Autunno

Autunno
E' un tramonto italiano ma a me ricorda Ddorf.

6 febbraio 2012

Un'ora per il giorno della memoria.

Questo è toccante. Guardatelo quando avete un'ora di tempo. E lasciatevi scorrere le parole dentro...Che stupida! L'invito all'ascolto, per una volta,  non serve. Le parole di questo intervento di Liliana Segre sono grimaldelli (dal germanico: kram...ah, le parole).

http://www.youtube.com/watch?v=hxwZrf-Xiq0&feature=related

Ma in Germania invece, anche.

Siamo sotto il sortilegio dello spread. I bund tedeschi sono il riferimento. E da qui tutto a seguire: "In Germania è meglio...in Germania invece...i tedeschi, loro sì...ah! le lavatrici tedesche..."

Sì. Tutto vero. Ma poi quando ci sei vissuta, in Germania, e mica ere fa, certe informazioni ti sembrano gigantomachie giornalistiche. Esempio? Da Santoro, Servizio Pubblico, si parla del nero. Il nero spicciolo, di lezioni private e colf. Tutti a battere il mea culpa, giù il copino pronto a farselo cospargere di cenere...Chissà cosa succede in Germania?

In Germania le colf -putzfrau- si pagano in nero e le lezioni private idem. Tra "là" e "qua", la differenza è che là le colf costano di più, 10/12€ all'ora, e le insegnanti meno: 18/24€ all'ora e l'ora è di 45 minuti.

E uno.

Due. La raccomandazione, meglio la forma pulita che è la segnalazione. In Italia la segnalazione è prassi, ma la si considera un mezzo poco consono ad un mondo del lavoro evoluto. Là non solo la si fa. La si sollecita e la si paga pure! Acclaro. Se i dipendenti di un'azienda, di un reparto suggeriscono la persona giusta da inserire al posto vacante, e la persona è quella giusta, si trovano in busta paga un +1000€. Mica paglia. Il principio è che l'azienda risparmia in agenzie interinali, recruiting e cacciatori di teste...nessuno meglio di chi lavora sa  briffare il neo-candidato, quindi non c'è da far perdere ore lavoro a qualcuno per questo incarico.
Tutti felici e contenti e segnalati.

C'è ben altro, che in Germania non è tutta affidabilità quella che luccica...

Spesa per la crucchetta.

"La nostalgia della tua terra comincia dallo stomaco." Che Guevara.
Niente di più comprovabile. L'altro giorno, dopo tre passati in casa causa neve, al supermercato per la spesa. Ho comprato: pane di segale integrale, a fette, quello umidiccio che quando lo scarti sa di caramello e acido della pasta madre. Burro tedesco, va bene anche il Lurpack danese, salato, Philadelfia, cetrioli e peperoni, mele renette (quanto di più prossimo alle boskoop, che non si trovano) succo di mela non pressato (costosissimo!...in Germania lo trovi a 79centesimi il litro!)

Sabato, dopo una bella slittata, ho preparato il brunch ad Arianna...era al massimo della felicità!
'sta crucchetta...

1 febbraio 2012

Sulla morte, senza esagerare.

Wislawa  Szymborska non è  più con noi , da poche ore. Domani si scriveranno fiumi di  parole, stasera  vorrei  mandare un pensiero speciale a una grande donna. Per tutti gli attimi di eternità che la sua poesia ci ha concesso di vivere.

Sulla morte, senza esagerare

Non s'intende di scherzi,

stelle, ponti, tessitura, miniere, lavoro dei campi, 
costruzione di navi e cottura di dolci. 
Quando conversiamo del domani
intromette la sua ultima parola
a sproposito. 

Non sa fare neppure ciò
che attiene al suo mestiere: 
né scavare una fossa, 
né mettere insieme una bara, 
né rassettare il disordine che lascia.

Occupata a uccidere, 
lo fa in modo maldestro, senza metodo né abilità.
Come se con ognuno di noi stesse imparando.

Vada per i trionfi, 
ma quante disfatte, 
colpi a vuoto
e tentativi ripetuti da capo!

A volte le manca la forza
di far cadere una mosca in volo.
Più di un bruco 
la batte in velocità.
Tutti quei bulbi, baccelli, 
antenne, pinne, trachee, 
piumaggi nuziali e pelame invernale
testimoniano i ritardi
del suo svogliato lavoro.

La cattiva volontà non basta
e perfino il nostro aiuto con guerre e rivoluzioni
è, almeno fin ora, insufficiente.

I cuori battono nelle uova. Crescono gli scheletri dei neonati.
Dai semi spuntano le prime due foglioline, 
e spesso anche grandi alberi all'orizzonte.
Chi ne afferma l'onnipotenza
è lui stesso la prova vivente
che essa onnipotente non è.

Non c'è vita
che almeno per un attimo
non sia immortale.

La morte
è sempre in ritardo di quell'attimo.
Invano scuote la maniglia
d'una porta invisibile.
A nessuno può sottrarre
il tempo raggiunto.


Da una mail di un'amica. Grazie.

26 gennaio 2012

43- Ho imparato a fare la spesa da Aldi

Pesco a caso tra i punti condivisi dell'elenco del post precedente. Ah, per correttezza: http://memy89.wordpress.com/2012/01/24/sessione-desami/ (sempre questa soggezione a citare il blog di qualcuno. Dimentico che se c'è un blog è per farsi leggere, e più lo leggono meglio è...in questo, come già detto non ho ancora risolto il conflitto tra raccontare e raccontarmi, indi trasferisco la mia pruderie sugli altri blogger, in genere ben più disinvolti).
Chiuso, via. Ah! E mutatis mutandis rispetto all'originale Lidl=Aldi.

Aldi in Germania è un'istituzione. Aldi nord e Aldi sud sono proprietà di due fratelli. I più ricchi contribuenti tedeschi. Aldi era sinonimo di prodotti di bassa qualità a bassissimo costo. Esempio negativo di come si possa mangiare male solo per risparmiare qualche euro...Tipico da -certi- tedeschi.

Layout basic, scatoloni aperti e lasciati a terra, con gli avventori che ci pescano dentro fino ad esaurimento scorte, stagionalità dei prodotti, primoprezzo. Da qualche tempo, almeno da quando siamo atterrati in teutonialand, Aldi si è arricchito di linee di prodotti di qualità. La cucina italiana, per esempio, ma anche una linea bio e i freschi, carne, verdura e frutta e, a rotazione, persino deli da tutto il mondo. Cosa resta del vecchio Aldi?

L'allestimento scarno, le luci al neon che rendono tutto poco appetitoso, la logica del prezzo rasoterra, la rapidità schizofrenica delle cassiere, la loro indisponenza. Già normalmente le procedure alle casse sono accelerate rispetto all'Italia. Le merci devono sparire dal banco nel giro di pochi secondi. Il banco dove staziona la spesa alle casse è ridotto. Non più di 40cm (presente i nostri? una pista d'atterraggio!). In genere la gente prepara il contante contato. Così che non ci si cincischia nel raggiungere la borsa, ravanare alla ricerca del borsellino, e guarda se ci sono i soldi, ti cade la carta di credito, poi cerchi il bancomat e via discorrendo...I vecchi sono ancora più pedanti dei giovani. Al contrario che da noi. Poi le borse sono ben predisposte all'accoglienza sul carrello. Piccoli incoraggiamenti allo smaltimento veloce.

Ma da Aldi la cosa raggiunge il parossismo di Tempi Moderni. Una volta una commessa, chiaramente infastidita dalla mia "lentezza", mi ha rovesciato i prodotti direttamente nel carrello e non si è fermata neppure quando, per lo spostamento dei gravi in caduta libera, il carrello si è discostato dalla cassa così che tutto cadeva fragorosamente a terra...A quel punto sono scoppiata a ridere, la scena era comica, una risata che in Germania spesso sortisce degli effetti positivi (in Italia invece il più delle volte viene presa come risata di scherno,quindi esaspera). Ecco. Allora, e solo allora, si è fermata...

Ah, la spesa da Aldi...un'altra di quelle cose che NON mi mancherà della Germania...

25 gennaio 2012

Cosa ho imparato in 4 anni in Germania.

