Autunno

Autunno
E' un tramonto italiano ma a me ricorda Ddorf.

6 giugno 2012

Grazie, mamma.

Niente di aulico, di agiografico, di memorabile...ma era tutto quello che ho sentito di dire al suo funerale.

" Grazie mamma di non essere stata la "solita" mamma, che si pensava più a te guardando a un poster di Tina Turner che alla donnina del brodo Star.

Grazie mamma di aver lasciato che casa nostra si riempisse di gente, animali e cose...Forse troppe cose.

Grazie mamma che non mi hai mai fatto togliere una gonna troppo corta o una  maglia troppo scollata. E se lo hai fatto era solo perché erano le tue.

Grazie mamma per aver amato, e per avermi fatto amare, le rose, il mare, il corpo, le barzellette. Anche quelle sporche, se ben raccontate. Soprattutto quelle sporche.

Grazie mamma perché sei l'unica persona che potevo mandare a quel paese sicura che non te la saresti mai presa.

Grazie mamma per avermi dato pochi, ma solidi, consigli e tanti, tanti gesti di presenza. 

Grazie mamma per aver sempre affermato, fino agli ultimi giorni, che io e le mie sorelle eravamo i tuoi CA-PO-LA-VO-RI...E gli occhi ti brillavano. 

Grazie mamma perché mi hai dato la vita. Mi hai insegnato la morte. "

1 giugno 2012

Non c'è più

L'avevo notato proprio il primo giorno, di su e giù tra casa e l'ospedale. Un batuffolo ispido e nero sul selciato della superstrada: un piccolo riccio. Speravo fosse vivo, il primo giorno. Al secondo, non volevo quasi, ma poi  lo sguardo l'ha ritrovato, quasi casualmente. Ancora lì. Sul selciato, forse solo un po' più piccolo. Come la mia mamma, sempre più rattrappita in quel lettone d'ospedale, zeppo di cuscini. Ogni giorno, ogni viaggio su e giù per l'ospedale, il piccolo riccio si riduceva a una macchia piccina e ispida, e la mia mamma a una cosina bigia persa tra i guanciali.... E stamattina, l'ultimo viaggio su e giù per l'ospedale, non volevo quasi, poi lo sguardo l'ha ricercato, e...niente. Anche lui, come lei, non c'era più.

28 maggio 2012

I sette anni più lunghi della mia vita.

C'è stato un tempo in cui non mi accorgevo del tempo che passava. Tipo quando arrivai a Milano, per un colloquio (ai tempi in cui dopo ti assumevano, senza stage non retribuiti...). Messo il piede in metropolitana ho pensato con chiarezza: "In questa città non ci sto due mesi". Ne passarono 14 e non me ne accorsi quasi. Anche l'iscrizione all'Università; dopo il 3° esame avevo deciso di rimandare un annetto, poi rimandavo rimandavo, e a un certo punto arrivò un documento in cui mi si avvertiva che gli esami sostenuti non sarebbero più stati conteggiati ai fini dell'ottenimento della laurea...Ricordo che rimasi scioccata, ma come, l'ultimo l'ho dato poco tempo fa...
Vabbeh, due esempi come tanti. Adesso mi è capitata la foto di Ari, da un file semi dimenticato di cinque anni fa. Mi sembra tutto cambiato così tanto da allora! Stento a riconoscerla. E a riconoscermi. 

27 maggio 2012

Tragicommedia.


La vita ha, sempre, dei lati comici anche nelle situazioni più tragiche. Come ieri. Parcheggio la macchina, imbocco l'ingresso principale dell'ospedale. Ci si accede da una passerella stile lungomare della Barceloneta e c'è un grande “1” davanti. Poi si gira a sinistra, si salgono le scale, ci si imbuca in una saletta, si varca un ingresso rigorosamente vietato ai visitatori, e si è arrivati. Dei vari accessi all'unità coronarica, UCC per gli intimi, non ce ne è uno che non preveda almeno un ingresso severamente vietato con cartelli minatori. Che sia per blandire il senso di trasgressione italico? Mah. Queste cose qualche mese fa, fresca di Germania, mi mettevano di malumore. Oggi mi adatto e lascio perdere.


Dal corridoio d'attesa, con sedie scomode e tavolini inutili e una pianta a crescita stentata, una cultivar ad hoc per edifici di pubblici, si entra nello spogliatoio. Qui ci si dota di copriscarpe in plastica azzurrina. Non c'è una panca, una sedia. La ginnica operazione deve essere compiuta in posizione “stante”, in piedi. Che ancora per me, per ora non è un soverchio problema. Non era. Ieri oplà! compio l'acrobazia e argh! Il ginocchio destro batte contro lo stipite della porta. Che è smussato dappertutto tranne lì, nei 10 cm dove ha battuto.


Soffoco un guaito e procedo claudicante verso lo stand dove è ricoverata mia mamma....spero nella presenza del lettino ospiti, ma figurati...neanche le 7 e un nugolo di infermiere superefficienti ha già provveduto a sgombrare la stanzetta e a sostituirlo con una sedia in formica azzurrina. La versione Large delle sedie scolastiche. Dei tempi scolastici miei, d'accordo. Mi accascio sulla sedia, mia madre, meglio l'occhio di mia madre -il resto è coperto da mascherine e tubi e fasciature- mi scruta con curiosità: ”...utto ene?”, sembra che dica la sua voce nel tubo. Io rispondo e sono Fantozzi, voce strozzata e sorriso tirato: “Tutto (ansimo) benissimo...”.

Invece va malissimo, il ginocchio duole, ho un senso di mancamento, quanto è scomoda 'sta seggiola, se non fosse che non mi sembra luogo acconcio urlerei per richiamare una operosa infermiera, ma sono tutte in ben altre faccende intorno a ben altri pazienti affacendate...L'occhio di mia madre si è richiuso e io mi ricavo uno spazietto accanto al suo cuscino. Appoggio la testa. Solo un secondino, mi dico. Le chiappe sulla sedia, la testa sul cuscino, il corpo ad arco, nel vuoto tra i due. Così mi trova l'infermiera, un tempo imprecisato dopo. Addormentata accanto a mia madre, meglio l'occhio di mia madre che mi scruta...

Da 32 anni


"Ah bene, siete già aperti, che fortuna!” “Una fortuna che si ripete da 32 anni. Il bar apre sempre alle 5.20”. Mi rispone la barista. E non fa un plissè.

Sono le 5.40, sto per rientrare a casa, ho voglia di un cappuccio, ma intorno a me, da un lato e dall'altro della strada, solo serrande chiuse e qualche passante infreddolito in questo maggio pazzo. Pazzo...Pazzo come quasi tutti i maggio della mia vita. L'unica differenza con quasi tutti i novembre della mia vita, a maggio è la vegetazione verdeggiante e la durata delle giornate. Ma poi...freddo e pioggia, pioggia e freddo e mia madre che si lamenta che deve “tirar fuori” i piumoni dell'inverno messi via con il cambio di stagione. Mia madre. Già. E' per lei che sono qui. A quest'ora, per strada. Torno dall'ospedale dove è ricoverata da ieri. E scopro, in questo modo, che la caffetteria dell'angolo è già aperta, a quest'ora. Da 32 anni.

I due coniugi che la conducono sembrano capitani di un transatlantico. Si muovono sincronici, sicuri, pigiano tasti, azionano manopole. Lui piega meticolosamente i giornali prendendoli da una pila infinita. Uno per uno come fossero camice da stirare. Terminata una serie di cinque, la appoggia in bella mostra su uno scaffale che, s'intuisce, pensato appositamente per lo scopo. Non so quanti compratori, sospettino la cura cui è stato sottoposto il loro plico. Lei è ai comandi in plancia, dietro il bancone, aziona la macchina del caffè, sbuffo di vapore, inserimento del bricco, colmatura a livello, versa il latte nella tazza fino a un dato punto e ad una certa angolazione, poi un gesto rapido del polso solleva il coperchio del bricco tac! e candida schiuma riempie la tazza fino a sbordare...guardo incantata ogni fase della procedura.


E' un giorno strano, mi sembra che il tempo non passi mai. Accanto a me altri avventori, silenziosi afferrano il giornale, che “lui” allunga; si dispiegano al bancone, “lei” dispone le ordinazioni, sempre le stesse, immagino. Non sento richieste verbali. Forse chissà, per qualcuno è esattamente così ogni mattina, da 32 anni. Guardo l'orologio. Sono le 5.43. Rientro dall'ospedale dove mia mamma è ricoverata. Infarto. E il tempo pare bloccato.

15 maggio 2012

Si vede che sei tedesca...

La situazione descritta in una manciata di post precedenti si reitera. Sabato mattina, gita nei boschi rivolta ai bimbi delle elementari e ai genitori. Mi presento con calzoncini al ginocchio, maglietta e felpa bianche. Scarpe da trek leggere. Bastoncini, berretto in cotone "caki" -come diamine si scrive!?-
C'è un'amica di mia sorella: " ciao...ma come sei vestita, si vede proprio che quattro anni di Germania..." Io abbozzo, sorrido però ancora oggi penso a che indossassi di non acconcio alla bisogna, o di così esotico (niente sandali o calzotti bianchi, niente strati di creme total blok sul naso, niente camicia a quadrettoni svolazzante, cintura girovita...)

