioso e ricco, che s'insimua tra la zaffa di plastica cotta che proviene dal tendone depandance dedicato ai mobili da giardino.
Scruto il panorama desolato alla ricerca della fonte dell'invitante aroma e finalmente la scorgo: un camioncino giallo, un po' oscillante. La scritta esterna recita: "Il vero wurstel tedesco". Accompagna il claim l'effige di un preparato da forno sventrato a metà nel senso della lunghezza con un insaccato color fegato epatico e, sopra, uno zig zag di senape nerastra, a guisa di pomata cicatrizzante.
Roba da far diventare vegani immediatamente.
Però quel profumino...Rompo gli indugi, mi avvicino; abbarbicati sui due tavolini in metallo tre o quattro avventori, paiono usciti da un remake in versione urban del film di Leone: "il Brutto, lo Storpio, il Cattivo"... Cicatrici, orecchini e tatuaggi come se piovesse, e magliette aderenti senza maniche, che pensavo sparite inghiottite dall'oblio insieme ai ciabattoni di gomma con banda a ponte, blu...Invece toh, un'enclave di fossili viventi.
Il gestore della ristorazione volante non è da meno dei suoi avventori: alla maglietta, tatuaggi, orecchini, lunga cicatrice sul cranio aggiunge calzoncini in raso lucido rosso corallo (beh, almeno la nuance è in trend con quest'estate...) e cappellino da benzinaio color oro. "Signora cosa prendi, 5 euro panino e bibita...abbiamo panino con salame nostrano, con stracchino, con salamella..." Dall'accento s'intuisce la sua origine nord africana... "Io le consiglio la salamella, è buona, la prende al "piantù" di Grassobio..." Il robusto latore del consiglio deve equivocare il mio sguardo sorpreso se rincalza:"...Guardi che è vero, la paga 8 euro il chilo al posto dei 5 0 6 delle solite, commericiali..si fidi!".
Ordino la salamella.
Ha ragione il ciccio. Ottima!
Mi assetto, trovo persino il modo di ciacolare con i tre di " C'era una volta il West", meglio, il Nord West della Padania Centrale. Alla fine mi offrono pure il caffè...
Quando saldo mi rivolgo tranquilla al gestore: "Ma il wurstel tedesco? Che fine ha fatto?"
"Ah, quello? L'ho tenuto per un pò, poi non lo ordinava nessuno. Mantengo solo la pubblicità."
Ne approfitto per fermare la macchina, recarmi in un paio di posti dove ho abitato e prendere qualche foto. A Milano ho abitato in 9 appartamenti: via Aretusa, via Previati, via Veronese -zona Bande nere/Fiera. Via Vetere, via Gola, via Banfi -zona Porta Ticinese. In c.so Buenos Aires, via Piattoli - zona città studi/Lambrate. In viale Molise - zona Vittoria. Un bel Monopoli.
Ho deciso di fotografarle tutte, le case dove ho abitato a Milano. E, piano piano, giretto dopo giretto, la collezione si completa.
Dopo aver rinverdito ricordi e galleria fotografica, cerco il caffè pasticceria dove mi attardavo la mattina, quando vivevo da queste parti. "Bastianello" è sempre lì, anche non si chiama più così. L'ambiente anni '60 è lo stesso, il cappuccio da manuale, con la schiuma soda al punto giusto, il kranz meno fragrante che nei ricordi. L'attitudine al rilascio centellinato dello scontrino identico a come ricordavo...
Prima di me cinque o sei avventori, "famigli" evidentemente, e io sono il primo scontrino della giornata...quale onore.
Bevo, mangio, pago...e alle 7.15 ho finito quel che dovevo fare. Ah, compro pure il pane che per ragioni mai acclarate è spesso più buono che a Bergamo. Sarà l'ozono? Il particolato degli scarichi d'auto? L'unica spiegazione organolettica calzante è che l'acqua a Milano è migliore.Viene direttamente dalle Orobie, scavalcando noi, i legittimi proprietari. O almeno questo è quanto mi hanno sempre raccontato da bambina nelle saghe versus i "milanes borghes".
7.17 e la solida Mitzubishi color medusa velenosa di dirige verso il sole nascente, sempre più accecante lungo il nastro autostradale dell'A4 Milano Venezia. Alle 8.30 sono già dai suoceri, post caffè all'ennesimo barino, alle 9 ho già fatto la spesa per la serata, alle 10 perfetta dal meccanico per il tagliando annuale, alle 11 da Leroy Merlin per comprare numero 1 canna per innaffiare il giardino da 15mt, standard, e numero 2 ripiani 1mtx50cm, in laminato bianco, standard.