Il titolo l'ho rubato. Da una blogger ventenne, più o meno presumo, dopo un'esperienza Erasmus in Germania. Ecco l'elenco suo in versione integrale, in neretto le esperienze che sento di condividere:

  1. Ho imparato a parlare tedesco
  2. *Ho imparato a lavare i piatti senza farmi la doccia
  3. *Ho imparato ad usare Skype
  4. *Ho imparato a sentirmi orgogliosa di essere italiana
  5. *Ho imparato a bere litri e litri di birra senza ubriacarmi
  6. *Ho imparato a scegliere in fretta cosa ordinare al ristorante
  7. *Ho imparato le linee dei tram di Dresda
  8. *Ho imparato a scrivere un testo argomentativo in inglese
  9. *Ho imparato ad aprire e chiudere contratti di telefono, internet e affitto in tedesco
  10. *Ho imparato che l’Italia è l’unico Paese europeo dove Andrea è un nome maschile
  11. *Ho imparato ad immatricolarmi in un’università estera
  12. *Ho imparato che niente è per sempre
  13. *Ho imparato cos’è la nostalgia
  14. *Ho imparato che se vai a ballare con la tuta non importa, conta divertirsi
  15. *Ho imparato che l’autostrada tedesca non ha limiti di velocità nè caselli
  16. *Ho imparato che gli uomini sono incomprensibili indipendentemente dalla nazionalità
  17. *Ho imparato a scrivere in tedesco senza dizionario
  18. *Ho imparato a modificare la lingua di inserimento degli sms in 5 nanosecondi
  19. *Ho imparato a dire “cin cin” in tutte le lingue europee
  20. *Ho imparato a prendere l’aereo da sola
  21. *Ho imparato a viaggiare da sola
  22. *Ho imparato a fare colazione
  23. *Ho imparato ad incazzarmi
  24. *Ho imparato a ricredermi sulle persone, dopo averle conosciute meglio
  25. *Ho imparato che in Germania non è tutto così oro come sembra
  26. *Ho imparato a distinguere le diverse birre e le diverse salsicce
  27. *Ho imparato che anche i treni tedeschi a volte fanno ritardo
  28. *Ho imparato a mangiare un kebab senza rovesciarmelo addosso
  29. *Ho imparato ad apprezzare le cose belle in mezzo alla miseria
  30. *Ho imparato molto sulla storia della DDR
  31. *Ho imparato come sono le feste tedesche e i locali tedeschi
  32. *Ho imparato cos’è un Vorparty
  33. *Ho imparato una forza che non credevo di avere per andare avanti
  34. *Ho imparato quando piangere e quando smettere
  35. *Ho imparato a prepararmi in 5 minuti
  36. *Ho imparato a non aver paura di parlare con sconosciuti
  37. *Ho imparato quando smettere di bere
  38. *Ho imparato a fumare il  narghilè
  39. *Ho imparato ad usare Megavideo
  40. *Ho imparato a prendere appunti in tedesco
  41. *Ho imparato a tradurre con metodo
  42. *Ho imparato a volermi bene
  43. *Ho imparato a fare la spesa al Lidl
  44. *Ho imparato quanto sia bello tornare a casa dopo mesi lontani
  45. *Ho imparato che per chi ti vuole bene la distanza non conta, loro ci sono
  46. *Ho imparato di chi fidarmi e di chi no
  47. *Ho imparato a dormire in una stanza singola
  48. *Ho imparato ad essere fredda e razionalizzare le espressioni d’affetto (tipico atteggiamento tedesco XD)
  49. *Ho imparato a studiare in un’università estera
  50. *Ho imparato come funziona l’università in Germania
  51. *Ho imparato che non tutti i ristoranti italiani all’estero sono buoni
  52. *Ho imparato che in Germania c’è pieno di italiani
  53. *Ho imparato a darmi da fare per cercare libri per la tesi
  54. *Ho imparato a capire film interi in tedesco
  55. *Ho imparato che non è vero che in Erasmus tutti fanno sesso con tutti
  56. *Ho imparato che non è vero che l’Erasmus bisogna farlo da single
  57. *Ho imparato che voglio Starbucks e Nordsee in Italia
  58. *Ho imparato la puntualità
  59. *Ho imparato che a volte basta una chiacchierata per abbattere anni di pregiudizi
  60. *Ho imparato solo 3 parolacce in tedesco
  61. *Ho imparato a viaggiare con poco peso
  62. *Ho imparato quanto sia bello riabbracciare e persone
  63. *Ho imparato cosa siano gli addii
  64. *Ho imparato a declinare gli aggettivi senza pensarci 5 minuti
  65. *Ho imparato a prendere decisioni importanti da sola
  66. *Ho imparato a chiedere
  67. *Ho imparato cosa vuol dire dividere una cucina con altre 7 persone
  68. *Ho imparato a capire cosa voglio da me stessa e dagli altri, a chiederlo e a ottenerlo
  69. *Ho imparato ad organizzarmi
  70. *Ho imparato a non perdere un attimo dei 6 mesi che ho vissuto
  71. *Ho imparato ad andare all’università alle 9, dopo aver fatto festa fino alle 4 del mattino
  72. *Ho imparato ad aggiornare un blog regolarmente
  73. *Ho imparato per cosa vale la pena arrabbiarsi e a non prendermela per le bambinate
  74. *Ho imparato a lasciarmi andare
  75. *Ho imparato il carpe diem
  76. *Ho imparato che l’università tedesca su tante cose è più avanti della nostra
  77. *Ho imparato a risparmiare
  78. *Ho imparato che le occasioni vanno colte sennò le perdi (o magari le prende qualcun altro)
  79. *Ho imparato che un sorriso a volte vale più di mille parole
  80. *Ho imparato ad amare la neve e i  mercatini di Natale
  81. *Ho imparato ad uscire sempre senza dizionarietto
  82. *Ho imparato nuove strade, conosciuto nuovi luoghi, apprezzato nuove compagnie
  83. *Ho imparato che i tedeschi bevono un sacco
  84. *Ho imparato a non bere mai più vodka polacca
  85. *Ho imparato ad apprezzare il silenzio
  86. *Ho imparato che in Erasmus gli amici sono una famiglia
  87. *Ho imparato a non lamentarmi
  88. *Ho imparato a fare e spedire pacchi
  89. *Ho imparato ad essere essenziale
  90. *Ho imparato che non tutti i biondi sono belli XD
  91. *Ho imparato a bere il caffè americano
  92. *Ho imparato a tenere un’agenda
  93. *Ho imparato ad apprezzare le salse
  94. *Ho imparato a mangiare la pasta come contorno
  95. *Ho imparato cos’è il vero freddo
  96. *Ho imparato a conoscermi meglio
  97. *Ho imparato a spingermi dove non credevo di poter mai arrivare
  98. *Ho imparato a cercare offerte di voli, treni, autobus
  99. *Ho imparato a non perdere nessuna festa
  100. *Ho imparato che quest’Erasmus mi ha cambiata, maturata e cresciuta

L'elenco si divide in tre fonti d'ispirazione. Una legata alla tipica esperienza Erasmus (e qui non ravvedo sovrapposizioni); una all'esperienza da expat, lontano da casa; una legata agli aspetti dei tedeschi visti dagli italiani. Che non li metti a fuoco finché non ci sei, da italiana in Germania... Alcuni punti meritano, a mio parere, una spiegazione più diffusa...tipo il due: "Ho imparato a lavare i piatti senza farmi la doccia."
In Germania il monolavello in cucina è la regola. Alla richiesta del perché, anche con spazio a disposizione, anche a fronte di disponibilità economiche, si rinunci alla vistosa comodità del doppio lavello la risposta è sempre la stessa: abbiamo la lavastoviglie.  E qui si apre tutto un mondo di quesiti..ma la frutta la lavano mai? ma la lavastoviglie la movimentano anche solo per risciacquare le tazze la mattina (risposta:no, che l'acqua costa cara) e non capita mai di lavare qualcosa che in lavastoviglie non ci sta (quasi mai e comunque nel caso non la si risciacqua dal detersivo...) Conclusione. E' un'altra delle schizofrenie tedesche.   

Il resto a dopo....

22 gennaio 2012

Quelle scalette che tu mi fai far...

Sapete quei depliant da stampa  litografica, i rossi e i blu sparacchiati, i dettagli  delle foto fuori registro...ne ho scovato uno, qualche tempo fa, dedicato alle scalette di Bergamo, con descrizione degli itinerari. Che poi il testo era la parte vincente di questi pieghevoli. Tutto un fiorire di prose rotonde, citazioni dotte, inviti alla distensione e alla contemplazione delle meraviglie artistiche della nostra città....le cartine erano, erano...sono!, invece assolutamente approssimative, cara grazia che ci siano, e le indicazioni pratiche, assolutamente random.
Le Lonely Planet erano di là da venire.

Oggi ho preso la cinguetta, sfuggito il pranzo domenicale coi nonni, che poi, cara grazia numero due, bene che ne circolino ancora quattro, ma il dribbling si fa doppio...scarpe comode, borraccetta, mela e via! Con il nostro vetusto depliant sottobraccio su per le scalette di Bergamo.