Il giorno prima. Una compagnetta di ari vuole venire a casa nostra, volentieri la invitiamo con la mamma e sorella treenne appresso. Appena messo il piede in casa, la mamma: "Ah questo odore, proprio come quello del pensionato a Bremen, le spezie tedesche!..." Anche in questo caso sorrido, abbozzo...poi faccio un sopralluogo in casa che la notizia mi incuriosisce. Scovo un piattino sulla madia con i rimasugli accartocciati dei pot-pourri natalizi; quattro fette di limone e arance rinsecchite, due chiodi di garofano impolverati...annunso. Niente. Mah.
Colpo di genio! Dietro la porta d'ingresso c'è un deodorante per ambienti in flacone, di quelli con i rametti morbidi, mi avvicino e leggo: "Fior di Toscana" Villoresi, Firenze. Mah!

11 maggio 2012

Così fa(cea)n tutte.

L'altro giorno al maneggio - Ari, complice il nonno, ha coronato il suo antico sogno di andare a cavallo. Gruppetto di mamme in attesa dei puzzolenti bambini, tra polvere della sabbia e le mosche. Parla la nonna: "eh...sa perché noi nonne siamo così presenti coi nipoti? Per compensare quello che non abbiamo fatto coi figli..." Eccola qui, E' da quel mo' che ne avevo il sospetto. Mai a memoria d'uomo le mamme, e i papà, si sono dedicati, prodigati, prosciugati per i loro bambini come in questa era moderna dissennata e senza valori.

Affermazione peregrina? Prove, ci sono le prove! La signora prosegue raccontando che la "sua"prima era nata che "c'era la stagione dei mercati" per cui doveva lavorare, il secondo "peggio che ci eravamo trasferiti e quindi è stato sempre con mia mamma e lo vedevo la sera prima di andare a letto"...Il terzo voleva sempre stare con mia sorella che avevamo i bambini della stessa età. La quarta è l'unica che mi sono goduta un po'...Onore al merito che quattro gravidanze e parti son quattro...La situazione non è affatto nuova. Una volta, almeno fino agli anni '70, a mio sindacabile parere valeva una e una sola regola: chiunque poteva lavorare, lavorava. Chi si occupava dei bambini? E come? Anziane, ragazze appena adolescenti, tate, istitutrici (per chi se lo poteva permettere, ma erano relativamente a buon mercato rispetto ad oggi). I collegi, i seminari, le colonie erano altre soluzioni, più praticate di adesso. Mio padre ci entrò, in un seminario, a 8 anni e tornava a casa giusto a Natale. Nessuno per questo ha mai  ritenuto i miei nonni, tutt'altro che indigenti, casi da servizi sociali.

Di bimbi lasciati in fasce a sorelle, cognate, nonne son piene le storie di famiglia. Occorre chiedere però, che non erano considerati "casi rilevanti"; nulla di eccezionale insomma. Ancora, nella mia infanzia ricordo 4 bimbi morti prematuramente. Uno, Gianbattista, cadde in una roggia. Annegato. Anche Marisa e la sorellina, due volti sorridenti e sfuocati nell'immaginetta in bianco e nero che ci donarono a scuola,  morirono annegate. A Jesolo. Presero il materassino e via...non sapevano nuotare e le correnti le portarono dove "non si toccava". Per chi è stato a Jesolo...ne devi fare di chilometri per trovare l'acqua che ti arrivi all'ombelico, figurati per giungere dove non si tocca ...
L'ultimo morì di leucemia. Era il figlio del macellaio del paese. Ancora oggi quando entro in una macelleria penso al bambino morto. ..

A parte il quarto le altre disgrazie erano, forse, evitabili con un pochino di supervisione in più...Però le mamme degli anni '60 e '70 non era mica facile schiodarle dall'ombrellone o dall'asse da stiro o dalla panchina del parco giochi... Noi ci si  muoveva da soli o in gruppo per andare a scuola, per giocare, per raggiungere l'oratorio.

Non c'erano cellulari e solo se non eri a casa per il pranzo o la cena, ecco. A quel punto partiva l'allarme collettivo. Leggere Giamburrasca è edificante. Il ragazzetto, neppure decenne, si muove nel territorio come un pesce nell'oceano. Va a pescare quando gli pare, gira il paese, compra da solo polvere da sparo...e ne combina di cotte e di crude. Nessun bambino oggi potrebbe permettersi tanto e se le facesse la famiglia sarebbe sotto osservazione stretta.
Gianburrasca viveva con un nugolo di sorelle disoccupate, madre, tata e cuoca a casa. Tutti in famiglia erano impegnati a tessere reti per far sposare in modo acconcio le ragazze. Vedi un po' tu che grandaffare per non curarsi degli spostamenti di un ragazzino.

Gianburrasca non vale, è un personaggio di fantasia? Provate a leggere gli episodi dell'adolescenza di Camilleri. Perse la vista in una sassaiola alle elementari; appena quindicenne si compromise con un mafioso locale perdendo i soldi a pocker. E le mamme, le nonne? Le mamme frignavano, si disperavano e facevano la loro vita. Mica come oggi, che ci facciamo un c...così!

 

6 maggio 2012

Pulizie di Primavera.

Eccheè sto mortorio? Via via, vai con nuovi post, nuova immagine. Intanto nuova foto, va là! il resto segue. Ma che dico scellerata! Le foto papabili giacciono in una bara d'acciao, un hard disk accessorio per i back up. Che il Pc ci ha lasciato. Pare. Ancora non ho consentito all'estrema unzione. Niente virus...Era vecchio, mi hanno detto, 4 anni. L'età classica del "coccolone", per i computer...Sarà. a me sembrava fosse ieri il nostro primo incontro, neppure gli avevo tolto la pellicolina intorno allo schermo. Pure le etichettine metallizzate, gli avevo lasciato (quelle con i loghi acer e gli arcobaleni glitterati...)... Facevano tanto mostrine da divisa ufficiale.
Nel frattempo mi sono dotata di un mini,micro,compact pc. con tastiera però che di touchscreen ne ho (già) oltremodo pieni i cabasisi...era a un buon prezzo e il perché mi è stato chiaro subito dopo la configurazione...Bile. E' di color bile...Mai visto un apparato tecnologico sfoggiare cotal livrea. Fortuna, qua in campagna, si mimetizza. Il suo nome è: "ramarro". Ramarro Bond.

4 aprile 2012

La cucina di Petronilla. Intensamente pollo.

Questa è una ricetta da guerra di resistenza, anzi da "assedio di Leningrado" (lo stadio più estremo, ça va sans dire, spetta alle ricette "da lager"...). L'hanno ispirata Spilla e Matisse, i due gatti che allietano con la loro presenza felina le nostre ore domestiche. I due non amano le scatolette. 


Al supermercato più vicino, settore macelleria, chiedo se mi concedono un vassoio di resti da affettatrice...Il tipo in camice bianco dal bancone mi lancia uno sguardo complice: "Non si potrebbe, ma glielo preparo" "Guardi che è per i gatti...", "Sì, ma non possiamo..." Vebbeh, invece me lo prepara. Pollo e tacchino, si vede che hanno più avanzi. Un chilo di roba per 3€.


A casa, scopro il cellophane e sulla sommità del mucchio occhieggiano due belle bistecche. Non riesco a provare riconoscenza, penso solo che la prossima volta rinuncerò al look benzinaia del Minnesota, che se devo muovere a pietà l'addetto del reparto macelleria (poi a me il pollo non piace, sento i cascami di pesce con cui li nutrono). 


Rimuovo le bistecche e mi metto lì a tagliuzzare in pezzi piccoli e poi a congelare, sacchettin per sacchettino...Ci sono delle parti durissime da spezzettare. E qui si entra nel clou della "ricicletta". Allora mettere sul fuoco un bel pentolone capiente di acqua, impreziosita da zucchine, carote, patata se vi piace, sedano e erbe a piacere. Ogni volta che c'è un pezzo legnoso via, lo si butta in brodo...Lasciare cuocere ad libitum, anche un due o tre ore. Schiumare.


Ed ecco bello bello un brodino leggero di pollo, perfetto per i risotti primaverili o a base di pesce. Si congelano a loro volta le dosi in esubero. Si cola bene la verdura e i pezzi di pollo...e si danno ai gatti, come alternativa alla carne cruda. 


...L'avevo detto che era una ricetta di guerra! 


    

Primavera è nell'aria e per li campi esulta. Beata lei.

Primavera a Ddorf (foto di E) :




Primavera a Badia di Susiniana, Firenze (foto di L.)

Side by side.

Ho la macchina con targa tedesca. Sono in Italia da quel mo'. Ora di re-immatricolarla. Ieri prendo tutto il mio coraggio e mi reco alla motorizzazione civile. Non frequento molto questi luoghi. Ma il ricordo della motorizzazione di Ddorf è ancora fresco. E il contrasto è scioccante.