E da Leroy Merlin s'interrompe il ciclo virtuoso della mattinata...solo dopo due ore due riemergo con le tre carabbattole nel carrello, stravolta e delusa dall'iter d'acquisto, affamata come un lupo della steppa.
Sono nel parcheggio, davanti a me lo snodo della superstrada; 32°all'ombra, ma niente ombra. Però qualcosa arresta il mio girovagare, un profumino delizioso e ricco, che s'insimua tra la zaffa di plastica cotta che proviene dal tendone depandance dedicato ai mobili da giardino.
Scruto il panorama desolato alla ricerca della fonte dell'invitante aroma e finalmente la scorgo: un camioncino giallo, un po' oscillante. La scritta esterna recita: "Il vero wurstel tedesco". Accompagna il claim l'effige di un preparato da forno sventrato a metà nel senso della lunghezza con un insaccato color fegato epatico e, sopra, uno zig zag di senape nerastra, a guisa di pomata cicatrizzante.
Roba da far diventare vegani immediatamente.
Però quel profumino...Rompo gli indugi, mi avvicino; abbarbicati sui due tavolini in metallo tre o quattro avventori, paiono usciti da un remake in versione urban del film di Leone: "il Brutto, lo Storpio, il Cattivo"... Cicatrici, orecchini e tatuaggi come se piovesse, e magliette aderenti senza maniche, che pensavo sparite inghiottite dall'oblio insieme ai ciabattoni di gomma con banda a ponte, blu...Invece toh, un'enclave di fossili viventi.
Il gestore della ristorazione volante non è da meno dei suoi avventori: alla maglietta, tatuaggi, orecchini, lunga cicatrice sul cranio aggiunge calzoncini in raso lucido rosso corallo (beh, almeno la nuance è in trend con quest'estate...) e cappellino da benzinaio color oro. "Signora cosa prendi, 5 euro panino e bibita...abbiamo panino con salame nostrano, con stracchino, con salamella..." Dall'accento s'intuisce la sua origine nord africana... "Io le consiglio la salamella, è buona, la prende al "piantù" di Grassobio..." Il robusto latore del consiglio deve equivocare il mio sguardo sorpreso se rincalza:"...Guardi che è vero, la paga 8 euro il chilo al posto dei 5 0 6 delle solite, commericiali..si fidi!".
Ordino la salamella.
Ha ragione il ciccio. Ottima!
Mi assetto, trovo persino il modo di ciacolare con i tre di " C'era una volta il West", meglio, il Nord West della Padania Centrale. Alla fine mi offrono pure il caffè...
Quando saldo mi rivolgo tranquilla al gestore: "Ma il wurstel tedesco? Che fine ha fatto?"
"Ah, quello? L'ho tenuto per un pò, poi non lo ordinava nessuno. Mantengo solo la pubblicità."
Etichette:
ma chi me l'ha fatto fare...,
vita vera
14 luglio 2012
Vaccanze a casa...
Il regalo di Natale ai nipoti per me è sempre una ragione di conflitto. Hanno tutto come -quasi- tutti i bambini di oggi, a parte un futuro certo, un'idea di progresso, la prospettiva di un lavoro sicuro, la garanzia di un welfare efficiente, la serenità di poter prima o poi dare vita a una famiglia...queste pinzillacchere a parte, si diceva, di cotillons e gingilli non sanno più che farsene.
Però al simbolo di un gesto d'affetto, il regalo da zia, mi è difficile rinunciare. A volte mi sovviene una buona idea. Ecco quella del Natale di quest'anno, che ha trovato sfogo/realizzazione due giorni fa...
Però al simbolo di un gesto d'affetto, il regalo da zia, mi è difficile rinunciare. A volte mi sovviene una buona idea. Ecco quella del Natale di quest'anno, che ha trovato sfogo/realizzazione due giorni fa...
Il regalo di Natale 2011 si componeva di 6 lattine di colore spry, appositamente scelte e comprate in un negozio specializzato...
Questo è il mio garage. E i giovani vandali iniziano il loro lavoro (notare le mascherine, che brava zia che sono...)
...oh yeah!
...Tocco finale....
...Cheese!
Ecco un regalo di Natale che diventa esperienza memorabile: inconsueto, collettivo, economico, up to date. Peccato che non sarebbe permesso maneggiare gli spry sotto i 18 anni. Ma via, quisquilie.
13 luglio 2012
Radio onda italia.
Ricevo e pubblico. Che un pò di progetto visionario, in questa epoca concreta, in questa -mia- età concreta, male non fa:
Il manifesto di Radio Onda Italiana:
"È comunemente noto che l’UE nasce come un accordo tra stati sovrani determinati ad aprire le proprie frontiere allo scambio economico con il fine ultimo di realizzare un mercato unico con tanto di valuta, unica anche quella.