Lasciata la macchina in zona piscine, che io ricordavo sempre sgombra, invece oggi  ci sono pure i parcheggiatori abusivi...non lasciando la mancia ho persino temuto ritorsioni...abbiamo iniziato con la scaletta delle More. Dove abitava il primo moroso di mia sorella. Sempre stata oculata nello sceglierli ben strutturati. Lungimirante!

Da lì, salendo, è sceso un mare di ricordi. Non so davvero quando è stata l'ultima volta in Città Alta per scalette (ce ne sono diverse, ma le più tipiche, che attraversano ville e orticelli e gradoni collinari offrendo viste "mozzafiato" sulla parte monumentale della città, "cartoline nelle cartolina", sono queste occidentali.)

Mò cerco le foto -i virgolettati sono tratti dal depliant, un mito dell'ispirazione turistica romantica...


Eccone una, di primavera...

E un'altra,tanto per ribadire.

Dopo le More: lo Scorlazzino e lo Scorlazzone, dai nomi tanto giocondi. In realtà -leggo- erano attrezzi da macellaio. Le scalette ai tempi miei erano passaggi angusti, i muri deformi accoglievano rovi e ortiche, d'inverno si scivolava sul ghiaccio, d'estate la fanghiglia scoraggiava romantiche passeggiate. Erano buie e prescelte dai "maniaci" per condividere con le ignare ragazzine la vista dei loro pregiati gioielli...Noi, ragazzine, le evitavamo, ma a volte ci arrischiavamo perché da lì "si faceva prima" ad arrivare a scuola.

Una volta "su" in San Vigilio, all'arrivo dello Scorlazzone, si può solo scendere al passeggio di Città Alta, che oggi era traboccante di gente. Avevo promesso ad Ari un gelato e così siamo entrate nella pasticceria dove andavo sempre. I ricordi sono diventati "papillari". Sapevo esattamente il sapore di quei panini con la crema di pollo, di quelle frittelline ripiene di crema, della crostata alla frutta...che lì la tagliano a fette molto oblique come per le potature o i gambi dei fiori recisi...l'effetto è spettacolare.
"Lì" è qui:

Il pomeriggio sportivo ha lasciato il posto a quello culturale, al Teatro sociale, che ricordavo in splendida decadenza. Invece è stato restituito alla città in una rinnovata aggraziata versione ottocentesca. Tutto giusto ma...come mi manca il vecchio teatro, l'odore di legno, le sue macchine, i palchi sfregiati da un antico incendio, il buio sinistro oltre il loggione...


...La rappresentazione era una versione di "La bella addormentata nel Bosco". Niente di più appropriato, per me, oggi.  

21 gennaio 2012

Hallo!

Nuovo anno. Quest'anno ho deciso di cambiare tante cose, rispetto ai precedenti inizi d'anno. Prima fra tutte niente più lista dei buoni propositi. Ci sono talmente tante fonti di frustrazioni, inutile aggiungerne. E niente più  planning per organizzare vita, ferie e spostamenti. Con l'età l'istinto si è auto-regolato. Come con la sveglia.

Quando è già puntata, qualcosa mi fa svegliare qualche minuto prima dell'allarme. Una volta, dovendo rientrare in Italia da Ddorf, forse proprio due anni fa quando Neanderthal e prole rimasero tre giorni a rimbalzare come palline di flipper tra gli aeroporti dei due Paesi, causa neve...
...Dovendo raggiungerli, mi svegliai la mattina del volo alle 4.45 constatando, con sgomento, che l'allarme delle 5 era disinserito.
Quando è il tempo di fare le cose, viaggi, vacanze, tac...mi attivo a tempo debito. Più o meno. Ma più che se l'avessi programmato.

Il post però approfitta del saluto di inizio d'anno per parlare di un'altra cosa. Ci sono parole che assumono significati affatto diversi dai loro propri, se usate in un contesto colloquiale e in certe situazioni dialogiche. In inglese si chiamano particles. In Italiano..non lo so che ho trovato solo il termine inglese.
Una particle tedesca di particolare effetto è, appunto, "Hallo!"

Sì, vuole dire ciao. E fin qui...Si dice un sacco anche "ciao!", come in italiano. Ma solo quando te ne vai, che se lo usi quando incontri una persona ti guardano male (tra l'altro "ciao!" lo pronunciano benissimo. Così bene che viene facile pensare che chi lo dica sappia anche tutto il resto. Poi controllando l'etimologia salta fuori che effettivamente pare derivi da "Tschüss!" tedesco. Che vuole dire, ça va sans dire: "ciao!")

Hallo pronunciato: "Halòòò", con la mano davanti al volto come per proteggersi da un riverbero insidioso e rivolto a un'altra persona invece significa: "..Azz stai facendo, cretino!"
Sì, sì. Proprio così. Tagli la strada a un ciclista, per esempio, quello frena bruscamente, tira su la manina di taglio, ti guarda e fa: " Halòòò!"
Mica avevo capito, all'inizio. E io rispondevo bella giuliva, sorridendo rasserenata di una reazione tanto accomodante, malgrado le mie evidenti malefatte: "Hallò, good morning!"
Ricordo una coppia anziana che al mio gongolante saluto rimase letteralmente impietrita. Immobili come statue di sale. Che non è mica facilissimo sconcertare i tedeschi!
Poi come sempre, tutte queste espressioni idiomatiche, tanto suonano assurde all'inizio tanto facilmente poi ti restano dentro.
Si apprende come  i bambini, se le parole si associano a particolari stati emotivi, le ricordi meglio.

http://german.about.com/library/weekly/aa010806a.htm

28 dicembre 2011

Mi manca Dusseldorf?

A domanda, reale, di una amica:

E' tutt'oggi che il mio pensier volge alla tua domanda: "Mi manca Dusseldorf?"
...
Sì, no...Come mi è difficile risponderti. Mi mancano tutte le cose che vorrei ci fossero in Italia, a cominciare dal verde pubblico,ciclabili, giardini nelle scuole, luoghi di aggregazione belli e funzionali...ma questo forse è qualcosa che avrei pensato lo stesso di qualunque città tedesca. 
Venendo a me, alla mia vita e a quanto non sappiamo definire e che -forse- nutre la nostra voglia di fare, di creare...penso che a Dusseldorf mi mancasse qualcosa. 

Certo, in una città straniera con una bimba piccola (siamo arrivati che Ari aveva 2 anni) senza il supporto del tuo net parentale c'è poco spazio per distrarsi e per divertirsi, molto meno che in una normale situazione supportata, pure se vivi a Enna.... E le mamme d'Italia,vivaddio che ci sono neh!, ma il 95%dei discorsi che s'imbastiscono riguardano esclusivamente famiglia, prole, scuola, casa...mariti quando si va sul piccante.

No, non sto parlando di questo. Proprio della città, intendo. E della cultura relazionale della città. Probabilmente avrei avuto bisogno di conoscere perfettamente la lingua...però non ne sono sicura che le amiche che la conoscono perfettamente poi se devono fare una bella risata,o hanno davvero bisogno d'aiuto chissà perché collassano sempre "tra di noi". O se ne tornano a casa. In Italia. Già. Chissà perché.

Il Reno non mi è mai piaciuto, un'autostrada d'acqua torbida, e adesso che ci penso non ho mai trovato un luogo dove fosse -per me- davvero piacevole passeggiare a lungo, il sottofondo continuo e onnipresente del traffico veicolare mi ha sempre fatto percepire la sinteticità del verde urbano (nei laghetti intorno alla città, come in foresta. Troverai solo un punto dove non si sentono autostrade, ti sfido a scovarlo!)...

Ecco! Gli alberi, così alti, grossi, verdi e forti...Quelli mi mancano profondamente. E il silenzio della domenica mattina, quasi sacro, e le candele dei Martinszug. I bulbi in sboccio delle domeniche primaverili, alcuni giorni di primavera quasi finti tanto sono lucidi e l'erba sembra irradiare colore...Le vecchie signore impettite eleganti, altere e i loro gesti spezzati, le nuvole che corrono, gli uccelli migratori che sfrecciano nel cielo plumbeo e "fanno la magia" come diceva Ari...



Gli amici. Mi mancano i miei amici.

26 dicembre 2011

Istinto materno sotto le bombe.

...Mi ricordo poco tempo prima di partorire, la pancia a mongolfiera, sfogliavo un libro illustrato sulle foto della guerra del Vietnam. Mi colpì in particolare una, a colori, con alcune donne sorprese in spiaggia dagli aerei americani...tutte facevano scudo coi lori corpi ai figli, anche più grandi di loro. Che strano, pensai, in un momento così emergenziale e ansiogeno l'istinto di sopravvivenza è annullato da quello materno? E così...per tutte, nessuna donna esclusa?
Ricordo che dissi al Neanderthaliano che non sarei stata sicura della mia abnegazione materna, in un caso così estremo.
Ricordo che di lì a poco partorii e un secondo dopo che mi diedero mia figlia in braccio...i dubbi svanirono. Per sempre.