Là un silenzio da clinica. Alberelli fuori, piegati dal vento, dentro un atrio bianco luminoso ospita il  box informazioni, circolare. Oltre all'informazione ti forniscono un numero, per l'attesa. A sinistra, nell'atrio, il caffè panificio... Ogni tanto un rumore straziante interrompe il soffice clock del cambio di numero del tabellone: proviene dal trituratarghe, un macchinario da film di fantascienza. Nel settore per pubblico ogni sportello ha la sua bella scrivania e le sedie davanti per i cittadini, come in banca per i servizi finanziari, nell'attesa che il burocrate esplichi le sue pratiche. Tutto questo, gli alberelli, l'ufficio informazioni, il caffè, il tabellone informativo,le seggioline,"là".  

Qua: camion occupano tutti i parcheggi dell'area, parcheggio fuori, l'asfalto del piazzale antistante è pieno di buche, un nugolo di bruti occupa la scalinata d'ingresso, vociando in idiomi sconosciuti, la porta d'ingresso non ha la maniglia...
All'interno, in terra bottonato nero con vistose pezze di rattoppo di linoleum color petrolio, code di persone di fronte a sportelli, separati da uno spesso vetro...le pertinenze di ogni sportello sono segnate in caratteri piccoli, facilmente leggibili solo a pochi palmi dallo sportello stesso..."C'è un ufficio informazioni?" Una voce stridula si eleva nel brusio. E' la mia; non ottiene alcuna risposta.
Applico la legge di Murphy, la "mia" coda è sicuramente la più lunga.
E lì mi metto, in coda. Un ceffo della coda accanto mi chiede brusco cosa mi serve, spiego "la rava e la fava" mi interrompe subito, dà un'occhiata agli incartamenti, si ragguaglia con un secondo ceffo sulla sua destra, mi confermano che la mia coda è giusta.
Qui si salutano tutti, a un dato punto con fare simpatico, nelle intenzioni, si sa mai abbia bisogno ancora di aiuto, dico: "ma cosa siete, un clan?", sostantivo poco acconcio, me ne rendo conto subito dopo averlo proferito, nessuno sorride. E io, finalmente, taccio.
E' il mio turno, dagli uffici dall'altra parte di questo muro di vetro spesso sale un lezzo di cicche di sigarette bagnate, escrementi di gatto, muffa...Appoggio l'incartamento sul ripiano, il tipo dall'altra parte mi allunga uno, due, tre bollettini di pagamento. Poi mi dice che devo andare in Germania, consegnare la targa e provvedere alla sua distruzione (nelle orecchie il crack crack del trituratarghe tedesco, SIII! Ho sempre desiderato schiacciare quel pulsantone rosso lucido e sentire la mia targa fare crack crack...), poi "loro" dovrebbero provvedere a fornire una targa temporanea, indi torno in Italia e per 4/5 giorni non potrò usare la macchina - sia furba, non faccia partire la pratica prima delle vacanze- pagamenti dei bollettini, documenti precedenti
l' immatricolazione tedesca, traduzione giurata del libretto e via.
Via. Esco dalla motorizzazione con un senso di liberazione. Ora inizia la car-odissea.

20 marzo 2012

Nom de Plume

L'ultima è capitata a ddorf, alla palestra fighetta del centro. Mi aveva regalato un buono per una settimana di utilizzo gratuito dei corsi e della piscina, un'amica IOL.
Finalmente, quasi allo scadere, mi presento con il mio buono e con l'accappatoio in saccoccia. Mi accoglie un tipo tutto sorriso e salamelecchi, vestito che in Italia venderebbe le spazzole della Folletto, in USA macchine wagon, in Germania, appunto, trattamenti wellness e abbonamenti palestre.  Come era vestito? Giacca terra di siena attillata, pantaloni in nuance con piega highway one, camicia bianco simplex non stirata, calzini bianco simplex, tshirt aggettante dalla camicia, bianco simplex. On the top: cravatta sono scampato da un'impiccagione sommaria, ma sto bene. Capello corto, forfora lunga. Denti, sopra sotto laterali: tutti esposti.

Faccio per procedere verso la palestra propriamente detta, il tipo si sfila dal bancone, mi blocca, mi fa assettare ad un tavolino all'ingresso e compilare un questionario sulle mie abitudini, il lavoro che svolgo,ecc, ecc...Solo in tedesco.
Vabbeh, vado un po' a caso. Alla voce professione mi viene da scrivere: Mamma d'Italia, ma mi trattengo.
Poi viene il bello. Sul formulario mi si chiede nome e cognome dell'amica che mi ha omaggiato di cotanto buono, brandisco la bic e...non me lo ricordo. Cioè non è che non me lo ricordo, so perfettamente il suo nikname, quello che usa su IOL..ma non mi sovviene il suo VERO nome.

Il tipo vede il mio imbarazzo, equivoca, immagina, immagino, che io non capisca un termine in tedesco, in un picosecondo è di nuovo nei pressi, si piega sollecito...

Vede la casella sulla quale mi sono impapinata. Come non lo sa? lo sguardo si fa guardingo, i molari e i premolari sono rientrati al buio umido delle guance, dove di solito stanno i nostri per intenderci. Sì che lo so, faccio pronta, e cerco di spiegargli la storia, che comunque non depone a favore di una forte e solida amicizia...

Poi ho il colpo di genio: gliela descrivo! Abbiamo più di 200 iscritte bla, bla,bla...Replica. Sì ma se gliela racconto capisce subito chi è. Lo capisce dopo tre parole. No, non perché sia particolarmente intelligente. E' che l'amica è un concentrato di meridione con potenza comunicativa tellurica. Difficile passi inosservata.

Me la sfango, il tipo torna ridente come una vallata trentina. Vado in palestra e me la spasso pure.  Però resta che questa questione dei nik name è delicata assai...

14 marzo 2012

Ora siamo qui.

Sì. Ora siamo qui. 
Bene, male, meglio, peggio...tutte parole. Qui si lavora, qui si fa la spesa, si parcheggia, si va per uffici; qui si cercano soluzioni nel quotidiano, si ritagliano gli spazi per una risata, con amici e compagni di un'ora, di una vita.

Qui si piantano i bulbi per l'estate, si pianta tutto per una passeggiata, qui ci si sfila il maglione per godere di questo primo sole di primavera...qui si fanno progetti per il futuro. Un futuro a tempi brevi, che il presente e l'immediato futuro sono le dimensioni del tempo che so vivere intensamente. Ora.

Il passato è irrimediabilmente lontano. Meglio, quella che ero io nel passato è irrimediabilmente un'altra. Un altro corpo, un'altra testa. Altre ambizioni, altre passioni. Lontana. E senza troppi rimpianti.

Il futuro...il futuro anche quello è, in un certo senso, un "fu". Una dimensione ben consona a me "passata", come ero. Cosa mi riserva il futuro? Una volta, pensavo, tutto. Nel futuro avrei letto tutti i libri che non avevo letto e avrei trovato il tempo per rileggere quelli cui avevo dedicato una letta distratta. Nel futuro avrei visitato quella valle nascosta, raggiunto quella cima, perfezionato quella mossa di Capoeira, chiarito quell'argomento spinoso, restaurato quel vecchio mobile, recuperato i miei giocattoli d'infanzia, mandato la lettera a un amico lontano...Nel futuro sarei dimagrita.  
Cosa mi riserva il futuro? Adesso niente che non sia frutto di quanto vivo adesso. Qui.


Tramonto sull'Albenza, ieri. Visto da casa.
 

9 marzo 2012

La cucina di Petronilla. Il dado è tratto.

Sono tempi difficili. E l'approccio risparmio totale, a kilometro zero è trendy. Si inaugura una sezione dedicata alla cucina. Attenzione! Mica alle ricette di cucina qualunque, ma a quelle dove il riciclo è il leit motif.

Ora via con il risotto al dado è tratto. Ingredienti: risotto, carnaroli o arborio tanto entrambi sembrano subito scotti invece dentro sono sempre crudi. Vai con il soffritto di cipolle (io uso le rosse) in noce di burro e cucchiaio d'olio. Aggiungere un paio di pugni di riso a testa più uno per la pentola. Sfumare con un bicchiere di vino bianco, qualcuno dice il Vermuth, ammesso e non concesso che si trovi ancora una bottiglia di Vermuth in giro...

Portare a bollore circa mezzo litro d'acqua, giuntare al composto. Tutto in una botta se usate la pentola a pressione, un poco per volta fino all'assorbimento successivo se usate una normale pentola. Fuoco basso, si raccomanda. Raggiunta quasi la cottura, spegnere il gas e mantecare con una noce di burro...anzi,una nocciola, così per variare, e parmigiano gratuggiato. Io aggiungo una spolverata di prezzemolo tritato fresco e un'unghia di aglio. A posto! Beh, e la novità dov'è?

Il dado, il dado...non c'è! Il suggerimento infatti è aggiungere insieme all'acqua bollente il paciugo avanzato dalla cottura dei petti di pollo che avete cucinato ieri,o l'altro ieri, ma non troppi ieri fa, con una foglia di alloro e rosmarino. Quel paciugo è sapidissimo e basta e avanza a dare il tocco brodo di pollo cucinato con manine sante e dedite al risotto. Semplice ed efficace.