Sempre di più ci è stata fatta accettare una ragion d’essere dell’Unione Europea come sinonimo di economia e di libero mercato: non a caso molti europei hanno reso propria questa nozione. Si dimentica però che quando ci si riferisce agli scambi economici, si parla di grandi aziende, grandi investimenti, grandi spostamenti di capitale.
E i vantaggi del singolo individuo in questo scenario?
Sappiamo che i cittadini degli stati membri dell’Unione Europea (teoricamente) possono viaggiare, lavorare e risiedere liberamente all’interno dell’Unione stessa. Questa ‘Europa dei cittadini’ rappresenta uno degli aspetti più interessanti e per altro meno esplorati da diversi punti di vista.
Negli anni 80 e soprattutto 90, dopo il trattato di Maastricht, i nostri governanti hanno propagandato che il libero movimento dei cittadini all’interno dell’Unione sarebbe stato un beneficio e una facilitazione per tutti. In effetti l’apertura delle frontiere, con la concomitanza della caduta del muro di Berlino, è stata motore di un generale senso di ottimismo. Questa ‘nuova libertà’ ha segnato, di fatto, l’inizio di una nuova migrazione, la migrazione degli europei all’interno della ‘nuova ed aperta Europa’.
A questa gruppo di nuovi nomadi europei appartengono i redattori di Radio Onda Italiana. È assolutamente incredibile quanto poco si sappia di noi nuovi nomadi e di tanti altri come noi. Chi siamo? Per quale motivo ce ne siamo andati dal nostro paese per poi trasferirci all’interno di un altro paese dell’UE? E soprattutto: che cosa ha significato per noi la ‘nuova Europa’? Eravamo un po’ ‘Il ragazzo dell’Europa’ del quale Gianna Nannini parla nella sua iconografica canzone?
Da queste domande e dall’assenza di fonti da cui attingere risposte, nasce questo progetto. Lo scopo è di raccogliere tante storie, ognuna diversa, anche di non italiani, che abbiano in comune la migrazione contemporanea europea. E tra tante storie diverse bisognerà poi cercare i punti comune, ammesso che ci siano.
La piattaforma sarà il video. L’idea è di fare tanti ritratti di tanti migranti europei con cui poi costruire un film documentario. E questi ritratti saranno in realtà tante interviste, il che non è sorprendente visto che Radio Onda Italiana è il punto di partenza del progetto. L’intervista (radiofonica) è ancora un metodo di documentazione e di giornalismo quanto mai efficace. Parallelamente e contemporaneamente alle interviste filmate si registrerà anche audio che potrà, tra l’altro, anche essere trasmesso radiofonicamente.
È un’Europa che sta mostrando il suo volto peggiore, questa dell’estate 2012, momento in cui il progetto ‘Il Ragazzo dell’Europa’ vede la luce. Una grande Unione Europea dove le parole d’ordine sono: economia, finanza, neoliberalismo. A questo si aggiunge e sovrappone la crisi dell’Euro che è diventata sinonimo della crisi d’identità di un continente. Veniamo puntualmente e dettagliatamente informati sul debito pubblico degli stati membri e sulle molteplici manovre di salvataggio finanziario. Sappiamo che ci sono ‘paesi buoni’ e ‘paesi cattivi’. Siamo pubblicamente invitati a simpatizzare con gli stati che hanno un basso interesse sul loro debito mentre dobbiamo guardare con sdegno paesi ‘pigri e corrotti’ che hanno uno spread inaccettabile per i mercati finanziari.
Non solo abbiamo perso ogni senso di solidarietà, siamo anche stati trasformati in perfetti ignoranti. Ignoranti in quanto non sappiamo nulla della cultura, della storia e della società dell’Irlanda o della Finlandia o del Portogallo o della Bulgaria o anche della Francia o della Germania.
Anche tra i cittadini europei siamo riusciti a creare quelli di serie A e quelli di serie B, se non addirittura di serie C. Noi della Radio abbiamo a suo tempo potuto migrare ad Amsterdam con una relativa facilità. Possiamo dire lo stesso per i cittadini dei nuovi stati membri dell’Unione? Come vengono accolti Polacchi, Rumeni e Bulgari in Olanda? Sono apertamente discriminati dalla gente e dai politici o sono ‘Ragazzi dell’Europa’ anche loro?
Dignità, ecco, ridiamo dignità ai cittadini dell’Europa. A tutti. E poi naturalmente anche a chi Europeo non lo è."
Radio Onda Italiana
Il manifesto di Radio Onda Italiana:
"È comunemente noto che l’UE nasce come un accordo tra stati sovrani determinati ad aprire le proprie frontiere allo scambio economico con il fine ultimo di realizzare un mercato unico con tanto di valuta, unica anche quella.