A Natale, della moltiplicazione dei padri e dei pesci...

Ieri era Natale.
E pensavo ai papà. Che specie strana. Papà non si nasce, si diventa. Ma come si diventa? Per le mamme è semplice: passa tutto attraverso i sensi. Gravidanza, parto, allattamento. Insomma se anche non si è perfettamente nei binari materni...la vita ti ci incardina cammin facendo. Ma i papà?
La riflessione parte da ieri, in realtà. La vigilia di Natale con la famiglia del Neanderthaliano. Che quando ho cominciato a frequentarla- ah quei bei tempi quando la suocera non si comportava da tale!- contava dell'intera covata, 4 figli, tutti a casa. Tre maschi e una femmina, santa zia adorata. Lo scenario domenicale era un classico all'italiana. I tre maschi spalmati sul divano a macinar partite, mammetta a macinar chilometri su e giù e giù e su tra le due cucine di casa, preparando manicaretti. Con la rilevante differenza che anche il papà si prodigava (prodiga) assai, di solito spignatta lui per tutti i lumaconi convenuti.
Lo scenario è cambiato negli anni. I quattro hanno preso il volo; prima il Neanderthaliano, cosa nota, che compartisce "meco" destini più o meno avversi, il fratello due si è riprodotto, il tre convive, la santa zia adorata fa la pendolare dell'amore con la Toscana.
Da quando è papà, fratello due è cambiato da così a così. Campione delle pretese, delle risposte taglienti e altezzose, primo ad arrivare in tavola, l'ultimo ad andarsene, pure in odore di spilorceria, irraggiungibile nella prova di staticità totale davanti alla tv...Ora è quello che più si dà da fare per gli altri. Che il cambio antropologico è proprio quello. Tu che prima sei al centro del mondo, almen per te, poi divieni periferico, anche per te! Il fulcro della tua attenzione è il pargolo. Se tutto va come deve andare con questo spostamento di focale, ti viene più naturale (pre)occuparti degli altri, quelli cui vuoi bene.
L'esempio acclara. Seduti al desco, mi verso l'acqua e mi accorgo che non è gassata, come di solito bevo. "Aspetta, faccio io!", fratello due mi precede nella richiesta, si alza pronto e si dirige in dispensa a prendere la bottiglia. Il tutto mollando le lasagne a metà e con tanto di bimbo in braccio!
E' così. Fratello due ha passato la linea d'ombra. Ma come e quando e perché lui sì e il consanguineo no ;-)...mah, è cosa inspiegabile, dal sapore del miracolo.
Come la moltiplicazione dei padri e dei pesci, appunto.

16 dicembre 2011

(In)soliti quattro Gatti...



Spilla e Matisse sono venuti in seguito. Dopo l'esperienza al gattile.
Io in quel luogo non  me la sono sentita più di tornarci. Onore e merito alle signore che si fanno carico di siffatte dolenze della collettività. E lo dico davvero. Però l'odore acre, lo squallore e la decadenza del capannone...e sì, loro stesse, le gattare.
Donne dure, dallo sguardo cattivo.
Io: "Certo che siete brave, tutto il giorno immerse in questa puzza..."."Puzza? Quale puzza. Sempre meglio di quella degli umani...". Io: "..E così, dopo che aveva graffiato la bimba, che era neonata ho preso la gatta, l'ho rimproverata e buttata fuori di casa". "Oh Dio! chissà come è rimasta traumatizzata.". "Beh, vabbeh, piangeva, povera Ari, ma non era spaventata..." "Dicevo la gatta..."
Stralci dal nostro dialogo di quel dì. Chiaro che si era su pianeti differenti.
Quindi ho seguito il consiglio di una iollina, un'amica del Blog di IOL ddorf, e sono andata dal veterinario del paese. Che aveva in custodia 4 cuccioli. Di due mesi. Uno bianco con gli occhi azzurri, una grigia con un ciuffo di peli rossi sul capo. E...Matisse e Spilla. Hanno scelto le bimbe, Ari e la cugina grande.
Dopo la lettura attenta di "Il gatto: una scelta d'amore e di responsabilità" mi ero convinta a prendere due gatti. Con il supporto economico logistico della cugina grande che, prima tiepidamente, poi sempre più convinta si stava appassionando alla cosa.
Perché hanno scelto proprio loro due, di gran lunga meno belli dei fratelli? Mah. Forse perché Matisse aveva quel colore così, atipico...cappuccino. Spilla non aveva nulla di che..tranne quello sguardo diretto e intelligente. Un pò inquieto. Uno sguardo acuto che ha ispirato ad Ari il nome che porta.
Anche dal pediatra, parte l'interrogatorio. E la sottoscrizione dell'obbligo alle vaccinazioni. Per fortuna non quello delle sterilizzazioni.
Ma un pò, diciamo, me lo aspettavo. Dopo la visita al gattile...

15 dicembre 2011

Adesso siamo in quattro....

Da sinistra: Matisse e Spilla

Eccoli qui. Ormai da un mesetto sono a casa nostra. Come i cuccioli i tutto il mondo prima non c'erano e poi...ci sono solo loro.
Nel senso che la giornata si articola -anche-sulle loro esigenze. Mattina si fanno entrare in casa nuova, gli si fa da mangiare (latte e acqua per la signora, lui preferisce croste di pane e acqua).Poi un paio d'ore di giardino, rigorosamente con qualcuno che da soli non si arrischiano, sono ancora piuttosto pavidi. Poi pappa grande, con avanzi nostri che i croccantini, almeno i tre tipi che gli ho procurato non incontrano il loro gusto. Indi nanne pomeridiane, poi pappa again e op! gran finale con salti e acrobazie. L'acquisizione dei gatti è stata lunga e tribolata. Mica quella cosa spontanea e casuale cui ero abituata: "Lo vuoi un gattino?" "...Uhm...ma sì dai, è maschio o femmina?" "Mah!Prova a vedere se li riconosci"
No, no. Prima sono stata al gattile, dopo uno scambio di telefonate durato circa una settimana, durante le quali,pensavo o ignara, di aver esaudito tutte le richieste in proposito. Invece...
Ecco, a caldo, l'esperienza. Dal blog di IOL Dusseldorf.


A proposito di gatti (mici),sapete che non sono stata ritenuta idonea per adottare un gattino? 
 

Sono andata al Gattile della mia città con la bimba,pure con permesso scolastico per incocciare gli orari delle gattare che si prendono cura delle bestiole. C'erano 4 gattini disponibili di cui uno malato,"basta che gli somministri pappa speciale...",uno più morto che vivo, porello, e due vispi che però li devi prendere due se no "la padrona non consente..." 

In un ambiente surreale ricavato negli spazi dei mercati generali,solo la puzza riportava a una dimensione molto terrena, mi hanno sottoposto una raffica di auto dichiarazioni tra cui: dichiarazione di possesso del giardino; sottoscrizione obbligo alla sterilizzazione; controllo da parte dei veterinari che operano con il gattile; donazione; obbligo di trasporto con il trasportino (se no non te li fanno portare fuori)... 

Le domande: "Avete provveduto all'arricchimento architettonico?" (chiedo chiarimenti, vuole dire avere un grattatoio e giochetti vari). Avete già avuto gatti- eh,una serie. Quando l'ultimo - 6 anni fa. Come mai non c'è più? - scappato di casa che l'avevo rimproverato. Perché? -graffiava la neonata... 

E qui,secondo me, mi hanno segata. 

Siamo uscite dall'antro infernale senza gattino.Una mano reggeva Ari che piangeva disperata dalla delusione,l'altra il pingue pieghevole "Adottare un gatto, una scelta d'amore e di resposabilità" 

Raramente mi sono sentita tanto frustrata.


To be continued...

13 dicembre 2011

E' arrivata Santa Lucia.

E' arrivata Santa Lucia. I bimbi si svegliano prima del tempo, cercano affannosamente i regali per la casa, seguendo gli indizi. E' tradizione lasciare a Santa Lucia e il suo macilento quadrupede, qualche bene di ristoro, bicchiere di latte, biscotti, fieno e o mele per l'animale. I più astuti, e quelli che hanno in casa una cameriera servizievole, lasciano anche un mucchietto di farina. Poi seguono le impronte biancastre lasciate dalla cieca e dal mulo sbadato e...trovano i pacchetti!