Qualcosa su Petronilla, e chi c'era dietro allo pseudonimo della cuoca italiana più famosa ai tempi bellici: http://blog.panorama.it/libri/2010/12/24/un-libro-per-rivivere-le-voci-di-petronilla/

Viva le mimose.

Ecco l'unico motivo per celebrare la festa della donna come da tradizione. Con una bella Mimosa!


Ps: mi ero dimenticata quanto fosse buona, con una crema pasticcera leggera leggera e il pan di spagna nuvola di uova e burro!

5 marzo 2012

Professione: pirata.

Ogni volta un momento di vero godimento: "Signora per avere gli sconti deve avere la nostra card..." "Pronti!.." "Ecco, compili il modulo, poi ce lo consegna e entro tot giorni matura bla,bla,bla..."
La voce prosegue stentorea a snocciolare sconti e tariffe speciali per i fortunati possessori, ma la mia attenzione scivola via, tutta concentrata sul modulo, anzi su un solo piccolo spazio bianco del modulo. Quello alla voce professione.
Qui...qui via con l'enciclopedia delle arti e dei mestieri!
E' un vecchio gioco ripreso da un ex collega, dei tempi della vita a Milano. Sulla tessera dell'Anteo, che non eri un creativo serio se non avevi la tessera dell'Anteo e pure quella del Mexico, lui aveva indicato professione: pirata.

Per un periodo ci contendemmo il palmarès della professione più balzana. Da allora la gara prosegue. Io almeno la proseguo. Lui, non so...di lui non so più nulla. Pirata informatico, detective privata, urbanista (card dei macelli generali), ittitologa (che poi un ittitologo lo conosco veramente!),  marconista (bello eh, direttamente derivato da Guglielmo Marconi); poetessa, musa ispiratrice, vestale, stilita (stilita come le sante stilite, mica un refuso per stilista che a Milano è quasi comune come scrivere impiegata), dittatore, arrotina (signori è arrivato l'arrotinooo...), traghettatrice, cortigiana, statista...

Le ultime due? La penultima, card di un circolo a Sarzana:  lapicida. L'ultima, un tocco trendy: lobbista. 


E con queste, per me, ho vinto io.

3 marzo 2012

Interni dusseldorfesi.


Un pò mancano. Mi mancavano. Le case dove entri e le scarpe sono tutte lì, senza vergogna; gli ampi salotti comodi dove i bimbi razzolano a terra, meglio su morbidi tappeti -magari non proprio freschi di bucato- o sui loro fatboy; i tavoloni larghi, con ancora le tazze semivuote di caffè in bella mostra dialogano con le stoviglie del brunch domenicale nel lavello; le finestre senza le tende; i mobili in stile vario e in aggregazione spontanea e funzionale. Piante, sculture e luci calde e distribuite nella casa.
Così, una carrellata di interni dusseldorfesi, vari ed eventuali, senza commenti. Per una volta.



 La casa di Eveline.
 La casa di Petra.

Interno "quasi" bavarese, ristorante.

27 febbraio 2012

Ricerca frivola. Ma seria.

"Ah, le donne italiane come sono eleganti! Anche quando vanno a fare la spesa." "Io sono sempre io, ma in Germania vengo considerata elegante, quando sono in Italia mi sento sempre fuori posto". "Uè che bella che sei, si vede che sei tornata dall'Italia..."
Tra i tanti luoghi comuni c'è anche questo. Che in Italia, indipendentemente da ricchi o poveri, città o campagna, Nord o Sud, in Italia le donne siano più curate, più attente, più femminili, più trendy.
Vero? Leggenda metropolitana?
Ci ho rimuginato. E questo è il distillato di tale lavorio di meningi. Tre cose tre:

la prima - la messa in piega professionale. Molto, molto più diffusa in Italia che in Germania (anche parecchio meno cara...una delle poche cosine!) dove, anche alle cene eleganti e agli eventi mondani, se ne può fare tranquillamente a meno. Sulle donne di una certa età, dai 40 in su fa una bella differenza d'impatto. Per la tinta poi. In Germania c'è un'assenza di bravi professionisti. O servono solo l'elite. O si concentrano sui flash effetto punk. Dal punto di vista del look  i tedeschi sono rimasti folgorati dagli anni 70/80.

la seconda - gli abiti stirati. E' che in Germania si stira poco. E ci si abitua a un look un po' strapazzato. Fascinoso nei giovani, accettabile negli intellettuali alternativi chic tipo Flingern Nord. Ma anche qui... over 40 fa da amplificatore di rughe, rughette e piegotte varie.

la terza - il capo trendy. C'è sempre qualcuna in famiglia, la sorella, la mamma , la cognata, la collega che ti regala, ti passa, ti spinge a comperare il capetto della stagione. La berretta tricottata morbida che ti addolcisce i lineamenti, la catenina in strass che illumina il volto, il gingillo comprato al mercato che fa bella stagione, la camicia che con la tua gonna è la morte sua, lo stivale overknees...che ti slancia...anche non volendo insomma, la riattualizzazione è un fatto ambientale.

Poi..poi ci si mettono le Alpi. Che nessuno le cita mai, porelle, a proposito di moda, ma se non ci fossero loro, a filtrare perturbazioni e bloccare ventacci gelidi, col picio che si andrebbe in giro con gonne, vestitini, decolleté, fronzoli vari. La panoplia si ridurrebbe a stivalotti comodi con la para, pantaloni e look a cipolla. E addio stile italiano...    

Ossimoro catastrofico.

15 gennaio 2012:

25 febbraio 2012

Cosa è la vacanza.

Al rientro da ddorf. Tutto bene.Tutti bene. Tutti bene davvero! Non c'è nessuno degli amici che ho incontrato che non stesse meglio di quando sono venuta via. Chi doveva cambiare casa l'ha cambiata, chi cercava lavoro l'ha trovato, chi attendeva un figlio l'ha avuto, chi doveva riscuotersi da una situazione insostenibile si è riscosso. A volte succede.

Il soggiorno a ddorf è stato un tourbillon di impegni, cene, rincorse a vedere più amici possibile. Con gli italiani è stato più facile il compattamento. Coi tedeschi non oso mai. Chiedere, cioè, se ci si incontra anche con altri amici, con gli altri genitori di asilo....E da tiepide indagini conoscitive ho scoperto che è meglio così. Non amano gli accumuli.

A ddorf mi sono rinfrancata, abbuffata, divertita...ma anche stancata.  La mattina alzata pronta, tutto il giorno in giro. Ho scoperto che sì, i mezzi funzionano, ma senza macchina tutti gli spostamenti succhiano un sacco di tempo. E poi organizzare il carnet per la piccola principessa...un incubo. Tutto ciò mi ha fatto pensare a come è cambiata l'idea di vacanza. Per me. Niente più Guinnes di mete lontane, incontri e kermesse, esotismi e cultura, volontariato e ecologia, viaggi di approfondimento, zingarate con gli amici... oggi la vacanza è prima di tutto:

stacco dal quotidiano
dormire
scansione libera della giornata, mangiare quando voglio, poltrire nel letto con un buon libro
nessun obbligo verso nessuno, figli, mariti, parenti, amici...
organizzazione: no grazie
auto: stop
dovunque, meglio lontano da casa che è il regno dell'irrealizzato
aria aperta
camminare, comodi e leggeri
compagnia gradita...ma anche no!

Insomma, pronta per il prepensionamento...

24 febbraio 2012

Quasi come la Santanchè.

Succede, ogni tanto di trovarsi dall'altra parte. Meglio, di capire di pensare come l'altra parte. Quella antipatica, di parte. Oh. Io stasera ho avuto pensieri come la Santanchè. Se si fosse trovata nella mia situazione, certo. La Santanchè la detesto ça va sans dire: coi suoi Cartier, il silicone, e gli occhi da bottegaia di mercato...

Ero alla presentazione di un libro. Di tale Belpoliti. Correlatore tale Barbetta. Professori universitari. Di sinistra. Appaiono e il sopraddetto è evidenza antropologica.
I professori hanno una sessantina d'anni, ma sono così, statue comportamentali, almeno dai loro late trenta. Corpi dimenticati, tic da studenti mai rilevati, tanto meno interpretati. Si presentano ringalluzziti, in divisa d'ordinanza. Quale divisa? Quella da professori di sinistra schierati, con magone da rinuncia a chissacchè...
Cioè: pantaloni a velluto a coste, con le pinces, maglione lasso in lana rasa, colori scuri, camicia frustra, sciarpotta, giacca ciancicata in fustagno o lana tweed.

Pedissequi fino ai piedi. Che calzano sempre e solo, clarks o sneakers comode effetto scarpa ortopedica.

Sette minuti di intervento e il Belpoliti stava già, come la povera Laika, divagando nello spazio intergalattico...e similmente a lei condannato al non ritorno su questa terra. Due degli astanti crollati dal sonno. Uno più fortunato, riverso sul pianoforte, ma stabile. L'altro, senza solido appoggio, con la testa ciondolante riprovava l'isocronismo delle piccole oscillazioni.