Sempre di più ci è stata fatta accettare una ragion d’essere dell’Unione Europea come sinonimo di economia e di libero mercato: non a caso molti europei hanno reso propria questa nozione. Si dimentica però che quando ci si riferisce agli scambi economici, si parla di grandi aziende, grandi investimenti, grandi spostamenti di capitale.
E i vantaggi del singolo individuo in questo scenario?
Sappiamo che i cittadini degli stati membri dell’Unione Europea (teoricamente) possono viaggiare, lavorare e risiedere liberamente all’interno dell’Unione stessa. Questa ‘Europa dei cittadini’ rappresenta uno degli aspetti più interessanti e per altro meno esplorati da diversi punti di vista.
Negli anni 80 e soprattutto 90, dopo il trattato di Maastricht, i nostri governanti hanno propagandato che il libero movimento dei cittadini all’interno dell’Unione sarebbe stato un beneficio e una facilitazione per tutti. In effetti l’apertura delle frontiere, con la concomitanza della caduta del muro di Berlino, è stata motore di un generale senso di ottimismo. Questa ‘nuova libertà’ ha segnato, di fatto, l’inizio di una nuova migrazione, la migrazione degli europei all’interno della ‘nuova ed aperta Europa’.
A questa gruppo di nuovi nomadi europei appartengono i redattori di Radio Onda Italiana. È assolutamente incredibile quanto poco si sappia di noi nuovi nomadi e di tanti altri come noi. Chi siamo? Per quale motivo ce ne siamo andati dal nostro paese per poi trasferirci all’interno di un altro paese dell’UE? E soprattutto: che cosa ha significato per noi la ‘nuova Europa’? Eravamo un po’ ‘Il ragazzo dell’Europa’ del quale Gianna Nannini parla nella sua iconografica canzone?
Da queste domande e dall’assenza di fonti da cui attingere risposte, nasce questo progetto. Lo scopo è di raccogliere tante storie, ognuna diversa, anche di non italiani, che abbiano in comune la migrazione contemporanea europea. E tra tante storie diverse bisognerà poi cercare i punti comune, ammesso che ci siano.
La piattaforma sarà il video. L’idea è di fare tanti ritratti di tanti migranti europei con cui poi costruire un film documentario. E questi ritratti saranno in realtà tante interviste, il che non è sorprendente visto che Radio Onda Italiana è il punto di partenza del progetto. L’intervista (radiofonica) è ancora un metodo di documentazione e di giornalismo quanto mai efficace. Parallelamente e contemporaneamente alle interviste filmate si registrerà anche audio che potrà, tra l’altro, anche essere trasmesso radiofonicamente.
È un’Europa che sta mostrando il suo volto peggiore, questa dell’estate 2012, momento in cui il progetto ‘Il Ragazzo dell’Europa’ vede la luce. Una grande Unione Europea dove le parole d’ordine sono: economia, finanza, neoliberalismo. A questo si aggiunge e sovrappone la crisi dell’Euro che è diventata sinonimo della crisi d’identità di un continente. Veniamo puntualmente e dettagliatamente informati sul debito pubblico degli stati membri e sulle molteplici manovre di salvataggio finanziario. Sappiamo che ci sono ‘paesi buoni’ e ‘paesi cattivi’. Siamo pubblicamente invitati a simpatizzare con gli stati che hanno un basso interesse sul loro debito mentre dobbiamo guardare con sdegno paesi ‘pigri e corrotti’ che hanno uno spread inaccettabile per i mercati finanziari.
Non solo abbiamo perso ogni senso di solidarietà, siamo anche stati trasformati in perfetti ignoranti. Ignoranti in quanto non sappiamo nulla della cultura, della storia e della società dell’Irlanda o della Finlandia o del Portogallo o della Bulgaria o anche della Francia o della Germania.
Anche tra i cittadini europei siamo riusciti a creare quelli di serie A e quelli di serie B, se non addirittura di serie C. Noi della Radio abbiamo a suo tempo potuto migrare ad Amsterdam con una relativa facilità. Possiamo dire lo stesso per i cittadini dei nuovi stati membri dell’Unione? Come vengono accolti Polacchi, Rumeni e Bulgari in Olanda? Sono apertamente discriminati dalla gente e dai politici o sono ‘Ragazzi dell’Europa’ anche loro?
Dignità, ecco, ridiamo dignità ai cittadini dell’Europa. A tutti. E poi naturalmente anche a chi Europeo non lo è."
Radio Onda Italiana
- È l’unica radio italiana in Olanda e si riceve ad Amsterdam e dintorni nonché in tutto il mondo via Internet.