Santa Lucia è molto divertente. Dal punto di vista dei bambini, naturalmente: devi cercare i regali, una specie di caccia al tesoro, c'è tutta l'aspettativa della notte prima, condividi coi compagni di scuola la stessa esperienza (non è un giorno festivo, c'è una eccitazione collettiva nelle scuole...e questo lo rende davvero un momento speciale), poi tutti i riti della preparazione della merenda, addormentarsi con l'udito allertato sulla campanella della santa...
Tanto è divertente per i bimbi tanto è stressante dall'altra parte, dei genitori.
Si comincia con la letterina di santa Lucia. Occorre sfrondare i regali assurdi, quelli esosi, quelli che tanto ce li hanno le cugine ed è inutile comprarli che tra un anno passeranno a noi...Inviare la letterina, o portarla nella chiesa dedicata, in città. Cercare i regali, nasconderli bene, fare i pacchetti,  aiutare i bimbi nella preparazione della merenda, poi quando i bimbi dormono - e con l'acqua in gola che se si svegliano... ti beccano con le mani nel sacco- cercare un luogo acconcio, né troppo scontato né impossibile da raggiungere...che non è bello per loro andare a scuola e confessare la propria inettitudine...Poi la sveglia, almeno 40 minuti prima del tempo, ma tanto si svegliano loro, accelerare tutte le operazioni standard (prepara la colazione, i vestiti, controlla la cartella, merenda, buono mensa, giacca, cappello scarpe, pettinare, pulire muso sporco di cioccolato, controllare pulizia mani manine, prepararsi, truccarsi, la mamma né, prendere chiavi dell'auto...) dare suggerimenti senza insospettire...Mica finito. Apertura dei regali, carte e cartine in giro, "gli indizi", la farina, il fieno, il latte ovunque. Quest'anno si sono aggiunti i gatti che sovraeccitati hanno urinato sul mio piumone.

Eh, essere mamma&cameriera rende un pò cinici, anche a Santa Lucia ...

11 dicembre 2011

Natale multiculti.

Primo Natale in Italia dopo quattro in Germania. Lì -in Germania s'intende- il primo anno, Nikolaus se ne è impippato e la povera duenne s'è sentita cattiva e abbandonata dai santi protettori.
E' che si pensava, io e il primitivo, che Nikolaus fosse una versione smilza di Santa Claus e quindi passasse per camini, finestre e pianerottoli il 25 dicembre.
Non il 6!
Il secondo anno abbiamo per puro caso lasciato gli stivalini di Ari fuori dalla porta di casa più o meno nella sera demandata...e il giorno dopo eccoli pieni di dolcetti e affini...Dono dei vicini.
Così, pezzo per pezzo, abbiamo scoperto le usanze teutoniche in fatto di Natale.
La casa si è via via corredata di Adventsalender, Adventkranz e piattino in bellavista per i biscottini natalizi...

Mantenere la tradizione di Santa Lucia, il 13dicembre, tanto viva nelle lande orobiche e nei ricordi d'infanzia di noi genitori, nonché condivisa dai cuginetti, è stato un vero impegno.
Arianna il primo anno cercava rispondenze tra i suoi compagnetti d'asilo, l'ultimo invece nemmeno la nominava, la povera cieca che porta i regali a dorso d'asino e li nasconde nei pertugi più irraggiungibili per la gioia dei piccoli e l'affanno dei grandi. Prendeva i giochetti, i dolcetti e zut!.




                                                     
E quest'anno? Quest'anno è andata così. Adventskalender, Adventskranz, tanto decorativa, nel tronco di betulla comprato in val Taleggio, Nokolaus l'abbiamo pre-pensionato in favore della piccola cieca, aiutati dall'arco alpino, che protegge sì dai venti freddi, ma purtroppo rende il traffico di santi donatori, conigli pasquali, sante miopi e dei loro quadrupedi difficoltoso e poco prevedibile.
 :-)

1 dicembre 2011

L'ultimo lampone, il primo dicembre.

La settimana scorsa Ari mi dice, in macchia scendendo dalle nostre erte colline: "Mamma, ci sono i lamponi". "Lamponi? Siii e questa qui che guida è Napoleone!".
No, ovvio che no.Quello non l'ho detto (ma l'ho pensato). Invece ho risposto edulcoratamente: "La stagione dei lamponi è finita, tesoro, adesso c'è quella dei cachi, dei melograni, dei cavolfiori...".
"Io ho visto i lamponi e ci sono." E punto lì, che Ari sa essere Mariposa dulce y definitiva.
Sorpresa!
I lamponi c'erano. Proprio lì dove Ari li aveva visti. Un ulteriore, approfondito sopralluogo lo ha confermato.
E oggi pomeriggio li abbiamo pure gustati.
Domani è prevista pioggia, neve, tregenda.Oggi era quindi l'ultimo giorno utile per:
- fare l'albero di Natale in giardino, con lucine tricolori così becchiamo due ricorrenze con una gradazione: rosso,bianco,verde, che fa tanto Natale e tanto Patria!
- ritirare la bicicletta dalla bocciofila e portarla in garage (mica nulla, ho avuto bisogno dell'aiuto di un amico maschio. Finché ce n'è qualcuno in circolazione e coopera...)
- mangiare gli ultimi lamponi,con l'ultimo sole del primo giorno di dicembre.
Che dire. E' stato bello. Il momento mi ha ricordato la storiella zen del tipo che sta per precipitare nel dirupo, si aggrappa a una radice sporgente, striminzita, quando vede una fragolina di bosco. E' rossa, è profumata.  Lui l'afferra, la sugge e mentre scivola dal ramo pensa: "Dio, com'è dolce!".

30 novembre 2011

E via, che ci vuole...

"...in ogni caso, la "medicina" per combattere il SAD non è complicata e comunque parte da un mix d'interventi: innanzitutto è necessaria  una esposizione alla luce il più possibile sia essa artificiale o naturale, poi serve esercizio fisico regolare, quindi una terapia psicologica, una dieta bilanciata con proteine magre e carboidrati integrali, e infine una serie di relazioni  sociali consolidate e affidabili..."


Bazzecole,quisquilie,pinzillacchere!


....dall'Eco di Bergamo (eh, ancora lui,ancora qui,tra noi...)









Mi manca tutto e mi stanno divorando con tasse e balzelli.

Mi ripeto come un mantra che è fine novembre, il mese più distonico dell'anno che inizia con giorni di tiepida stagione e finisce con il buio pesto, le luci si spengono, i sorrisi muoiono -e mica solo i sorrisi, poi c'è Natale e il delirio cresce e la gente è nervosa. Anche se negli ultimi anni, e per fortuna, nessuno fa più finta e recita di esser felice. Qualcuno parte. Che bello. Che fatica...!
Me lo ripeto, che è solo l'effetto S.A.D. novembrina (la depressione invernale che nel mio caso combutta con la PMS quella premestruale) , ma da tre mesi non faccio altro che cercare di risolvere intoppi burocratici, dissanguarmi di tasse e balzelli e questionare con il Neanderthaliano che si dimentica di fare i bonifici sul conto dove sono registrate le utenze. Vorrei districarmi da tutto ciò e iniziare a pensare alla casa e, soprattutto, al lavoro. Però per quello devo partire serena, propulsiva, pronta. Adesso mi sento ilare e leggera come un tacchino vicino a Natale.
Il mio corpaccione poi, ispira solo professioni piegate, umili. Che so, la spigolatrice.

29 novembre 2011

Lettera per la Germania.

Ad Ari manca la Anastasia. La sua amica del cuore. "Scriviamole una letterina?" Le propongo. "In italiano,poi la facciamo tradurre a papà." Detto, fatto. Io riscrivo la letterina dettata da Ari, poi tradotte da papi. Ari pensa all'intestazione e alla firma. Ecco la busta, l'indirizzo e il mittente, e controllo pure dove si posizionano i vari blocchi di testo, che prima si scrivevano a sinistra, quando ero bambina e ho cominciato a scrivere letterine alle amiche rimaste al paesello,  poi a destra, e adesso.... e adesso ancora a destra, ma non ne ero sicura.
Gran leccatona sui bordi della busta. Chiusa!
Dal tabaccaio per il francobollo.
"Uno per la Germania."
"Ah non lo so, io ho solo il francobollo standard."
"E quale ci vuole per la Germania?"
 "Non so, uno speciale. A noi ci danno solo i standard. Vada in posta."
Non vado in posta, ma cambio tabaccaio. "Guardi su Internet, io ho solo quelli standard da 0.60."
Vado a casa e guardo su Internet. Allora, zona uno, zona due, zona tre...la Germania in quale zona rientrerà. Boh, l'euro c'è -ancora- la UE pure...sarà zona uno: 0.75€
Terzo tabaccaio, terzo niet. O meglio: "Ne prenda due..."
Lì per lì ho pensato, brutto scialacquatore dei soldi altrui. Invece era un buon consiglio.
Che, appunto, sono andata in Posta. E c'era coda, una coda lemme e rassegnata, silenziosa.Tutti conoscono tutti e l'allegria per la cosa ha da tempo lasciato il posto a una noia sconfinata.  Dopo 10 minuti di coda ordinata e silente mi attraversa un pensiero. Siamo nell'era 2.0 e io sono qui come negli anni '50 a far la coda per inviare una lettera? Non è possibile. Neanche in Italia. Chiedo gentilmente ai signori davanti a me se posso precederli che non ho altre incombenze se non l'invio della lettera. "La lasci qui, ci pensiamo noi", dice l'impiegata senza alzare la testa, tanto ha il radar (ed ecco svelata l'arcana procedura!).
"Grazie, ma senta mi dia comunque un altro francobollo per la Germania, così lo tengo di scorta ed evito la coda la prossima volta..."
"Francobollo? Ma non li abbiamo noi...mettiamo un timbro, e via!"
...
No, non sono uscita da lì senza francobollo, insisti insisti, blocca tutti, ne hanno scovato uno da 0.80€
Ero pure bella tronfia, avevo spuntato il francobollo e bypassato la coda! Il senso di trionfo è durato circa10 secondi. Poi, mi sono afflosciata come un paracadute dopo l'atterraggio.