I due parlano, anzi si parlano, citano si eccitano... io sono inchiodata dallo spettacolo dei loro corpi torsolo; avvitati, asciugati, curvi...fermi. Le gambe perennemente accavallate con i poveri stinchi che penzolano mosci su rotule problematiche. Uno di qua, uno di là. Gli stinchi...e i professori. Ridono risate di fanciulle con la chiostra ingiallita dei loro denti; alitosi certa. Alitosi da prete, risate in falsetto da sagrestia.

Infatti, discorrendo, entrambi accennano alla loro educazione religiosa.

Due così tipici da sembrare falsi. Il mestiere, il look, l'atteggiamento, il comportamento, e adesso pure il côté religioso...
Li guardavo come li avrebbe guardati la Santanchè. Distacco e fredda incredulità.

Però un pensiero mio l'ho avuto, da concreta lombarda: chissà quanto ci costano, 'sti due, a noi contribuenti tutti.

16 febbraio 2012

Cerco lavoro.

 Cerco lavoro. Chiamo gli interlocutori coi quali ho già lavorato bene (leggi: preventivi accettabili e pagamenti più o meno regolari) e dico che passo per un caffè, così per aggiornarsi. 

 L'imbarazzo è percepibile già al telefono (caffè? ma chi ha tempo per un caffè, abbiamo poi la macchinetta? vorrà mica le tazzine...) 
Ma sono una delle poche donne del settore, per di più di una certa età. Poi mica se lo ricordano se sono legata a qualche cliente o a qualche fornitore, per tema di scontentarlo e per tutte le cose sopra...capitolano. Dopo un paio di procrastinamenti si concedono per la mezzoretta del caffè. Rassegnati. 

 Arrivo, bella giuliva. Entro, come va e stretta di mano. Si sta dove si sta, in genere all'ingresso, col cappotto, fissi e impalati come i supporti delle gondole. 
Parliamo del più e del meno. Meglio: parlo del più e del meno. Lui, è sempre un lui, non ricorda mai esattamente quando abbiamo lavorato insieme: sì certo, abbiamo collaborato ma...ah eri in Germania, ma pensa, per vacanza? abbiamo lavorato anche da lì? davvero?...


Il cicaleccio intanto può infastidire i lavoranti, silenti, piegati sui loro computer con aria grave, che non hanno mosso un muscolo facciale da quando sono entrata. 
Quindi ci si sposta in sala riunioni. E ci si siede. Finalmente.

 Loro, i miei interlocutori, allo scadere del quarto d'ora soffrono visivamente. E' l'ora della fase due. Chiedo dell'agenzia, di quel progetto per le esigenze di comunicazione interna, e verso i clienti acquisiti di cui si parlava anni fa...fatto qualcosa? 

 Naturalmente no, non si ha tempo per pensarci, sì lo diciamo sempre, ma...poi siamo qui. Però l'interesse si è stimolato, adesso il boss chiama un paio di scagnozzi fedeli, gli impone di mollare la tastiera. Ecco, ti presento...e mi introduce con le stesse parole che ho usato prima per ricordare a lui chi cacchio fossi.


 Fase tre. Il caffè della macchinetta, schifoso, che ho bevuto solo io, è terminato (gli altri se lo portano da casa, nel thermos). Riprendo il cappello, mi sistemo la sciarpa -il cappotto l'ho tenuto addosso, mica dare l'impressione di essere invadente. E poi la sala riunioni è gelida, serve quasi esclusivamente per depositarci il materiale di presentazione. 


 La fase tre esige la sintesi: sono qui, disposta a collaborazioni a tempo o a progetto. Fine. Sono pronta a sollevarmi dalla sedia e chiudere la visita. A quel punto il boss si scuote, fa un gesto tipo "sta bona lì stai", esce dalla sala e rientra accompagnato con la "piupina" di turno. La piupina, e non il piupino che  in genere è una donna, ha l'aria sciapa, ma l'occhio vigile. La piupina appoggia sul tavolo un oggetto, il prodotto e comincia a sciorinare i pochi dati a disposizione affinché io quantifichi il preventivo. Urgentissimo. Ovvio. 


 Datemi un paio d'ore, faccio orante, va bene ma lascia il numero di telefono, sono ragionevolmente certa che l'avete...ah sì! l'abbiamo, hai ragione (e finalmente il capo ha la conferma che è vero, c'eravamo già visti) 


Bene, ci sentiamo, guarda che è urgentissimo! E via, si corre "a fare truciolo". 

14 febbraio 2012

...Ah, lei è la signora tedesca!

Ma chi dice, io? 
...E' lei no, quella che ha portato quel dolce scuro, tutto rotondo al mercatino di Natale?
Sì, il Baumkuchen, sono io, ma...
Quella della macchina, parcheggiata su, verdolina? Quella con la targa tedesca!
Eh, siamo un po' in ritardo con le pratiche, ma...
Glielo dicevo al mio marito, che si ricorda  lei quel panettone basso e duro che ha portato la prima volta al pattinaggio dei bambini, con la maestra Sonia...
Lo Stollen?
Si, mi pare...che il tedesco sa, non lo capisco. Ma che buono!..
Siamo stati a Dusseldorf per qualche anno, e abbiamo imparato ad apprezzare...
Ah ecco...è lei di Dussendorf ! Certo, lo diceva la Iris, l'altra mamma di voi tedeschi, con la bambina in quarta.
L'ho conosciuta! L'ho cercata proprio per...
Eh, certo...anche tra voi vi troverete, con le vostre ricette e le vostre abitudini, come noi abbiamo le nostre...

E' così sto diventando la tedesca, senza mai aver imparato il tedesco.
:-)

10 febbraio 2012

Per me è l'amaca...

O forse le mele...fatto sta che a gennaio ho inviato a qualcuno dei miei conoscenti tedeschi qualche foto della nuova location, anche solo per non ammorbarli sempre con i resoconti di bimbi, scuole e esempi di sagacia infantile ...Oh. Tutti mi hanno scritto se passando in Italia, magari, vedi un pò, capitasse, si fermerebbero volentieri qualche giorno. Che per carità, open doors, ma...prima? In 4 anni mai successo.
Mai successo che i miei, sparuti, contatti tedeschi manifestassero intenzioni di condivisione vacanza... macché vacanza, anche solo di condivisione di un pomeriggio...Sempre io a sollecitare incontri, cene, occasioni.


C'ho pensato. Per me è questa la foto che ha fatto scattare la voglia di Italian voyage:

9 febbraio 2012

Corsi e ricorsi...

Ieri un amico ha citato la ritorcitura neolitica. Così, iperbolicamente, come un'assurdità alla Crozza Bersani. Presente quando comincia con i tormentoni dei: "Ma ragassi, siam mica qui a contare i puntini delle coccinelle.."
Ecco. Quando si deve identificare un'attività inutile, improbabile io faccio ricorso all'uncinetto acrobatico. Che la ritorcitura neolitica esiste. Mi ha appassionato per un annetto circa. Il porta aglio che penzola in cucina risale a quel periodo. Nasce come astuccio penico (appena scarico le foto che ho sul cellulare lo riprendo e lo mostro. In tutto il suo turgore.)

Ripensando alle fugaci passioni, balzane, della mia vita, ecco a cosa mi sono appassionata in Germania.

La lana cotta o Walkwolle. Qui cascano -quasi- tutte. Berretti, borse, babbucce... Non c'è via a Ddorf che non abbia un angolo dedicato a queste goffe cosucce d'altri tempi. Anche da noi! basta frequentare i mercatini shabby chic, ecofriendly, artigiani...
Allora, un giorno con l'amica spagnola siamo andate da una signora, considerata un portento nel circolo delle "mani di fata". Un posto in c...ai lupi. Una casa triste, affastellata di oggetti di ogni tipo. In una sala umida, un tavolone centrale. Sul tavolone tre bacinelle piene d'acqua fredda, tante quante noi malcapitate, tre grattugge di legno grezzo, semi immerse, e tre tocchi di sapone di Marsiglia. Scelti i bioccoli di lana colorata, e alè...via a strofinare. Anzi a follare, in gergo tecnico.
Cinque ore al freddo e le mani rosse e ghiacce per produrre un baghet sbilenco e un  malconcio fiore a guisa di coperchio. Pagato pure una mezza fortuna. Da allora appena intravedo penzolare uno di questi ammennicoli da zampognaro, mi volto dall'altra parte. Mi vengono i geloni.

Dopo la lana cotta, le collane fai da te. La buona bigiotteria in Germania è rara. E cara. Anche i gioielli, in realtà...le ragazze si sfogano creando i loro monili. Con un'altra amica siamo andate a un workshop. Ricordo di aver aspettato un pò. Fuori dal negozio. Sempre al freddo, ovvio. Ecco il negozio:



Poi è arrivata la mani di fata di turno. Giapponese, stavolta. L'inizio è stato intrigante. Comporre la sfera centrale, con gli strass, scegliere i nastrini ton sur ton, fare i nodini per fermarli...ma arrivati al fermaglio..che patimento. Allora, le chiusure standard proposte erano pacchiane, ci stava qualcosa di meno vistoso.