- Radio Onda Italiana offre dal 1993 ben 3 ore settimanali di trasmissione con informazioni sull’Italia, l’arte, la musica, la cultura, la politica e l’enogastronomia, con interviste e reportages su diversi eventi culturali in Italia e in Olanda.
- Un team di 12 radiomakers italiani vi assicurano un’ampia offerta settimanale di diversi argomenti
Vaccanze...
Le mie vacanze quest'anno sono brevi. E relative. Che lo stato d'animo è di quelli poco propensi. A tutto. Non ho voglia di stare da sola, rifuggo la gente; mi manca Ari, Ari mi satura; voglio camminare, camminare stanca...insomma così. Un ossimoro vivente. Però la stagione è iniziata con un gran caldo (saranno 3 settimane che si superano i 30°) e una Kermesse contadina che è una chicca. la Vaccanza. In Val Taleggio. Davvero tipica, con tipi tipici e formaggi deliziosi...
Il Banderas della valle...alla fisarmonica.
View d'insieme...
Memento mori....Noo, il prato su cui bivaccavamo era tirato a lucido grazie all'irraggiunto lavoro della falce, eccola qui ancora sporca dei fili d'erba...
28 giugno 2012
Le cose dei tedeschi che non capisco...
Continua una fortunata serie di post dedicati alle idiosincrasie, schizofrenie, assurdità varie del mondo tedesco. "Assurdità, schizofrenie, idiosincrasie" dal "nostro" punto di vista. Personale e parziale come tutti i punti di vista. Sia ben chiaro...
Ciò premesso, lo spunto è offerto da una mail di un'amica, italiana che abita in Germania, ad un'altra amica e riguarda il regalo di fine anno:
A.
Surreale, davvero.
Ciò premesso, lo spunto è offerto da una mail di un'amica, italiana che abita in Germania, ad un'altra amica e riguarda il regalo di fine anno:
Ciao,
ci son delle volte che non capisco proprio certi genitori.
Si
voleva fare il regalo di fine anno per le tre insegnanti, che hanno
organizzato GRATIS anche il pernottamento della scorsa settimana.
Una mamma ha proposto 20 Euro per famiglia.
E´ successo di tutto di piu`: tutti naturalmente sconvolti per la cifra elevata.
L´asilo non chiude mai ed e´ eccellente. Paghiamo 72 Euro al mese per il cibo e basta.
E´ venuto fuori di tutto: chi vuole dare tre euro a bambino ed un fiore per uno.
Chi un buono gelato nella gelateria di zona.
Chi un balletto …da fare noi genitori????!!! La piu´ eclettica del gruppo. Che in italiano si dice SCHLERATA!
MA CHE FILM E´ QUESTO???
Ecco queste sono le cose dei tedeschi che io non capisco…
E c´e´ pure chi scrive…non dobbiamo MONETIZZARE il loro lavoro, occorre ringraziarle a voce…fantastico!
Mi
chiedo se al posto di essere pagati, loro alternativi di Flingern, si
accontessero di un balletto di fine anno da parte del datore di lavoro!
SURREALE o no???
Surreale, davvero.
23 giugno 2012
Piccole cose che amo di lei.
In questi giorni mi prendo delle ore mie, passeggio, vado in montagna. Il tempo è bello, tempo di piena estate. E poi sono mogia, mogia assai e muovermi mi aiuta a caricarmi un po'. Girellando incontro cose inaspettate, non ci si crede che ancora oggi, ancora qui...
Tipo, alla "grotta di Lourdes" locale...
fa bella mostra di sè questo cartello:
Rende chiaro che qualcuno ancora lo usa, il lavatoio, nella sua precipua funzione... nel 2012!
Eppure sono piccoli dettagli che mi riempiono di tenera sorpresa e che me la fanno amare ancora questa nostra Italia.
Tipo, alla "grotta di Lourdes" locale...
fa bella mostra di sè questo cartello:
E giusto ieri, in un paesello microscopico della val Brembana, dove mi sono fermata a bere al lavatoio:
Rende chiaro che qualcuno ancora lo usa, il lavatoio, nella sua precipua funzione... nel 2012!
Eppure sono piccoli dettagli che mi riempiono di tenera sorpresa e che me la fanno amare ancora questa nostra Italia.
La strada che non presi.
Me l'ha mandata un'amica, per ilcompleanno. Folgorante:
LA STRADA CHE NON PRESI
di Robert Frost
Due strade divergevano in un bosco giallo
e mi dispiaceva non poterle percorrere entrambe
ed essendo un solo viaggiatore, rimasi a lungo
a guardarne una fino a che potei.
Poi presi l’altra, perché era altrettanto bella,
e aveva forse l’ aspetto migliore,
perché era erbosa e meno consumata,
sebbene il passaggio le avesse rese quasi simili.