28 novembre 2011

Esotismo del Nord.

E questa è una cosa tutta nostra. Quella sorta di rispetto, sudditanza, o meglio "sospensione di giudizio" nei confronti della marca tedesca. Che il potere della marca non è cosa inventata dal marketing, intesse l'esperienza quotidiana. Così ancora gironzolo con la macchina, acciaccatissima, fantozziana, di una marca da paria (qui nella provincetta nordica poi...) però batte targa tedesca.
Bon, tanto basta che tutti in paese si siano passati l'informazione su chi sono e cosa faccio (ne sono sicura), tanto basta che mi lasciano passare dovunque, che posso parcheggiare in Città Vecchia senza rispettare gli orari di chiusura...e scommetto potrei osare anche di più, ma appunto non oso.
"Belli questi pastelli, dove li hai presi?": "In Germania, non so dove si possono trovare qui..", "Ah, beh..."

Ah beh, cosa! Siamo in un mondo globalizzato, metà dei marchi nati a sono oramai proprietà di chissà chi e chissà dove, il 50% delle merci è made in China e tutto, dico tutto o quasi si trova su Internet.
Ma non importa, il made in Germany è antidoto potente alla ragione...
L'ha capito pure la pistangina, che oggi  con aria saccente, mi fa: "Hai visto il disegno di Babbo Natale?"
"Bello!"
"La slitta l'ho fatta io anche a tutti i miei compagni che glielo detto, in Germania le slitte noi le sappiamo disegnare tutti benissimo!"
;-)

Che paracula!

26 novembre 2011

All'ingresso del tunnel.

Domani è la prima domenica d'Avvento.
Le giornate sono drammaticamente corte anche se, ancora, incredibilmente miti. Ma si entra nel tunnel, nello sfiatatoio dell'anno. Nuova "picture" il 6 gennaio...

25 novembre 2011

Sono andata a Torino, uno.

Questa primavera ho dato una mano a un'amica di Ddorf. Si dovevano selezionare gli articoli meritevoli di pubblicazione tra quelli, scritti a suo tempo, dalla mamma giornalista.  Le serviva un occhio "altro", emotivamente non coinvolto, poco avvezzo alla vita della città che faceva da sfondo agli articoli.
(E' stato bello, passare le ore inseme, a spulciare documenti e fogli fitti fitti battuti  a macchina, rivivere storie di persone, le loro passioni, le loro occupazioni. Un'antologia di Spoon River nostrana. Con la differenza, fortunata, che in questo caso molti dei protagonisti erano ancora vivi.)

E, ieri sera c'era, finalmente, la presentazione del libro. A Torino.

Volevo essere presente.

Smarcarmi dal trantràn per risicare un'uscita infrasettimanale è stata una fatica soverchia.
Questo post è sostanzialmente l'elenco delle cose che si sono dovute risolvere per poter andare una sera a Torino e rientrare la mattina dopo (...e una dimostrazione concreta del perché le mamme sono spesso o troppo stressate o tropo rinunciatarie, rinunciando ad ogni loro passione precedente l'esperienza di un figlio)

a- cercare una sistemazione per la notte a Torino (da un'amica...). Azioni correlate: chiedere la disponibilità all'amica ospitante via mail, accennare all'amica curatrice se eventualmente si poteva allargare l'invito all'amica ospitante.
b-cercare i biglietti del treno. Azioni correlate: consultare orari e costi -e rendersi conto che per 23minuti di meno a tratta si può spendere più del triplo, grazie ai Freccia Rossa- Prenotare con anticipo, problemi con il portale (non accetta la carta di credito tedesca?) recarsi in stazione la sera prima, dopo l'ora di yoga e dopo aver accompagnato la baby sitter di Ari a casa...
c- trovare ospitalità per Ari (dallo zio del condominio). Che è meglio che resti a casa o limitrofi che con la scuola e il turn over di libri e quaderni...Azioni correlate: preparare la valigina con pigiama, libro per la notte, ciabattine, spazzolino elettrico, completare con la tuta di ricambio che venerdì ha "motoria", aggiungere i quaderni, preparare in anticipo il buono della mensa, datarlo e firmarlo.
d- organizzare gli spostamenti di Ari da giovedì all'uscita da scuola fino a venerdì, all'uscita da scuola. Cercare qualcuno che s'incarichi di prenderla il giovedì e portarla alla festa dell'amichetta Greta. La sera poi, lo zio la va a riprendere. In soldoni: accordarsi con una mamma di un'altra bimba invitata, avvisare Ari e la maestra. Preparare anticipatamente il regalo per Greta,  impacchettato e con dedica e allegarlo alla cartella del giovedì mattina. Scrivere il numero di telefono dello zio sul diario di Ari, che qualunque cosa accada i genitori di Greta sanno a chi rivolgersi...dare allo zio l'indirizzo della casa da cui prelevare Ari dopo la festa e il cellulare dei padroni di casa Ricordare allo zio gli orari di prelievo e di inizio scuola il venerdì mattina.
e-preparare la cena per bimba e zio, sugo al pomodoro e zucca e coste al burro e parmigiano, mettere tutto in frigo nei Tupperware e indicarne l'esatta ubicazione ai fruitori.
f- cercare gli ingredienti per i lavoretti di Natale. Entro venerdì occorre dotare Ari di 2 confezioni di spilli con capocchia plastificata e 2 confezioni di caramelle gocce di pino...e ce lo comunicano mercoledì pomeriggio. Mumble, mumble...calcolando che giovedì pomeriggio scompaio e riemergo venerdì, sempre nel pomeriggio, mando qualche sms di richiesta orientamento alle mamme sui pusher di 'sta roba, mi giungono altrettanti sms di richiesta orientamento dalle mamme.
Le gocce di pino, date per ubique in qualsivoglia negozio di alimentari, sono in estinzione, sostituite da sontuosi cristalli smeraldini...vistosi, gustosi ma ai fini dell'artefatto, mi spiegano, inutili. Invece servono proprio le gocce, più piccole, dalla forma oblunga e morbide...dopo tre negozi, al quarto scopro una confezione. Una, non due. Per gli spilli, prenoto la fornitura alla merceria del paese. E mi accordo con la merciaia di chiedere ai vari genitori che hanno fatto lo stesso, ma che non conosco direttamente, se i loro bimbi sono nella stessa classe di Ari. In caso positivo lei gliela consegna, la fornitura, con preghiera di riconsegna alle maestre di Ari, la mattina del venerdì.
 E questa è andata...Adesso occorre scrivere l'avviso sul diario di Ari, rivolto alle maestre: gentili maestre la cosa è così e così, io sono via e non posso provvedere diversamente. 
Confesso che l'inghippo del lavoretto di Natale, e tutto quello che ne è conseguito, mi ha fatto quasi desistere dal progetto di fuga...
g- chiudere casa: stendere i panni, passare l'aspirapolvere, "lanciare" il lavastoviglie, raccogliere le immondizie, pulire le lettiere dei gatti, preparare la loro pappa, portarli nella sala di là, bagnare le orchidee...
h- preparare la borsa, con la guida di Torino, i biglietti stampati del treno e dell'invito, verificare i vari indirizzi su Google maps, ricercare gli orari di apertura musei e mostre alla ricerca di qualcosa aperto e compatibile con la mia schedule, verificare il look alla luce degli impegni mondani, della praticità, delle necessità del soggiorno, comunicare alla padrona di casa l'orario di arrivo previsto, prevedere nel bagaglio i dolcetti di marzapane tedeschi, omaggio alla gentile ospite... rifare la manicure, aggiustare la depilazione, scegliere i gioielli -gioielli...'na collanina e un ring da pura presenza-, un salto dalla parrucchiera per la messa in piega (e la stampa delle mappe di Google saltano, quando ubi maior...)
Che elenco noioso.