La Jap ha afferrato il mio gingillo, l'ha nobilitato con un nodo bellissimo, complessissimo, irriproducibile. Poi me lo ha restituito con l'incarico di agganciarci tre o quattro sferette in similargento per chiudere la composizione...Arghh! Pinzetta, lucetta da orafo, le pallette che schizzavano di qua e di là...L'amica, lei paziente, ha portato a compimento l'opera. Io no.
Morale, tra il tempo perso e i soldi spesi, materiale e stage, forse ci stava una bella collana nuova. In Italia ;-)

Ma tra tutte, l'attività più ridicola e, considerando i risultati, più frustrante che mi sono impegnata a fare, per ingannare il tempo e conoscere gente nuova è proprio questa:


E' così. C'aggia dovuto fa pe' socializza'...

8 febbraio 2012

Serie B.

Poche cose danno il riscontro, inappellabile, che l'Italia è un paese di serie b come i luoghi di aggregazione. Il centro dove Ari prende lezioni di violino, comunale, dal nome coraggioso di "Vivace" è uno sfacelo. Una grande teca di cemento sgretolato, con le scale d'accesso sbreccate, le porte delle aule che non chiudono -sedie accostate sostituiscono le maniglie.

Non c'è una plafoniera delle luci a posto, i caloriferi sono appena appoggiati ai muri. Guai appoggiarvisi sopra. Tende strappate, arredo di risulta, il trionfo dell'impiallacciato povero. Un divano sfondato qui, una fila di sedie da cinema là...tutti trovatelli!
Il guardaroba è una barra di metallo con gli omini in plastica, aggrappati come a sfuggire dal naufragio. Vetri rotti alle finestre. E polvere quinquennale, ubiqua.

Poco meglio i locali per le attività sportive. Tralasciando le palestre delle scuole (e le luci al neon trapanapalpebre, gli impianti di riscaldamento effetto woofer trapanatimpani...) trattasi di stanze umide e fredde, dal pavimento di mattonelle o graniglia algida, luci sparate, spifferi assassini.

Insomma è così. In fondo cosa pretendiamo. Coi pochi spiccioli che paghiamo di tasse....

6 febbraio 2012

Di compleanni, diplomazie, razzismi e inappuntabili logiche infantili.

Scene di ordinario tran tran.
Mi chiama una mamma e mi chiede se posso tenerle la bimba nel pomeriggio. " No problem, so che vanno al compleanno di Andrea. Poi passo a prenderle io". "Compleanno? Oddio, Gre non ha l'invito". "Ah..."
Come faccio a portare Ari al compleanno, dire a Gre che non è invitata e pure che non sta con Ari né con la mamma, ma con me? Getto la spugna. "Mmmh...Sai forse meglio se cerchi un'altra soluzione." Lascio la mamma in gramaglie, poi mi richiama e mi dice che non ha alternative, se posso ritirarla io la bimba, lei le parlerà, le spiegherà la cosa.

Vado a prendere le bimbe. Davanti alla scuola c'è, toh!,  giusto la mamma di Andrea, una cubana di coscia guizzante e sorriso accogliente. Non la conosco bene, ma mi avvicino e le spiego la situazione. Sai, sarebbe tutto così semplice se anche Gre venisse alla festa. Lei trasecola: "Ma nessun problema, figurati. Guarda che è lei che non ha voluto l'invito. L'ha strappato sotto gli occhi di Andrea, c'è rimasto malissimo".

Andiamo tutte alla festa, mangiamo, cantiamo, giochiamo,salutiamo, ringraziamo. Poi a casa, approfittando di un attimo d'intimità: Gre, è vero che non volevi andare al compleanno di Andrea? Sì, è vero. Mi dici perché? Proprio non mi piace. Ti fa dei dispetti? No, non mi piace lui, la sua pelle...è nera. Attimo di panico. Solo un attimo.

Pensa che a me piace proprio tanto la pelle mulatta, come quella che ha Andrea. A me no...e neanche alla mia mamma...- Ora. Conosco la mamma di Gre. Non mi pare proprio la persona che possa pensare una cosa del genere. - Replico: La tua mamma? Ma vah! Ti sbagli. Certo! pensa che lei Andrea lo chiama cioccolatino! Ma è un modo di dire affettuoso, dolce. Macché...lo sai un segreto? A mia mamma i cioccolatini... fanno schifo!

E adesso?

Un'ora per il giorno della memoria.

Questo è toccante. Guardatelo quando avete un'ora di tempo. E lasciatevi scorrere le parole dentro...Che stupida! L'invito all'ascolto, per una volta,  non serve. Le parole di questo intervento di Liliana Segre sono grimaldelli (dal germanico: kram...ah, le parole).

http://www.youtube.com/watch?v=hxwZrf-Xiq0&feature=related

Ma in Germania invece, anche.

Siamo sotto il sortilegio dello spread. I bund tedeschi sono il riferimento. E da qui tutto a seguire: "In Germania è meglio...in Germania invece...i tedeschi, loro sì...ah! le lavatrici tedesche..."

Sì. Tutto vero. Ma poi quando ci sei vissuta, in Germania, e mica ere fa, certe informazioni ti sembrano gigantomachie giornalistiche. Esempio? Da Santoro, Servizio Pubblico, si parla del nero. Il nero spicciolo, di lezioni private e colf. Tutti a battere il mea culpa, giù il copino pronto a farselo cospargere di cenere...Chissà cosa succede in Germania?

In Germania le colf -putzfrau- si pagano in nero e le lezioni private idem. Tra "là" e "qua", la differenza è che là le colf costano di più, 10/12€ all'ora, e le insegnanti meno: 18/24€ all'ora e l'ora è di 45 minuti.

E uno.

Due. La raccomandazione, meglio la forma pulita che è la segnalazione. In Italia la segnalazione è prassi, ma la si considera un mezzo poco consono ad un mondo del lavoro evoluto. Là non solo la si fa. La si sollecita e la si paga pure! Acclaro. Se i dipendenti di un'azienda, di un reparto suggeriscono la persona giusta da inserire al posto vacante, e la persona è quella giusta, si trovano in busta paga un +1000€. Mica paglia. Il principio è che l'azienda risparmia in agenzie interinali, recruiting e cacciatori di teste...nessuno meglio di chi lavora sa  briffare il neo-candidato, quindi non c'è da far perdere ore lavoro a qualcuno per questo incarico.
Tutti felici e contenti e segnalati.

C'è ben altro, che in Germania non è tutta affidabilità quella che luccica...

Spesa per la crucchetta.

"La nostalgia della tua terra comincia dallo stomaco." Che Guevara.
Niente di più comprovabile. L'altro giorno, dopo tre passati in casa causa neve, al supermercato per la spesa. Ho comprato: pane di segale integrale, a fette, quello umidiccio che quando lo scarti sa di caramello e acido della pasta madre. Burro tedesco, va bene anche il Lurpack danese, salato, Philadelfia, cetrioli e peperoni, mele renette (quanto di più prossimo alle boskoop, che non si trovano) succo di mela non pressato (costosissimo!...in Germania lo trovi a 79centesimi il litro!)

Sabato, dopo una bella slittata, ho preparato il brunch ad Arianna...era al massimo della felicità!
'sta crucchetta...

1 febbraio 2012

Sulla morte, senza esagerare.

Wislawa  Szymborska non è  più con noi , da poche ore. Domani si scriveranno fiumi di  parole, stasera  vorrei  mandare un pensiero speciale a una grande donna. Per tutti gli attimi di eternità che la sua poesia ci ha concesso di vivere.

Sulla morte, senza esagerare

Non s'intende di scherzi,

stelle, ponti, tessitura, miniere, lavoro dei campi, 
costruzione di navi e cottura di dolci. 
Quando conversiamo del domani
intromette la sua ultima parola
a sproposito. 

Non sa fare neppure ciò
che attiene al suo mestiere: 
né scavare una fossa, 
né mettere insieme una bara, 
né rassettare il disordine che lascia.

Occupata a uccidere, 
lo fa in modo maldestro, senza metodo né abilità.
Come se con ognuno di noi stesse imparando.

Vada per i trionfi, 
ma quante disfatte, 
colpi a vuoto
e tentativi ripetuti da capo!

A volte le manca la forza
di far cadere una mosca in volo.
Più di un bruco 
la batte in velocità.
Tutti quei bulbi, baccelli, 
antenne, pinne, trachee, 
piumaggi nuziali e pelame invernale
testimoniano i ritardi
del suo svogliato lavoro.

La cattiva volontà non basta
e perfino il nostro aiuto con guerre e rivoluzioni
è, almeno fin ora, insufficiente.

I cuori battono nelle uova. Crescono gli scheletri dei neonati.
Dai semi spuntano le prime due foglioline, 
e spesso anche grandi alberi all'orizzonte.
Chi ne afferma l'onnipotenza
è lui stesso la prova vivente
che essa onnipotente non è.