Ed entrambe quella mattina erano lì uguali,
con foglie che nessun passo aveva annerito.
Oh, misi da parte la prima per un altro giorno!
Pur sapendo come una strada porti ad un’altra,
dubitavo se mai sarei tornato indietro.
Lo racconterò con un sospiro
da qualche parte tra anni e anni:
due strade divergevano in un bosco, e io -
io presi la meno percorsa,
e quello ha fatto tutta la differenza.
LA STRADA CHE NON PRESI
di Robert Frost
Due strade divergevano in un bosco giallo
e mi dispiaceva non poterle percorrere entrambe
ed essendo un solo viaggiatore, rimasi a lungo
a guardarne una fino a che potei.
Poi presi l’altra, perché era altrettanto bella,
e aveva forse l’ aspetto migliore,
perché era erbosa e meno consumata,
sebbene il passaggio le avesse rese quasi simili.
Ed entrambe quella mattina erano lì uguali,
con foglie che nessun passo aveva annerito.
Oh, misi da parte la prima per un altro giorno!
Pur sapendo come una strada porti ad un’altra,
dubitavo se mai sarei tornato indietro.
Lo racconterò con un sospiro
da qualche parte tra anni e anni:
due strade divergevano in un bosco, e io -
io presi la meno percorsa,
e quello ha fatto tutta la differenza.
20 giugno 2012
17 giugno 2012
Lo Studio Milano
Ecco, invece, la mia prima esperienza da un parrucchiere a Ddorf. Il racconto risale a circa 4 anni fa. "Benderstr, Dusseldorf. Cerco un parrucchiere, domani ho un impegno mondano e la messa in piega s'impone. Cerco, cerco...eppure, l'avevo vista l'insegna tentatrice...eccola: "Lo Studio Milano". Una bella gnocca con capelli alla Renato Zero, sguardo assassino, meches violette, lancia un'occhiata di sfida dal poster affisso sulla vetrina del negozio. Gli anni '80 devono aver contribuito in modo determinante alla storia del costume di questo Paese visto che ancora oggi non c'è parrucchiere che non si fregi di poster di quegli anni...meglio, di poster dal look di quegli anni...
Entro e, in italiano, chiedo del titolare. Mi risponde, in tedesco, una signorina con due bicipidi da portapinte da festa bavarese, che il signor Carrucchio - Studio Milano eh?!- non c'è e fa lei.
Va bene, mi assetto per il lavaggio e provo l'ebrezza di un semiscorticamento che la signorina è dotata di forza belluina, coi suoi ditoni tormenta i miei bulbi piliferi, capelliferi, insomma quei cosi periformi che si innestano nella cute e che si vedono nelle demo delle pubblicità degli shampoo.
Passiamo alla messa in piega, l'aguzzina mi chiede se quello che voglio è volume; io, sventurata risposi "ya" e quindi via con delle spazzolone modello rotativa a ripassarmi il crine. Poi il phon bollente a contatto lobo auricolare, che devo gesticolare ogni volta per allontanarlo...Via e vai, vai e via, ciocca dopo ciocca dopo un tempo indefinito arriva lo spruzzo liberatore della lacca (lacca?), quelle classiche anni '60 con il flacone dorato e un ricciolo stilizzato serigrafato sopra.
Ho paura a guardarmi allo specchio, e quando lo faccio quello che vedo è devastante. L'unico modello rappresentativo che viene alla mente è Napo Orso Capo. O Marcella Bella che canta "aria" .
Peccato che io, nature, abbia i capelli lisci,appena ondulati e tutto questo ricciolame conferisce un'aria posticcia e pasticcia. Chiedo quanto devo, la kapo mantiene un certo riserbo, chissà se intuisce che non mi vedrà mai più entrare nello Studio Milano...40€ e un buono sconto per trattamenti nutrienti.
A casa la prima cosa che faccio è lavarmi la testa e scollarmi la pellicola di lacca. Poi scendo da Rossmann e mi compro un ferro per capelli, di quelli che arricciano e lisciano a seconda della piastra che innesti, a 19.90€".
Entro e, in italiano, chiedo del titolare. Mi risponde, in tedesco, una signorina con due bicipidi da portapinte da festa bavarese, che il signor Carrucchio - Studio Milano eh?!- non c'è e fa lei.
Va bene, mi assetto per il lavaggio e provo l'ebrezza di un semiscorticamento che la signorina è dotata di forza belluina, coi suoi ditoni tormenta i miei bulbi piliferi, capelliferi, insomma quei cosi periformi che si innestano nella cute e che si vedono nelle demo delle pubblicità degli shampoo.