Adesso, è tutto il giorno che penso. Se fossi stata da sola? Senza prole intendo. Se fossi stata sola i punti da risolvere si sarebbero limitati drasticamente in numero e in complessità di intervento.
Si sarebbero ridotti infatti da 8 a 4: a, b, g e h.
Il punto f, chiudere casa, si sarebbe rivelata procedura parecchio più snella, pur rispettando sempre i parametri di ordine domestico minimo standard. Lassi, assicuro. Mica sarebbe occorso sistemare il caos della bimba e, soprattutto, lasciare la casa in ordine, meglio, attivabile nei suoi processi normali al rientro...

Altra notevolissima differenza, rispetto al se fossi stata sola, appunto, il rientro:
Oggi, appena messo piede fuori dalla Stazione ho provveduto alla spesa per la sera,  mi sono fiondata a casa, cambiata in tutta fretta, scesa a scuola a prendere Ari, provveduto al bagno di entrambe, recuperato vestiti e masserizie sparse dallo zio, presieduto ai compiti di Ari da svolgere a casa,controllato le comunicazioni dalla scuola,  preparato la merenda prima,e la cena dopo, cambiato le lettiere ai gatti, fornito la pappa; dopo la cena, lavaggio dentini, pipì, pettinare i capelli ingarbugliati da ieri, rigovernato casa...
Ecc, ecc, ecc.

E io non ho una occupazione fissa e ho solo una bimba! E se ne avessi avuto due di bimbi e lavorassi? Ecco, anche nel caso, improbabile, in cui fossi, ostinatamente, comunque andata a Torino....non ci sarebbe certo stato il tempo di scriverlo questo post!

23 novembre 2011

Una parola bella...

Ieri sera, a cena.
Ari: "Io ho una parola bella con la letterina "F"...ma bella,bella..."
Io: "Fata...Foca...Flauto..."
Ari: "No, no, no. FAMIGLIA!"
Io: "Bella! E io ne ho una con la letterina "L"
Ari: "Lumaca?"
Io: "No, LUCE"
Ari:"Mah! famiglia è più bella di luce"
Io: "Eh, ma la luce illumina, tutto, scalda"...
Ari: "Sì ma non dà l'affetto e il calore del volere bene della famiglia...capisci?"
...
Sì, capisco.

15 novembre 2011

Siamo andate a Ddorf.

Siamo arrivate a Weeze, c'era il vento, come al solito, che ci ha fatto impennare i baveri delle giacche e chinare la testa. Sullo Shuttle per la stazione, le musichette di carnevale ricordano che è -era- l'11/11.
Ai lati, la campagna cobalto; profili sicuri delimitano i volumi dei campi, della strada, dei nuclei dei villaggi.
Alla stazione c'era Anna ad aspettarci. Un sorriso con una donna intorno. La biblioteca, il parcheggio lì davanti, la strada dal parcheggio lì davanti alla nostra zona... Tutte cose note.
In casa di Anto, l'odore della casa di Anto. Una combutta tra gli effluvi di cucina e gli aromi dei detersivi per lavarla. Quattro chiacchiere, cinque sbadigli. Ciangottio di stoviglie nel lavello, poi il silenzio delle camere. E' tardi e la settimana è stata lunga.
Fuori dalle finestre, il buio come pece solida.
Il resto, nei restanti giorni:
Martinszug all'Ostpark, lanterne, trombe e tamburi, lieder, il cavallo di San Martino, il fuoco, i dolci per i bimbi, le candele fumigolanti nei portici delle case.
Il brunch IOL a Les Halles, sontuoso e decadente in cornice pop-gotica.
http://www.les-halles.de/
Gli acquisti pre-natalizi da Strauss, quest'anno la palette prevede il brunito argento, bronzo e un tocco di malva.
http://www.strauss-innovation.de/
Dal dentista per il controllo di Ari, lui occhi dolci da iraniano, impettito come educazione tedesca impone.
All'asilo Steineriano per una Besuch, le maestre coi pigli e cipigli da bersaglieri, intente all'opre femminili, in ossimoro evidente. Bimbi plurimi, vestiti in costosi pannolenci, in disordine sparso tra costose architetture lignee auto-assemblate.
Passeggiata lungo il Dussel, su e giù. Ne conosciamo ogni buca, ogni albero...figurati se non ci accorgevamo dell'assenza delle oche, alla fine del sentiero: un silenzio "assordante".
Domenica alla trattoria da Rika, il jap dell'angolo, cena di mamme italiane. Scopriamo che parlano qualche parola di italiano, pure, i simpatici gestori. Le mamme invece parlano, parlano, parlano...

Siamo andate a Ddorf ed era come non essere mai venute via...
    

10 novembre 2011

Le cose che oramai non noto più.

Da qualche parte, deve esserci ancora. O forse l'ho proprio reso post e pubblicato: l'elenco delle cose che mi facevano pensare: "Dio, ma cosa ci faccio qui!". Per qui, in questo caso, intendo L'Italia (un elenco diverso nella sostanza, ma mosso dagli stessi moventi emotivi, giace scritto e dimenticato per quanto riguarda/va la Germania. Prima, questo succedeva prima del rientro.)
Ora però "qui" è il qui di ora e quell'elenco, e io che lo scrivo e lo stato d'animo che mi muoveva a scriverlo, ecco, sono lontani anni luce. Invece era solo 3 mesi fa.
Delle cose che non rilevo più come insopportabili:
L'andirivieni caotico e distratto delle persone al supermercato. Su e giù, avanti indietro e stop imprevedibili, con scontri di carrelli e di corpi, nessuno sguardo e scariche di irritazione subitanea. Ora non le vedo più. O probabilmente sono arrivata ad essere io, una di quelle persone.
Le macchine che accostano dovunque e pure si irritano, i conducenti, se mostri insofferenza.
Le macchine che sfrecciano a 60 orari, minimo, in zone residenziali.
I marciapiedi fantasma, che sono grandi, ampi e pavimentati poi si stringono e spariscono inghiottiti dalle corsie stradali. E i pedoni ciccia! A strisciar accanto ai muri delle case come gechi.
Le mamme che urlano ordini perentori, ma poi tralasciano di dare un seguito concreto... e persistono a sbuffare e inveire per ore.
La gente che parla, parla dei fattacci propri a voce sostenuta nelle sale d'aspetto, nei pullmann, negli uffici e nei punti vendita....e servono il cliente così, meccanicamente e pure, mentre stanno discutendo al telefono svelando al mondo le loro sanguinose faide familiari, nei momenti topici interrompono l'erogazione del servizio - la pratica del resto si inceppa, il palmo offerente parte del reso si blocca a mezz'aria, in attesa che l'altra mano completi il gruzzolo del totale dovuto...

E quelle cose, alcune almeno, che invece (ancora?) non mi vanno proprio giù:
Gli asfalti sconnessi delle strade, con il cotè di guard rail di lamiera distorta, le cartacce e lo sporco, i giardini le aree verdi semi abbandonati, l'assenza dei grandi alberi;
la città brutta, malgestita, la segnaletica improvvisata e poco leggibile, fagocitata da cartelli pubblicitari assordanti e sciatti, dalla grafica impraticabile;
l'impossibilità di un dialogo "oggettivo" senza schieramento di parte, la reattività immediata ad ogni accenno di non adesione, che sia un parente o l'edicolante all'angolo...

Se fossi giovane scriverei: "chissà se mai mi abituerò". Adesso, invece: "chissà quando mi abituerò!"

31 ottobre 2011

Oh. Non ce ne è una...

Non passa giorno, o quasi, che qualcuno degli amici di Ddorf non mandi i suoi saluti. Via mail. Via sms...Persino i  ristoratori giapponesi della "trattoria", da parte di un amico, persino le mamme del (mitico) Mamme d'Italia Club, prese come sono tra pannolini e crisi di coppia, due cose che viaggiano parallele come i binari del treno...
Ma loro niente. Loro: le donne tedesche, le amiche tedesche che ho conosciuto in Germania. Sparite. Via. Eh sì, lontane dal Termin Kalender, lontane dal cuore.

Cosa ti manca di più?

Cosa ti manca, di più di quello che mangiavi a Dusseldorf?
Uhmm...lasciami pensare. Certo! I karagià (karaage).
Ehhh...la nostra mitica trattoria jap!
Sigh,slurp...

29 ottobre 2011

Sito!

Eh già. Anche questo era prevedibile. L'ingresso di alcune key words dialettali.
Oggi Ari ci dice, ci, cioè a me e al Neanderthal: ". La prossima volta che non facete silenzio quando sono col papà sulla webcam io urlo: "sito!"
Come "sito!" Redarguisce il cavernicolo....si dice "silenzio" in italiano...
"Lo so ma non posso parlare troppo italiano che poi si scolora il tedesco!"
Ipsa dixit...