Non c'è vita
che almeno per un attimo
non sia immortale.

La morte
è sempre in ritardo di quell'attimo.
Invano scuote la maniglia
d'una porta invisibile.
A nessuno può sottrarre
il tempo raggiunto.


Da una mail di un'amica. Grazie.

26 gennaio 2012

43- Ho imparato a fare la spesa da Aldi

Pesco a caso tra i punti condivisi dell'elenco del post precedente. Ah, per correttezza: http://memy89.wordpress.com/2012/01/24/sessione-desami/ (sempre questa soggezione a citare il blog di qualcuno. Dimentico che se c'è un blog è per farsi leggere, e più lo leggono meglio è...in questo, come già detto non ho ancora risolto il conflitto tra raccontare e raccontarmi, indi trasferisco la mia pruderie sugli altri blogger, in genere ben più disinvolti).
Chiuso, via. Ah! E mutatis mutandis rispetto all'originale Lidl=Aldi.

Aldi in Germania è un'istituzione. Aldi nord e Aldi sud sono proprietà di due fratelli. I più ricchi contribuenti tedeschi. Aldi era sinonimo di prodotti di bassa qualità a bassissimo costo. Esempio negativo di come si possa mangiare male solo per risparmiare qualche euro...Tipico da -certi- tedeschi.

Layout basic, scatoloni aperti e lasciati a terra, con gli avventori che ci pescano dentro fino ad esaurimento scorte, stagionalità dei prodotti, primoprezzo. Da qualche tempo, almeno da quando siamo atterrati in teutonialand, Aldi si è arricchito di linee di prodotti di qualità. La cucina italiana, per esempio, ma anche una linea bio e i freschi, carne, verdura e frutta e, a rotazione, persino deli da tutto il mondo. Cosa resta del vecchio Aldi?

L'allestimento scarno, le luci al neon che rendono tutto poco appetitoso, la logica del prezzo rasoterra, la rapidità schizofrenica delle cassiere, la loro indisponenza. Già normalmente le procedure alle casse sono accelerate rispetto all'Italia. Le merci devono sparire dal banco nel giro di pochi secondi. Il banco dove staziona la spesa alle casse è ridotto. Non più di 40cm (presente i nostri? una pista d'atterraggio!). In genere la gente prepara il contante contato. Così che non ci si cincischia nel raggiungere la borsa, ravanare alla ricerca del borsellino, e guarda se ci sono i soldi, ti cade la carta di credito, poi cerchi il bancomat e via discorrendo...I vecchi sono ancora più pedanti dei giovani. Al contrario che da noi. Poi le borse sono ben predisposte all'accoglienza sul carrello. Piccoli incoraggiamenti allo smaltimento veloce.

Ma da Aldi la cosa raggiunge il parossismo di Tempi Moderni. Una volta una commessa, chiaramente infastidita dalla mia "lentezza", mi ha rovesciato i prodotti direttamente nel carrello e non si è fermata neppure quando, per lo spostamento dei gravi in caduta libera, il carrello si è discostato dalla cassa così che tutto cadeva fragorosamente a terra...A quel punto sono scoppiata a ridere, la scena era comica, una risata che in Germania spesso sortisce degli effetti positivi (in Italia invece il più delle volte viene presa come risata di scherno,quindi esaspera). Ecco. Allora, e solo allora, si è fermata...

Ah, la spesa da Aldi...un'altra di quelle cose che NON mi mancherà della Germania...

25 gennaio 2012

Cosa ho imparato in 4 anni in Germania.

Il titolo l'ho rubato. Da una blogger ventenne, più o meno presumo, dopo un'esperienza Erasmus in Germania. Ecco l'elenco suo in versione integrale, in neretto le esperienze che sento di condividere:

  1. Ho imparato a parlare tedesco
  2. *Ho imparato a lavare i piatti senza farmi la doccia
  3. *Ho imparato ad usare Skype
  4. *Ho imparato a sentirmi orgogliosa di essere italiana
  5. *Ho imparato a bere litri e litri di birra senza ubriacarmi
  6. *Ho imparato a scegliere in fretta cosa ordinare al ristorante
  7. *Ho imparato le linee dei tram di Dresda
  8. *Ho imparato a scrivere un testo argomentativo in inglese
  9. *Ho imparato ad aprire e chiudere contratti di telefono, internet e affitto in tedesco
  10. *Ho imparato che l’Italia è l’unico Paese europeo dove Andrea è un nome maschile
  11. *Ho imparato ad immatricolarmi in un’università estera
  12. *Ho imparato che niente è per sempre
  13. *Ho imparato cos’è la nostalgia
  14. *Ho imparato che se vai a ballare con la tuta non importa, conta divertirsi
  15. *Ho imparato che l’autostrada tedesca non ha limiti di velocità nè caselli
  16. *Ho imparato che gli uomini sono incomprensibili indipendentemente dalla nazionalità
  17. *Ho imparato a scrivere in tedesco senza dizionario
  18. *Ho imparato a modificare la lingua di inserimento degli sms in 5 nanosecondi
  19. *Ho imparato a dire “cin cin” in tutte le lingue europee
  20. *Ho imparato a prendere l’aereo da sola
  21. *Ho imparato a viaggiare da sola
  22. *Ho imparato a fare colazione
  23. *Ho imparato ad incazzarmi
  24. *Ho imparato a ricredermi sulle persone, dopo averle conosciute meglio
  25. *Ho imparato che in Germania non è tutto così oro come sembra
  26. *Ho imparato a distinguere le diverse birre e le diverse salsicce
  27. *Ho imparato che anche i treni tedeschi a volte fanno ritardo
  28. *Ho imparato a mangiare un kebab senza rovesciarmelo addosso
  29. *Ho imparato ad apprezzare le cose belle in mezzo alla miseria
  30. *Ho imparato molto sulla storia della DDR
  31. *Ho imparato come sono le feste tedesche e i locali tedeschi
  32. *Ho imparato cos’è un Vorparty
  33. *Ho imparato una forza che non credevo di avere per andare avanti
  34. *Ho imparato quando piangere e quando smettere
  35. *Ho imparato a prepararmi in 5 minuti
  36. *Ho imparato a non aver paura di parlare con sconosciuti
  37. *Ho imparato quando smettere di bere
  38. *Ho imparato a fumare il  narghilè
  39. *Ho imparato ad usare Megavideo
  40. *Ho imparato a prendere appunti in tedesco
  41. *Ho imparato a tradurre con metodo
  42. *Ho imparato a volermi bene
  43. *Ho imparato a fare la spesa al Lidl
  44. *Ho imparato quanto sia bello tornare a casa dopo mesi lontani
  45. *Ho imparato che per chi ti vuole bene la distanza non conta, loro ci sono
  46. *Ho imparato di chi fidarmi e di chi no
  47. *Ho imparato a dormire in una stanza singola
  48. *Ho imparato ad essere fredda e razionalizzare le espressioni d’affetto (tipico atteggiamento tedesco XD)
  49. *Ho imparato a studiare in un’università estera
  50. *Ho imparato come funziona l’università in Germania
  51. *Ho imparato che non tutti i ristoranti italiani all’estero sono buoni
  52. *Ho imparato che in Germania c’è pieno di italiani
  53. *Ho imparato a darmi da fare per cercare libri per la tesi
  54. *Ho imparato a capire film interi in tedesco
  55. *Ho imparato che non è vero che in Erasmus tutti fanno sesso con tutti
  56. *Ho imparato che non è vero che l’Erasmus bisogna farlo da single
  57. *Ho imparato che voglio Starbucks e Nordsee in Italia
  58. *Ho imparato la puntualità
  59. *Ho imparato che a volte basta una chiacchierata per abbattere anni di pregiudizi
  60. *Ho imparato solo 3 parolacce in tedesco
  61. *Ho imparato a viaggiare con poco peso
  62. *Ho imparato quanto sia bello riabbracciare e persone
  63. *Ho imparato cosa siano gli addii
  64. *Ho imparato a declinare gli aggettivi senza pensarci 5 minuti
  65. *Ho imparato a prendere decisioni importanti da sola
  66. *Ho imparato a chiedere
  67. *Ho imparato cosa vuol dire dividere una cucina con altre 7 persone
  68. *Ho imparato a capire cosa voglio da me stessa e dagli altri, a chiederlo e a ottenerlo
  69. *Ho imparato ad organizzarmi
  70. *Ho imparato a non perdere un attimo dei 6 mesi che ho vissuto
  71. *Ho imparato ad andare all’università alle 9, dopo aver fatto festa fino alle 4 del mattino
  72. *Ho imparato ad aggiornare un blog regolarmente
  73. *Ho imparato per cosa vale la pena arrabbiarsi e a non prendermela per le bambinate
  74. *Ho imparato a lasciarmi andare
  75. *Ho imparato il carpe diem
  76. *Ho imparato che l’università tedesca su tante cose è più avanti della nostra
  77. *Ho imparato a risparmiare
  78. *Ho imparato che le occasioni vanno colte sennò le perdi (o magari le prende qualcun altro)
  79. *Ho imparato che un sorriso a volte vale più di mille parole
  80. *Ho imparato ad amare la neve e i  mercatini di Natale
  81. *Ho imparato ad uscire sempre senza dizionarietto
  82. *Ho imparato nuove strade, conosciuto nuovi luoghi, apprezzato nuove compagnie
  83. *Ho imparato che i tedeschi bevono un sacco
  84. *Ho imparato a non bere mai più vodka polacca
  85. *Ho imparato ad apprezzare il silenzio
  86. *Ho imparato che in Erasmus gli amici sono una famiglia
  87. *Ho imparato a non lamentarmi
  88. *Ho imparato a fare e spedire pacchi
  89. *Ho imparato ad essere essenziale
  90. *Ho imparato che non tutti i biondi sono belli XD
  91. *Ho imparato a bere il caffè americano
  92. *Ho imparato a tenere un’agenda
  93. *Ho imparato ad apprezzare le salse
  94. *Ho imparato a mangiare la pasta come contorno
  95. *Ho imparato cos’è il vero freddo
  96. *Ho imparato a conoscermi meglio
  97. *Ho imparato a spingermi dove non credevo di poter mai arrivare
  98. *Ho imparato a cercare offerte di voli, treni, autobus
  99. *Ho imparato a non perdere nessuna festa
  100. *Ho imparato che quest’Erasmus mi ha cambiata, maturata e cresciuta