Passiamo alla messa in piega, l'aguzzina mi chiede se quello che voglio è volume; io, sventurata risposi "ya" e quindi via con delle spazzolone modello rotativa a ripassarmi il crine. Poi il phon bollente a contatto lobo auricolare, che devo gesticolare ogni volta per allontanarlo...Via e vai, vai e via, ciocca dopo ciocca dopo un tempo indefinito arriva lo spruzzo liberatore della lacca (lacca?), quelle classiche anni '60 con il flacone dorato e un ricciolo stilizzato serigrafato sopra.
Ho paura a guardarmi allo specchio, e quando lo faccio quello che vedo è devastante. L'unico modello rappresentativo che viene alla mente è Napo Orso Capo. O Marcella Bella che canta "aria" .
Peccato che io, nature, abbia i capelli lisci,appena ondulati e tutto questo ricciolame conferisce un'aria posticcia e pasticcia. Chiedo quanto devo, la kapo mantiene un certo riserbo, chissà se intuisce che non mi vedrà mai più entrare nello Studio Milano...40€ e un buono sconto per trattamenti nutrienti.
A casa la prima cosa che faccio è lavarmi la testa e scollarmi la pellicola di lacca. Poi scendo da Rossmann e mi compro un ferro per capelli, di quelli che arricciano e lisciano a seconda della piastra che innesti, a 19.90€".
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sulla germania senza esagerare,
vita vera
16 giugno 2012
Questione di spazzole.
In tempi di crisi si fa anche così. La piega a 8 euro dal cinese. Il taglio invece dal professionista, che ti regge per almeno 2 mesi. Il mio si chiama Roberto ed è bravissimo. Non solo perchè è bravo nel suo. E' un professionista nell'entraitaiment. Le due foto acclarano.
La prima è la sua sala d'attesa. Candide e comode poltroncine, piante grasse, riviste patinate - niente Novella 2000, ma Dove e Ad- caffè dal bar...vista sui tetti del centro, in esterno e, in interno sulle belle clienti, dal cicaleccio contenuto, e le signorine che volteggiano sorridenti....
Anche Roberto sorride, amabile, corretto, contenuto.
La seconda foto mostra un dettaglio. Le spazzole, rigorosamente in legno. Frassino, teck...con l'anima scanalata o liscia. Le solite spazzole dai soliti parrucchieri sono in materiale metalico o in lega plastica. Roberto mi spiega che il primo, il metallo, scalda troppo il capello e toglie corpo e volume. La seconda, la plastica, aumenta l'elettrostaticità e compromette la pettinabilità.
Si è provata la ceramica che si è rivelata troppo fragile per un'acconcia durata. Solo il legno è perfetto.
Ecco, questo lo chiamo un dettaglio di classe.
La prima è la sua sala d'attesa. Candide e comode poltroncine, piante grasse, riviste patinate - niente Novella 2000, ma Dove e Ad- caffè dal bar...vista sui tetti del centro, in esterno e, in interno sulle belle clienti, dal cicaleccio contenuto, e le signorine che volteggiano sorridenti....
Anche Roberto sorride, amabile, corretto, contenuto.
La seconda foto mostra un dettaglio. Le spazzole, rigorosamente in legno. Frassino, teck...con l'anima scanalata o liscia. Le solite spazzole dai soliti parrucchieri sono in materiale metalico o in lega plastica. Roberto mi spiega che il primo, il metallo, scalda troppo il capello e toglie corpo e volume. La seconda, la plastica, aumenta l'elettrostaticità e compromette la pettinabilità.
Si è provata la ceramica che si è rivelata troppo fragile per un'acconcia durata. Solo il legno è perfetto.
Ecco, questo lo chiamo un dettaglio di classe.
Pechino acconciature.
L'ho scoperto così, questo nuovo fenomeno dei parrucchieri cinesi. Mia mamma ci lascia, è mattina; usciamo dall'ospedale per andare alla "sala del commiato" più vicina, anche in questo caso una cosa che non conoscevo...vabbeh, postea. Squilla il cellulare, comincia il carosello delle condoglianze, realizzo che tra poco la gente comincerà a venire di persona per l'estremo saluto. Io sono in camicia e jeans, gli stessi da 24 ore; so di sudore, stanchezza e umori malati.
Così vado a casa, per farmi una doccia. Durante il tragitto ospedale-parcheggio passo accanto ad un'insegna stravagante "Pechino acconciature". Pechino scritto in rosso a caratteri orientaleggianti, tipo alle favole dal mondo la storia di Alì babà. Acconciature invece è in graziato nero, con riccioli ai pendici delle "a". Entro, operazione resa facile dall'apertura a garage spalancato sulla strada. Tre ragazzi stanno lavando la testa ad altrettante signore. Chiedo se è possibile una messa in piega, certo!, quando? Non finisco la domanda che mi invitano a sedermi, un quarto operatore è magicamente comparso con vasca mobile e sgabello...Così: un cliente entra un cinese entra.