27 ottobre 2011

21 ottobre 2011

Mamma asina, secondo raglio.

"Guarda Mamma, ho fatto gli insiemi." 
"Belli...ma perché in questo degli ombrelli ce ne sono alcuni con la crocetta?"
"Quelli sono da togliere, che non c'entrano..."
"Ah, certo! Non c'entrano perché hanno le sfumature di colore più chiare..".
"Mamma?!"
"Ehm, si?"
"...non c'entrano perché quelli sono chiusi, nell'insieme sono tutti aperti...

Arghhh!

Dendrocronologia applicata.

Sabato si era in montagna. Coi nipoti contavamo gli anelli dei tronchi tagliati, per risalire all'età degli alberi.
Oggi stavo preparando il soffritto. E Arianna: "mi passi un pezzo di cipolla, per piacere?". Io: "Ma non ti è pesante, così cruda? (ha mantenuto qualche abitudine tedesca). "No, è solo per guardare". Passo il pezzo."Guarda mamma, questa cipolla ha 4 anni! Conta gli anelli!"

Si vede che è rimasta tedesca dentro...

Il commento della baby sitter tedesca di Ari al termine del loro primo incontro... Ha 22 anni, viene da Mannheim. Alta, bionda, composta. Studia letteratura tedesca a Bergamo. Che a me sembra strano,come studiare italiano a Berlino...non so. Veniamo alla cosa. Cosa vuole dire che Ari è "tedesca dentro"? Ho chiesto.
Pare sia qualcosa a che vedere con:
- capacità di identificare quello che vuole e quello che non vuole.
- capacità descrittiva
- indipendenza
Allora, io penso che la ragazza avesse un pregiudizio, giustificabile, sugli effervescenti bambini italici.
Due, penso che Ari coi tedeschi fa la tedesca. Lo ha imparato. Ma da qui a dire che la pensa come loro, non so,non azzardo...E comunque un figlio bilingue, biculturale ti mette subito di fronte al fatto che ha una vita sua, con modalità di relazione che non conosci e dalle quali sei escluso. Ti insegna, ancora una volta, che il "tu non è mai tuo".


Ps: questa è la pianta ab antiquo di Mannheim. Una delle poche città tedesche ad aver adottato la disposizione ortogonale -strano vero? Considerato quanto sono squadrati i tedeschi...- Ancora oggi solo i due assi principali hanno un nome. Per il resto...si fa come nella battaglia navale, numeri e lettere!
Così si può abitare a Mannheim C4, che suona un'ubicazione da quartiere moderno invece sei in pieno centro storico..,

18 ottobre 2011

Energia positiva...

Ieri prima riunione a scuola.
Queste le cose salienti:
Dall'aula di Arianna si gode un bel panorama sui colli, il campanile, una bella fetta di cielo azzurro accarezzato da fronde colorate di primo autunno.
I banchi sono nuovi e solidi
C'erano soprattutto mamme - erano le 4 del pomeriggio - ma anche 3 papà
I genitori erano silenziosi. Poi le maestre hanno dichiarato la loro soddisfazione sulla classe allora il casino era totale.
Una maestra, a un certo punto, espressione ispirata, ha commentato:" Il buon accordo genera una serie di energie positive..."
Naaa!

 

14 ottobre 2011

Uff...

Sarà che oggi è una giornata un pò freddina. La prima d'autunno. Dopo questa luuuunga estate calda. Oggi è uno di quei giorni insieme frenetici e noiosi. Uno di quei giorni che hai voglia di tutto, ma non sai bene cosa. Che controlli le mail in continuazione. La home page delle testate. Il cellulare. E non chiama nessuno. Nessuno che rappresenti una sorpresa. Sono giorni che vorresti cambiare il mondo, allora metti a soqquadro la casa, ma poi nemmeno raccogli il rusco con la paletta. Se ne sta giusto lì, accanto al battiscopa, mucchietto infimo di frustoli infimi.

13 ottobre 2011

Una cosa che non piace dell'Italia...

Che è da ieri che ci penso. In questi giorni conosco un pò di fauna tedesca in patria, per via del mantenimento della lingua ad Ari. Meglio, del tentativo di mantenimento. Come spesso succede gli expat sono ricchi di racconti. E' interessante il punto di vista di uno straniero, anche se ormai mimetizzato. Parlo con la mamma di un bimbo novenne. Viene da Hannover. Dico quello che penso, conoscendo gli italiani e, un pochino, i tedeschi mi chiedo come facciano a sopravvivere in Italia senza dare in escandescenze ad ogni piè sospinto...Beh, la risposta mi lascia di sale (via con le metafore da salumificio all'angolo): quello che proprio non può sopportare dell'Italia - il traffico paralizzante? Il governo? Le tasse inique? L'inquinamento alle stelle?Il paesaggio svilito? La speculazione? La sanità? La burocrazia farragginosa e insensata? Il rumore? Il mancato rispetto delle leggi? Il parcheggio selvaggio? L'evasione fiscale? Il costo della vita?  L'assenza di supporto alle famiglie? La difficoltà a crescere dei bambini? a trovare un posto di lavoro part time? Le strade piene di buche? Il ritardo perenne? Il maschilismo imperante?...insomma la scelta, ammettiamolo, era ampia..."Quando si fanno le tavolate le donne tendono a stare tra loro e gli uomini anche. e non, invece, marito e moglie".
Ecco, la cosa che...
Imperdonabile, ammettiamolo.

(Nel merito: sarà pure l'età, ma io trovo invece così rilassante la chiacchiera da tinello tra "noantre" mentre,di là, quelli si confrontano sul calcio, la borsa, le nuove tecnologie,e tutte le loro gustose pinzillacchere... )

9 ottobre 2011

Le bambine italiane sono poco coraggiose.



Eccoci, ci siamo. Dopo un paio di settimane di scuola intensa, a tempo pieno, cominciano le magagne. Ari non conosceva nessuno, e per conquistarsi amici si è lanciata come un caterpillar: chiede a qualunque bipede sotto il metro e 50 di diventare sua amica del cuore, così, sic et simpliciter...
Un approccio interventista che, forse, le ha guadagnato più diffidenza che simpatia...
Ciò detto, ho anch'io ho percepito di un paio di macrodifferenze tra un ipotetico gruppo X di bimbi tedeschi e quello Y di età corrispondente, però italiano.
Prima: meno attitudine al gioco "fisico", arrampicarsi sugli alberi, saltare...le bimbe sono frenate ("meno coraggiose") e i maschietti se partecipano lo interpretano in modo aggressivo.
Due: la costanza di gioco. "Qui" è inferiore a "là". Le bimbe saltano da un gioco all'altro senza motivazioni e non ci mettono il minimo approfondimento, sembrano mosche in casa, prima sul parquet poi sul lampadario...
Avevo notato la cosa alla festa di compleanno all'oratorio, poi, un paio di giorni fa Ari è sbottata con un gruppetto di coetanee presenti: "Antipatiche, passo tutto il tempo a rincorrervi per non fare nulla di divertente e tutto quello che dico io di fare dopo due secondi andate via..."
Azzardo alcune motivazioni:
- i bimbi italiani non sono abituati a stare a lungo tra loro, senza la costante presenza, l'intervento correttore e sostitutivo di un adulto -nonni, genitori, signorine del nido o della scuola materna...- Quindi non sono ancora avvezzi a costruire il gioco insieme, e a "tenerlo".
-i bimbi italiani, molti bimbi italiani- dormono meno di quanto avrebbero bisogno. Diversi si accostano al letto alla stessa ora dei genitori, tra le 11 e mezzanotte, e alle 7 sono già in piedi. A 5, 6,7 anni è poco. L'effetto di questa deprivazione del sonno sono irrequietezza, incostanza, incapacità di concentrarsi...
- mia figlia è antipatica ai più che se la battono (ed effettivamente Ari la "sente" come la spiegazione più calzante..)
:-)

Ps: le bimbe italiane non sono coraggiose,  ma non "mobbizzano" malevolmente le loro compagne come sanno fare tanto bene alcune bambine tedesche...

8 ottobre 2011

Mamma asina

Mamma,oggi con la pasta pane abbiamo impastato la lettera I e la lettera O.
Davvero? Bravi!!
E mamma, sai cosa fanno insieme la "I"e la "O"?
Cosa fanno? Bho, lasciami pensare...Ah, certo: Ioooo-Ioooo, il verso degli asinelli!
Ma mamma!...
Eh?!
..."I" e "O",insieme, fanno IO...IO come me Arianna. Capisci?
...(argh!)