L'elenco si divide in tre fonti d'ispirazione. Una legata alla tipica esperienza Erasmus (e qui non ravvedo sovrapposizioni); una all'esperienza da expat, lontano da casa; una legata agli aspetti dei tedeschi visti dagli italiani. Che non li metti a fuoco finché non ci sei, da italiana in Germania... Alcuni punti meritano, a mio parere, una spiegazione più diffusa...tipo il due: "Ho imparato a lavare i piatti senza farmi la doccia."
In Germania il monolavello in cucina è la regola. Alla richiesta del perché, anche con spazio a disposizione, anche a fronte di disponibilità economiche, si rinunci alla vistosa comodità del doppio lavello la risposta è sempre la stessa: abbiamo la lavastoviglie.  E qui si apre tutto un mondo di quesiti..ma la frutta la lavano mai? ma la lavastoviglie la movimentano anche solo per risciacquare le tazze la mattina (risposta:no, che l'acqua costa cara) e non capita mai di lavare qualcosa che in lavastoviglie non ci sta (quasi mai e comunque nel caso non la si risciacqua dal detersivo...) Conclusione. E' un'altra delle schizofrenie tedesche.   

Il resto a dopo....

22 gennaio 2012

Quelle scalette che tu mi fai far...

Sapete quei depliant da stampa  litografica, i rossi e i blu sparacchiati, i dettagli  delle foto fuori registro...ne ho scovato uno, qualche tempo fa, dedicato alle scalette di Bergamo, con descrizione degli itinerari. Che poi il testo era la parte vincente di questi pieghevoli. Tutto un fiorire di prose rotonde, citazioni dotte, inviti alla distensione e alla contemplazione delle meraviglie artistiche della nostra città....le cartine erano, erano...sono!, invece assolutamente approssimative, cara grazia che ci siano, e le indicazioni pratiche, assolutamente random.
Le Lonely Planet erano di là da venire.

Oggi ho preso la cinguetta, sfuggito il pranzo domenicale coi nonni, che poi, cara grazia numero due, bene che ne circolino ancora quattro, ma il dribbling si fa doppio...scarpe comode, borraccetta, mela e via! Con il nostro vetusto depliant sottobraccio su per le scalette di Bergamo.

Lasciata la macchina in zona piscine, che io ricordavo sempre sgombra, invece oggi  ci sono pure i parcheggiatori abusivi...non lasciando la mancia ho persino temuto ritorsioni...abbiamo iniziato con la scaletta delle More. Dove abitava il primo moroso di mia sorella. Sempre stata oculata nello sceglierli ben strutturati. Lungimirante!

Da lì, salendo, è sceso un mare di ricordi. Non so davvero quando è stata l'ultima volta in Città Alta per scalette (ce ne sono diverse, ma le più tipiche, che attraversano ville e orticelli e gradoni collinari offrendo viste "mozzafiato" sulla parte monumentale della città, "cartoline nelle cartolina", sono queste occidentali.)

Mò cerco le foto -i virgolettati sono tratti dal depliant, un mito dell'ispirazione turistica romantica...


Eccone una, di primavera...

E un'altra,tanto per ribadire.

Dopo le More: lo Scorlazzino e lo Scorlazzone, dai nomi tanto giocondi. In realtà -leggo- erano attrezzi da macellaio. Le scalette ai tempi miei erano passaggi angusti, i muri deformi accoglievano rovi e ortiche, d'inverno si scivolava sul ghiaccio, d'estate la fanghiglia scoraggiava romantiche passeggiate. Erano buie e prescelte dai "maniaci" per condividere con le ignare ragazzine la vista dei loro pregiati gioielli...Noi, ragazzine, le evitavamo, ma a volte ci arrischiavamo perché da lì "si faceva prima" ad arrivare a scuola.

Una volta "su" in San Vigilio, all'arrivo dello Scorlazzone, si può solo scendere al passeggio di Città Alta, che oggi era traboccante di gente. Avevo promesso ad Ari un gelato e così siamo entrate nella pasticceria dove andavo sempre. I ricordi sono diventati "papillari". Sapevo esattamente il sapore di quei panini con la crema di pollo, di quelle frittelline ripiene di crema, della crostata alla frutta...che lì la tagliano a fette molto oblique come per le potature o i gambi dei fiori recisi...l'effetto è spettacolare.
"Lì" è qui:

Il pomeriggio sportivo ha lasciato il posto a quello culturale, al Teatro sociale, che ricordavo in splendida decadenza. Invece è stato restituito alla città in una rinnovata aggraziata versione ottocentesca. Tutto giusto ma...come mi manca il vecchio teatro, l'odore di legno, le sue macchine, i palchi sfregiati da un antico incendio, il buio sinistro oltre il loggione...


...La rappresentazione era una versione di "La bella addormentata nel Bosco". Niente di più appropriato, per me, oggi.  

21 gennaio 2012

Hallo!

Nuovo anno. Quest'anno ho deciso di cambiare tante cose, rispetto ai precedenti inizi d'anno. Prima fra tutte niente più lista dei buoni propositi. Ci sono talmente tante fonti di frustrazioni, inutile aggiungerne. E niente più  planning per organizzare vita, ferie e spostamenti. Con l'età l'istinto si è auto-regolato. Come con la sveglia.

Quando è già puntata, qualcosa mi fa svegliare qualche minuto prima dell'allarme. Una volta, dovendo rientrare in Italia da Ddorf, forse proprio due anni fa quando Neanderthal e prole rimasero tre giorni a rimbalzare come palline di flipper tra gli aeroporti dei due Paesi, causa neve...
...Dovendo raggiungerli, mi svegliai la mattina del volo alle 4.45 constatando, con sgomento, che l'allarme delle 5 era disinserito.
Quando è il tempo di fare le cose, viaggi, vacanze, tac...mi attivo a tempo debito. Più o meno. Ma più che se l'avessi programmato.

Il post però approfitta del saluto di inizio d'anno per parlare di un'altra cosa. Ci sono parole che assumono significati affatto diversi dai loro propri, se usate in un contesto colloquiale e in certe situazioni dialogiche. In inglese si chiamano particles. In Italiano..non lo so che ho trovato solo il termine inglese.
Una particle tedesca di particolare effetto è, appunto, "Hallo!"

Sì, vuole dire ciao. E fin qui...Si dice un sacco anche "ciao!", come in italiano. Ma solo quando te ne vai, che se lo usi quando incontri una persona ti guardano male (tra l'altro "ciao!" lo pronunciano benissimo. Così bene che viene facile pensare che chi lo dica sappia anche tutto il resto. Poi controllando l'etimologia salta fuori che effettivamente pare derivi da "Tschüss!" tedesco. Che vuole dire, ça va sans dire: "ciao!")

Hallo pronunciato: "Halòòò", con la mano davanti al volto come per proteggersi da un riverbero insidioso e rivolto a un'altra persona invece significa: "..Azz stai facendo, cretino!"
Sì, sì. Proprio così. Tagli la strada a un ciclista, per esempio, quello frena bruscamente, tira su la manina di taglio, ti guarda e fa: " Halòòò!"
Mica avevo capito, all'inizio. E io rispondevo bella giuliva, sorridendo rasserenata di una reazione tanto accomodante, malgrado le mie evidenti malefatte: "Hallò, good morning!"
Ricordo una coppia anziana che al mio gongolante saluto rimase letteralmente impietrita. Immobili come statue di sale. Che non è mica facilissimo sconcertare i tedeschi!
Poi come sempre, tutte queste espressioni idiomatiche, tanto suonano assurde all'inizio tanto facilmente poi ti restano dentro.
Si apprende come  i bambini, se le parole si associano a particolari stati emotivi, le ricordi meglio.

http://german.about.com/library/weekly/aa010806a.htm