L'odore dello sciampoo alla big babble nauseante, tocco energico dello sciampista...avrei qualcosa da obiettare quando parte un massaggio divino. Cranio, spalle e ancora cranio. Quanto ne ho bisogno. Finito un ciclo l'energumeno plays it again, sento di amarlo.
Il momento magico finisce, passo all'esperto per la piega. Tatuaggio e maglietta punk, l'esperto manovra il phon come un trapano. Piega ai limiti della denuncia, ma il massaggio testè ricevuto mi fa volare oltre.
In sintesi.Dieci minuti di massaggio, dieci dipiega, otto euro (con ricevuta), tempo d'attesa 0 secondi. Poi ci si chiede perchè hanno tanto successo.
Così vado a casa, per farmi una doccia. Durante il tragitto ospedale-parcheggio passo accanto ad un'insegna stravagante "Pechino acconciature". Pechino scritto in rosso a caratteri orientaleggianti, tipo alle favole dal mondo la storia di Alì babà. Acconciature invece è in graziato nero, con riccioli ai pendici delle "a". Entro, operazione resa facile dall'apertura a garage spalancato sulla strada. Tre ragazzi stanno lavando la testa ad altrettante signore. Chiedo se è possibile una messa in piega, certo!, quando? Non finisco la domanda che mi invitano a sedermi, un quarto operatore è magicamente comparso con vasca mobile e sgabello...Così: un cliente entra un cinese entra.
L'odore dello sciampoo alla big babble nauseante, tocco energico dello sciampista...avrei qualcosa da obiettare quando parte un massaggio divino. Cranio, spalle e ancora cranio. Quanto ne ho bisogno. Finito un ciclo l'energumeno plays it again, sento di amarlo.
Il momento magico finisce, passo all'esperto per la piega. Tatuaggio e maglietta punk, l'esperto manovra il phon come un trapano. Piega ai limiti della denuncia, ma il massaggio testè ricevuto mi fa volare oltre.
In sintesi.Dieci minuti di massaggio, dieci dipiega, otto euro (con ricevuta), tempo d'attesa 0 secondi. Poi ci si chiede perchè hanno tanto successo.
6 giugno 2012
Grazie, mamma.
Niente di aulico, di agiografico, di memorabile...ma era tutto quello che ho sentito di dire al suo funerale.
" Grazie mamma di non essere stata la "solita" mamma, che si pensava più a te guardando a un poster di Tina Turner che alla donnina del brodo Star.
" Grazie mamma di non essere stata la "solita" mamma, che si pensava più a te guardando a un poster di Tina Turner che alla donnina del brodo Star.
Grazie mamma di aver lasciato che casa nostra si riempisse di gente, animali e cose...Forse troppe cose.
Grazie mamma che non mi hai mai fatto togliere una gonna troppo corta o una maglia troppo scollata. E se lo hai fatto era solo perché erano le tue.
Grazie mamma per aver amato, e per avermi fatto amare, le rose, il mare, il corpo, le barzellette. Anche quelle sporche, se ben raccontate. Soprattutto quelle sporche.
Grazie mamma perché sei l'unica persona che potevo mandare a quel paese sicura che non te la saresti mai presa.
Grazie mamma per avermi dato pochi, ma solidi, consigli e tanti, tanti gesti di presenza.
Grazie mamma per aver sempre affermato, fino agli ultimi giorni, che io e le mie sorelle eravamo i tuoi CA-PO-LA-VO-RI...E gli occhi ti brillavano.
Grazie mamma perché mi hai dato la vita. Mi hai insegnato la morte. "
1 giugno 2012
Non c'è più
L'avevo notato proprio il primo giorno, di su e giù tra casa e l'ospedale. Un batuffolo ispido e nero sul selciato della superstrada: un piccolo riccio. Speravo fosse vivo, il primo giorno. Al secondo, non volevo quasi, ma poi lo sguardo l'ha ritrovato, quasi casualmente. Ancora lì. Sul selciato, forse solo un po' più piccolo. Come la mia mamma, sempre più rattrappita in quel lettone d'ospedale, zeppo di cuscini. Ogni giorno, ogni viaggio su e giù per l'ospedale, il piccolo riccio si riduceva a una macchia piccina e ispida, e la mia mamma a una cosina bigia persa tra i guanciali.... E stamattina, l'ultimo viaggio su e giù per l'ospedale, non volevo quasi, poi lo sguardo l'ha ricercato, e...niente. Anche lui, come lei, non c'era più.
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